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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Mancuso fa un excursus sull’islam e sui problemi della democrazia e del dialogo nelle religioni

Un nuovo spettro si aggira per l’Europa

Vito Mancuso
Repubblica, 22 gennaio2015

“Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo”. Così inizia il Manifesto del Partito Comunista che Marx ed Engels pubblicarono a Londra nel 1848 e da allora dovettero passare quasi 150 anni perché quello spettro si placasse trovando pace. Quanto tempo dovrà passare perché avvenga lo stesso per lo spettro che nel frattempo ne ha preso il posto? Anche oggi infatti uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro dell’Islam.
Il parallelo con il comunismo non è casuale. Ben prima di diventare totalitario infatti il comunismo fu già da subito totalizzante. Non era cioè solo prassi politica, ma riguardava anche la dimensione interiore della persona alla quale si proponeva come cultura, etica, estetica, visione complessiva del mondo, non senza un’accentuazione religiosa per la fede e l’obbedienza richieste.
Allo stesso modo anche l’Islam è totalizzante, nel senso che non è solo religione e ciò che la religione porta con sé (etica, estetica, Weltanschauung); è anche politica, e nel suo essere tale anch’esso, da totalizzante, diviene spesso totalitario.
È possibile che una religione o un’ideologia totalizzante non diventi totalitaria? È possibile che le religioni (le quali sono tutte totalizzanti, perché per meno non sarebbero religio) non producano totalitarismi? Oppure, perché si possa dare libertà e quindi democrazia, occorre necessariamente la destituzione del pensiero totalizzante a favore del relativismo?
Per rispondere consideriamo il cristianesimo: come mai questa religione, che è stata totalizzante e totalitaria almeno quanto l’Islam, oggi non lo è più? La risposta consiste nel pronome personale “io”: il cristianesimo ha permesso alla coscienza di dire “io” e con ciò di distaccarsi dalla dimensione totalizzante di religione + politica. Lo strappo decisivo avvenne il 18 aprile 1521 a opera del frate agostiniano Martin Lutero che, a cospetto dell’imperatore Carlo V durante la Dieta di Worms, dopo che per l’ennesima volta gli era stato intimato di ritrattare, disse: «Non posso e non voglio revocare nulla, perché è pericoloso e ingiusto agire contro la propria coscienza. Non posso diversamente. Io sto qui. Che Dio mi aiuti. Amen».
Venne poi Cartesio che nel 1637 segnò la svolta del pensiero filosofico europeo dicendo «io penso, quindi sono» ( cogito ergo sum ), ovvero la più grande consapevolezza di me stesso in quanto uomo mi è data dal mio essere pensante. Da qui si aprì la strada all’Illuminismo e al cammino faticoso (e sanguinoso) verso la democrazia, dove l’io penso filosofico divenne un io penso politico e sociale.
La Chiesa cattolica si oppose sistematicamente a questo cammino: scomunicò Lutero, mise all’Indice Cartesio e gli illuministi, avversò ogni rivendicazione in tema di diritti umani, soprattutto la libertà di coscienza. Alla fine però dovette cedere e finì per rivedere la sua stessa dottrina: la libertà di coscienza, che Gregorio XVI in linea con molti altri pontefici aveva definito un “delirio” ( deliramentum), un secolo dopo, il 7 dicembre 1965, divenne parte della dottrina cattolica con il documento Dignitatis humanae del Vaticano II e oggi è parte integrante della predicazione dei Pontefici.
La Chiesa si è convertita? È stata costretta a convertirsi, avendo perso lo scontro con la modernità. La quale però, non lo si dimentichi, venne suscitata da credenti quali Lutero e Cartesio, e nutrita anche da altri credenti tra cui gli illuministi tedeschi Lessing e Kant, e se lo sottolineo è per evitare banali conclusioni laiciste e far comprendere quanto il discorso sia dialetticamente molto complesso. In ogni caso l’esito del processo di modernizzazione ci consegna oggi una religione quale quella cristiana che, mantenendo la sua carica totalizzante per la vita individuale, non cade per questo nel totalitarismo sociopolitico.
Potrà avvenire lo stesso per l’Islam? Potrà giungere esso ad accettare lo spirito della democrazia, della diversità, della dimensione plurale dell’esistenza che il mondo oggi impone? Nessuno lo sa e certamente sarà un processo molto duro che condizionerà la vita dell’Europa per tanti anni a venire.
Che fare per favorire questo processo? Vi sono misure a breve, a medio e a lungo termine. A breve termine si tratta di combattere il terrorismo con tutta la durezza necessaria, monitorando anche la predicazione dei vari imam e impedendo quella che si rivela fomentatrice di odio, ma senza mai associare al terrorismo l’Islam in quanto tale: la distinzione tra terroristi e musulmani è assolutamente decisiva se non si vuole avere un miliardo e mezzo di nemici e ostacolare l’evoluzione positiva dell’Islam.
A medio termine si tratta di giungere finalmente al riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese da parte della comunità mondiale e mettere fine per sempre alla progressiva espansione dei coloni ebrei, facendo anzi tornare costoro nei territori di provenienza.
Oggi in Europa occorre sorvegliare con le armi le sinagoghe, ma l’Islam non è mai stato antisemita, gli ebrei hanno vissuto per secoli nei territori islamici, e quando il grande filosofo Mosè Maimonide fu costretto a lasciare Cordova sua città natale perché era giunta al potere una dinastia islamica oltranzista, non pensò minimamente di rifugiarsi nella Francia cristiana ma rimase ancora in terra musulmana, prima in Marocco poi in Egitto.
Se oggi molti musulmani stanno diventando nemici degli ebrei è solo per l’umiliazione sistematica cui è sottoposto da anni il popolo palestinese, con la compiacenza degli Usa. L’Europa non può e quindi non deve permettere più il protrarsi di questa ingiustizia.
Per quanto concerne le misure a lungo termine entra in gioco il discorso economico ed educativo, ovvero la possibilità di avere un lavoro e la scuola. Mi soffermo su quest’ultima. Il compito della scuola è offrire strumenti per la comprensione del mondo. Ora è evidente che senza mettere in gioco la religione il mondo oggi non lo si capisce.
In questa prospettiva l’Italia non può più permettersi di sprecare un’occasione così importante come l’ora di religione, di grande rilievo per la potenzialità geopolitica e al momento ben lungi dall’essere all’altezza della situazione.
Occorre trasformare l’ora attuale da insegnamento della religione cattolica in un’ora in cui siano presentate “tutte” le religioni, ovviamente in proporzione all’importanza di esse per l’Italia, e quindi con particolare attenzione ai monoteismi, ma senza trascurare le religioni orientali. Quest’ora di “religioni”, in cui non si tratta di credere ma di conoscere, deve essere obbligatoria e avere la medesima dignità curricolare delle altre. La condizione è ovviamente togliere alla Chiesa cattolica ogni potere in merito a programmi e scelta degli insegnanti, costruendo un’ora del tutto laica, rispettosa in egual modo delle diverse religioni e super partes , dalla quale nessun cittadino deve temere condizionamenti a priori alla coscienza, per lo meno non diversamente da quanto li si tema nell’ora di letteratura o di filosofia.
Anche così i nostri ragazzi impareranno fin da piccoli a conoscere i lati positivi delle religioni altrui e a non averne paura, quella paura che genera l’odio di cui si nutre lo spettro che si aggira attualmente nelle nostre menti, ma senza la quale esso potrà placarsi e trovare finalmente accoglienza e pace


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Commenti

3 risposte a “Mancuso fa un excursus sull’islam e sui problemi della democrazia e del dialogo nelle religioni”

  1. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    La mia modesta impressione è che d’avvero oggi gli intellettuali si siano –rimpiccioliti–
    e non sappiano volare oltre il limitato archetipo culturale che si sono andati costruendo.
    Ritengo che senza scomodare –lo spettro del comunismo citando il manifesto di Marx
    e Engels –sulla cui genesi sono assai storicamente illuminanti le lezioni del prof. Antonio
    Gargano–come pure Lutero o Cartesio, lo stesso Mosè Maimonide figure di intellettuali
    notevoli il cui contributo –progressista–va ritenuto di grande entità pur nelle diverse
    condizioni storiche, religiose,politiche, economiche in cui si sono trovati ad operare.
    Non vorrei rasentare l’ovvietà se mi permetto di citare la filosofia e teologia islamica quale
    vette abbia toccato partendo dalla sapienza greca: Socrate, Platone,Aristotele,Attingendo
    alla fonte del pensiero cristiano e dell’insegnamento di Gesù. A proposito Di Cartesio –Cogito
    ergo sum–va ribadito che prima di lui grandi spiriti,intellettuali universali meridionali erono
    andati ben oltre il –io perso quindi sono–Cartesiano. Non dimentichiamo l’insegnamento
    del Cristo e il ruolo da lui avuto nel –creare– coscienza dell’agire dell’uomo contemporaneo.
    Sempre in riferimento alla evoluzione della storia, veniamo all’illuminismo citato da
    Vito Mancuso Lessing e Kant grandissimi ma la straordinario fioritura di menti partenopee
    hanno espresso valori e intuizioni nel campo del pensiero filosofico e giuridico che nulla a da
    invidiare ai più grandi pensatori che hanno dischiuso le porte alla attuale civiltà, anzi; le loro
    opere sono fondamenta portanti sulle quali poi si è edificato gli stati nazionali e la stessa unità
    Europea. Cosa non sempre evidenziata da molti accademici . Ritengo sia quanto mai opportuno
    chinarsi sulle interessanti considerazioni fatte da uno dei maggiori storici dell’islam, André Miquel
    quando nel suo pregevole e aggiornato lavoro: –l’islam storia di una civiltà–in riferimento all’Islam e
    il progresso, si richiama a F. Braduel. Eccoci a degli interrogativi fondamentali per capire
    l’evoluzione e il travaglio attuale del mondo Mussulmano-Islamico: la compatibilità dell’islam
    con il mondo moderno. Una cosa è volere il progresso, un’altra sono i modi di volerlo. Ma, che
    lo si voglia o no, questo progresso ha prima di tutto l’aspetto delle tecniche dell’Occidente: di
    qui l’eterna polemica sui rapporti dell’Islam con queste tecniche. Certo il macchinismo non è
    da sola una civiltà, e non ha distrutto, per sostituirle da cima a fondo, tutte le vecchie strutture
    dell’Occidente sul quale ha esercitato la sua influenza. Ma l’Europa prima della rivoluzione
    industriale aveva già assorbito altri colpi, sostenuto il conflitto tra la fede e –l’impulso scientifico,
    razionalista e laico–. L’Islam deve, pressapoco, subire tutto questo in una sola volta.
    Per L’Islam non si tratta ne di rinunciare alla felicità, ne di perdere la sua anima. la via media
    ed originale che, con il terzo mondo, esso tenta di prendere, e potrebbe riassumersi in due
    –rifiuti–: né capitalismo, ne marxismo, ne Occidente, ne blocco orientale. Osservando per
    dovere storico che il marxismo originariamente alla sua fonte è un strumento di analisi dei
    fatti economici storici universali, che ha avuto e ha all’interno della galassia culturale
    Musulmano–Islamica grandi interpreti, che ne hanno fatto strumento indispensabile di
    analisi e di critica delle stesse sperequazioni sociali presenti nella società Musulmana-Islamica,
    apprezzandone –l’evoluzione– fatta da grandi intellettuali del novecento nella direzione
    umanistica–spiritualistica. Tornando all’islam e alla sua improcrastinabile evoluzione: una
    via difficile sia da seguire, sia da definire. Un esempio: lo sviluppo esige non solo la liberazione
    della donna, ma la sua attiva partecipazione allo sforzo comune. Tutti coloro che, nell’Islam,
    sanno che un paese moderno non può fare a meno dell’energia costruttiva
    di tutta una parte della sua popolazione, non si limitano a chiedere, quando non sia già
    avvenuta, L’eliminazione delle ultime tracce della poligamia o del velo femminile. Andando
    fino in fondo, vogliono emancipare completamente la donna, istruirla e darle un suo destino.
    Ma la donna, nell’Islam come altrove, è anche la suprema custode della tradizione, che essa ha
    gelosamente preservata ai tempi dell’occupazione straniera:–veilleuse de la nuit coloniale–
    per riprendere una bella espressione di J. Berque. Di qui, anche in questo caso,
    le esitazioni,le posizioni medie, e questo –leitmotiv–:si all’emancipazione, no agli eccessi
    dell’Occidente.Credo che l’Occidente può limitarsi a formulare a questi uomini e donne
    Musulmani il fervido auspicio che essi possono trovare, appianare e consolidare il loro cammino.
    Ma l’interesse e il dovere impongono a questo stesso Occidente di facilitare il compito.
    Il dovere attuale è la cooperazione, senza limitazioni e secondi fini. L’Islam, nella sua storia
    come nei temi della sua rinascita culturale, ha voluto essere un ponte fra umanità diverse.
    Ancora oggi, cioè in un momento in cui esso non vuole appartenere né all’Est, né
    all’Ovest,ma semplicemente e completamente a se stesso, non comprendere che una
    volta riconciliato con il suo destino e con quello del mondo, esso potrebbe a sua volta
    contribuire per riprendere, in tutti i sensi, la tradizione dei vecchi scambi e dei dialoghi
    che non avrebbero mai dovuto essere interrotti? Il concetto di intellettuale–Rimpicciolito–
    ovviamente non fa riferimento a Vito Mancuso che molto stimo e leggo con attenzione ciò
    che sempre di grande interesse scrive. Ma a coloro; molti cattedratici
    universitari, giornalisti, la –casta intellettuale–ufficiale che si arroga il diritto di trasmettere
    e fare conoscenza, culturalmente e moralmente responsabile di non aver saputo –costruire– una
    generazione, una classe dirigente globale all’altezza dei drammatici problemi in cui si dibatte
    –l’ominide del terzo millennio.Vito Mancuso sa bene ben conoscendo il pensiero
    di Balducci:–autore tra l’altro di una bellissima introduzione alla recente riedizione del libro
    su San Francesco di Ernesto Balducci–Come la pensava nel concreto Ernesto in fatto di
    religioni. Lo già ricordato ma mi pare visto il –clima– doveroso riproporlo questo essenziale
    concetto Balducciano: Oramai viviamo in prossimità gli uni con gli altri, costretti a
    dover constatare che nessuna religione è universale che la pretesa di universalità significa già
    legittimazione dell’aggressività del dominio e del proselitismo che parte dal presupposto che la
    religione dell’altro sia erronea e che quindi l’altro vada salvato dalla sua religione. L’uomo di oggi
    si attende che la fede in Dio si manifesti come nobilitazione dell’uomo come sua liberazione, come legittimazione delle sue aspirazioni obbiettivamente più valide:La giustizia,La libertà, La fraternità.
    Se la sua religione non può giustificare queste attese essa appartiene se non alla storia delle menzogne, certamente alla preistoria dell’uomo planetario e totale.Ritengo che i massimi responsabili delle tre
    religioni –monoteistiche– debbano seriamente confrontarsi e da li partire per la costruzione di
    una nuova sensibilità e pratica di fede, registrando le molte cose che uniscono e che parlano
    all’uomo, alla sua coscienza, alla sua aspirazione di una esistenza in ogni luogo e sito del pianeta
    si ritrovi a viverla –Giusta, Dignitosa,nel più totale rispetto della diversità, assunto a valore universale. Lavoriamo ognuno dando la –luce che può– per questo.
    Difronte alla violenza che purtroppo oggi percorre il mondo mi corre quasi l’obbligo di ricitare
    una sintetica quanto lapidaria frase del Prof. Sertorio –Le conseguenze del pensiero scientifico
    si sono staccate dalle conseguenze del pensiero dei valori. La tecnologia
    di potenza, opera sulla società umana e sull’ambiente, in modi e con effetti che l’uomo non sa
    capire e tanto meno gestire ma solo percepire quando sono già avvenuti. Riflettiamo su
    questo fonte di molte contemporanee tragedie e genocidi,questa folle corsa verso il nulla, cosi anti
    umana. Cerchiamo di invertire questa infernale dinamica prima che la –catastrofe–abbia il sopravento.
    Un caro saluto.

  2. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Certo: vanno totalmente condivise le considerazioni di Vito Mancuso sulla necessità
    di un migliore utilizzo dell’ora di religione, dove si insegni e si formi –coscienza– nei
    giovani sul ruolo delle religioni nella società odierna e soprattutto futura. Nella forma
    laica ovviamente, evitando pericolose cadute dogmatiche. Si insegni tutte le espressioni
    e sensibilità religiose che hanno fin qui caratterizzato la storia dell’umanità. Aggiungerei
    in una eventuale quanto necessaria riforma della formazione scolastica e della
    riorganizzazione più in generale dei saperi e della costruzione culturale delle nuove generazioni,
    in ogni ordine e grado delle scuole l’insegnamento e lo studio della filosofia
    e della grande tradizione umanista perché è bene ribadirlo –e abbiamo la sconsolante realtà
    odierna ad ammonirci che sensa la filosofia e l’alta cultura non si governano gli stati meno che
    mai il mondo.
    Un caro saluto

  3. Avatar Rita
    Rita

    Da anni si parla della possibilità di trasformare l’ora di religione in un’ora di storia delle religioni ed è evidentemente una buona idea, ma come toccare quel tabù che è in Italia l’ora di religione cattolica? Impossibile! Temo che anche questo Papa non riuscirebbe a far molto, ma sarebbe davvero un bel segnale se almeno cominciasse a muoversi in tal senso.

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