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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

“Noi Siamo Chiesa” riflette sulla famiglia alla vigilia del Sinodo

Comunicato stampa

Grande attesa per il Sinodo sulla famiglia. E’ necessaria una svolta nella direzione di un’etica evangelica che superi il “sabato” e che sia più esigente e solidale

Un Sinodo aperto

Il prossimo Sinodo dei vescovi sulla famiglia si presenta diverso dai venticinque precedenti che, da quanti seguono attentamente le vicende della Chiesa, sono ricordati come di ben scarsa efficacia e come soprattutto un’occasione di conoscenza e di discussione tra i vescovi. Questo strumento, che non è servito alla collegialità episcopale auspicata dal Concilio, forse potrà aprire in questa occasione un percorso nuovo. Però la composizione di questo sinodo straordinario, prevista dalle norme canoniche, è ampiamente criticabile sia per la scarsa presenza del popolo cristiano, e in particolare della presenza femminile oltre che di divorziati, omosessuali, conviventi, giovani …, sia per la stessa limitata rappresentatività dell’episcopato e degli esperti di questioni famigliari. Nonostante l’eccessiva presenza della curia romana e dei vertici ecclesiastici, speriamo che le cose possano andare diversamente dal passato. Tutti ora vedono che, con l’inedito scontro pubblico tra le diverse posizioni di queste settimane, i problemi sono ora tutti sul tappeto da quando papa Francesco ha avviato la consultazione della base cattolica con il Questionario ad essa proposto nello scorso ottobre.

Lo scollamento tra Magistero e popolo cristiano

Anche noi abbiamo risposto al Questionario con convinzione, benché molte domande siano state proposte in modo discutibile e benché i resoconti sulle risposte siano stati insufficienti (di esse nel nostro paese nessuna notizia si è avuta; i nostri vescovi non brillano per eccessiva trasparenza). L’instrumentum laboris , caratterizzato da evidenti forzature curiali nella linea della riproposizione della linea “ortodossa”, ha tuttavia informato su quanto si intuiva o si sapeva: l’esistenza di un grave scollamento tra l’insegnamento del Magistero e la “base” del Popolo di Dio. Pensiamo che la causa di ciò sia stata la mancanza, per troppi anni, di ascolto da parte dei vertici ecclesiastici nei confronti del vissuto del popolo cristiano. Inoltre la dottrina è considerata immobile, espressione di una “legge naturale immutabile” che viene sempre più messa in discussione e nei cui confronti anche la Commissione Teologica Internazionale ha iniziato una nuova riflessione (si leggano, in particolare, i n.53 e 54 del documento “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale” del 2009).

Il Concilio costretto al silenzio

Mentre su tante altre questioni il Concilio ha rappresentato una vera e propria rottura nella storia della Chiesa, ad esso fu sottratta dall’inizio una vera discussione e una vera capacità decisionale sulle questioni aperte in materia di famiglia. Paolo VI con la Humanae Vitae (1968) e Giovanni Paolo II con la Familiaris Consortio (1981) hanno poi sigillato la vecchia dottrina. Dobbiamo sinceramente prendere atto che il Magistero su queste questioni ha contribuito, più di ogni altra cosa, a quello “scisma sommerso”che è sotto i nostri occhi; tre papi, per cinquanta anni, con costanza degna di migliore causa, hanno confermato questa rigidità e selezionato i responsabili della Chiesa, ai vari livelli, soprattutto in ordine alla loro ortodossia su queste questioni .

Le riflessioni della base

Contestualmente la società è cambiata e una nuova riflessione teologica, a partire da quella “femminista”, si è affermata alla base della Chiesa, fuori o ai margini dei circuiti ecclesiastici. Nuovi punti di vista e nuove proposte sono sorte richiamandosi tutte con grande determinazione e passione all’Evangelo. “Noi Siamo Chiesa” si è trovata all’interno, e spesso come protagonista, di questo percorso, ben consapevole di quanto le problematiche della sessualità e della famiglia siano parte importante del percorso di fede di ogni credente e luogo fondamentale della vita e della testimonianza cristiana. Rinviando gli approfondimenti necessari ai testi prodotti negli anni, in particolare alle risposte al Questionario, elenchiamo in sintesi i punti principali di queste riflessioni (tutte rintracciabili su www.noisiamochiesa.org), le cui conclusioni dovrebbero portare, secondo noi, a una generale riscrittura dell’impianto tradizionale della teologia morale su queste tematiche.

No a norme etiche valide per tutti sempre e dovunque

La realtà della nuova società secolarizzata, tanto diversa dalla “societas christiana”, valorizza le virtù evangeliche della responsabilità e della libertà nella vita del credente e riduce grandemente il ruolo di norme astratte, datate, valide per ogni condizione, tempo o luogo. La qualità della relazione (tra coniugi, figli, parenti…), con il suo bagaglio di diritti, di doveri e di solidarietà amorosa può e deve essere protagonista di ogni comportamento che voglia essere autenticamente umano, etico e quindi cristiano. La ricerca del buono e del bene deve essere la conseguenza di una valutazione delle specifiche situazioni personali e famigliari in cui il credente si trova a decidere. I comportamenti relativi ai rapporti interpersonali e famigliari devono essere vissuti e valutati per come si determinano in ogni situazione concreta. Allora la coscienza e la responsabilità personale assumono un valore fondante della bontà o meno del comportamento etico che però deve essere illuminato dall’Evangelo e, alla sua luce, studiato, meditato, interpretato e poi arricchito dalla riflessioni sviluppate nelle comunità ecclesiali . In questo senso le indicazioni del Magistero, che provengono da personale ecclesiastico spesso scarso di sensibilità nei confronti sia del vissuto del credente sia di quello dell’uomo in ricerca, debbono essere ascoltate ma sempre confrontandole con il dettato della coscienza, vero “vicario di Cristo” per dirla con John Newman.

Per una morale più esigente
Questa prospettiva è ben lontana da qualsiasi lassismo, semmai è espressione di una più severa ed esigente ispirazione morale nei rapporti e nei comportamenti individuali e collettivi che riguardano la famiglia e i rapporti famigliari. L’attenzione ai soggetti deboli (bambini, anziani, malati, disabili, donne in generale e, soprattutto, donne maltrattate, sottoposte a pregiudizi, a sfruttamento, a violenze o a condizioni di subalternità spesso proprio in ambiti famigliari….) e le relazioni vere fondate sulla generosità e l’accoglienza sono in evidente esplicita contraddizione con comportamenti di segno opposto (sesso facile e, magari, mercenario, misoginia e omofobia, successo e carriera come unici valori, consumismo senza freni, culto eccessivo dell’apparenza…). La “cultura dello scarto”, di cui parla papa Francesco, è antievangelica.

Non esiste un modello unico di famiglia nell’Evangelo
E’ assai problematico riferirsi a modelli di famiglia desunti acriticamente dalla Bibbia la quale, in realtà, ci mostra modelli assai differenti, che, con i criteri del magistero ecclesiastico attuale, sarebbero spesso da criticare. Gesù stesso relativizza fortemente la sua famiglia e, in generale, i legami di sangue (cfr. Matteo 12, 46-50). Dunque, il modello, codificato rigidamente nelle norme canoniche, non è direttamente ispirato dall’Evangelo, dove semmai emerge il superamento del sistema patriarcale e sono proposti nuovi valori di misericordia e di affettività. E tutti gli studiosi di storia del cristianesimo attestano diversità evidenti e sostanziali , nel corso dei secoli, sia nella forma che nella sostanza del messaggio della Chiesa sui rapporti famigliari, anche se sempre la Parola di Dio è servita ad ispirare e ad alimentare in forme diverse la sensibilità sulle questioni della famiglia.

Le proposte di riforma
Partendo da queste riflessioni, dall’ ”Appello dal popolo di Dio” (che è alla base del movimento “Noi Siamo Chiesa” e del movimento internazionale We Are Church) e poi negli anni, con successivi approfondimenti, abbiamo posto questioni e fatto proposte che qui riassumiamo:
–libertà di coscienza nel campo della regolazione delle nascite;
–riammissione piena alla celebrazione eucaristica dei divorziati risposati, dopo un percorso di verifica critica della propria precedente storia matrimoniale;
–accettazione piena nella comunità cristiana delle persone omosessuali e dei loro rapporti fondati su relazioni stabili e affettivamente fondate. Ciò implica però il superamento di una visione dell’omosessualità come deviazione, malattia, vizio, ecc. .. I bambini poi, che siano in diversi modi nati o presenti in coppie gay o lesbiche, devono essere salvaguardati da qualsiasi trattamento discriminatorio nei luoghi dell’educazione cristiana (parrocchie, oratori, comunità).
–valorizzazione di tutte le relazioni affettive vere, senza preconcette proibizioni o prescrizioni tassative relativamente al comportamento personale (convivenza, relazioni sessuali);
-presa d’atto di come la scelta di interrompere la gravidanza, assunta in piena coscienza, possa essere ritenuta eticamente giustificata in relazione alle gravi circostanze concrete in cui viene assunta. Comunque deve essere rispettata la decisione della donna (e della coppia se è il caso);
— rivalutazione del matrimonio civile e contemporaneo impegno per un percorso della coppia credente verso il matrimonio religioso.
Sullo sfondo di queste questioni, che riguardano la coppia, sta anche una diversa comprensione del celibato dei presbiteri (proponiamo che esso sia sempre facoltativo e non obbligatorio, proponiamo anche che si preveda la possibilità di riammettere al ministero i preti sposati che lo chiedano) e la discussione sulla piena partecipazione della donna ai ministeri ecclesiali, che noi riteniamo non essere preclusa da alcun divieto evangelico. Un primo obiettivo, concretamente raggiungibile in tempi brevi, è quello dell’ammissione della donna al diaconato.

Verso un rapporto diverso con le istituzioni

Questo approccio alle questioni aperte comporta, soprattutto nel nostro paese, un cambiamento nel rapporto della Chiesa con le istituzioni e con la legislazione. Dalla contrapposizione frontale, che ha una troppo lunga storia, si deve passare a un’ottica fondata sulla necessità del dialogo e della mediazione con le altre posizioni presenti nella società. Sono in contraddizione esplicita con l’approccio che proponiamo alcuni passaggi del “Messaggio sulla famiglia” diffuso venerdì 26 settembre dal Consiglio episcopale permanente della CEI in occasione del Sinodo. Mentre siamo d’accordo da sempre su politiche sociali e fiscali di aiuto alle famiglie, siamo meravigliati che si riprendano, senza citarli esplicitamente, i “valori non negoziabili”, espressione non gradita da papa Francesco. Si prefigurano ancora barricate nei confronti di una più che matura legislazione sulle “cosidette unioni di fatto” che si aggiungerebbero a quelle già in corso nei confronti del progetto di legge contro l’omofobia, sui gender e a tutela a oltranza della legge n.40.
La “nostra” ottica non ostruzionistica e rispettosa della laicità non è e non deve essere interpretata come espressione di una cultura permissiva ma deve essere e apparire come fondata sui valori eticamente esigenti che abbiamo indicato sopra. Inoltre essa può creare le condizioni perché, sui temi della bioetica, che sono posti da una incombente ricerca medico scientifica e che in futuro diventeranno ancora più numerosi, ci sia nello spazio pubblico, con il contributo dei credenti, un sereno dialogo, fondato su comuni preoccupazioni, tra posizioni che ora si presentano come contrapposte.

Troppo sesso e troppa etica famigliare
Queste nostre riflessioni ci portano a prendere atto di come, soprattutto in passato ma anche oggi, la catechesi, la teologia morale, la prassi pastorale e la vita quotidiana del popolo cristiano siano state troppo spesso imperniate sui problemi della sessualità e della famiglia a scapito di indicazioni di tipo etico sui problemi sociali e sulle grandi questioni della pace fondata sulla giustizia. Ci chiediamo perché ci siano periodicamente, promossi dal Vaticano, “Incontri mondiali della famiglia” oppure “Giornate mondiali della gioventù” e mai “Incontri mondiali degli operatori di pace”.

Per il miglioramento dei rapporti ecumenici
Pensiamo anche che le correzioni che attendiamo dai due Sinodi potrebbero avere conseguenze positive nei rapporti ecumenici, allentando le tensioni che ora ci sono da parte delle altre chiese cristiane nei confronti di tutte le rigidità che, sulla sessualità e la famiglia, sono ora contenute nel codice di diritto canonico e soprattutto nella prassi della Chiesa. Continueremo le nostre riflessioni . Tanti sono i cambiamenti in corso nel costume e nella cultura che influiscono sui rapporti interpersonali e famigliari; basti pensare a tutti i fenomeni indotti dalle diverse reti di comunicazione online nei cui confronti un atteggiamento vigile e critico ci sembra opportuno, anzi necessario.

Ruolo sociale della famiglia e politiche famigliari
La precettistica attuale del magistero è inadeguata alla fluidità attuale dei rapporti famigliari. Insistendo su di essa, si rischia veramente di essere rimproverati da Gesù perché obbedienti al “sabato” (Mc 2, 23-28). E’ meglio proporre gli aspetti positivi già esistenti , da un concetto allargato di fecondità, alla fondamentale funzione sociale della famiglia in molte situazioni pesanti che sono in gran parte la conseguenza della crisi economica, al ruolo che essa può avere nello spazio pubblico come soggetto di relazioni stabili, di solidarietà, di rapporto tra le generazioni, e che pretende anche degli interventi specifici a fronte di quanto dà alla società; da questo punto di vista chiediamo ragione ai responsabili della Chiesa perché, avviando sacrosante campagne permanenti per ottenere politiche sociali a favore della famiglia, non si ricordano anche di fare una seria autocritica dal momento che i cattolici nel nostro paese hanno le responsabilità maggiori nella gestione della cosa pubblica dal 1945.

Non solo divorziati risposati La discussione pubblica di queste settimane si è incentrata sull’accoglienza dei divorziati risposati alla mensa eucaristica. Problema importante ma che non esaurisce in alcun modo le tante altre tematiche che ruotano attorno alla famiglia a partire da quelle che la condizionano dall’esterno: oltre alle sofferenze indotte dalla crisi (disoccupazione, povertà) le tante che nascono nei luoghi della guerra (profughi) e dalla ricerca del lavoro (emigrazione con le conseguenti frequenti separazioni dei nuclei famigliari). Altro problema che tocca direttamente la famiglia è quello del calo demografico. L’elenco può continuare: il rapporto tempo di lavoro/tempo di famiglia che interessa soprattutto le donne, l’educazione dei figli, né autoritaria né troppo permissiva, in una famiglia serena, la questione delle nuove tecniche riproduttive e altro. Il Sinodo dovrebbe perlomeno fare l’agenda di tutto, non fermarsi al diritto canonico ma esaminare quello che già si fa, quello che manca, quello di cui discutere a fondo. La Chiesa deve preoccuparsi di una pastorale dalle ampie prospettive che esamini le radici dei problemi e che sappia offrire parole di gioia, di consolazione e di misericordia.

Ci piace concludere riprendendo la riflessione del nostro fratello Giannino Piana (cfr “Confronti” n. 9/2014): “Il contributo più importante che la famiglia può offrire oggi alla società è costituito dalla testimonianza di valori che vanno controcorrente rispetto alle logiche individualiste, utilitaristiche e consumiste vincenti, e che sono in grado di conferire anche alle relazioni sociali una prospettiva di vera umanizzazione”.

Roma, 3 ottobre 2014 NOI SIAMO CHIESA


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