16 maggio 2009
Sintesi contributi nel testo letto Sintesi orale dei contributi scritti ricevuti al sinodo “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”Firenze 16 05 09 a cura di Enrico Peyretti e Ugo Gianni Rosenberg Premessa La gran parte degli oltre 40 contributi ricevuti merita di essere letta per intero nel sito www.statusecclesiae.net . Qui tentiamo di rappresentarne l’essenziale. È stato un sacrificio tagliare parole per lasciarne traccia nel tempo disponibile al nostro intervento. Inizieremo con una Ouverture, cui seguiranno cinque “capitoli”: 1) Il disagio ecclesiale e i suoi rischi2) Testimonianze, esperienze 3) Valori che orientano 4) Proposte 5) Domande e appellie chiuderemo offendo delle chiavi di lettura sotto forma di un mazzo di carte. Anzitutto si deve dire che in tutti i contributi nella differenza di situazioni, punti di vista, proposte, c’è una omogeneità di spirito di fondo, che è lo spirito riconoscibile nell’invito “Il vangelo che abbiamo ricevuto”.E c’è franchezza, parresìa cristiana, espressione di amore e sofferenza, nel segnalare fatiche, problemi e ostacoli, sempre però in ricerca dei punti d’appoggio nella fede, nelle esperienze positive, nei valori che orientano, nella collaborazione fraterna, nelle proposte operative. Salvo eccezioni non citiamo la fonte.Ecco l’invito di apertura da uno dei vostri contributi.“Si richiede un impegno solido e duraturo di trasmettere il Vangelo che abbiamo immeritatamente ricevuto”.Noi mettiamo l’accento su immeritatamente, perché nessuno possa vantarsi e l’evangelo non diventi mai qualche cosa della quale ci si possa appropriare. Ouverture: fiduciosi e propositivi 1 Noi la amiamo la chiesa, con tutti i suoi limiti, perché essa ci ha generati alla fede, ci dona il vangelo e il perdono di Dio. Proprio perché la amiamo, desideriamo camminare in essa e farci carico delle sue fragilità. Ma senza ingenuità e senza chiudere gli occhi sulle sue infedeltà.2 Ci sono segni di speranza, molti e profondi, ma dispersi, isolati e, per ora, impotenti a farsi operativi. La Chiesa del “popolo di Dio” è sempre più piccola numericamente, ma non è meno viva spiritualmente e socialmente 3 Dello spirito costruttivo fa parte integrante esplicitare ciò che si sente come un impedimento alla piena trasparenza della Chiesa all’Evangelo. E se lo sguardo deve appuntarsi sulla fonte della nostra speranza, ciò non significa distoglierlo dalla attuale prassi ecclesiale e dalle sue contraddizioni. 1) Il disagio ecclesiale e i suoi rischi 4Come posso annunciare il Vangelo se devo perdere tutto il tempo a difenderlo dai deliri della componente "sacrifical-imperialistica"? Che non crede nella Resurrezione, perché non fa altro che tentare di mettere il Vangelo al riparo del potere. Vorrei poter dire che sono Cattolica senza vergognarmi dello sguardo delle persone che stimo. E soprattutto vorrei poter parlare anch’io nella Chiesa che è anche la mia, e smettere di dover ascoltare solo discorsi che non mi rappresentano. 5 Molteplici fenomeni ecclesiali danno fiducia. Però queste forme di impegno tendono per lo più a rinchiudersi ognuna nel proprio orizzonte. Spesso vi è isolamento ed indifferenza reciproci. 6 Tutto questo neo-cristianesimo senza Parola, senza Vangelo, ridotto ad identità culturale o perfino geopolitica, questo cristianesimo senza stranieri, … samaritane e prostitute, senza pubblicani e … Zaccheo, senza adultere e … poveri, dunque senza riscatto… , ebbene questo cristianesimo post-cristiano e senza speranza è il vero problema. 7Mi convince la preoccupazione dei credenti che, con sofferenza, assistono a tutti i tentativi fatti dalla gerarchia italiana per sostenere la morale mediante la legge dello Stato. 8La chiesa si presenta come depositaria dell’etica della ragione nella quale fa rifluire come valori naturali opzioni di derivazione religiosa. Accreditare la propria visione morale come comune e tale da connotare una identità pubblica trasforma la religione cattolica in una «religione civile». Ma i “valori non negoziabili” non sono verità di fede. La trasformazione mette tra parentesi la radicalità dell’annuncio evangelico, la sua alterità rispetto alle tendenze dominanti in una società individualistica, nel tentativo di difendere lo spazio pubblico assegnato alla chiesa cattolica. La teoria dei “principi non negoziabili” sta spingendo la Chiesa cattolica verso una religione di lotta. Altro effetto è il superamento della distinzione tra peccato e reato e la resa del
l’autorità confessionale al diritto statuale. 9Dall’esterno la chiesa è percepita come una comunità di superstiziosi e non di fedeli, come se la superstizione fosse un metodo usato dalla chiesa per il reclutamento o il controllo delle coscienze. È così soprattutto negli ambienti universitari e di sinistra. Il problema della chiesa in Italia non è il suo occuparsi di politica, è la mancanza di un dibattito nella comunità dei fedeli su chi è Dio che si è fatto uomo, chi è il cristiano, quali modalità di azione sono richieste ai discepoli di Gesù nel seguirlo, cosa significa oggi la Resurrezione. La negazione di tale confronto conduce parte della chiesa all’uso della politica mondana. 10 Non siamo di fronte a una emergenza ecclesiale transitoria, ma viene alla superficie un intreccio di nodi profondi, antichi e gravi. – Ma forse proprio una situazione così grave reca anche la possibilità di innescare positivi percorsi di mutamento. Ecco che cosa vediamo di pericoloso. Aspetti filosofico-culturali: – spostamento d’accento dell’annuncio dall’Evangelo alla Legge – assolutizzazione del riferimento alla natura, senza tener conto dell’indole escatologica della natura umana– sbilanciamento verso la ricerca di appoggiare la fede su prove razionali, in base a prospettive metafisiche, ovvero sulla storicità degli eventi narrati nei Vangeli, intesa in senso cosale, opposto a quello simbolico. Aspetti di vita e di prassi ecclesiale: – vi è un grave rischio di perdita di memoria storica del Concilio. Le persone al di sotto dei quarantacinque-cinquant’anni hanno conosciuto solo il clima della lenta rimozione del Concilio stesso. Come possono le nuove generazioni prive di strumenti e usi conciliari cogliere le opportunità del presente?– l’identità cattolica sembra sempre più ridotta a quella dello scheletro e non dell’intero corpo vivo: si è cattolici in quanto si accetta in primo luogo il primato del Papa nelle attuali modalità del suo esercizio e della sua concezione, debitrici della svolta medioevale, e in quanto si aderisca a un’idea fortemente sacerdotalizzata del ministero, – la mancanza di opinione pubblica nella Chiesa, e di vere strutture di ascolto del laicato, la tendenziale compressione della libertà dei teologi, dà luogo ormai a due chiese parallele – non divise tra clero e laici, ma tra “clericali” e non clericali – che non comunicano nei fatti. Aspetti ecclesiologici: – la concezione della comunione ecclesiale; – la concezione del sacramento dell’ordine. – il modo d’intendere e praticare il ministero petrino dell’unità; – il depauperamento della diversità dei ministeri– la gerarchia sembra costituire una chiesa autosufficiente, mentre i fedeli laici sono un optional, non davvero necessari alla chiesa – dell’emarginazione delle donne è meglio tacere: menzionare il problema è stucchevoleSullo sfondo di tutto ciò vi è la concezione del sacro e del rapporto Dio-mondo-st
oria. 11La chiesa non è democrazia ma neppure monarchia. Manca un luogo istituzionale per l’espressione dei laici, ridotti a uditori. Il battesimo, che consacra, è minimizzato. 12 Da Costantino il cristianesimo è un’istituzione religiosa che manipola la profezia di Gesù. Spesso ci si trova allineati con gli interessi dei forti, e i principi morali cristiani trovano il consenso dei potenti e gravano sui deboli. 13 La chiesa non rivela il volto comunionale e comunicativo di Dio Trinità, ma all’esterno il volto di un centro di potere che contratta e compete con gli altri poteri sociali e politici, all’interno uno stile piramidale che mortifica la fraternità. 14 La gerarchia, che ha in esclusiva il nome di "chiesa", mostra sindromi da assedio e da vittimismo, indice di paura e di perdita di autorità. 15 Tra Chiesa e società si vedono fratture su libertà di coscienza, i diritti umani, il pluralismo religioso, la laicità della politica e dello Stato. 16 Liturgia: nella doppia vigenza di una forma “ordinaria” (messale di Paolo VI) e una “straordinaria” (Messale di San Pio V) c’è il rischio di una duplice immagine di chiesa, l’una partecipativa, l’altra “sacrale”, che si escludono a vicenda. 17 Un’alleanza con gli «atei devoti», che si richiamano alla religione civile, ha contribuito alla crisi della democrazia nel nostro paese.Se il cristianesimo rimane “razionalità” legge naturale e legge divina si sposano e la chiesa detiene la chiave dell’una e dell’altra.Si riconosca la dignità di una coscienza nella quale possono risuonare valori etici anche senza una prospettiva di fede.Alcuni pensano che il mondo in cui viviamo sia soltanto relativismo e individualismo. La Scrittura ci apre invece a una visione positiva della storia: nonostante tanto male, essa viaggia verso la salvezza per opera di Dio, che agisce nella storia con i “segni dei tempi”. Il nostro sguardo sul mondo deve essere “salvifico” e non solo critico. 18 Si deve essere scettici nei riguardi della religione gestita dalla gerarchia cattolica. La religione è un fatto politico e culturale e appartiene a Cesare, la fede a Dio. L’immagine che la gerarchia continua a dare di sé, salvo singole “imprudenze”, è quella “romana”, con una teologia autoreferenziale. 19 La scelta dei poveri, sempre affermata, è spesso contraddetta da un rapporto stretto di settori influenti della gerarchia con i poteri forti della società.
2) Testimonianze, esperienze 20Ma se sono capace di accettare e accogliere con semplicità l’ amore gratuito, allora non posso che riversarlo, a mia volta, sugli altri e su tutto quanto mi sta intorno: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. 21Il “Crocifisso della Buona Morte”, è una parrocchia catanese, che prende nome dalla piazza destinata alle esecuzioni capitali. Negli anni si è costituito un nucleo con il cuore rivolto verso la Croce e lo sguardo gettato al di là dell’appartenenza a riconoscere la presenza del Signore nella vita di ognuno e nella Storia. La parrocchia ospita la Comunità rumena ortodossa; l’Elpìs, riferimento per Catania dei fratelli omosessuali credenti; l’avvicinamento al mondo delle prostitute e dei trans ha determinato incontri stabili di preghiera e lettura della Bibbia nel quartiere; membri della Comunità partecipano al servizio di ristoro e di assistenza, con la Caritas, a indigenti e “ senza fissa dimora”. Abbiamo ricevuto la Grazia di conoscere e testimoniare stupende storie di conversione e redenzione, superando schemi e pregiudizi; abbiamo compreso come peccatori siamo tutti, tutti salvati e tutti amati: nessuno escluso dalla Tenerezza e dalla Misericordia di Dio Padre. 22 Un gruppo di omosessuali credenti scrive: Il nostro compito non è quello di mendicare un’approvazione esterna di un’autorità ecclesiastica che non può comprendere ciò che non conosce, ma quello di maturare una Fede adulta, capace di aiutarci a decidere in coscienza quello che dobbiamo fare per vivere fino in fondo la sequela di Gesù, con umiltà, e con la chiarezza di chi ha deciso di non nascondersi più. Testimonianza e solidarietà sono esperienza di chi ha scoperto che nella propria situazione esistenziale, nel caso nostro nell’orientamento omosessuale, si manifesta una delle tante opportunità che il Signore ci dà di accoglierlo e di seguirlo nella nostra vita. 23 La mia esperienza cristiana, nata come forma di educazione convenzionale di famiglia, si è approfondita da circa 10 anni e cioè da quando frequento la parrocchia. Sono affascinata dalla figura di Cristo che muore crocifisso per condividere le sofferenze umane e per darci una grande speranza, che si piega sui poveri e sui sofferenti e che condanna la boria ed il perbenismo. Credo che questa sia la salvezza per l’uomo di ogni epoca. 24 Paolo Giuntella (testo postumo inviato da amici)Tu mi dici: «come si fa ad avere speranza in tempi come questo? Questo non è tempo di progetti». È vero. Ma io non credo all’eclissi della speranza. La non-speranza è il non-cristianesimo. La speranza cristiana non coincide con la conversione del mondo e il trionfo del bene sul male sulla terra, ma è il fondamento escatologico senza il quale non esiste né esperienza di fede, né trascendenza. I cattolici pessimisti sono una bestemmia vivente. Per i cristiani la concezione non sdolcinata della speranza è la tensione escatologica che ridimensiona ogni illusione e ogni progetto umano. La Croce è il segno eterno che il Dio della nostra fede non è il Dio del dominio, ma il Dio Amore della apparente sconfitta nella storia, il Dio crocifisso. Non dobbiamo avere paura della depressione. Se non attraversassimo momenti cupi saremmo perfetti, cioè non saremmo umani. 25 Un piccolo resto di una comunità di base ricerca il dialogo con i tanti fratelli che non credono nel cristianesimo della chiesa romana, ma si affidano all’evangelo di Gesù. E scrive: «Neanche noi sentiamo di appartenere alla chiesa del papa e delle istituzioni. (…) Troviamo incontri che “profumano di vangelo”: non sono neanche così pochi… » 26 Ci sono “vescovi conciliari” che però tacciono. Le critiche ai vertici ecclesiastici sono motivate dall’esigenza di testimoniare il Vangelo dell’amore a quanti si sono sentiti feriti da parole autoritarie poco evangeliche. 27 Confessa con sincerità una comunità di base: “Bisogna riflettere sulle paure che oggi contaminano ogni preteso annuncio di salvezza e sulla assenza penosa di vere parole di speranza. Le ondate di strumentalizzazione volgare dei cosiddetti ‘valori cristiani’ ci inducono a schierarci semplicemente contro, secondo logiche bipolari mai abbastanza superate dentro di noi. Chiediamo a chi ci è fratello nella ricerca il conforto della collaborazione nel riconoscere segni di speranza e di resistenza creativa.” 28 Siamo ministri ordinati che abbiamo creduto e crediamo all’Evangelo e che abbiamo sperimentato la gioia unica di poterlo offrire gratuitamente, come ci insegna S. Paolo. Condividiamo lo spirito dell’invito e in particolare la centralità data all’Evangelo come dono ricevuto e da trasmettere. 3) Valori che orientano 29 ci vorrebbe un nuovo Paolo per i nostri tempi, come lui seppe fare con Pietro e Giacomo! 30 a) Lo stile del “potere” dei cristiani. La forma storica della exousìa (potenza spirituale) di Gesù viene sempre avvolta nella kénosis (abbassamento, svuotamento). La loro compresenza domina il N.T Questo “stile” di Gesù ha un carattere normativo, in particolare per la concezione e l’esercizio dei ministeri. Una lunga storia di straripamenti ha oscurato la luce dell’Evangelo. Il mandato di annunciare la buona novella al mondo comprende la sottomissione di chi annunzia alla “forma evangelii” che non ha nulla da spartire con quelle in uso tra “i capi delle nazioni”. b) L’idolatria è una tematica molto presente nella Bibbia. Giovanni fa un appello accorato: “Figlioli, guardatevi dagli idoli” (1Gv 5,21). Colpisce oggi l’assenza quasi completa di questo argomento nella predicazione e formazione cristiana. Il rischio dell’idolatria è sempre presente e attuale. Oltre ad adorare il “dio denaro” possiamo trasformare il vero Dio in idolo, quando lo mobilitiamo al servizio dei nostri disegni. 31La scienza non è nemica della fede, perché la ricerca della verità è il compito primo del cristiano. Il cristiano deve promuovere la verità anche quando essa risulta scomoda per le forme storiche della propria fede. La fede nella verità, che per un cristiano è il Cristo, viene prima della verità della fede, mediata e condizionata dalla cultura ecclesiale che la recepisce. Quelle verità che noi conosciamo con la ragione non possono che aiutarci a comprendere meglio il mistero del Figlio. 32 All’inizio dell’essere cristiano, dice anche Benedetto XVI, non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con una Persona: da persona a Persona. Compito della Chiesa è favorire questo incontro, facendosi un tramite che addita il Signore. 1) trovare un linguaggio comune per parlare con l’altro: per questo il Concilio ha proposto di riscoprire la Parola di Dio e una liturgia più centrata sulla Parola; 2) come Maria Maddalena, per riconoscere Gesù abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci chiami per nome. Compito della Chiesa è farsi compagna di strada. 33 Caratteristica dell’ottica conciliare è il riconoscimento: vicendevole tra le componenti del corpo ecclesiale; e poi degli altri cristiani, degli ebrei, delle altre religioni, degli uomini di buona volontà anche non credenti, del mondo, della storia. Questi riconoscimenti sono sempre riconoscimento dell’azione dello Spirito: abbiamo davanti a noi un Cristo non ‘noto’, ma sempre da riconoscere nella storia, che si fa incontro come uno straniero. Orientamenti da promuovere: -ridare il primato all’escatologia, per far cessare la deriva di una chiesa troppo occupata di sé -riaprire il capitolo importantissimo della povertà, anche materiale, della Chiesa– aprire regolari momenti di espressione del corpo ecclesiale, soprattutto laicale – favorire una comunicazione alle generazioni più giovani della Chiesa vissuta nel Concilio – rafforzare la pratica della lectio divina – ricominciare “dal basso” e dalla periferia una ecclesiogenesi, non in sostituzione né a latere della Chiesa esistente, ma per riempire le sue strutture, per ridare pienezza di corpo allo scheletro istituzionale: necessario come sostegno, ma non sufficiente a una vita piena– dare respiro ecumenico, allargato alla fede ebraica, alla prassi di fede, per promuovere ecumenismo anche all’interno della chiesa cattolica, cioè la capacità di accogliersi come Cristo ha accolto noi. 34 Il vangelo continua il suo lavoro nei cuori e sopravvive nella diaspora. Occorre “resistere”. 35 – Per la trasmissione della fede, senza delineare oggi forme future, occorre porre semi autentici, che possano produrre forme ecclesiali evangeliche -Se le chiese cristiane eviteranno di ridursi a sette e parteciperanno fraternamente al cammino umano offriranno ai cuori umani la promessa evangelica-I laici stanno finendo di essere passivi: se non se ne vanno, si fanno attivi nel voler costruire una chiesa fraterna e sinodale, ricca di carismi diversi. 36 Esiste anche un relativismo cristiano: è quella “riserva escatologica” che ci fa giudicare le realtà di questo mondo come relative, se lette nei termini del Regno che viene. E ciò vale anche per i pronunciamenti del Magistero. 37 I nodi da sciogliere sono più profondi della sola libertà di parola nella chiesa, e riguardano l’intera impostazione biblico-teologica nata dal Vaticano II. 38 Riconsiderare l’ esperienza del sacro per superare una liturgia “mosaica”, ridotta ad un’offerta privatistica consolatoria e devozionale. 39 Ecco una terapia che combina tre orientamenti virtuosi.1) Nella chiesa quello che vale per le virtù e i peccati personali deve valere per le virtù e i peccati della chiesa intera. Quindi si rafforzi la lotta spirituale anti-idolatrica. 2) Se si lascia spazio al timore scompare la gioia, che è frutto dello Spirito, già effuso ma che deve essere sempre invocato.3) Chiedere ed esercitare il dono del discernimento per scoprire talenti e non sprecare carismi: il popolo cristiano diventi sinodalmente capace di identificare candidati credibili alla elezione episcopale. L’idea che nella chiesa debba esistere un cursus honorum non è né evangelica né biblica. 40 In una chiesa-fraternità si fanno alcune scelte: 1) poiché il centro è il Cristo Risorto, ogni soggetto, carisma e ministero sia riconosciuto come dono per l’altro, perché nessuno vive per se stesso;2) si “cammina insieme”, cioè si diventa chiesa sinodale, affinché la pluralità dei doni accresca la fraternità;3) si esercita verso chi sbaglia la correzione fraterna, interiorizzando la misericordia del Padre;4) ci si presenta come una fraternità mite e disarmata, che collabora a far crescere nella città una vera fraternità umana libera dalle idolatrie;5) l’autorità è esercitata non come i capi di questo mondo, ma alla maniera di Cristo, venuto per servire: ciò richiede modi nuovi di assegnare ed esercitare i ministeri 41 1.Giusto il richiamo al Vaticano II, al suo “spirito”. Ma non si deve
dimenticare che quel ”mondo contemporaneo” cui si rivolgeva non è più
il nostro. Il passaggio dalla modernità alla postmodernità non è una
elucubrazione dovuta a intellettuali chic, ma un fenomeno vistoso, riassumibile nel conformismo individualistico o individualismo conformistico. Il problema non è più quello della crisi della religione bensì quello della crisi dell’etica. Il moralismo o legalismo o rigidismo o giuridicismo (comunque lo si voglia chiamare) della chiesa attuale è una risposta sbagliata a una situazione effettiva; rifiutare questo genere di risposta non deve significare chiudere un occhio sulla realtà. 2. “Non schiavi della legge, ma liberi nell’amore che realizza la legge” (documento torinese): condivido questa formula, e la preferisco a quella “fiorentina” che implicitamente assume il ”paolinismo” dell’opposizione tra legge e vangelo. Il rischio è duplice: mettere in sordina l’alleanza nella sua valenza strutturale (dunque universale), riducendo le Scritture ebraiche a “figura” delle cristiane; e dare di Gesù e del vangelo un’immagine buonista, dove il perdono perde la sua verità e potenza di ricostruzione del ”cuore” (cioè dell’efficacia della legge) e diventa semplice tolleranza. Parlo, ovviamente, di rischio, che sarebbe certo fraintendimento dell’intenzione di don Pino! 3. I punti precedenti confluiscono nell’ultimo: la chiesa (intendo la comunità cristiana nella sua totalità e nella varietà dei suoi ministeri e carismi) deve essere educatrice delle coscienze: con il suo discorso e con la sua testimonianza; deve essere al servizio del veritatis splendor: di quella verità che è la carità: giustizia e misericordia, dono e perdono, legge e vangelo; nel loro irrinunciabile connubio, sia di gioiosa convivenza sia – spesso – di inevitabile tensione. 4) Proposte 42 Organizzare una rete stabile di cristiani che assumano senza enfasi il ruolo del maestro. 43 Pensare ad uno spazio di incontro, dove possano “riconoscersi” gruppi e aree della Chiesa italiana – diversi per sensibilità, storia, impegno, ma accomunati da una idea di Chiesa. Primo passo, un incontro in autunno per approfondire: la laicità nei rapporti tra la comunità ecclesiale e la società; e una gestione più partecipata della Chiesa, anche riguardo gli affari economici. 44 Preziosa è la esperienza milanese di culto ecumenico prefestivo cui partecipano tutte le chiese cristiane. 45 Si chieda alla CEI di convocare un sinodo nazionale per rinnovare la vita pastorale normale delle diocesi e delle parrocchie, valorizzando i carismi di laici, religiosi e religiose. 46 Non è opportuno creare movimenti o luoghi ecclesiali “alternativi”. Meglio lavorare con fatica dall’interno con alcuni grandi obiettivi comuni, sullo “stile di Chiesa”: ripartire dalla Parola, dagli ultimi, dal Concilio, dalle persone. 5) Domande e appelli 47 Un contributo dal tono drammatico pone tre domande ai vescovi italiani.1. Qu non è la Pasqua di Gesù. Chiedo a chi ci è padre nella fede: “Con quale cibo ci avete nutrito? Pane o pietre?”. 2. Che cosa vuol dire amare la Chiesa? A chi dice “Io sto con il Papa”risponde “Autentica unione a Pietro è forse quella di chi non fa mai obiezioni?” 3. Quale annuncio? Nel vangelo c’è sia l’annuncio a un mondo da salvare, sia il giudizio su di un mondo corrotto: ma concepire questo rapporto come se noi fossimo i virtuosi e gli altri i corrotti ci colloca nel ruolo dei farisei. 48 Uno scritto considera le opzioni della chiesa italiana su etica e bioetica. “Si è colta la differenza tra ciò che discende dalla fede e ciò che fa parte di un quadro culturale? La Chiesa esiste per l’annuncio di salvezza. Ma la pretesa di dirimere ogni questione con un taglio netto svuota l’annuncio”. 49 Nel 2008 una lettera ai cristiani di Roma segnalava l’insorgere di pregiudizio etnico, aggressività delle istituzioni e nuova legittimazione del razzismo. Come Chiesa, scriveva, ci siamo scoperti lenti all’indignazione e all’azione. I “piccoli” di cui parla Gesù non sono forse oggi quelli additati come i colpevoli di tutti i mali, scacciati al punto che non è riprovevole disprezzarli? 50 Il Vangelo è seme per un dispiegamento anche per la vita della polis. Il Regno di Dio è il più grande principio politico circolato tra gli uomini, e compito della Chiesa è dare testimonianza che questo dispiegamento sia già in fase di realizzazione. Chi deve prendersi questo carico sulle spalle? 51 – Come riuscire a dialogare su questi temi – senza sentirci migliori – con altri cattolici magari della nostra parrocchia: (a) quelli impegnati, ma che hanno un’altra visione di chiesa, e (b) quelli che cercano la chiesa in modo saltuario? – Il ritorno al latino risponde anche a una domanda dei laici? E’ la ricerca di un Dio magico? il desiderio di evadere da una realtà che soffoca o fa paura? 52 Sta in questo desolato esaurirsi delle forme storiche il senso della teologia della Croce? 53 Disse Helder Càmara: «Se i vescovi sono i successori degli apostoli, dove sono i successori dei profeti e dei dottori?»
Le carte per il poker La prima carta: dieci di cuori Il mensile “Jesus” ha chiamato questo incontro “sinodo informale di credenti”. Per collocarlo in un contesto, e giocare la prima carta, partiamo dal contributo di Paolo Marangon, una recensione sul libro di Fulvio De Giorgi, Il brutto anatroccolo. Il laicato cattolico italiano. Il libro interessa questo sinodo per queste ragioni: a) si presenta come una meditata risposta alla Lettera ai fedeli laici che i vescovi italiani hanno scritto nel marzo 2005b) c) ha ottenuto una prefazione non rituale di Carlo Ghidelli, biblista e presidente della conferenza episcopale abruzzese-molisana, il quale scrive che si tratta di una risposta “aperta e franca, anzi coraggiosa” e che “l’immagine [del brutto anatroccolo] tradisce molto bene lo stato d’animo di non pochi laici nei confronti del mondo ecclesiastico: uno stato d’animo che va dalla scontentezza alla rassegnazione, dall’amore sofferto alla rabbia contenuta, dall’impaziente attesa alla critica costruttiva”d) De Giorgi – con chiara ispirazione rosminiana, apprezzata da Ghidelli, parla di “vere rughe sul volto della sposa di Cristo”, e intitola un capitolo Le cinque piaghe del laicato cattolico oggi.Il brutto anatroccolo fornisce una chiave di lettura della difficoltà ecclesiale italiana che proponiamo qui di assumere senza riserve come la prima delle carte che scopriamo: “l’allontanamento della corresponsabilità pastorale dalla partecipazione comunitaria” e viceversa, “denuncia una crisi interna dell’ecclesiologia conciliare vissuta”: “la comunità ecclesiale sta forse cambiando senza smentirsi verbalmente: le stesse parole del Concilio, pur mantenute, non significano più le stesse cose. La prospettiva esterna continua a sembrare integra, ma nel suo intimo appare invece sottoposta a tensioni al limite della rottura”. E’ questo, secondo De Giorgi, “il vero problema della Chiesa italiana”, “il vero rischio di scisma sommerso”. In un altro libro citato da Marangon Paola Bignardi, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica, ha parlato di una pericolosa “afasia” del laicato. “Il disagio dei laici nasce dal riconoscimento che la propria presenza nella comunità viene desiderata in quanto necessaria a mandare avanti le attività, ma sopportata quando diventa l’offerta di un punto di vista diverso sulla realtà. Un laicato che si pone … domande sulle forme della missione della Chiesa viene guardato con diffidenza… non serve ad aprire nuovi spazi … di interpretazione… Il disagio dei laici in genere non si esprime in forme conflittuali, ma in quelle più pericolose della rinuncia” (Esiste ancora il laicato? Una riflessione a 40 anni dal Concilio)Questa afasia è conseguenza di una insufficiente comprensione, non teologica, ma vissuta e praticata, della consacrazione, della dignità e della responsabilità dei battezzati nella chiesa di Cristo, e di una correlata diffidenza verso i non-ordinati Ed ecco qui la prima carta scoperta. La seconda carta: fante di cuori Molti di coloro che hanno scritto convergono sul rischio di una mondanizzazione che si insinua nella chiesa senza presentarsi a prima vista come tale, perché quando sembra che la chiesa si ponga in una posizione di maggiore conflitto con “il pensiero del mondo globalizzato” (ad esempio sulla bioetica o sulla morale sessuale) proprio allora essa accetta invece il suo terreno, mettendo fra parentesi la “riserva escatologica” e l’assolutezza dell’Evangelo rispetto al mondo e flirtando con l’idea di una “religione civile” o di una “religione razionale”. Le categorie fondanti appaiono sempre le stesse, ma quella sensibilità le sposta dal centro ai margini, per mettere invece al centro almeno la fantasia di un cattolicismo etico, metafisico e politico, dove non si sa più dove sia stato messo Gesù Cristo, senza centralità del
la liturgia e della preghiera, con una scrittura ridotta a magazzino da cui estrarre delle verità: di nuovo, “le stesse parole non significano più le stesse cose”. Lo diciamo anche in un altro modo: vi è uno spostamento di attenzione dal tutto alla parte, ovvero si prende la parte per il tutto – il che va nella direzione contraria a quella di essere cattolici (ad esempio si dice fede ma si pensa bioetica, si dice chiesa ma si pensa gerarchia, si dice gerarchia ma si pensa vescovi, si dice vescovi ma si pensa il consiglio permanente della CEI o settori della curia romana). In tutto ciò, un grande conforto è stato per noi il fatto che moltissimi contributi, anche se non tutti, abbiano parlato di Cristo Signore, il che implica una volontà pervicace di non rinunziare alla totalità del corpo. Tuttavia, specularmente, chi sta all’opposizione per partito preso e accetta di isolarsi dal corpo intero per farsi una chiesa di amici, a propria misura e a proprio agio, perpetua la mancanza di accoglienza che sente pesare su di sé.Terza carta: donna di cuori Entrambi i fenomeni descritti sono strettamente correlati fra di loro in conseguenza di una elaborazione del tutto insufficiente delle potenzialità aperte dal Concilio Vaticano II, nonché, in Italia, dell’abbandono dei sentieri aperti (anche a livello CEI) con le “intuizioni del decennio 1975-1985”. Anche da quell’abbandono nasce la ripresa di suggestioni clericali, preconciliari e teocratiche viste come via di uscita dalla crisi. Quarta carta: re di cuori Se cresce nel popolo cristiano la “ignoranza di Cristo”, è soprattutto perché la maggioranza degli italiani resta biblicamente analfabeta. I cattolici non hanno imparato a leggere le scritture. Venuti meno i collanti storici perché non abbiamo finora considerato insostituibile, nell’insieme della chiesa, promuovere uno sforzo permanente per mettere al primo posto la preghiera biblica e lo studio delle scritture? A chi tocca fare di più?
Quinta carta: asso di cuori
Qui guardiamo alla gratuità e alla povertà, esigenze evangeliche su cui più di un intervento ha tratto la nostra attenzione, segnalando la fretta di porre al centro della riflessione della e sulla Chiesa il tema della gratuità come condizione di credibilità della testimonianza dell’Evangelo nel mondo. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.Chiudiamo con un invito dall’apostolo Paolo: “tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Colossesi 3,17). Ecco la cartina di tornasole per valutare il nostro parlare: oggi qui radunati, e da domani.
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