Noi siamo Chiesa si rallegra per l’esito della seconda Assemblea sinodale delle Chiese cattoliche in Italia (31 marzo-3 aprile 2025).
Le 50 Proposizioni sottoposte dalla Presidenza del Cammino sinodale all’Assemblea sono state da essa giudicate inadeguate alla sintesi del cammino sinodale di quattro anni, e per questo una mozione ne ha decisa la riscrittura, ad opera del Comitato Nazionale del Cammino sinodale e delle/i facilitatrici/facilitatori dei gruppi di studio.
Il nuovo testo verrà sottoposto a una terza Assemblea sinodale, che si riunirà a Roma il 25 ottobre. Riteniamo che il rifiuto quasi unanime della seconda Assemblea, in tutte le sue parti (laiche/i, religiose/i, preti, vescovi) di votare le 50 Proposizioni, che avevano espunto i temi più dibattuti nella prima Assemblea, segnalati anche nelle sintesi diocesane, come il diaconato ordinato femminile, la pastorale delle persone LGBTQ+, gli abusi del clero, la gestione di potere e autorità nelle comunità locali, l’ecumenismo, sia il segno molto positivo di una rinnovata autocoscienza ecclesiale e apra alla possibilità di un’autentica rigenerazione sinodale della Chiesa cattolica italiana.
Di seguito la cronaca e le considerazioni di Roberto Fiorini, che ringraziamo, membro del Coordinamento di Noi siamo Chiesa, che ha partecipato all’Assemblea sinodale in qualità di prete operaio, su invito del Presidente della CEI.
COORDINAMENTO NAZIONALE DI NOI SIAMO CHIESA
Un Sinodo vero
Nella prima domenica dopo la chiusura della seconda Assemblea sinodale delle Chiese in
Italia, nella liturgia romana troviamo, come prima lettura, il bellissimo testo di Isaia che
narra un nuovo esodo: “non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!
Ecco io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,18-19).
Mi è venuto spontaneo connettere queste parole con l’evento sinodale che ho avuto la
fortuna di vivere in diretta. Comunicherò alcuni pensieri che mi hanno accompagnato dal
periodo immediatamente precedente sino alla conclusione dell’evento.
Preparazione
Nei quattro anni di lavoro sinodale abbiamo costruito una Rete sinodale “dal basso”,
composta di una trentina di associazioni che si sono incontrate on line con una certa
regolarità, producendo documenti condivisi che sono stati inoltrati alla Segreteria del
Sinodo e ai singoli vescovi. Le riflessioni ospitavano le testimonianze di vita in connessione
con la parola evangelica e in dialettica con posizioni presenti nella Chiesa scarsamente
inclusive. È molto significativo che da realtà associative tanto diverse per storia ed
esperienze si sia pervenuti al consenso. Insomma questa esperienza è stata un esercizio
sinodale. Nel febbraio scorso ci siamo dati appuntamento ad Assisi, alla Cittadella, e
abbiamo potuto incontrarci in presenza oltre 150 persone. “Costruendo insieme la Chiesa
sinodale” è il titolo dato al convegno. L’intenso lavoro dei tavoli è confluito in un
documento inviato alla Segreteria del Sinodo.
Il primo marzo mi sono incontrato con il gruppo dei preti operai per condividere il testo sul
lavoro come nostro contributo al documento finale che sarebbe stato discusso
dall’Assemblea sinodale a fine mese. Nel giugno del 2023, al primo seminario nazionale dei
preti operai promosso dalla CEI, il card. Zuppi ci aveva chiesto di contribuire ai lavori
sinodali. Noi abbiamo contribuito con un libretto che proponeva due riflessioni sul ministero
ordinato e sul lavoro.
Nello scorso primo marzo abbiamo inoltrato un secondo documento. Ricordo
che pensai tra me che i tempi erano davvero ristretti per fare un lavoro che avrebbe dovuto
avere una valenza programmatica per i prossimi anni. I contributi pervenuti dalle diocesi e
da altri soggetti alla Segreteria del Sinodo erano circa 200. Correva voce che il documento
sul quale dovevamo discutere sarebbe arrivato il giorno 24 marzo, una settimana prima
dell’apertura dell’Assemblea. In realtà dovemmo attenderlo fino al pomeriggio di sabato 29
per poterlo leggere, mentre al 31 dovevamo essere a Roma in Vaticano per l’inizio dei lavori.
Nell’aula Paolo VI
Apertura
Alle 16 del 31 marzo le/i mille delegate/i erano tutti riuniti nell’immensa aula Paolo VI, il
card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, guida la preghiera che si snoda in tre momenti.
Invocazione dello Spirito: “Spirito di Dio soffia dai quattro venti”, canta il coro. Poi il
solista esprime invocazioni particolari e dopo ciascuna l’assemblea canta; “vieni, scendi su
di noi”. Nella seconda parte viene letto il quarto carme del Servo di Jhwh del profeta Isaia e
dopo il silenzio si passa all’adorazione della croce col canto “Per crucem et passionem
tuam”. Infine si chiude con la confessione di colpe da parte di più lettrici e lettori con
l’assemblea che canta Kyrie eleison.
Prendono la parola prima il card. Matteo Zuppi, che legge il messaggio di papa Francesco,
poi una laica, Lucia Capuzzi, membro della Presidenza del Comitato del Cammino sinodale,
e mons. Erio Castellucci, Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale.
L’impressione che mi è rimasta è il carattere celebrativo, totalmente positivo, col quale si
presentava l’intero cammino sinodale. Gli aspetti problematici rimangono generici, come
pure le difficoltà incontrate. Nessun accenno a nodi scottanti e aperti, chiaramente emersi
nelle discussioni, vedi ad esempio il diaconato femminile. Almeno io ho avuto una tale
percezione. Insomma mi sono sembrati discorsi conclusivi, mentre noi avevamo tra le mani
le 50 Proposizioni, con il titolo “Perché la vostra gioia sia piena”, sulle quali era richiesto il
nostro consenso, con possibili solo leggeri ritocchi. Esse erano suddivise in tre parti:
1. Il rinnovamento sinodale e missionario della mentalità e delle prassi ecclesiali (1-25)
2. La formazione missionaria e sinodale dei battezzati (26-34)
3. La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità (27-50)
Devo confessare che quando, due giorni prima, ho avuto tra le mani il testo con le 50
Proposizioni, mi sono sentito a disagio. Nel mio immaginario avevo come riferimento il bel
testo licenziato alla conclusione del Sinodo universale nel novembre scorso, che apriva
prospettive interessanti, i Lineamenti e lo Strumento di lavoro del Sinodo italiano. Mi
attendevo un orizzonte che non riscontravo in quelle proposizioni. Ma chiaramente non era
solo un problema mio.
La parola all’Assemblea
La mattinata successiva era totalmente dedicata agli interventi. La loro successione era
stabilita attraverso l’iscrizione che a un segnale di via ciascuna/o faceva col proprio cellulare
– e i cellulari meno nuovi e performanti hanno tradito la volontà delle/i proprietari -. In
totale ci sono stati 51 interventi a fronte delle richieste che erano attorno alle 150. Quindi
solo un terzo ha potuto intervenire in plenaria. Fin da subito è apparso chiaro l’orientamento
critico nei confronti del documento delle cinquanta Proposizioni che la Presidenza ci aveva
consegnato. Un dissenso motivato con sfumature diverse, ma nella sostanza si manifestava
il rifiuto del testo per la sua insufficienza sul fronte teologico, e per la sua inadeguatezza
rispetto ai quattro anni di lavoro sinodale.
Riporto le parole di due persone autorevoli: Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate
Christiana di Assisi, ha espresso in plenaria la sua posizione con una efficacissima metafora:
«L’asciugatura è riuscita, nel senso della riduzione, ma forse è stato sbagliato il candeggio,
che ha ristretto il tessuto, sbiadito i colori, rovinato la trama e l’ordito di 4 anni di tessitura.
Non si tratta di non vedere rappresentate le proprie sensibilità, competenze, proposte ma
piuttosto l’impianto generale. Mi chiedo che fine hanno fatto le scelte concrete rivolte alla
CEI. Il 98% delle proposizioni si rivolgono alle diocesi e sono inviti, auspici, richieste.
Senza scomodare montagne e topolino mi chiedo se c’era bisogno di tutto questo itinerario
sinodale per arrivare a tanto».
La teologa Serena Noceti in un’intervista a La Stampa così diceva: «Ho preso la parola per
esprimere la mia lettura critica al documento presentato al dibattito, perché
lo ritenevo inadeguato alle prospettive di riforme cruciali per il futuro della Chiesa italiana».
Il lavoro nei gruppi
Il pomeriggio e la mattina successiva ci si è riunite/i in gruppi di circa 35 persone nell’hotel
che ci ospitava. Naturalmente quello che era successo la prima mattina non poteva non
influenzare i lavori. Nel mio gruppo, che comprendeva tre vescovi, è stato chiesto a
ciascuna/o di indicare 4 Proposizioni su cui confrontarsi, ma poi sono state discusse anche
altre proposizioni, che abbiamo riscritto o cassato. Ho sentito che in altri gruppi hanno fatto
scelte diverse. La mia scelta è andata a quattro punti nodali, a mio avviso: pedofilia (4),
l’omelia di laici e laiche (10), ecumenismo (20), lavoro (23). Sul primo punto la discussione
è stata animata: soprattutto i vescovi difendevano lo status quo in Italia, con la gestione in
proprio del problema (“nessuno è organizzato come la Chiesa per gestire questo problema”)
di contro al modello attuato nella diocesi altoatesina che si è servita di uno studio legale di
Monaco di Baviera al quale ha chiesto un rapporto che copre il periodo 1963 – 2023. Alla
fine si è optato per la possibilità di coinvolgere anche agenzie esterne alla Chiesa.
Altro tema controverso è stata la possibilità per laici e laiche di tenere l’omelia nelle
celebrazioni eucaristiche oltre che la possibilità di presiedere e predicare in celebrazioni non
eucaristiche (10). Una tale possibilità potrebbe essere molto utile quando il presbitero
presidente sia in difficoltà per l’età avanzata o per ragioni di salute. La parola dei vescovi:
“il diritto canonico lo vieta”.
Non abbiamo avuto il tempo, nel mio gruppo, di esaminare la proposizione sull’ecumenismo
(20). Comunque ho avuto la possibilità di dire il mio pensiero quando ho spiegato i motivi
della scelta di questa proposizione. Così pure per quanto riguarda il tema del lavoro
presentando una mia proposta che modificava la proposizione 23.
Questi due punti è possibile leggerli nell’intervento che ho inviato alla
Segreteria del Cammino sinodale, non avendo potuto pronunciarlo nell’assemblea plenaria.
L’intero pomeriggio è stato dedicato al pellegrinaggio giubilare, raggiungendo S. Pietro in
corteo. È stato un momento di pausa, un rientrare in noi stessi e stesse nella preghiera,
partecipando al grande perdono. Poi l’eucarestia che ho concelebrato.
Naturalmente durante i pasti, nei trasferimenti in navetta e nei tempi liberi parlavamo tra noi
ed emergeva abbastanza univoca la necessità di prendere tempo, rimandando la conclusione
e predisponendo un nuovo documento. Di questo hanno parlato la Presidenza del Comitato e
il Consiglio Episcopale. Un vescovo che conosco mi ha detto che nella loro riunione solo
due si opponevano alla prospettiva di una nuova assemblea e alla stesura di un nuovo
documento.
Nell’aula Paolo VI
Chiusura
La mattina dell’ultimo giorno siamo tornate/i piene/i di aspettative nell’aula vaticana per
ascoltare la parola del Presidente della Cei e del Presidente del Comitato e prendere insieme
le decisioni. Le caratteristiche dei due interventi erano ben diverse rispetto ai discorsi che
inauguravano l’Assemblea dando inizio ai lavori. Ora conviene dare a loro la parola.
L’intervento di mons. Castellucci ci narra i passaggi compiuti per arrivare alle 50
Proposizioni e alla dichiarazione della loro insufficienza:
“A questo punto segnalo e ammetto alcune carenze nel percorso del mese di marzo, dovute
anche al fatto che il passaggio da queste sintesi alla nostra Assemblea si è dovuto contrarre
nell’arco di tre settimane. Nei primi giorni del mese, la Presidenza del Cammino sinodale ha
letto tutti i contributi e alcuni dei membri hanno steso un primo testo di sintesi, di 74.000
caratteri, letto integralmente e discusso l’11 marzo nel Consiglio Episcopale Permanente; in
quella riunione ne è stata chiesta la riduzione drastica, perché si arrivasse alla forma di
Proposizioni (come da Regolamento) sintetiche e mirate. Probabilmente la dieta è stata
eccessiva, avendo eliminato anche tutte le citazioni e ridotto il testo a 46.000 battute. Questo
lavoro ha richiesto alcuni giorni (si doveva anche impaginare e stampare) ed è stato poi
presentato al Comitato Nazionale del Cammino sinodale in una rapida riunione online il 28
marzo, prima di essere inviato a tutti i delegati il giorno dopo.
Una seconda carenza, oltre a quella della tempistica, ha riguardato la comunicazione.
Abbiamo dato per scontato che tutti conoscessero il genere letterario delle Proposizioni e lo
condividessero. Dovevamo certamente spiegare meglio che le Proposizioni andavano lette
alla luce dei testi precedenti, soprattutto i Lineamenti e lo Strumento di Lavoro, e abbiamo
supposto, sbagliando, che fosse chiaro che le Proposizioni erano pensate come testo di
passaggio, quasi un indice ragionato, che doveva aprire la strada ad alcune decisioni
concrete e poi soprattutto al recupero della ricchezza del quadriennio. Dovevamo valutare
meglio che questo genere letterario, da alcuni ritenuto sorpassato, in un percorso così ricco
come quello del quadriennio, può risultare arido e povero, senza riuscire a mostrare una
reale continuità rispetto ai documenti precedenti.
Cosa fare ora? Ne abbiamo parlato ieri nella Presidenza del Comitato e nel Consiglio
Episcopale Permanente. Abbiamo ribadito che la Chiesa non è composta da guide che
ignorano il “sentire” del popolo (di Dio), tirando dritto come se avessero sempre ragione –
cosa purtroppo molto diffusa oggi nelle tendenze sovraniste e dittatoriali – ma è composta
da guide chiamate a discernere la presenza e l’azione dello Spirito nel Popolo di Dio, del
quale fanno parte. Si cresce insieme, ciascuno secondo i propri doni e le proprie
responsabilità. Il testo proposto di fatto è apparso inadeguato. L’Assemblea di martedì
mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un
ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti. I gruppi in queste due mezze giornate hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente, ritrovando nel testo talvolta anche ricchezze che non emergevano ad una prima lettura, e hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo”
La decisione di prendere sei mesi di tempo è stata formalizzata da una mozione presentata
dalla Presidenza della CEI e messa in votazione da parte dell’Assemblea dopo la sua lettura
da parte del card. Zuppi. Eccola:
“L’Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31 marzo al 3 aprile 2025,
nel solco del cammino compiuto in questi anni, guidato dall’ascolto della Parola e dallo
Spirito, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il
proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale, valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile.
Cogliendo la ricchezza della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle Proposizioni, dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla Presidenza
del Comitato nazionale del Cammino sinodale affinché, con il supporto del Comitato e dei
facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti,
priorità e contributi emersi. Al tempo stesso, l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per
la votazione del Documento contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre 2025, in
occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà
seguito la fase di ricezione.”
Considerazioni conclusive
Il cammino sinodale che ci ha impegnato per 4 anni ha reso possibile un’esperienza
personale e comunitaria che ha trovato la sua espressione più alta proprio nel momento in
cui l’Assemblea nella sua totalità è stata chiamata a decidere su un documento che dovrebbe
indicare un orizzonte nel quale riconoscersi e scelte precise e concrete che rappresentino
riforme reali ispirate dal Vangelo. Il primo Sinodo italiano che vede la fase decisionale
affidata all’Assemblea, composta da tutte le parti del popolo di Dio – laiche e laici,
consacrate/i, presbiteri e vescovi –, è una felice novità che testimonia che il Sinodo è stato
un Sinodo vero. Essendo il primo, rappresenta un modello che lasciamo in eredità alle
generazioni credenti future.
Un secondo aspetto possiamo chiamarlo la libertà di parola. Nell’Assemblea è stata data la
parola a tutte/i le/i presenti. Solo un ventesimo di essi/e è potuto intervenire, col tempo che
era a disposizione. Ne è uscita una ricchezza meravigliosa. Da questo punto di vista il
Sinodo dovrebbe insegnare che anche in ambito diocesano, nelle unità pastorali o
parrocchiali occorre dare la parola a tutto il popolo di Dio e non solo in maniera consultiva.
I ministri ordinati fanno parte del popolo di Dio. Va sanata la frattura che si crea quando i
ministri ordinati, e solo loro, hanno il potere di decidere e quindi di dire le parole che
contano. Dunque la sinodalità deve diventare il metodo che viene adottato anche a livello
locale come connotato della Chiesa. Allora la parola “comunità” acquista una valenza
storica e concreta e si arriva a credere veramente alle affermazioni che troviamo nel
documento conciliare Lumen Gentium quando al popolo di Dio viene attribuita la
dimensione profetica. Si combina perfettamente con la terza fase del Sinodo che stiamo
vivendo, chiamata, appunto, profetica.
Aggiungo la parola di Serena Noceti, espressa nell’intervista sopra ricordata: «È stata una
vera esperienza di Chiesa sinodale. Ciò che è successo in assemblea è stato un
momento di grande crescita ecclesiale. Non eravamo divisi tra “base” e “vertice”, ma
abbiamo camminato insieme, vescovi e laici, con schiettezza e spirito di comunione. Il
confronto di opinioni è stato vivace, segno che la sinodalità è stata assunta come modalità
reale di lavoro. Si percepiva già all’inizio che esistevano posizioni critiche, e sono state
manifestate sempre con libertà e chiarezza».
I prossimi sei mesi saranno molto importanti. Vi sono diversi punti critici, emersi nei quattro
anni di lavoro, da affrontare. Speriamo che si abbia il coraggio di trattarli con il metodo
attuato nella seconda Assemblea. Tornare indietro sarebbe devastante, un’imperdonabile
chiusura allo Spirito che all’inizio del mese ha soffiato forte nell’aula Paolo VI.
don Roberto Fiorini
13 aprile 2025, Domenica delle Palme
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