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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

CONVEGNO – UNA LEGGE SUL FINE VITA

COORDINAMENTO 9 MARZO
Terzo convegno in ricordo di Vittorio Bellavite
LASCIA, O SIGNORE, CHE IL TUO SERVO VADA IN PACE (Lc 2,29)
DISPONIBILITÀ O INDISPONIBILITÀ DELLA VITA?
Il percorso eticogiuridico e le sfide sulla fine della vita
Sabato 18/10/2025 ore 10 – 17.15
Milano, libreria Claudiana, via F. Sforza 12/A e online
Ore 10.00
La complessità del morire, questioni esistenziali e morali: la discussione sulla morte
medicalmente assistita
Patrizia Borsellino Ordinario di Filosofia del diritto e di Bioetica Presidente del Comitato per
l’etica di fine vita (CEF)
Carlo Casalone Docente di Teologia morale alla Pontificia Università GregorianaRoma
Modera Monica Fabbri
Ore 11.45 Dibattito
Ore 12.15
La dignità del morire: rispetto della persona, consapevolezza e sua libertà di scelta
Alberto Scanni oncologo
Ore 13.00 dibattito e conclusioni
Ore 14.30 Ripresa dei lavori
Questioni giuridiche legate alla legge in discussione, o approvata
Sergio Gentile avvocato
Ore 15.00 L’accompagnare
don Tullio Proserpio, cappellano Istituto Nazionale Tumori
Ore 15.30 La morte un problema rimosso? La visione contemporanea dell’esistenza
Laura Campanello filosofa
Ore 16.00 L’ultima beatitudine
Daniela Di Carlo pastora valdese
Ore 16.30 – 17.15 dibattito e conclusioni
INGRESSO LIBERO
Diretta streaming su YouTube di Noi Siamo Chiesa
https://www.youtube.com/c/NoiSiamoChiesaIT
COORDINAMENTO 9 MARZO
Le considerazioni dell’oncologo Alberto Scanni (alcune delle quali già apparse su CORRIERE SALUTE del
Corriere della Sera 25 maggio 2025) sono utili per capire il contrastato percorso indirizzato ad approvare
anche in Italia una legge sul fine vita. Questo a partire dalla legge sulla medicina palliativa del 2010, dalla
legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento del 2017 e dalla sentenza basilare della Corte
Costituzionale del 2019, fino ai diversi progetti di legge presentati in Parlamento dai partiti e discussi negli
ultimi anni. In particolare, a quello del Partito democratico, ddl Bazoli, a cui si fa riferimento
nell’intervento di Alberto Scanni.
Alberto Scanni
Fine vita
Quando la chemioterapia fallisce bisogna guardare al benessere globale del paziente e lui ha tutto il diritto
di dire: Basta! La legge glielo consente e nessuno può contrastare le sue volontà. Il consenso informato,
infatti, attua il principio costituzionale contenuto nell’articolo 32 “Nessuno può essere obbligato a un
trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e lo pone all’interno della relazione di cura tra
paziente e medico. Nella relazione due volontà si incontrano nel riconoscimento di due autonomie: quella
professionale del medico, quella decisionale del paziente. Esaminando i dati della letteratura si evince che,
nell’ultimo mese di vita, il 25/30% dei malati fa ancora una inutile chemioterapia e che il 70% degli oncologi
intervistati l’ha somministrata almeno una volta, il 15% più di una.
Una preghiera ebraica recita “Non lasciare che io muoia mentre sono ancora vivo”; in altri termini, “Non
farmi morire prima del tempo con le tue cure”. Una ulteriore chemioterapia, vista la sua inutilità, farebbe
soffrire ancora di più. Si può, però, fare ancora molto se si regala umanità e si gioca la grandezza di una
medicina che non solo “cura” ma si “prende cura” offrendo compassione e consolazione. È la “medicina
palliativa” che seda, tranquillizza, supporta e cerca di rendere ancora “piena la vita” che resta, che attiva
situazioni di normalità per malato e famiglia, che non fa trattamenti inutili.
Medico come “Motore di positività” e non freddo esecutore di protocolli. Sa che il malato deve essere
protetto da chi non vuole che la natura “faccia il suo corso” e che il dolore “tra lo stridore di denti…” è un
inferno. Sa tutte queste cose e, nei momenti ultimi, diventa il difensore del suo corpo e della sua mente.
Compagno di una persona che non potrà guarire, ma che non vuole soffrire, che avverte una struggente
solitudine in cui si fa molte domande alle quali non sa rispondere. Quelle che sono sempre state considerate
le sue certezze, razionali e/o religiose, sembrano venire meno, in un silenzio in cui si cercano inutilmente i
“perché”. È qui che il medico dovrà dare il massimo per rendergli questi momenti i più sereni possibili e
colmare la sua solitudine. A lui il malato si affida mettendosi anima e corpo nelle sue mani. Nel “paradigma
del fine vita” non c’è spazio per l’abbandono, ma la costruzione di una vicinanza all’interno di un rapporto
empatico che rispetta le volontà del malato. Accettare la sua volontà significa fare in modo che la sua vita si
concluda serenamente e soprattutto senza accanimenti: il sedare e l’evitare inutili dolori sono il dono a chi,
debole, l’ha scelto come compagno di percorso perché il passaggio sia sereno. La sua libertà è salva e se,
nonostante tutte le attenzioni a lui riservate, scegliesse autonomamente di abbandonale la vita (suicidio), il
medico gli starà sempre vicino, gli terrà la mano nel momento di “passaggio” e sospenderà qualsiasi giudizio
nel rispetto del suo dramma.
Il disegno di legge Disposizioni esecutive, basato sulla sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre
2019, n. 242, altrimenti definibile come Norme per il suicidio assistito, recepisce le situazioni di cui sopra
attraverso 4 articoli che si limitano a definire le modifiche necessarie nell’ordinamento esistente per
ottemperare alle sollecitazioni della Corte. Nel Disegno di legge di cui sopra alcune considerazioni meritano
attenzione. Primo: il riferirsi ai “diritti della persona” e non dell’individuo sottolinea positivamente una
concezione umana e non organicistica del malato. Secondo: la tutela delle volontà della persona, che può
rifiutare cure incongrue e/o la sospensione di quelle in corso. Terzo: il diritto delle cure palliative e della
terapia del dolore nel cosiddetto Fine vita e pertanto la urgenza di strutture ad hoc, da attuarsi in tempi brevi
nelle varie realtà regionali. Quarto: la creazione di un Comitato di valutazione nazionale delle richieste di
Suicidio assistito. Quinto: la esclusione delle strutture del sistema sanitario nazionale dalle procedure per il
Suicidio assistito. Questi due ultimi punti paiono particolarmente criticabili, vuoi per la assoluta
impraticabilità e farraginosità di una valutazione nazionale delle richieste dei singoli, sia per la esclusione del
servizio pubblico dalla erogazione di un diritto che dovrebbe essere universale per la collettività.
A fronte di tutte queste considerazioni, la sedazione profonda richiesta o proposta nella terminalità,
garantita dalle cure palliative, può rappresentare il naturale superamento di perplessità e conflittualità
ideologiche e culturali, per una soluzione condivisa del tema in oggetto. La Chiesa accetta la sedazione
profonda che è di competenza dei medici, gestita in maniera personalizzata. Questa strada significa non dare
la morte ma accettare che la morte rappresenti una evoluzione naturale della vita. Quasi che il malato possa
dire: “Lasciatemi andare senza sofferenze!”. Strada scelta da Giovanni Paolo II e il Cardinal Martini.

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