International movement "We Are Church

coordinamento italiano "Noi Siamo Chiesa"

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A 70 ANNI DAI PATTI LATERANENSI

A 15 ANNI DAL CONCORDATO DEL 1984

Una riflessione necessaria

Gli ultimi decenni di questo fine millennio hanno modificato radicalmente il rapporto tra la Chiesa cattolica e le istituzioni del potere politico. A fine millennio, in tempi di proclamati bilanci e di meditazioni sul passato, la convinzione, ormai generale, è che la fine del potere temporale -nel 1870- sia stato un bene per la Chiesa cattolica e che sia stato un errore la resistenza così prolungata e rigida al suo abbandono (avrebbe dovuto avvenire spontaneamente e non sotto costrizione ). Ora la Chiesa * può parlare più legittimamente di libertà religiosa in ogni società e può cercare di meglio impegnarsi nella difesa dei diritti umani.

In questa riflessione generale è di particolare importanza la situazione italiana : per la presenza a Roma del Papa e della Curia, per il ruolo del cattolicesimo nella società italiana e per l'eredità culturale e storica che il problema del rapporto Stato-Chiesa (cattolica) ha depositato nella storia d'Italia. La soluzione della "questione romana" ha portato all'instaurazione nel nostro paese di un sistema pattizio o "concordatario" che è necessario riesaminare alla luce di quanto è cambiato nella Chiesa romana, nelle Chiese e nella società. L'occasione è il settantesimo anniversario dei Patti Lateranensi ed il quindicesimo del nuovo Concordato. La nostra riflessione vorrebbe occuparsi dei principi a cui ispirarsi, ma anche della situazione concreta.

La posizione anticoncordataria al Concilio..

La soluzione concordataria del 1929, rinnovata e consolidata nel 1984, non è l'unica che fosse praticabile. Antonio Rosmini , proponendo un profondo rinnovamento della Chiesa romana, aveva già ipotizzato una soluzione fondata sulla "libertà senza privilegi". Nel '29 Pio XI scelse la strada di accordarsi col fascismo garantendogli credibilità e consensi e abbandonando del tutto i "Popolari" democratici. Lo stesso De Gasperi espresse le sue preoccupazioni per il "pericolo insito nella politica concordataria", temendo "per la compromissione della Chiesa"; e il leader popolare F.L. Ferrari, in una lettera del '31, invitava i parroci italiani a rivendicare "diritti in un paese di liberi e non previlegi in uno Stato di schiavi". I Patti Lateranensi contribuirono a dare via libera al fascismo, con le conseguenti conquiste coloniali, leggi razziali, alleanza col nazismo ed entrata in guerra.Essi erano indispensabili quando la legge sulle guarentigie del 1871, unilateralmente applicata dallo Stato, aveva garantito la libertà della Chiesa?

 

 

*In questo documento per "Chiesa" si intende sempre - salvo un diverso contesto - "Chiesa cattolica romana "

 

Nel dopoguerra la posizione anticoncordataria, che ha poco manifestato il proprio dissenso nella fase costituente, si affermò con la massima autorevolezza al Concilio. Nella "GAUDIUM ET SPES" ( cap. 76) si afferma che " la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertile dall'autorità civile. Anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse fare dubitare della sincerità della sua testimonianza".

Questa affermazione fu la conclusione di uno scontro durissimo; i Vescovi conservatori, autorevoli ma in netta minoranza, si posero allora l'obiettivo di bloccare l'attuazione pratica di questa linea. La posizione anticoncordataria ha però via via acquisito consensi ed ha ripetutamente espresso con vivacità il proprio dissenso sulla linea prevalente in Vaticano e tra i vescovi italiani .

.. e tra i cristiani e nella società

Affermava nel '67 "TESTIMONIANZE": " Quanto più la Chiesa andrà liberandosi dalle incrostazioni del passato modificando il suo assetto giuridico-societario per farsi popolo di Dio, tanto più la mediazione istituzionale tra Chiesa e Stato tenderà ad interiorizzarsi nella dialettica tra la coscienza politica e la coscienza religiosa: ‘il concordato’, per così dire, si realizzerà in interiore homine, in termini non di strumentalizzazione e di privilegi, ma di responsabilità e di servizio". Le riviste "QUESTITALIA" e "IL TETTO", "COM", le Comunità di base al loro sorgere nel '71, il movimento dei "Cristiani per il socialismo", la stessa proposta di legge di Gianmario Albani di abrogazione dell'art.7 della Costituzione ( preceduta da quella di Lelio Basso) sollevarono ripetutamente il problema del superamento del sistema concordatario.

Il referendum per l'abrogazione della legge sul divorzio nel '74 portò alla luce il contrasto tra il Concordato ( l'art. 34 sulla giurisdizione esclusiva dei Tribunali ecclesiastici in materia di matrimoni canonici ) e la legislazione civile confermata dalla volontà popolare. Molti cattolici, che si pronunciarono per la conferma della legge, espressero posizioni esplicitamente anticoncordatarie. In occasione del dibattito parlamentare sulla revisione del Concordato del dicembre '78 un documento "Contro il Concordato per il Vangelo" fu firmato da numerosi autorevoli esponenti del mondo cattolico. In Senato Raniero La Valle testimoniava questa posizione sostenendo tra l'altro: "Il concilio non elude il problema del rapporto tra Stato e Chiesa; lo risolve proponendo non la via concordataria, ma la via della ‘concordia’ che altro non è che il regime di una piena ed effettiva libertà religiosa ".

La linea anticoncordataria continua negli anni, anche se trova pochi consensi nelle curie e nella Segreteria di Stato vaticana. Di fronte all'improvviso nuovo Concordato del '84, esponenti del mondo cattolico democratico, riviste e centri culturali si pronunciavano subito contro ogni neocostantinianesimo, sostenendo di trovarsi di fronte "ad una modernizzazione e a un vero e proprio rilancio del sistema concordatario", contrario " alla più genuina ispirazione conciliare ed alle aspettative diffuse tra i cristiani per una chiesa credibile e povera".

In Parlamento la Sinistra Indipendente, composta in gran parte da cattolici, ha espresso una posizione anticoncordataria, che è molto più diffusa nel paese di quanto appaia dalle rappresentanze parlamentari condizionate dalle logiche di palazzo. In seguito centinaia di autorevoli firme di ogni estrazione ideale e culturale hanno sottoscritto un documento di "Carta '89" che da anni pone il problema della "Chiesa cattolica come entità privilegiata in una posizione di prestigio formale e di vantaggio materiale".

Anche Oscar Luigi Scalfaro ("MONDO ECONOMICO", ottobre '89) scriveva : " Sono sempre stato contrario al Concordato. Un Concordato infatti ha ragione d'essere tra Chiesa e Stato quando lo Stato non rispetta nella sostanza i valori della democrazia. In tal caso la Chiesa, attraverso un Concordato, cerca di salvare il salvabile, ossia quel minimo che impedisca ai propri fedeli di dover vivere di eroismo. Ma in un paese democratico le ragioni dello status concordatario vengono meno". E lo storico Pietro Scoppola, facendo nel loro settantennio un bilancio dei Patti del'29, ha sostenuto: "I Concordati hanno sempre meno senso.. la Chiesa oggi ha il problema di stare molecolarmente nella società civile. Non è possibile dominare dall'alto servendosi delle leggi.. l'unica via è di diventare lievito".

Gran parte degli Stati non ha alcun rapporto di tipo pattizio con le confessioni religiose senza che ciò significhi minori garanzie per la libertà religiosa e per le Chiese. Anche in Italia si può ipotizzare il superamento del sistema concordatario. Ciò evidentemente non significa che tra Stato e Chiesa per regolamentare specifici problemi non ci possono essere Intese che non prevedano privilegi o status particolari sul modello di quelle già esistenti con le altre confessioni religiose sulla base dell'art. 8 della Costituzione .

"Gratis accepistis, gratis date"

La posizione anticoncordataria ha radici antichissime perché si rifà alla gratuità del ministero che trae dal "gratis accepistis, gratis date" ( Mt. 10,8 ) il suo fondamento evangelico; essa non tollera privilegi, bracci secolari ,"diritti di stola", stipendi ecc.... La gratuità del ministero per secoli è stata considerata dalla Chiesa condizione irrinunciabile della sua credibilità. Essa era strettamente intrecciata al lavoro manuale di chi - come S. Paolo - annunciava la buona novella. La gratuità, affermata da Pietro e Paolo, è considerata dalla DIDACHE’ la condizione che distingue il vero dal falso profeta.

Il lavoro è il fondamento del monachesimo orientale in S.Pacomio e S.Basilio e poi, in Occidente, in S.Benedetto; S.Agostino, nel DE OPERE MONACHORUM lo considera "conditio sine qua non" per il bravo monaco.

I beni della Chiesa costituivano un patrimonio destinato ai poveri e il clero ne poteva godere solo in quanto clero povero; essi dovevano essere amministrati e distribuiti "in comune", cioè in modo democratico (come ricorda Rosmini).

Questa tradizione, che percorre la storia della Chiesa per secoli, viene confermata in modo solenne dai quattro Concili Lateranensi del XII e XIII secolo; ripresa da S. Francesco e successivamente sostenuta dalle Costituzioni dei nuovi ordini religiosi (barnabiti, teatini, gesuiti, cappuccini) e si arena dopo una vivacissima discussione nel Concilio di Trento (1547). Ma essa rimane nella Chiesa se il Manzoni, mettendo in luce le virtù del Cardinale Federigo, scrive che egli "diceva, come tutti dicono, che le rendite ecclesiastiche sono patrimonio de' poveri". Questa tradizione merita di essere conosciuta e riproposta : di fronte ai Concordati sta la stoltezza dell'Evangelo che usa della gratuità e della povertà come dello strumento principale della evangelizzazione.

Il nuovo Concordato del 1984

Dopo infinite trattative e sei successive bozze di revisione, senza alcuna discussione all'interno della Chiesa e ponendo il Parlamento di fronte al fatto compiuto, la S.Sede ed il Governo presieduto da Bettino Craxi hanno firmato un nuovo testo nel febbraio del '84. Esso, formalmente, si presenta come una modifica del testo precedente, usando del dispositivo del secondo comma dell'art. 7 della Costituzione. Nella pratica i suoi contenuti sono radicalmente cambiati per cui sarebbe stato più corretto un iter di elaborazione e di approvazione ben diverso da quello sbrigativo che è stato adottato . E' quindi più esatto parlare di nuovo Concordato.

Il testo ha cancellato da quello precedente quelle che furono definite "foglie secchissime", cioè le norme ormai non applicate o perché in troppo evidente contrasto con la Costituzione, o perché cancellate dal referendum sul divorzio del '74, o perché espressione della logica giurisdizionalista ( il placet del Governo alla nomina dei Vescovi e dei parroci).

Il sistema dei rapporti è fondato "sulla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e per il bene del Paese", prefigurando un intreccio di volontà e di azioni comuni che rischia di confondere le rispettive sfere di competenza e di limitare la libertà della Chiesa di essere qualcosa di "altro" nei contenuti e nei metodi rispetto al potere civile.

Il sistema dei rapporti è stato modernizzato, razionalizzato, esteso a molti altri campi di intervento (art. 13 secondo comma) ed al momento della firma la Conferenza episcopale italiana (CEI) ha lamentato che erano rimaste fuori dall'Accordo " aree significative di problemi nuovi ed urgenti quali la promozione della vita e della famiglia , l'educazione sanitaria e i servizi sanitari e socioassistenziali , la lotta contro le nuove forme di emarginazione, le iniziative per la gioventù .....". Un elenco che indica quanto consociativa e pattizia fosse l'intenzione dei vertici della Chiesa, desiderosi di tutto decidere, a tutto supplire, tutto guidare.

In effetti il nuovo testo, mentre conferma le libertà per la Chiesa cattolica già garantite dalla Costituzione, ripete la condizione particolare della Chiesa a proposito di esenzioni fiscali per fini di religione e di culto (non chiaramente definiti); prevede matrimonio concordatario, cappellani negli ospedali, nelle carceri e nelle forze armate ed esenzione dal servizio militare per i chierici e rinvia ad un accordo successivo la definizione dei rapporti economici. L'accordo su questo punto è stato rapidamente raggiunto nel novembre '84 e ratificato dal Parlamento nel maggio '85 con la legge n.222, nonostante l'opposizione di alcune ristrette minoranze parlamentari.

L'otto per mille

Questa legge costituisce una specie di secondo nuovo Concordato, tanto la situazione precedente viene innovata. Si passa dal sistema della "congrua" dovuta dallo Stato a quello dell’ "otto per mille" . Nella sua presentazione ai "fedeli" nell'ottobre del '89 la CEI diceva: " Un tempo i primi cristiani provvedevano direttamente alle necessità della Chiesa. Oggi la Chiesa vuole ripercorrere quella strada. Compiendo questa scelta di libertà e di povertà evangelica la Chiesa italiana ha bisogno della tua generosità per continuare a diffondere la parola del Signore".

Accenti simili si sono ripetuti negli anni successivi nella propaganda che la Conferenza episcopale organizza ogni anno, con insistenza ed in modo capillare, su ogni media e nelle parrocchie per ottenere le firme di devoluzione della percentuale dell'Irpef a sé stessa. Ma "l'otto per mille" non è l'obolo della vedova (Mc. 12,41-44). E' un finanziamento diretto dello Stato in cui la spontaneità del contribuente è molto ridotta. Il gettito doveva essere destinato ad iniziative caritative e di culto ma nella pratica per più di un terzo serve ora al sostentamento del clero (che nei propositi iniziali doveva essere garantito dalle libere offerte agevolate da una detrazione d'imposta). Il gettito, mediamente, è stato in questi anni tra due o tre volte maggiore di quanto ipotizzato e ben superiore al totale della somma delle congrue versate a suo tempo . Questa situazione "brillante " per la Cei è garantita dal fatto che "l'otto per mille" dei contribuenti che non indicano alcuna scelta (circa il 56%) è diviso in proporzione alle scelte espresse e non, invece, come logica vorrebbe (e come avviene in Spagna per esempio), liberato da qualsiasi destinazione particolare e lasciato al gettito generale dell'IRPEF. Sui 1326,7 miliardi ricevuti nel '98 ben 743 provengono da questa non casuale disposizione della legge n. 222 del '85 .

Che la Chiesa non volesse rischiare niente col nuovo meccanismo lo testimonia anche l'art. 49 di questa legge che prevede una revisione periodica della percentuale qualora il gettito si fosse rivelato insufficiente. Questo meccanismo dell'otto per mille prevede quindi un falso autofinanziamento; come si può parlare di "rinuncia agli aiuti diretti e di più libertà per la Chiesa"?

 

La gestione dei proventi dell'otto per mille

La gestione dell'otto per mille è nota solo per dati molto sintetici; essa è servita, unitamente all'incameramento dei benefici (l'antico "patrimonium pauperum") a favore degli Istituti diocesani, ad un'opera di riorganizzazione delle retribuzioni al clero. Gli Istituti diocesani e lo stesso Istituto centrale per il sostentamento del clero sono in genere reticenti nell'informazione sulla gestione dei proventi dell'otto per mille. E' difficile riuscire ad esprimere valutazioni concrete sul complesso di queste gestioni. Del resto, la reticenza nel diffondere dati esaurienti, analitici e disaggregati fa sospettare anche della loro trasparenza.

La gratuità dei ministeri , la Chiesa povera , la fiducia nella Provvidenza, la corresponsabilità del popolo di Dio sono valori che non si vedono, a differenza della mobilitazione per ottenere le firme dei contribuenti e per raccogliere le libere offerte (incentivate) che però, non essendo coattive, sono scarse ed in diminuzione, ammontando solo a circa il 3% del gettito "dell'otto per mille". E' evidente che un tale sistema deresponsabilizza, demotiva, "intreccia" la Chiesa con lo Stato, crea sempre nuove aspettative e rivendicazioni. ( per il Giubileo due leggi dello Stato hanno stanziato 5.500 miliardi).

Soprattutto, quella "dell'otto per mille" è una situazione opposta al primo imperativo che Rosmini, parlando della quinta piaga della Santa Chiesa, sostiene essere a fondamento per i primi otto secoli della gestione dei beni ecclesiastici : l'offerta deve essere spontanea.

Il clero stipendiato dallo Stato

I sacerdoti che si vedono il proprio reddito integrato o interamente versato dagli Istituti Diocesani per il Sostentamento del clero sono degli stipendiati dallo Stato. Inoltre il meccanismo organizzato dalla Chiesa e cogestito con lo Stato (si leggano tutti i 75 articoli della legge n. 222) prevede un forte accentramento dei poteri decisionali e di spesa nelle Curie diocesane e soprattutto nella Presidenza della Conferenza episcopale dotata ora di grandi risorse e di poteri amministrativi penetranti sulle singole Diocesi e sul clero. Conoscendo come è organizzata la Chiesa in Italia e quale è la sua diretta e quotidiana dipendenza dalla Curia vaticana, non si può non essere fortemente preoccupati. Ha inoltre incrementato il numero delle scelte a favore della CEI ( che sono circa l'83% di quelle espresse) il fatto, da ritenere non casuale, che i fondi "dell'otto per mille" a favore dello Stato (secondo la legge " per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali") siano sempre stati gestiti dai Ministeri competenti in modo non chiaro, così da contribuire a minare l’idea di devolvere il proprio "otto per mille" allo Stato, anche da parte di chi non ha mai dimostrato simpatie per la Chiesa .

L'ora di religione

Stravolgono il principio "gratis accepistis, gratis date" anche le norme sull'insegnamento della "religione cattolica nei diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche" da parte di docenti nominati dal Vescovo ma con retribuzione a carico del bilancio statale. La relativa Intesa di attuazione di queste norme ha dato luogo a lunghe controversie e a vivaci polemiche perché la prassi amministrativa e le interpretazioni da parte della CEI tendevano a restringere la piena facoltatività della frequenza dell'ora settimanale di religione (infine resa completamente possibile per un intervento della Corte Costituzionale).

La situazione attuale di fatto deresponsabilizza tutti, dal Ministro all'ultimo docente. Per quanto riguarda la preparazione culturale sul "fatto religioso" è grave che essa non venga fornita nell'ambito delle diverse discipline o in un corso di storia delle religioni.

Inoltre l'ora di religione distrae la Chiesa dal concentrarsi sul fatto che la catechesi è compito primario della famiglia e della Chiesa e non della scuola.

L'abuso del sistema pattizio

Il rapporto pattizio tra Chiesa cattolica e Stato non rappresenta alcuna soluzione se non è fondato sul rispetto sostanziale dei reciproci ambiti di competenza e se non si basa su una cultura laica e democratica delle istituzioni da parte degli uomini che reggono la Chiesa e da parte del popolo di Dio (che non può e non deve essere silenzioso). Nell’Italia repubblicana si sono susseguite crisi che hanno messo a dura prova la credibilità dell'evangelizzazione. Basti pensare in particolare a due fatti che hanno coinvolto tutta l'opinione pubblica e di cui i vertici della Chiesa romana sono stati protagonisti: il referendum contro la legge sul divorzio e lo scandalo dello IOR (Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana) - Banco Ambrosiano.

In entrambi i casi gli accordi pattizi sono stati usati per battaglie palesemente sbagliate.

Nel primo caso la difesa dell'art. 34 del Concordato (a tutela dell'esclusiva competenza dei tribunali ecclesiastici sui matrimoni concordatari) è servita per una anacronistica campagna contro la laicità della Repubblica (che i cattolici democratici in questo caso hanno respinto). Nel secondo caso l'art. 11 del Trattato è servito a proteggere (in modo del tutto indebito anche secondo lo stesso dettato dell'articolo) dal processo nei Tribunali italiani e forse dal carcere i responsabili di un gravissimo scandalo finanziario. Ma nessun riconoscimento di responsabilità è mai stato accettato. Da parte sua, per chiudere l’imbarazzante caso, il Vaticano versò un "contributo volontario" di ben 242 milioni di dollari nel '85. Perché mai tanta generosità, se la Santa Sede avesse potuto provare la limpidezza dell’agire dello Ior?

Un terzo caso è ancora all'onore delle cronache, quello del Card. Michele Giordano, arcivescovo di Napoli. La contestazione della magistratura fatta in modo discutibile dal Prelato, con il massimo di udienza sui media, è stata priva di rispetto dei reciproci ambiti di competenza e si è rifatta al Concordato per cercarvi indebitamente una tutela che, peraltro, non vi è in alcun modo prevista per il tipo di attività di cui è accusato. Qual è allora la "diversità" della Chiesa come depositaria e portatrice del messaggio di Cristo?

Non varrebbe la pena di abolire questo Concordato e di lasciare gli uomini di Chiesa senza alcuna rete di protezione fondata sul privilegio come condizione perché l'annuncio dell'Evangelo sia più credibile?

Perché non fare un passo indietro per annunciare l'Evangelo ?

Mancano pochi mesi alla fine del secolo e del millennio. Nella "TERTIO MILLENNIO ADVENIENTE" (lettera con cui, nel 94, il papa ha avviato la preparazione del Giubileo del 2000), Wojtyla ha invitato a un "maggiore impegno di penitenza e di conversione": un impegno che ci sembra debba essere non solo un fatto individuale ma anche collettivo.

In questo bilancio complessivo, dunque, bisogna ridiscutere anche del "come" è risolto il rapporto Stato- Chiesa cattolica in Italia.

Il superamento della "questione romana" ha chiuso per sempre la fine di un'epoca plurisecolare, quella del potere temporale dei Papi. Da allora la Chiesa è più libera nella sua opera di evangelizzazione. L'intervento della Provvidenza nel 1870 fu anche riconosciuto anche da Paolo VI.

Perché, allora, non fare un passo indietro ? I cattolici si riconoscano in Italia una Confessione di minoranza e ragionino sull'evangelizzazione a partire da questa constatazione.

Non ci sono in Italia grandi organizzazioni atee, anticlericali o materialiste che contestino i compiti evangelici della Chiesa romana. Anzi, a volte, pare che esista , almeno nei mass media, una eccessiva enfatizzazione dei suoi messaggi e del ruolo delle sue gerarchie. Esiste inoltre un riconoscimento diffuso nell'opinione pubblica della presenza di cristiani nei luoghi dove si cerca di affrontare gravi condizioni di bisogno materiale.


E’ dunque il momento storicamente giusto per fare un gesto autenticamente profetico. I problemi dei cattolici, oggi, sono quelli dell'evangelizzazione in una società secolarizzata; sono quelli di stabilire un rapporto con le altre Chiese presenti nel Paese, per riflettere su cosa significa per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato la globalizzazione galoppante dell'economia e delle culture; sono quelli di spendersi con tutte le donne e gli uomini di buona volontà per costruire un mondo giusto. Alla luce di tutto questo, alla Chiesa cattolica si impone la grande domanda:

Perché non fare un passo indietro e rinunciare unilateralmente, secondo l'auspicio della "GAUDIUM ET SPES", ad ogni privilegio, ad ogni garanzia pattizia, ad ogni sicurezza ?

Certo, nascerebbero per la Chiesa romana dei problemi concreti, ma il millennio si aprirebbe con una testimonianza inedita ed un messaggio autentico a quanti con cuore sincero ed in diversi modi ricercano la verità e la giustizia.

 

E allora perché non aprire una riflessione sul passato aperta ai " nuovi segni dei tempi?"

 

 

"Noi Siamo Chiesa"

(Coordinamento italiano dell'International Movement We are Church)

 

 

Roma, 18 febbraio 1999

 

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