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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

appello alla riabilitazione della figura e della memoria di Ernesto Bonaiuti

IL PROGETTO DI NUOVA EDIZIONE DELLE OPERE DI BONAIUTI COMINCIA A DIVENTARE CONCRETO
All’inizio di giugno l’editore Gabrielli di Verona ha mandato in libreria la ristampa del volume di
Ernesto Buonaiuti “La Chiesa romana”, curato da Vittorio Bellavite e Pietro Urcioli, con la
prefazione di Gilberto Squizzato. La nuova edizione del libro, che era stato pubblicato
originariamente nel 1933, rientra nel progetto di ripubblicazione delle principali opere del
presbitero, storico e teologo (nato a Roma nel 1881 e ivi morto nel 1946), uno dei principali
esponenti del modernismo italiano. Il progetto editoriale rende concreto l’Appello alla riabilitazione
della figura e della memoria di Ernesto Buonaiuti.  L’appello è stato proposto nel 2014 da un
“Comitato per una migliore conoscenza e per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti nella Chiesa e
nella società” ed ha avuto numerose adesioni da motivati esponenti della cultura cristiana e laica e
di qualificati movimenti e associazioni della società civile.
Nell’appello si legge: “Ernesto Buonaiuti  […]  ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1903.
Intelligenza acuta e indagatrice, incaricato dell’insegnamento nello stesso Pontificio Collegio
Romano, assunse posizioni non gradite e fu scomunicato per aver condiviso e propagandato idee
moderniste.  Scomunicato dalla gerarchia vaticana, fu privato dell’insegnamento nelle università
ecclesiastiche per cui passò all’insegnamento universitario statale. Professandosi cattolico convinto,
fu tra gli ecclesiastici più contrari al Concordato e mantenne una posizione radicalmente critica nei
confronti della politica vaticana in questo ambito, per cui era considerato un elemento di disturbo
sia da parte ecclesiastica che da parte governativa. Nel 1931 fu rimosso dal proprio ruolo di docente
anche presso l’Università di Roma avendo rifiutato il giuramento di fedeltà al regime fascista che
furono invitati a prestare i circa millecinquecento professori delle Università italiane. Soltanto
dodici vi si rifiutarono: Ernesto Buonaiuti era tra questi.  Il Vaticano, che aveva chiuso nel 1929 la
‘questione romana’ con i Patti del Laterano, pur ritenendo abusiva la richiesta di giuramento, non
volle urtarsi con il regime e consigliò i professori di area cattolica di giurare ‘con riserva mentale’
cioè ponendo come condizione, nel segreto della propria coscienza, che si sarebbero attenuti a tale
giuramento solo se ciò non avesse loro imposto doveri contrari alla fede cattolica.
Perdette in tal modo ogni sostegno economico e si affidò unicamente all’appoggio di amici ed
estimatori. Dopo la caduta del fascismo fu reintegrato nei ruoli del magistero universitario, ma
privato dell’insegnamento: nel Concordato era stata inserita una norma ‘ad personam’ (art. 5, terzo
comma) che impediva agli scomunicati di adire a posti statali che comportassero contatto con il
pubblico. Sgradito, come cattolico,  ai partiti di sinistra e come scomunicato dai politici di
obbedienza vaticana, non fu mai riabilitato ufficialmente, anche se molte delle sue posizioni
riecheggiarono nei dibattiti conciliari del Vaticano II e furono riprese nei documenti ufficiali. É nota
la stima che aveva per lui Angelo Roncalli, al tempo degli studi romani.  Buonaiuti morì a Roma e
fu privato della sepoltura ecclesiastica, essendosi rifiutato di ritrattare le proprie posizioni; la sua
memoria restò nell’ombra per decenni, dal momento che, pur trattandosi di una figura di testimone
eticamente e giuridicamente superiore a ogni motivo di critica, Buonaiuti fu considerato scomodo
da tutti i centri di potere, data la sua irriducibile fedeltà alla propria coscienza e alla propria onestà
intellettuale e morale, al di sopra di ogni altra considerazione.
Riteniamo che l’evoluzione delle sensibilità politico-sociali e religiose, che ha condotto a rivedere
numerose manifestazioni di intolleranza del passato, costituiscano un clima favorevole alla
rivalutazione pubblica delle virtù civiche e religiose del personaggio, soprattutto in un tempo come
il nostro, in cui da ogni parte si fa giustamente appello alla capacità personale di resistenza critica al
conformismo intellettuale e al relativismo morale” (www.noisiamochiesa.org).
Come ha asottolineato Gilberto Squizzato nella Prefazione,  prima di Buonaiuti l’assolutismo
pontifico aveva colpito don Romolo Murri, sospeso a divinis e scomunicato nel 1909 per la
disobbedienza alle indicazioni papali in relazione al suo impegno politico. “Buonaiuti, da storico
della Chiesa e giovanissimo docente universitario di questa pericolosa disciplina nell’università
pubblica, si permise un’operazione ancora più destabilizzante di quella del disobbediente Murri,
osando sottoporre all’indagine (e alla critica!) storica le vicende millenarie di Roma e del suo potere
insieme religioso e politico: e l’aveva fatto partecipando a quel movimento culturale che sotto il
nome di  ‘modernismo’,    fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, e non solo in Italia,
provava a rileggere il messaggio cristiano alla luce delle istanze e dei movimenti di pensiero della
società contemporanea. Ben più dell’insubordinazione politica di Murri risultava infatti intollerabile
attentato all’infallibile magistero papale e allo strapotere spirituale dell’Episcopato cattolico e della
Curia romana la dinamite che proprio le novità di metodo richieste dal modernismo (e applicate con
onesto rigore da Buonaiuti) andavano ponendo sotto il poderoso edificio della dottrina teologica ed
ecclesiale che per secoli, dall’Editto di Milano di Costantino del 312, aveva consentito ai vertici
della Chiesa di costruire il monopolio papale dell’interpretazione legittima delle scritture e
l’esercizio di un governo, non solo spirituale, assoluto e indiscutibile”, che ha portato alla
scomunica anche di Buonaiuti nel 1926, tre anni prima della firma del Concordato, in base al quale
egli fu privato dell’insegnamento universitario.
Tuttavia, la “radicale critica storica a molti snodi decisivi (e  involutivi, rispetto al Vangelo) della
storia della Chiesa di Roma proposta da Buonaiuti non faceva che porre le basi, nella coscienza
cattolica più aperta e avveduta, per quella richiesta di radicale riforma che sarebbe stata esplicitata
trent’anni più tardi dal Concilio Vaticano convocato a Roma nel 1962 proprio da quel papa Roncalli
che di Buonaiuti era stato compagno di seminario all’inizio del secolo”.   Un Concilio che ha
trasformato le “eresie” di Buonaiuti in un patrimonio di orientamento ideale e culturale, prezioso e
decisivo per avviare la Chiesa sulla strada della riforma all’altezza dei nuovi tempi.
Alla ristampa di quest’opera sulla “Chiesa romana” dovrebbero seguirne almeno altre due: “Il
programma dei modernisti” del 1907 e “Il Vangelo e il mondo” del 1934. Una scelta che offre alle
persone interessate la possibilità di conoscere i diversi approcci alla storia del cristianesimo e della
Chiesa cattolica, che hanno caratterizzato la vasta produzione culturale di Buonaiuti,  figura
complessa e profetica di un anticipatore delle nuove possibilità di testimonianza cristiana nel segno
della parresia, che conferma e dà vigore all’iniziativa proposta dal movimento Noi Siamo Chiesa.
Ciò anche dopo la prematura scomparsa del suo coordinatore nazionale Vittorio Bellavite, che è
stato protagonista dell’Appello per la riabilitazione di Buonaiuti e ha sostenuto con decisione la
pubblicazione di almeno una parte delle sue opere da parte dell’editore Gabrielli.
Giuseppe  Deiana
Coordinamento Nazionale di Noi Siamo Chiesa

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