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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

A 70 anni dai Patti Lateranensi, a 15 anni dal Concordato del 1984 – Una riflessione necessaria

International
movement "We Are Church

coordinamento italiano "Noi Siamo Chiesa"

casella
postale 244 Acilia , ROMA 00125

 

A 70 ANNI DAI PATTI LATERANENSI

A 15 ANNI DAL CONCORDATO DEL 1984

Una riflessione necessaria

Gli
ultimi decenni di questo fine millennio hanno modificato radicalmente il
rapporto tra la Chiesa
cattolica e le istituzioni del potere politico. A fine millennio, in tempi di
proclamati bilanci e di meditazioni sul passato, la convinzione, ormai
generale, è che la fine del potere temporale -nel 1870- sia stato un bene
per la Chiesa
cattolica e che sia stato un errore la resistenza così prolungata e rigida al
suo abbandono
(avrebbe dovuto avvenire spontaneamente e non sotto
costrizione ). Ora la Chiesa
* può parlare più legittimamente di libertà religiosa in ogni società e può
cercare di meglio impegnarsi nella difesa dei diritti umani.

In
questa riflessione generale è di particolare importanza la situazione italiana
: per la presenza a Roma del Papa e della Curia, per il ruolo del cattolicesimo
nella società italiana e per l’eredità culturale e storica che il problema del
rapporto Stato-Chiesa (cattolica) ha depositato nella storia d’Italia. La
soluzione della "questione romana" ha portato all’instaurazione nel
nostro paese di un sistema pattizio o "concordatario" che è
necessario riesaminare alla luce di quanto è cambiato nella Chiesa romana,
nelle Chiese e nella società. L’occasione è il settantesimo anniversario dei
Patti Lateranensi ed il quindicesimo del nuovo Concordato.
La nostra
riflessione vorrebbe occuparsi dei principi a cui ispirarsi, ma anche della
situazione concreta.

La posizione anticoncordataria al Concilio..

La
soluzione concordataria del 1929, rinnovata e consolidata nel 1984, non è
l’unica che fosse praticabile. Antonio Rosmini , proponendo un profondo
rinnovamento della Chiesa romana, aveva già ipotizzato una soluzione fondata
sulla "libertà senza privilegi". Nel ’29 Pio XI scelse la
strada di accordarsi col fascismo garantendogli credibilità e consensi e
abbandonando del tutto i "Popolari" democratici. Lo stesso De Gasperi
espresse le sue preoccupazioni per il "pericolo insito nella politica
concordataria", temendo "per la compromissione della Chiesa"; e
il leader popolare F.L. Ferrari, in una lettera del ’31, invitava i
parroci italiani a rivendicare "diritti in un paese di liberi e non
previlegi in uno Stato di schiavi".
I Patti Lateranensi contribuirono
a dare via libera al fascismo, con le conseguenti conquiste coloniali,
leggi razziali, alleanza col nazismo ed entrata in guerra.Essi erano
indispensabili quando la legge sulle guarentigie del 1871, unilateralmente
applicata dallo Stato, aveva garantito la libertà della Chiesa?

 

 

*In
questo documento per "Chiesa" si intende sempre – salvo un diverso
contesto – "Chiesa cattolica romana "

 

Nel
dopoguerra la posizione anticoncordataria, che ha poco manifestato il proprio
dissenso nella fase costituente, si affermò con la massima autorevolezza al
Concilio. Nella "GAUDIUM ET SPES" ( cap. 76) si afferma che
" la Chiesa
non pone la sua speranza nei privilegi offertile dall’autorità civile. Anzi
essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove
constatasse che il loro uso potesse fare dubitare della sincerità della sua
testimonianza".

Questa
affermazione fu la conclusione di uno scontro durissimo; i Vescovi
conservatori, autorevoli ma in netta minoranza, si posero allora l’obiettivo di
bloccare l’attuazione pratica di questa linea. La posizione anticoncordataria
ha però via via acquisito consensi ed ha ripetutamente espresso con vivacità il
proprio dissenso sulla linea prevalente in Vaticano e tra i vescovi italiani .

..
e tra i cristiani e nella società

Affermava
nel ’67 "TESTIMONIANZE": " Quanto più la Chiesa andrà liberandosi
dalle incrostazioni del passato modificando il suo assetto giuridico-societario
per farsi popolo di Dio, tanto più la mediazione istituzionale tra Chiesa e
Stato tenderà ad interiorizzarsi nella dialettica tra la coscienza politica e
la coscienza religiosa: ‘il concordato’, per così dire, si realizzerà
in interiore homine,
in termini non di strumentalizzazione e di privilegi,
ma di responsabilità e di servizio". Le riviste "QUESTITALIA"
e "IL TETTO", "COM", le Comunità di base
al loro sorgere nel ’71, il movimento dei "Cristiani per il socialismo",
la stessa proposta di legge di Gianmario Albani di abrogazione dell’art.7 della
Costituzione ( preceduta da quella di Lelio Basso) sollevarono ripetutamente il
problema del superamento del sistema concordatario.

Il
referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio nel ’74 portò alla luce
il contrasto tra il Concordato ( l’art. 34 sulla giurisdizione esclusiva dei
Tribunali ecclesiastici in materia di matrimoni canonici ) e la legislazione
civile confermata dalla volontà popolare. Molti cattolici, che si pronunciarono
per la conferma della legge, espressero posizioni esplicitamente
anticoncordatarie. In occasione del dibattito parlamentare sulla revisione del
Concordato del dicembre ’78 un documento "Contro il Concordato per il
Vangelo" fu firmato da numerosi autorevoli esponenti del mondo cattolico.
In Senato Raniero La Valle
testimoniava questa posizione sostenendo tra l’altro: "Il concilio
non elude il problema del rapporto tra Stato e Chiesa; lo risolve proponendo non
la via concordataria, ma la via della ‘concordia’ che altro non è che il regime
di una piena ed effettiva libertà religiosa ".

La
linea anticoncordataria continua negli anni, anche se trova pochi consensi
nelle curie e nella Segreteria di Stato vaticana. Di fronte all’improvviso
nuovo Concordato del ’84, esponenti del mondo cattolico democratico,
riviste e centri culturali si pronunciavano subito contro ogni
neocostantinianesimo,
sostenendo di trovarsi di fronte "ad una
modernizzazione e a un vero e proprio rilancio del sistema concordatario",
contrario " alla più genuina ispirazione conciliare ed alle aspettative
diffuse tra i cristiani per una chiesa credibile e povera".

In
Parlamento la
Sinistra Indipendente
, composta in gran parte da cattolici,
ha espresso una posizione anticoncordataria, che è molto più diffusa nel paese
di quanto appaia dalle rappresentanze parlamentari condizionate dalle logiche
di palazzo. In seguito centinaia di autorevoli firme di ogni estrazione ideale
e culturale hanno sottoscritto un documento di "Carta ’89" che da
anni pone il problema della "Chiesa cattolica come entità privilegiata in
una posizione di prestigio formale e di vantaggio materiale".

Anche
Oscar Luigi Scalfaro ("MONDO ECONOMICO", ottobre ’89) scriveva
: " Sono sempre stato contrario al Concordato. Un Concordato
infatti ha ragione d’essere tra Chiesa e Stato quando lo Stato non rispetta
nella sostanza i valori della democrazia.
In tal caso la Chiesa, attraverso un
Concordato, cerca di salvare il salvabile, ossia quel minimo che impedisca ai
propri fedeli di dover vivere di eroismo. Ma in un paese democratico le ragioni
dello status concordatario vengono meno". E lo storico Pietro Scoppola,
facendo nel loro settantennio un bilancio dei Patti del’29, ha sostenuto: "I
Concordati hanno sempre meno senso.. la Chiesa oggi ha il problema di stare
molecolarmente nella società civile. Non è possibile dominare dall’alto
servendosi delle leggi.. l’unica via è di diventare lievito".

Gran
parte degli Stati non ha alcun rapporto di tipo pattizio con le confessioni
religiose senza che ciò significhi minori garanzie per la libertà religiosa e
per le Chiese. Anche in Italia si può ipotizzare il superamento del sistema
concordatario. Ciò evidentemente non significa che tra Stato e Chiesa per
regolamentare specifici problemi non ci possono essere Intese
che non
prevedano privilegi o status particolari sul modello di quelle già esistenti
con le altre confessioni religiose sulla base dell’art. 8 della
Costituzione .

"Gratis accepistis, gratis date"

La
posizione anticoncordataria ha radici antichissime perché si rifà alla gratuità
del ministero che trae dal "gratis accepistis, gratis date" (
Mt. 10,8 ) il suo fondamento evangelico; essa non tollera privilegi, bracci
secolari ,"diritti di stola", stipendi
ecc…. La gratuità del
ministero per secoli è stata considerata dalla Chiesa condizione irrinunciabile
della sua credibilità. Essa era strettamente intrecciata al lavoro manuale di
chi – come S. Paolo – annunciava la buona novella. La gratuità, affermata da
Pietro e Paolo, è considerata dalla DIDACHE’ la condizione che distingue
il vero dal falso profeta.

Il
lavoro è il fondamento del monachesimo orientale in S.Pacomio e S.Basilio e
poi, in Occidente, in S.Benedetto; S.Agostino, nel
DE OPERE
MONACHORUM lo considera "conditio sine qua non" per il
bravo monaco
.

I
beni della Chiesa costituivano un patrimonio destinato ai poveri e il clero ne
poteva godere solo in quanto clero povero
; essi dovevano essere
amministrati e distribuiti "in comune", cioè in modo democratico
(come ricorda Rosmini).

Questa
tradizione, che percorre la storia della Chiesa per secoli, viene confermata
in modo solenne dai quattro Concili Lateranensi
del XII e XIII secolo;
ripresa da S. Francesco e successivamente sostenuta dalle Costituzioni dei
nuovi ordini religiosi (barnabiti, teatini, gesuiti, cappuccini)
e si arena
dopo una vivacissima discussione nel Concilio di Trento (1547). Ma essa rimane
nella Chiesa se il Manzoni, mettendo in luce le virtù del Cardinale Federigo,
scrive che egli "diceva, come tutti dicono, che le rendite ecclesiastiche
sono patrimonio de’ poveri". Questa tradizione merita di essere conosciuta
e riproposta : di fronte ai Concordati sta la stoltezza dell’Evangelo che usa
della gratuità e della povertà come dello strumento principale della
evangelizzazione.

Il nuovo Concordato del 1984

Dopo
infinite trattative e sei successive bozze di revisione, senza alcuna
discussione all’interno della Chiesa
e ponendo il Parlamento di fronte al
fatto compiuto, la S.Sede
ed il Governo presieduto da Bettino Craxi hanno firmato un nuovo testo nel
febbraio del ’84
. Esso, formalmente, si presenta come una modifica del
testo precedente, usando del dispositivo del secondo comma dell’art. 7 della
Costituzione. Nella pratica i suoi contenuti sono radicalmente cambiati per cui
sarebbe stato più corretto un iter di elaborazione e di approvazione ben
diverso da quello sbrigativo che è stato adottato . E’ quindi più esatto
parlare di nuovo Concordato
.

Il
testo ha cancellato da quello precedente quelle che furono definite
"foglie secchissime", cioè le norme ormai non applicate o perché in
troppo evidente contrasto con la Costituzione, o perché cancellate dal referendum
sul divorzio del ’74, o perché espressione della logica giurisdizionalista ( il
placet del Governo alla nomina dei Vescovi e dei parroci).

Il
sistema dei rapporti è fondato "sulla reciproca collaborazione per la
promozione dell’uomo e per il bene del Paese", prefigurando un intreccio
di volontà e di azioni comuni che rischia di confondere le rispettive sfere di
competenza e di limitare la libertà della Chiesa di essere qualcosa di
"altro" nei contenuti e nei metodi rispetto al potere civile.

Il
sistema dei rapporti è stato modernizzato, razionalizzato, esteso a molti altri
campi di intervento (art. 13 secondo comma) ed al momento della firma la Conferenza episcopale
italiana (CEI) ha lamentato che erano rimaste fuori dall’Accordo " aree
significative di problemi nuovi ed urgenti quali la promozione della vita e
della famiglia , l’educazione sanitaria e i servizi sanitari e
socioassistenziali , la lotta contro le nuove forme di emarginazione, le
iniziative per la gioventù
…..". Un elenco che indica quanto
consociativa e pattizia fosse l’intenzione dei vertici della Chiesa, desiderosi
di tutto decidere, a tutto supplire, tutto guidare.

In
effetti il nuovo testo, mentre conferma le libertà per la Chiesa cattolica già
garantite dalla Costituzione, ripete la condizione particolare della Chiesa
a proposito di esenzioni fiscali per fini di religione e di culto
(non
chiaramente definiti); prevede matrimonio concordatario, cappellani negli
ospedali, nelle carceri e nelle forze armate ed esenzione dal servizio militare
per i chierici e rinvia ad un accordo successivo la definizione dei rapporti
economici.
L’accordo su questo punto è stato rapidamente raggiunto nel
novembre ’84 e ratificato dal Parlamento nel maggio ’85 con la legge n.222,
nonostante l’opposizione di alcune ristrette minoranze parlamentari.

L’otto per mille

Questa
legge costituisce una specie di secondo nuovo Concordato, tanto la
situazione precedente viene innovata. Si passa dal sistema della "congrua"
dovuta dallo Stato a quello dell’ "otto per mille" . Nella sua
presentazione ai "fedeli" nell’ottobre del ’89 la CEI diceva: " Un tempo i
primi cristiani provvedevano direttamente alle necessità della Chiesa. Oggi la Chiesa vuole ripercorrere
quella strada. Compiendo questa scelta di libertà e di povertà evangelica la Chiesa italiana ha bisogno
della tua generosità per continuare a diffondere la parola del Signore".

Accenti
simili si sono ripetuti negli anni successivi nella propaganda che la Conferenza episcopale
organizza ogni anno, con insistenza ed in modo capillare, su ogni media e nelle
parrocchie per ottenere le firme di devoluzione della percentuale dell’Irpef a
sé stessa. Ma "l’otto per mille" non è l’obolo della vedova (Mc.
12,41-44). E’ un finanziamento diretto dello Stato in cui la spontaneità del
contribuente è molto ridotta
. Il gettito doveva essere destinato ad
iniziative caritative e di culto ma nella pratica per più di un terzo serve ora
al sostentamento del clero (che nei propositi iniziali doveva essere garantito
dalle libere offerte agevolate da una detrazione d’imposta). Il gettito,
mediamente, è stato in questi anni tra due o tre volte maggiore di quanto
ipotizzato e ben superiore al totale della somma delle congrue versate a suo
tempo .
Questa situazione "brillante " per la Cei è garantita dal fatto che "l’otto
per mille" dei contribuenti che non indicano alcuna scelta (circa il 56%)
è diviso in proporzione alle scelte espresse
e non, invece, come logica
vorrebbe (e come avviene in Spagna per esempio), liberato da qualsiasi
destinazione particolare e lasciato al gettito generale dell’IRPEF. Sui
1326,7 miliardi ricevuti nel ’98 ben 743 provengono da questa non casuale
disposizione della legge n. 222 del ’85
.

Che
la Chiesa non
volesse rischiare niente col nuovo meccanismo lo testimonia anche l’art. 49
di questa legge che prevede una revisione periodica della percentuale qualora
il gettito si fosse rivelato insufficiente. Questo meccanismo dell’otto per
mille prevede quindi un falso autofinanziamento
; come si può parlare di
"rinuncia agli aiuti diretti e di più libertà per la Chiesa"?

 

La gestione dei proventi dell’otto per mille

La
gestione dell’otto per mille è nota solo per dati molto sintetici
; essa è
servita, unitamente all’incameramento dei benefici (l’antico "patrimonium
pauperum") a favore degli Istituti diocesani, ad un’opera di
riorganizzazione delle retribuzioni al clero. Gli Istituti diocesani e lo
stesso Istituto centrale per il sostentamento del clero sono in genere
reticenti nell’informazione sulla gestione dei proventi dell’otto per mille. E’
difficile riuscire ad esprimere valutazioni concrete sul complesso di queste
gestioni. Del resto, la reticenza nel diffondere dati esaurienti, analitici
e disaggregati
fa sospettare anche della loro trasparenza.

La
gratuità dei ministeri , la
Chiesa
povera , la fiducia nella Provvidenza, la
corresponsabilità del popolo di Dio sono valori che non si vedono, a differenza
della mobilitazione per ottenere le firme dei contribuenti
e per
raccogliere le libere offerte (incentivate) che però, non essendo coattive,
sono scarse ed in diminuzione, ammontando solo a circa il 3% del gettito
"dell’otto per mille". E’ evidente che un tale sistema
deresponsabilizza, demotiva, "intreccia" la Chiesa con lo Stato, crea
sempre nuove aspettative e rivendicazioni
. ( per il Giubileo due leggi
dello Stato hanno stanziato 5.500 miliardi).

Soprattutto,
quella "dell’otto per mille" è una situazione opposta al primo
imperativo che Rosmini, parlando della quinta piaga della Santa Chiesa,
sostiene essere a fondamento per i primi otto secoli della gestione dei beni
ecclesiastici : l’offerta deve essere spontanea.

Il clero stipendiato dallo Stato

I
sacerdoti che si vedono il proprio reddito integrato o interamente versato
dagli Istituti Diocesani per il Sostentamento del clero sono degli stipendiati
dallo Stato
. Inoltre il meccanismo organizzato dalla Chiesa e cogestito con lo
Stato (si leggano tutti i 75 articoli della legge n. 222) prevede un forte
accentramento dei poteri decisionali
e di spesa nelle Curie diocesane e
soprattutto nella Presidenza della Conferenza episcopale dotata ora di grandi
risorse e di poteri amministrativi penetranti sulle singole Diocesi e sul
clero. Conoscendo come è organizzata la Chiesa in Italia e quale è la sua diretta e
quotidiana dipendenza dalla Curia vaticana, non si può non essere fortemente
preoccupati. Ha inoltre incrementato il numero delle scelte a favore della CEI
( che sono circa l’83% di quelle espresse) il fatto, da ritenere non casuale,
che i fondi "dell’otto per mille" a favore dello Stato (secondo la
legge " per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati,
conservazione di beni culturali") siano sempre stati gestiti dai Ministeri
competenti in modo non chiaro, così da contribuire a minare l’idea di devolvere
il proprio "otto per mille" allo Stato, anche da parte di chi non ha
mai dimostrato simpatie per la
Chiesa
.

L’ora di religione

Stravolgono
il principio "gratis accepistis, gratis date" anche le norme
sull’insegnamento della "religione cattolica nei diversi ordini e gradi
delle scuole pubbliche" da parte di docenti nominati dal Vescovo ma con
retribuzione a carico del bilancio statale
. La relativa Intesa di
attuazione di queste norme ha dato luogo a lunghe controversie e a vivaci
polemiche perché la prassi amministrativa e le interpretazioni da parte della
CEI tendevano a restringere la piena facoltatività della frequenza dell’ora
settimanale di religione (infine resa completamente possibile per un intervento
della Corte Costituzionale).

La
situazione attuale di fatto deresponsabilizza tutti, dal Ministro
all’ultimo docente. Per quanto riguarda la preparazione culturale sul
"fatto religioso
" è grave che essa non venga fornita nell’ambito
delle diverse discipline o in un corso di storia delle religioni.

Inoltre
l’ora di religione distrae la
Chiesa
dal concentrarsi sul fatto che la catechesi è
compito primario della famiglia e della Chiesa e non della scuola.

L’abuso del sistema pattizio

Il
rapporto pattizio tra Chiesa cattolica e Stato non rappresenta alcuna soluzione
se non è fondato sul rispetto sostanziale dei reciproci ambiti di competenza e
se non si basa su una cultura laica e democratica delle istituzioni da parte
degli uomini che reggono la
Chiesa
e da parte del popolo di Dio (che non può e non deve
essere silenzioso). Nell’Italia repubblicana si sono susseguite crisi che hanno
messo a dura prova la credibilità dell’evangelizzazione. Basti pensare in
particolare a due fatti che hanno coinvolto tutta l’opinione pubblica e di cui
i vertici della Chiesa romana sono stati protagonisti: il referendum contro
la legge sul divorzio e lo scandalo dello IOR
(Istituto per le Opere di
Religione, la banca vaticana) – Banco Ambrosiano.

In
entrambi i casi gli accordi pattizi sono stati usati per battaglie palesemente
sbagliate.

Nel
primo caso la difesa dell’art. 34 del Concordato (a tutela dell’esclusiva
competenza dei tribunali ecclesiastici sui matrimoni concordatari) è servita
per una anacronistica campagna contro la laicità della Repubblica (che i
cattolici democratici in questo caso hanno respinto). Nel secondo caso l’art.
11 del Trattato è servito a proteggere (in modo del tutto indebito anche
secondo lo stesso dettato dell’articolo) dal processo nei Tribunali italiani e
forse dal carcere i responsabili di un gravissimo scandalo finanziario. Ma
nessun riconoscimento di responsabilità è mai stato accettato. Da parte sua,
per chiudere l’imbarazzante caso, il Vaticano versò un "contributo
volontario" di ben 242 milioni di dollari nel ’85. Perché mai tanta
generosità, se la Santa
Sede
avesse potuto provare la limpidezza dell’agire dello
Ior?

Un
terzo caso è ancora all’onore delle cronache, quello del Card. Michele
Giordano
, arcivescovo di Napoli. La contestazione della magistratura fatta
in modo discutibile dal Prelato, con il massimo di udienza sui media, è stata
priva di rispetto dei reciproci ambiti di competenza e si è rifatta al
Concordato per cercarvi indebitamente una tutela
che, peraltro, non vi è in
alcun modo prevista per il tipo di attività di cui è accusato. Qual è allora la
"diversità" della Chiesa come depositaria e portatrice del messaggio
di Cristo?

Non
varrebbe la pena di abolire questo Concordato e di lasciare gli uomini di
Chiesa senza alcuna rete di protezione fondata sul privilegio come condizione
perché l’annuncio dell’Evangelo sia più credibile?

Perché non fare un passo indietro per annunciare l’Evangelo ?

Mancano
pochi mesi alla fine del secolo e del millennio. Nella "TERTIO
MILLENNIO ADVENIENTE" (lettera con cui, nel 94, il papa ha avviato la
preparazione del Giubileo del 2000), Wojtyla ha invitato a un "maggiore
impegno di penitenza e di conversione":
un impegno che ci sembra debba
essere non solo un fatto individuale ma anche collettivo.

In
questo bilancio complessivo, dunque, bisogna ridiscutere anche del
"come" è risolto il rapporto Stato- Chiesa cattolica in Italia.

Il
superamento della "questione romana" ha chiuso per sempre la fine di
un’epoca plurisecolare, quella del potere temporale dei Papi. Da allora la Chiesa è più libera nella
sua opera di evangelizzazione. L’intervento della Provvidenza nel 1870 fu anche
riconosciuto anche da Paolo VI.

Perché,
allora, non fare un passo indietro ? I cattolici si riconoscano in Italia una
Confessione di minoranza e ragionino sull’evangelizzazione a partire da questa
constatazione.

Non
ci sono in Italia grandi organizzazioni atee, anticlericali o materialiste che
contestino i compiti evangelici della Chiesa romana.
Anzi, a
volte, pare che esista , almeno nei mass media, una eccessiva enfatizzazione
dei suoi messaggi e del ruolo delle sue gerarchie. Esiste inoltre un
riconoscimento diffuso nell’opinione pubblica della presenza di cristiani nei
luoghi dove si cerca di affrontare gravi condizioni di bisogno materiale.


E’ dunque il momento storicamente giusto per fare un gesto autenticamente
profetico. I problemi dei cattolici, oggi, sono quelli dell’evangelizzazione in
una società secolarizzata; sono quelli di stabilire un rapporto con le altre
Chiese presenti nel Paese, per riflettere su cosa significa per la pace, la
giustizia e la salvaguardia del creato la globalizzazione galoppante dell’economia
e delle culture; sono quelli di spendersi con tutte le donne e gli uomini di
buona volontà per costruire un mondo giusto. Alla luce di tutto questo, alla
Chiesa cattolica si impone la grande domanda:

Perché
non fare un passo indietro e rinunciare unilateralmente, secondo l’auspicio
della "
GAUDIUM ET SPES", ad ogni privilegio, ad ogni garanzia
pattizia, ad ogni sicurezza ?

Certo,
nascerebbero per la Chiesa
romana dei problemi concreti, ma il millennio si aprirebbe con una
testimonianza inedita ed un messaggio autentico a quanti con cuore sincero ed
in diversi modi ricercano la verità e la giustizia.

 

E allora perché non aprire una riflessione sul passato aperta ai "
nuovi segni dei tempi?"

 

 

"Noi
Siamo Chiesa"

(Coordinamento
italiano dell’International Movement We are Church)

 

 

Roma,
18 febbraio 1999


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