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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

522 “martiri” canonizzati ieri a Tarragona

C’È SANTO E SANTO. IN SPAGNA, POLEMICHE
PER LA CANONIZZAZIONE DELLE VITTIME DEI REPUBBLICANI
37340. MADRID-ADISTA. È fortemente contestata in Spagna la beatificazione, a Tarragona, di 522 persone che nel 1936, durante la Guerra Civile spagnola, sono stati uccise in odio alla loro fede e dunque ora dichiarati «martiri della persecuzione religiosa del XX secolo in Spagna», vittime dei sostenitori della Repubblica. Alla cerimonia, prevista per il 13 ottobre e non ancora avvenuta al momento in cui scriviamo, sono stati invitati i Reali, mentre è stato annunciato che papa Francesco vi dovrebbe partecipare in videoconferenza. Analoga beatificazione avvenne nel 2007 e riguardò 498 martiri.
La Conferenza episcopale è stata ben attenta a non usare la dizione «martiri della Guerra Civile». «Non sono caduti di una guerra, né combattenti, né con le armi in mano», ha spiegato il portavoce dell’episcopato Juan Antonio Martínez Camino. «Erano nei loro conventi, nelle loro chiese, nelle loro case, e sono andati a cercarli, offrendo loro la libertà se avessero abiurato il nome del signore Gesù, sono morti per non rinnegare la loro fede». E il vescovo di Tarragona, mons. Jaume Pujol Balsells, ha contestato ogni connotazione «politica e rivendicativa» dell’evento: «Sarà un momento di pace, perdono e riconciliazione».
Non la pensano affatto così l’associazione “Cristianas y Cristianos de Base de Madrid” e il collettivo “Redes cristianas”, in cui confluiscono 200 fra gruppi, comunità e movimenti cattolici di base spagnoli (le cui riflessioni sono fatte proprie il 9 ottobre anche dalla rivista web Atrio, “spazio aperto tra il sacro e il profano”). «Questa celebrazione suscita scandalo in molti cittadini e rifiuto in tutti noi che vediamo nel cristianesimo un messaggio di libertà, integrazione e concordia», scrivono. Non sono in dubbio i meriti dei nuovi martiri, ma i vescovi «ignorano le migliaia e migliaia di repubblicani assassinati dai franchisti e i cui resti continuano ad essere dispersi o giacciono in fosse comuni mai aperte». Il gruppo di Madrid accusa l’episcopato di «strumentalizzazione partitica dei morti» e ricorda che la Chiesa «dette appoggio esplicito alla dittatura». “Dettaglio” su cui interviene in particolare “Redes Cristianas” con questa osservazione: «Celebrandosi a Tarragona, la cerimonia di beatificazione disonora la figura dell’allora arcivescovo di questa diocesi, cardinal Vidal y Barraquer, che, con un gesto lucido e coraggioso, negò la sua firma alla “Lettera collettiva dei vescovi spagnoli” del luglio 1937 a favore del sollevamento [contro la Repubblica], che causò esilio e ogni tipo di persecuzione» per molti.
«Dimenticare le migliaia di operai, maestre e maestri, intellettuali e sacerdoti assassinati dal franchismo a motivo della loro fedeltà al popolo – e anche alla loro fede – non è solo una ingiustizia, ma rende anche impossibile una vera riconciliazione», denunciano coralmente i cristiani di base spagnoli. «Per caso agli occhi di Dio alcuni sono più giusti di altri? È questo, come dicono i vescovi, un atto di “umanità e di riconciliazione?».
«Ogni gruppo», continua “Redes Cristianas”, «ha il diritto e probabilmente l’obbligo di onorare i propri morti. Ma per chiudere le ferite di una guerra fratricida, e farlo in un clima di riconciliazione, è necessario che le parti in lotta riconoscano di aver commesso errori, chiedano perdono e ammettano l’eroicità di tutti i morti innocenti, da un lato e dall’altro. A noi cattolici spetta di chiedere perdono per la posizione belligerante della maggior parte della gerarchia, delle istituzioni ecclesiastiche e di un buon numero di laici, e avere l’umiltà di chiedere perdono. Finora – sottolineano – la gerarchia si è negata a farlo, a riconoscere l’illegittimità del colpo di Stato contro il legittimo governo della Repubblica e il grave errore che significò quella “Lettera Collettiva”. Senza questo riconoscimento difficilmente potrà esserci riconciliazione».
Perfino il settimanale Vida nueva, raramente dissenziente dalle scelte gerarchiche, il 10 ottobre, in un articolo del direttore Juan Rubio, segnala: «È importante non dimenticare i tanti altri cui è stata tolta la vita per le stesse ragioni per le quali questi saranno beatificati. Una menzione per tutti quelli che, su altri versanti, anch’essi sacerdoti e ministri variamente impegnati, hanno visto le loro vite infrante dall’odio, anche se non è stato loro riconosciuto». (eletta cucuzza)


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