Logo Noi Siamo Chiesa

Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Contributo di Noi Siamo Chiesa di Brescia al sinodo diocesano

 Carissime sorelle e carissimi fratelli della Chiesa in Brescia,

da alcuni mesi si è costituito un gruppo bresciano del movimento “ Noi siamo Chiesa”.

Dopo alcuni incontri, nei quali abbiamo ritenuto prioritario “ruminare la Parola”, si è deciso di esprimere, come parte del Popolo di Dio, un nostro contributo sui temi proposti per la riflessione in vista del Sinodo diocesano sulle ‘Unità Pastorali’.

Appare evidente che alla base della Chiesa sta aumentando il disagio, il dissenso, la sofferenza, il lento e silenzioso abbandono. Si ha la netta sensazione che molti pastori abbiano tradito il gregge e colpevolmente rinunciato alla profezia.

La realtà è profondamente mutata, come bene ha precisato il nostro vescovo Luciano.

A partire da questa realtà, riteniamo importante mettere in risalto alcuni aspetti, a nostro parere , decisivi.

Una Chiesa credibile, dalla parte del Vangelo e quindi degli ultimi ai quali Gesù in primo luogo si è rivolto con gesti semplici e inequivocabili,

una Chiesa umile e povera, guidata da pastori liberi, sempre con la schiena diritta in primo luogo davanti ai potenti, così schierata, con chi si troverebbe a camminare?

Non sarebbe necessario aggiungere altro, non altro se non la capacità e il desiderio di riscoprire la necessità di relazionarsi con le persone concrete e con i loro problemi quotidiani.

Viene spontaneo affermare:

Meno istituzione e più strada, meno impiegati e più testimoni credibili e scomodi, capaci di smascherare coloro che calpestando la dignità dell’uomo, rinnegano Dio.

Il Vescovo Luciano dice: “…..l’ecclesiologia (e l’insegnamento del Vaticano II) ci ha insegnato l’importanza decisiva della comunione per cogliere il senso della Chiesa”.

 

Già…….. il Concilio, Vescovo Luciano,……ricordare l’evento non consiste nel riportare indietro le lancette degli orologi, ma nel rielaborarne la memoria per capirne più a fondo il significato e farne scaturire eredità nuove ed antiche e impegni per il futuro.

Il Concilio ha portato e porta ancora oggi nella Chiesa la folgorante evocazione del messaggio radiofonico di Giovanni XXIII (11 settembre 1962): “La Chiesa di tutti e particolarmente la Chiesa dei poveri”.

Non vogliamo aggiungere molto altro e rimandiamo all’Appello dal Popolo di Dio sottoscritto nel 1996 che riportiamo dopo le nostre considerazioni nel merito del tema proposto per il Sinodo.    

 

Quanto segue è ciò che riteniamo giusto per la Chiesa bresciana:

 

Riteniamo ci si debba muovere all’interno dell’obiettivo di favorire nella nostra gente l’incontro personale e comunitario con Cristo vivo nonché la maturazione e l’esperienza di una fede cristiana che incida sulla vita.

Esprimiamo pure la convinzione che solo la messa in atto di una coraggiosa sperimentazione pastorale potrà ben presto giustificare la sopravvivenza come tale della nostra diocesi.

In questo senso questa proposta di progetto intende in particolare contribuire a:

–        rendere la struttura della nostra Chiesa diocesana più conforme all’ecclesiologia di comunione prospettata dal Concilio Vaticano II

–        riorganizzare le parrocchie in modo da favorire un’esperienza di fede al tempo stesso più personalizzata e più comunitaria

–        creare le condizioni per assicurare un’adeguata cura pastorale nonostante il calo numerico del clero

La proposta è formulata:

–        facendo propria la centralità di una comunità cristiana partecipe del territorio in cui vive attualmente centrata sulla parrocchia

–        assumendo l’attuale quadro magisteriale

–        tenendo conto delle esperienze in atto in Italia e all’estero

Il contenuto della proposta si riassume in tre sostanziali innovazioni:

–        riorganizzazione delle attuali parrocchie in “comunità di comunità”

–        affidamento della pastorale parrocchiale ordinaria a un’équipe di servizio composta da laici e partecipata dal prete

–        riunione dei presbiteri in equipe zonali

 

Punti di partenza

 

1. La Chiesa come “icona della Trinità” e popolo di Dio, proposta dal Concilio Vaticano II (LG 2-6) e approfondita nella successiva riflessione magisteriale ed ecclesiologica, è un mistero di comunione e implica la chiamata, rivolta a tutte le membra del corpo di Cristo, affinché partecipino attivamente all’edificazione e alla missione della comunità cristiana, secondo i diversi ministeri e carismi.

Si tratta dunque di camminare sulla strada che porta da una Chiesa gerarchica e clericale a una comunionale e ministeriale, una Chiesa che si fa servizio e non dispensatrice di servizi, una Chiesa missionaria e non di conservazione.

La promozione della ministerialità laicale è necessaria “per crescere nell’esperienza della comunione e della corresponsabilità per la missione” (diocesi di Vicenza).

 

 

2. Nella società odierna, segnata da profondi cambiamenti socioculturali nella direzione della razionalità tecnico-scientifica, del “disincanto del mondo”, dell’individualismo, della “società liquida”, ecc., l’esperienza di fede (e quindi anche l’accompagnamento pastorale) deve assumere un tratto al tempo stesso più personalizzato/esistenziale e più comunitario/condiviso, che non lasci le persone nell’anonimato, ma le inserisca in ambiti di vita cristiana “a misura di uomo e donna”, che non li identifichi sulla base della mera adesione a contenuti dottrinali, ma li aiuti a connettere fede e vita quotidiana, quindi a maturare ed esprimere una fede “adulta e pensata” che vada oltre un’appartenenza sociologica o culturale.

Bisogna quindi che nelle comunità cristiane le persone trovino ambienti emotivamente “caldi” e accoglienti, relazioni ravvicinate e di sostegno, accettazione incondizionata e piena libertà di espressione, rapporti paritari e coinvolgimento nelle decisioni, ecc. Ciò si ottiene mediante la strutturazione della parrocchia in piccole comunità.

 

 

3. La diminuzione del numero dei preti costringerà a una rivisitazione anche del loro ruolo e della loro formazione.  

I futuri preti, perciò, o troveranno un’identità difensiva e rassicurante nella propria funzione di “gestori del sacro” o dovranno imparare a camminare soprattutto coi laici.

Allora il ministero presbiterale va ripensato nel contesto della ministerialità di tutta la Chiesa e di una “ecclesiologia di comunione” che valorizza il sacerdozio comune dei fedeli e i carismi suscitati dallo Spirito nei discepoli di Cristo.

Si tratta di compiere una “rivoluzione copernicana”: in passato la vita di fede di una popolazione locale aveva come perno il prete, attorno a cui si riuniva la comunità cristiana; oggi avrà come centro la comunità cristiana, al cui servizio si porrà il prete. Così l’azione pastorale non sarà solo prerogativa del clero, si svilupperà una sensibilità pastorale più sinodale e operativamente condivisa, la missione della Chiesa si arricchirà della pluralità dei carismi, la comunità potrà essere percepita maggiormente come popolo di Dio.

 

 

 

CORNICE DI RIFERIMENTO

 

Come si può trasformare la parrocchia.

La parrocchia mantiene la sua validità per realizzare la missione della Chiesa in rapporto alla vita quotidiana della gente, per assumere le relazioni di prossimità già date nell’esistenza feriale e trascrivervi i contorni del Vangelo come possibilità praticabile nelle condizioni di ogni giorno di tutti e di ciascuno, per permettere l’accoglienza credente in un tempo e in un luogo del messaggio di Gesù, il quale va annunciato perché faccia sorgere una comunità visibile, prefigurazione del Regno di Dio.

Si tratta di creare le condizioni per permettere alle comunità cristiane di restare radicate capillarmente nel territorio, di “essere vicine” alle persone e quindi adempiere il proprio riconfermato compito di centro vitale e identitario per l’odierna comunicazione della fede. Le scelte pastorali della Chiesa italiana non intendono sopprimere le parrocchie, ma metterle in rete, in una logica non aggregativa, ma integrativa (Cei, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia n. 11). Ciò è possibile non eliminando quelle ove non risiede più un presbitero, ma dando loro un nuovo impulso mediante la valorizzazione e responsabilizzazione dei laici, anche perché, come nota il sociologo A. Castegnaro, ricorrere alle unità pastorali è un palliativo che sposta nel tempo il problema, risolvibile solo “modificando il modello pastorale”.

Questo si traduce nell’affidamento della pastorale ordinaria delle parrocchie a un’equipe di laici partecipata dal prete, evitandone l’accorpamento, e nella loro riorganizzazione in “comunità di comunità”.

 

 

Assunzione dell’attuale quadro magisteriale.

I riferimenti magisteriali sono i documenti del Concilio Vaticano II (in particolare LG e AA) e numerosi testi successivi, tra cui spiccano le encicliche Evangelii Nuntiandi di Paolo VI (per le comunità ecclesiali di base) e la Christifideles laici di Giovanni Paolo II (sulla missione dei laici nella Chiesa).

 

 

Considerazione delle esperienze in atto all’estero e in Italia

Il modello di organizzazione della parrocchia come “comunità di comunità” è largamente presente in varie parti del mondo e la sua diffusione è in crescita, anche perché su di esso converge l’opinione di molti pastoralisti e l’esperienza di numerose Chiese locali, nonostante il ricorso a denominazioni differenti (piccole comunità cristiane, comunità ecclesiali di base, comunità di discepolato, ecc.).

Esperienze di partecipazione laicale alla cura pastorale sono in atto da decenni in numerose Chiese locali, soprattutto all’estero, in particolare in Francia, Germania e Svizzera. Esse hanno dato origine a due modelli prevalenti: quello tedesco e quello francese. Il primo è caratterizzato da collaborazioni prevalentemente al singolare, da un’elevata formazione teologica, da specifici servizi pastorali parrocchiali (catechesi, carità, ecc.) o zonali, dall’inserimento di laici tra i dipendenti ecclesiastici. Il secondo è invece connotato dalla presenza di équipes, dalla pluralità delle figure (assistenti, collaboratori, ecc.) e degli ambiti di servizio (ospedali, scuole, catecumenato, ecc.), da un mandato specifico e da un riconoscimento economico.

In alcune diocesi italiane (Udine, Vicenza, Milano, Palermo, ecc.) sono presenti in forma riconosciuta servizi ministeriali e incarichi pastorali affidati ai laici. Nelle parrocchie si diffondono gli animatori, gli assistenti, i coordinatori e i cooperatori pastorali. In altre si fa appello ai fedeli perché guidino celebrazioni domenicali senza presbitero, presiedano il rito delle esequie, predichino la parola di Dio, partecipino alla cura pastorale. In particolare la diocesi di Vicenza prevede la sperimentazione di “una forma di ministerialità esercitata in gruppo”.

 

Il contenuto del proGETTO: tre innovazioni

 

La proposta si riassume nel tendenziale mantenimento con ripensamento delle attuali parrocchie, nella loro riorganizzazione come “comunità di comunità”, nell’affidare la pastorale ordinaria a livello parrocchiale a un’équipe di servizio composta da laici partecipata da un prete.

 

 

 

La “piccola comunità” o “comunità ecclesiale di base”

Oggi appare urgente dare alla parrocchia un volto più conforme al modello di comunità cristiana degli Atti degli apostoli (At 2, 42-47; 4, 32-35) e all’ecclesiologia di comunione facendone il luogo in cui si edifica la Chiesa attraverso la costruzione di rapporti di amicizia solidale, che favoriscono la maturazione nella fede, stimolano impegno e producono capacità di aiuto reciproco, rendendo credibile la proposta del Regno di Dio.

Ciò implica riarticolare la parrocchia come “comunità di comunità”, con una pastorale degli adulti strutturata attorno a gruppi (“piccole comunità cristiane”) di 20-25 persone, tendenzialmente formati su base territoriale (quartieri, condomini, vie, ecc.), che si incontrino con una periodicità stabile per pregare insieme sulla Parola, mettere in comune i propri problemi e cercare di risolverli ispirandosi al Vangelo, confrontarsi alla luce della fede sulla realtà sociale ed ecclesiale, sviluppare iniziative di servizio, confrontarsi con le altre esperienze di fede presenti in modo significativo sul territorio. Ciò al fine di offrire spazi emotivamente accoglienti, relazioni “corte” e paritarie, creare un tessuto parrocchiale solidale con le persone e partecipato nelle decisioni, permettere l’illuminazione  l’esperienza quotidiana alla luce del Vangelo, aiutare le persone a camminare come cristiani adulti (capaci di leggere i “segni dei tempi” e testimoniare la propria fede nella vita personale e sociale anche con scelte “controcorrente”, ma possibili proprio ci si sente sostenuti degli altri), favorire il coinvolgimento dei laici nella Chiesa, individuare azione concrete di solidarietà, favorire un’animazione della realtà sociale nello spirito della partecipazione.

Inoltre un’attenta riflessione merita il ruolo subalterno sino ad ora attribuito alla figura femminile e rendere possibile un ruolo ministeriale sino ad ora negato. 

Questa proposta esige “animatori-coordinatori” che aiutino il gruppo a camminare, sorreggendolo nei momenti di difficoltà, cogliendo i bisogni dei singoli, offrendo stimoli, ecc. Tali persone, accanto a “carismi personali” (capacità di rapporto, equilibrio emotivo, costanza nell’impegno, ecc.) necessitano di una “formazione” (preparazione biblica, sensibilità alla realtà sociale ed ecclesiale, conoscenza della comunità parrocchiale, ecc.). Dovrebbe essere continua la verifica, col presbitero, del cammino dei gruppi in modo da dare effettivamente vita a una “comunione di comunità”, convergente nella celebrazione eucaristica.

Fare della parrocchia una “comunità di comunità” compenserebbe inoltre la tendenza delle nuove ‘unità pastorali’ alla minore “identificazione” che l’allargamento del territorio di riferimento comporta. E supererebbe l’alternativa tra parrocchia tradizionale, identificata col parroco e oggi vissuta come un’agenzia di servizi religiosi, e forme movimentiste di aggregazione ecclesiale, sganciate dal territorio e non universali.

 

L’équipe di servizio parrocchiale

L’équipe di servizio parrocchiale è un gruppo di laici chiamato a partecipare all’esercizio della cura pastorale con il prete affinché la parrocchia sia segno della Chiesa e la fede sia vissuta, annunciata e celebrata. Essa conduce e anima nel quotidiano la vita della parrocchia e incarna una pastorale vicina alle persone. Crea la comunione in seno alla diversità, dato che la parrocchia è formata da un insieme di comunità. Si adopera perché la parrocchia non si chiuda in se stessa, ma rimanga attenta alla zona, alla diocesi, alla Chiesa universale. Sollecita i cristiani alla missione e contribuisce all’apertura ai problemi sociali.

Il gruppo evita l’identificazione e la concentrazione dell’azione sulla singola persona (clericalismo), permette una riflessione e un confronto a più voci (sinodalità), rafforza una collaborazione efficace (comunione), configura in piccolo la comunità stessa con la varietà dei doni e delle attività (soggettività), traduce in operatività le indicazioni degli organismi di consultazione (prassi pastorale). Inoltre appare più adeguato a mantenere la distinzione ministeriale rispetto al singolo laico impegnato nella collaborazione pastorale diretta, e ancor più nella guida di una comunità, con  rischi, in tal caso, di confusione col ruolo del presbitero.

L’equipe presbiterale zonale

I preti sono distribuiti nelle diverse zone pastorali e riuniti in équipes presbiterali zonali, in coerenza con lo spirito e l’impianto “comunionale” del progetto, qui specificamente evidenziato in termini di “fraternità presbiterale” (LG n. 28; PO n. 7-8).

Inoltre l’inserimento in équipes presbiterali è coerente con l’enfasi sul lavoro di gruppo, offre una testimonianza ai fedeli sulla possibilità di coltivare rapporti fraterni nelle e tra le comunità, riduce i rischi di isolamento e solitudine “ecclesiale” del prete (cfr. A. Castegnaro, I preti del Nordest, Marcianum 2006), favorisce una spiritualità presbiterale non individualista e il superamento dei personalismi, un esercizio del ministero in chiave sinodale con maggiore collegialità nella progettazione e una prassi pastorale condivisa, in conformità con la la “radicale ‘forma comunitaria’” attribuita dal magistero al ministero ordinato, che “può essere assolto solo come ‘un’opera collettiva’” (Pastores dabo vobis n. 17).

Questo modello di Chiesa favorisce infine la creazione di “comunità presbiterali” caratterizzate anche da vita comune. 

Questo, in sintesi, è il nostro contributo mirato all’essenza di una proposta che volutamente prescinde da riferimenti canonistici.

Noi Siamo Chiesa – Brescia

Teresa Benedini, Gino Bonometti, Enza Cardile, Giovanni Danieli, Agide Gelatti, Michelangelo Ventura.  

Brescia 25 maggio 2012

Il movimento “Noi Siamo Chiesa” questo anno ha compiuto sedici anni;  sono un attimo se rapportati alla storia della Chiesa ma sono un fatto importante se si pensa che questo movimento è nato in modo non programmato, solo in conseguenza del successo di adesioni in tutta Europa all’ “Appello dal popolo di Dio” che nel 1996 ha proposto ai vertici della Chiesa sei punti di riforma nella linea del Concilio. Essi erano e sono : dialogo e pluralismo nella Chiesa, ruolo della donna, eucaristia comunitaria ed ammissione ad essa dei divorziati risposati, celibato facoltativo del clero, riammissione dei preti sposati al servizio della comunità, superamento delle discriminazioni verso gli omosessuali, libertà di coscienza per quanto riguarda la regolazione delle nascite, impegno per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato.

 

 

APPELLO DAL POPOLO DI DIO

“Noi siamo Chiesa”

In AUSTRIA, BELGIO, FRANCIA e GERMANIA

donne e uomini cattolici hanno già espresso il loro disagio e la loro sofferenza perché le speranze aperte nella chiesa dal Vaticano II sono andate in gran parte deluse a causa del tentativo di imprigionarne lo spirito rinnovatore. Proprio per attuare il Concilio, per essere più fedeli al Vangelo nella Chiesa e nella società e per favorire la riconciliazione ecumenica con le altre Chiese, anche noi, sulla scia aperta dalle nostre sorelle e dai nostri
fratelli, lanciamo questo appello chiedendo di appoggiarlo con una firma che diventi segno dell’impegno personale per il rinnovamento ecclesiale, in obbedienza al messaggio liberante di Gesù:

 

1. “CIO′ CHE RIGUARDA TUTTI, DA TUTTI DEVE ESSERE APPROVATO

Questo antico principio ecclesiale è
disatteso. Perciò noi chiediamo:

* I’istituzione di strutture di comunicazione e di dialogo permanenti, a livello diocesano, nazionale ed internazionale, dove le varie componenti del popolo di Dio, senza preclusioni,
possano discutere, in libertà e in ascolto della Parola del Signore, tutti i problemi che riguardano la Chiesa ;

* il reale coinvolgimento di ogni Chiesa locale (diocesi) nella scelta del proprio vescovo.

 

2. “UNO SOLO E’ IL VOSTRO MAESTRO EVOI SIETE TUTTI FRATELLI” (Mt  23,8)

Alla luce di questo annuncio chiediamo:

* il superamento della separazione strutturale tra “chierici” e “laici” per una corresponsabilità nella chiesa;

* un aperto confronto sulla Sacra Scrittura per raggiungere la piena partecipazione delle donne ai ministeri ecclesiali.

 

3. “VOI SIETE IL POPOLO DI DIO” (I Pt  2,10)

In questa prospettiva:

* si riconosca alle comunità il diritto a celebrare l’eucarestia e ad animare la propria fede in una pluralità non delimitata da regole e canoni storicamente condizionati;

* si valorizzi il celibato per il Regno di Dio, lasciando ai preti la libertà di scelta, dato che il vincolo tra ministero sacerdotale e celibato imposto dall’attuale legge ecclesiastica non ha
fondamento né biblico né dogmatico.

 

4. “SIATE MISERICORDIOSI COME LO E’ IL PADRE VOSTRO” (Lc  6,36)

In coerenza con questo invito, che privilegia accoglienza e rispetto piuttosto che emarginazione e giudizio, ci sembra giusto:

* rivedere la prassi e le norme che escludono i divorziati risposati dall’eucarestia;

* restituire al servizio della comunità i preti sposati.

 

5. “MASCHIO E FEMMINA DIO LI CREO’. E VIDE CHE ERA COSA BUONA ~ (Gen l, 27- 31)

Questo giudizio sulla creazione fonda una valutazione positiva della sessualità come dono di Dio a ogni persona e il primato dell’amore sulla “legge naturale”. Da ciò ci pare legittimo
derivare, tra l’altro:

* la rivendicazione della libertà di coscienza nel campo della regolazione delle nascite;

* il superamento di ogni discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.

6. “AVEVO FAME E Ml AVETE DATO DA MANGIARE” (Mt  25,35)

La fedeltà al Vangelo richiede un coerente impegno della Chiesa cattolica, ad ogni livello, per lavorare – in fraternità ecumenica con tutte le Chiese – per la pace, la giustizia e la
salvaguardia del creato
, dando in questi campi un contributo concreto come Chiesa umile, povera e pellegrina, a fianco degli emarginati, degli oppressi e di chi lotta per un mondo umano e solidale.

 

Roma 6 Gennaio 1996, Epifania del Signore

Questo Appello, simile a quello promosso in Austria e successivamente in altri quindici paesi ,ha raccolto 35.000 firme in Italia ed è stato alla base della costituzione di “NOI SIAMO CHIESA”,associazione di credenti che propongono la riforma della Chiesa cattolica in una prospettiva ecumenica.
NOI SIAMO CHIESA” aderisce all’IMWAC (International Movement We Are Church “)

 

IL   SOGNO

di don Aldo Antonelli (Natale 2011)

Tra liturgie e incontri festosi,                                                                                          

un po’ di riposo e molta riflessione,                                                                                                    ho fatto mio  il sogno di Dio,                                                                                                             che riguarda non la Chiesa ma il Mondo,                                                                                           non il cielo ma la terra                                                                                                                          non il clero ma i laici                                                                                                                              e i preti in quanto laici,                                                                                                                       non la gerarchia ma il popolo                                                                                                          e i gerarchi in quanto popolo,                                                                                                                se ne sono capaci…. !                                                                                                                           Ed allora                                                                                                                                                        ho sognato,anche,                                                                                                                                      una diversa Chiesa.                                                                                                                                               Sogno una Chiesa che cammina.
Da Gerusalemme verso la periferia.
Sogno una Chiesa meno prudente.
Come lo fu il suo Maestro.                                                                                                       Sogno una Chiesa che si ferma,davanti all’uomo ferito.                                                                   Non chiede da dove vieni,a che religione appartieni,                                                                        cosa pensi.  Si ferma semplicemente.                                                                                            Sogno una Chiesa che non si lascia sedurre dalla paura.
Sta con i piccoli senza pretendere che siano perfetti.                                                                     Sogno una Chiesa che non si vergogna dell’uomo.
Lo abbraccia anche se è contaminato.                                                                                            Sogno una Chiesa che non usa violenza.
Nelle parole, dure come le pietre.
Negli sguardi che sfuggono i volti.
Nei piedi che marciano con i più forti.                                                                                           Sogno una Chiesa che non giudica.
Non condanna.
Non opprime.                                                                                                                                 Sogno una Chiesa che impari dai piccoli.
Senza paura di piangere.
E di ridere,di morire e di risorgere.                                                                                                Sogno una Chiesa meno sicura.
Più fragile.
Come lo fu il suo Maestro.                                                                                                                 Più umana come lui.                                                                                                                       Sogno una Chiesa che grida,
quando l’uomo grida.
Che danza quando l’uomo danza.
Che partorisce quando la donna partorisce.
Che muore quando la donna muore.                                                                                               Sogno una Chiesa che non si difende.
Ma che difende i piccoli.                                                                                                                           Sogno una Chiesa di Chiese.
Dove nessuno sia primo.
Dove nessuno sia ultimo.
Semplicemente discepola del suo Maestro.                                                                                                 Sogno una Chiesa che perdona.
Che canti i salmi nella notte.
Che tenga le porte aperte delle proprie cattedrali.                                                                                  Sogno una Chiesa che sogna il sogno del suo Maestro.                                                                    Che chiama nella notte come un bambino.
Perché vuole che quel sogno continui.

 

Per questo contributo al Sinodo diocesano riferimento e- mail : michelangeloven@yahoo.it


Pubblicato

Commenti

Una replica a “Contributo di Noi Siamo Chiesa di Brescia al sinodo diocesano”

  1. Avatar Livia De Carli
    Livia De Carli

    Buongiorno, desidererei, se possibile, alcune informazioni sul gruppo bresciano di NSC per una maggiore conoscenza dell’esperienza.
    Grazie, Livia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *