Intervento di Stedile dei Sem Terra
Nel segno del pessimismo della ragione (nell’analisi della realtà), ma senza dimenticare l’ottimismo della volontà (nel modo di pensare il futuro e le alternative): è così, con un richiamo ad Antonio Gramsci da parte del leader del Movimento dei Senza Terra del Brasile e di Via
Campesina Joao Pedro Stedile che si è conclusa la prima giornata – dedicata all’analisi della realtà – dell’incontro globale dei movimenti popolari in Vaticano, “Terra, Labor, Domus”. E’ stato il leader dei senza terra a indicare, in una sorta di sintesi del dibattito della giornata, alcune idee centrali “come radiografia della realtà su cui – ha detto – portare avanti la nostra riflessione, con l’ausilio di papa Francesco e di Evo Morales, per poi trarne proposte concrete di impegno”. Ma ecco i 20 punti centrali evidenziati da Stedile:
1. Un’offensiva senza eguali del capitale nazionale e internazionale, diretto ad appropriarsi delle risorse naturali che dovrebbero invece appartenere a tutta l’umanità, specialmente attraverso lo sfruttamento minerario e la costruzione di centrali idroelettriche e nucleari: un problema di enorme portata per l’umanità, non solo in termini di distribuzione di ricchezze, ma anche di perdita di sovranità su tali risorse.
2. L’appropriazione delle sementi che devono invece essere riconosciute come patrimonio dell’umanità e in particolare l’imposizione di sementi transgeniche combinata con l’uso di veleni agricoli, con la conseguente distruzione della biodiversità.
3. Una crisi ambientale di portata incalcolabile, che mette a repentaglio la vita stessa del pianeta – con conseguenze gravissime soprattutto sui tre miliardi di persone più povere – come frutto di un modello energetico fallimentare a cui si può cercare di porre rimedio in appena 30 anni.
4. La mercificazione degli alimenti da parte di non più di 50 imprese transnazionali che controllano l’intera catena agroalimentare, a fronte della presenza di 900 milioni di persone che soffrono la fame.
5. Un dilagante processo di precarizzazione del lavoro, con attacchi sistematici da parte del capitale ai diritti dei lavoratori, in un processo che riguarda tutti i nostri Paesi e che produce fasce di disoccupazione addirittura fino al 50% della popolazione giovanile.
6. La crescita vertiginosa di pratiche legate al lavoro schiavo, alla prostituzione forzata, alla migrazione forzata, al genocidio dei popoli: pratiche che si configurano come crimini contro l’umanità.
7. La crescita della concentrazione della proprietà della terra, della ricchezza (il 40% della quale si trova nelle mani di appena 147 imprese, mentre al 70% dell’umanità non resta che spartirsi un misero 2,9%), nonché dei mass media e persino dei poteri dello Stato.
8. Il dominio dell’impero statunitense, con i suoi alleati del G8, esercitato con il potere del dollaro, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, dei Trattati di Libero Scambio, dei mezzi di comunicazione e naturalmente attraverso la sua macchina di guerra, che impone gli interessi Usa al resto dell’umanità.
9. Il ricorso a guerre stupide e inaccettabili, meri pretesti che rispondono agli interessi economici, energetici e geopolitici dei capitalisti.
10. Il profondo deficit democratico degli organismi internazionali, incapaci di presentare soluzioni adeguate ed efficaci.
11. L’assenza di un processo realmente democratico nella maggior parte dei Paesi, resa evidente dallo svuotamento dei processi elettorali, dalla mancanza di una vera partecipazione popolare, dalla clamorosa inutilità della democrazia borghese rappresentativa.
12. I limiti delle politiche pubbliche dei governi, incapaci di curare gli interessi popolari al di là di mere politiche compensatorie.
13. La trasformazione della città in un inferno, a causa della speculazione immobiliare, del moltiplicarsi delle favelas, dell’imposizione di un modello di trasporto centrato sull’automobile privata, a scapito di un trasporto pubblico e collettivo.
14. La violenza istituzionalizzata contro i poveri, praticata da paramilitari, narcotrafficanti e forze di polizia.
15. La trasformazione del potere giudiziario in uno strumento di difesa degli interessi del capitale.
16. L’ampliamento della discriminazione nei confronti delle donne, dei giovani, degli emarginati, della comunità Lgbt, delle diversità religiose.
17. Il controllo monopolistico dei mezzi di comunicazione, capaci di trasformare in merce persino la coscienza.
18. La manipolazione della scienza al servizio del capitale.
19. La diffusione di una cultura mercificata basata sui falsi valori dell’egoismo, del consumismo e dell’individualismo, a cui si accompagna una crisi progettuale della stessa classe lavoratrice, spesso esposta ai disvalori imposti dai mezzi di comunicazione e dalla cultura globalizzata.
20. La debolezza delle organizzazioni popolari, parte di un processo di riflusso dei movimenti di massa, i quali, tuttora fermi ad una fase di protesta, si rivelano incapaci di costruire progetti di società che rappresentino gli interessi dei lavoratori.
Claudia Fanti – Adista
La lotta, una benedizione per l’umanità. I movimenti popolari incontrano il papa
E’ culminata nell’’incontro con papa Francesco, nella cornice dell’Aula Vecchia del Sinodo, la seconda giornata dei lavori dell’incontro dei movimenti popolari in Vaticano “Terra, Labor, Domus”, dedicata alla riflessione sulle cause strutturali dell’’esclusione (secondo atto nello schema latinoamericano del vedere, giudicare, agire). Un intervento, quello del papa, che ha preso avvio dal riconoscimento del protagonismo dei poveri, i quali, ha sottolineato, non sono solo coloro che soffrono l’’ingiustizia, ma anche coloro che lottano contro l’’ingiustizia, che non aspettano passivamente gli aiuti degli organismi internazionali, che non attendono da altri soluzioni che non arriveranno mai, che non si lasciano anestetizzare ma rivendicano il loro protagonismo oltre i processi della democrazia formale. E sono, i poveri, anche coloro che sperimentano tra loro quella solidarietà che la nostra società ha in gran parte dimenticato. Una solidarietà, ha proseguito papa Francesco, che va vissuta in termini di comunità e che comporta una lotta contro le cause strutturali della povertà, contro gli effetti distruttori dell’’impero del denaro. Che, cioè, è “un modo di fare la storia”, quello che per l’’appunto fanno i movimenti popolari. “Voi avete i piedi nel fango, sapete di polvere di strada, di popolo, di lotta. Senza di voi, tutti i buoni propositi dei discorsi ufficiali rimangono lettera morta”, ha proseguito il papa, denunciando quelle strategie di contenimento che fanno dei poveri “esseri addomesticati e inoffensivi”. E’ dal movimento dei popoli, soprattutto dei poveri e dei giovani, che si alza “il vento della promessa che ravviva la speranza di un mondo migliore”.
Questo incontro, ha evidenziato, esprime l’’anelito concreto verso quei “diritti sacri” che devono essere garantiti a tutti: terra, casa, lavoro. E a chi dice che “il papa è comunista” non si può non ricordare che “è questo il fulcro del Vangelo”.
Al principio, ha sottolineato il papa soffermandosi sul primo di questi “diritti sacri”, Dio ha creato l’’essere umano come custode del creato. Un compito che viene sistematicamente tradito con lo sradicamento di tanti contadini e contadine, con l’’accaparramento di terre, con la deforestazione, con l’’appropriazione delle fonti d’’acqua, con l’’uso dei veleni agricoli, con la speculazione finanziaria sugli alimenti, con la trasformazione del cibo in merce: pratiche che espongono le comunità rurali al rischio di estinzione. Contro tutto ciò, il papa ha dichiarato con forza che “la fame è un crimine”, “l’’alimentazione è un diritto inalienabile”, “la riforma agraria è non solo una necessità politica, ma un obbligo morale”.
E il secondo dei diritti sacri è la casa, quella casa che dovrebbe essere tutt’’uno con la famiglia, e che poi si apre alla dimensione comunitaria del quartiere, lì dove comincia a edificarsi la famiglia umana. Eppure, ha ricordato, le città che conosciamo, nel momento stesso in cui offrono tutti i servizi possibili a una minoranza ricca, negano un tetto a migliaia e migliaia di abitanti, chiamati elegantemente “persone di strada”: è incredibile – ha notato il papa, riferendosi alla necessità di una vera integrazione urbana come risposta allo sradicamento e all’’emarginazione – quanto proliferino gli eufemismi nel mondo dell’’ingiustizia. E come, dietro a ogni eufemismo, si nasconda sempre un crimine. Basti pensare alle tristi immagini degli sgomberi forzati, così simili a “immagini di guerra”.
Infine, il lavoro: “Non esiste peggiore povertà materiale di quella che impedisce alle persone di guadagnarsi il pane”, come conseguenza di un sistema economico che pone gli interessi privati al di sopra della persona e dell’’umanità, e come espressione di una cultura dello scarto che trasforma l’’essere umano in un bene di consumo, spingendo ai margini bambini e anziani, perché non produttivi, e sacrificando un’’intera generazione di giovani, tagliata inesorabilmente fuori dal sistema di lavoro (in Italia la percentuale di disoccupazione giovanile supera il 40% e in altri Paesi oltrepassa la soglia del 50%), in nome di un sistema che mette al centro il dio Denaro. Un’’aggressione a cui in tanti rispondono reinventandosi un’’occupazione nell’’ambito dell’’economia popolare e del lavoro comunitario e questo, ha detto il papa, “non è solo lavoro, è poesia”.
Ma papa Francesco non poteva neppure evitare di parlare di pace – “stiamo vivendo la terza guerra mondiale, ma a rate”, ha spiegato – e di difesa di “sorella madre terra” dal sistematico saccheggio della natura diretto a sostenere il ritmo frenetico dei consumi e dal riscaldamento climatico che colpisce soprattutto le persone più vulnerabili. Il creato – ha concluso il papa rimandando alla sua prossima enciclica sull’’ecologia, che, ha detto, “darà espressione alle vostre preoccupazioni” – non è un bene di cui disporre liberamente né tantomeno una proprietà di una minoranza, ma un dono dato da Dio all’’essere umano, perché ne abbia cura e ne faccia uso con rispetto e gratitudine.
E, per finire, un’’esortazione ai movimenti popolari, perché continuino a organizzarsi e a coordinarsi tra loro, rivitalizzando le nostre democrazie, in maniera che non vi sia più nessun contadino senza terra, nessuna famiglia senza casa, nessun lavoratore senza diritti. “Continuate a lottare – ha concluso – perché la vostra lotta è una benedizione per l’’umanità”.
Claudia Fanti – Adista
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