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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Da molto tempo c’è un’unica Chiesa in Cina. Leggi un resoconto.

C’è da tempo un’unica Chiesa in Cina

L’accordo tra il Vaticano e la Repubblica Popolare cinese mi dà l’occasione di  esporre quanto ho visto e capito in tre viaggi in Cina nel ’94, nel 2000 e nel 2015. Sono andato alla ricerca della memoria del mio prozio padre Isaia Bellavite, missionario del PIME, partito per la Cina nel 1897 e là morto nel 1934 senza mai essere ritornato in patria. Abbiamo trovato dove aveva costruito una missione, abbiamo stabilito un forte legame con il vescovo e le suore Giuseppine che lui aveva fondato.  Ora c’è una diocesi, chiese, cristiani, preti ecc….Questi viaggi, trascinati dalla sorpresa di quanto non ci aspettavamo e  abbiamo invece  trovato ad Anyang (questa la città nell’Henan , la pianura che si estende a sud di Pechino  fino al  Fiume Giallo) ci hanno sollecitato a cercare di vedere direttamente  quanto era possibile della Chiesa cattolica durante questi viaggi nell’intera Cina  e a informarci sui dati elementari della storia recente del cattolicesimo in Cina che riassumo brevemente.

La storia

La Chiesa arriva nell’ottocento al seguito della nuova presenza occidentale godendo di condizioni di favore a costo di essere considerata come la religione dell’Occidente. La reazione estremista nazionalista dei Boxer nel ‘900-‘901, ben nota, si diresse particolarmente contro i missionari  e i cristiani. Ci fu poi un periodo di espansione che incontrò successivamente gli sconvolgimenti politici successivi, la caduta dell’impero, la repubblica , poi i nazionalisti, i comunisti, l’invasione giapponese, la repubblica popolare nel ’49, la rivoluzione culturale dal ’66 al ‘75 e la nuova fase con la liberalizzazione con Deng Xiaoping. Il Vaticano nell’ottocento affidò ad ogni ordine religioso, interessato alla presenza in Cina, una regione dove inviare i missionari, nel ’26 furono ordinati i primi vescovi cinesi, nel ’46 fu istituita la gerarchia cinese e nel ’51 furono espulsi tutti i missionari. La persecuzione della rivoluzione culturale colpì tutte le religioni con violenza generalizzata, tutto fu cancellato, preti e vescovi ai lavori forzati o in prigione, le suore costrette a ritornare in famiglia. Poi, dopo la morte di Mao, il cambiamento quasi contemporaneo a quanto avvenuto nella gestione dell’economia.

Impressioni flash sulla Chiesa in Cina

Ciò premesso, che cosa abbiamo trovato in una ventina di incontri in tutte le situazioni che siamo riusciti ad individuare dal nord al sud e nelle grandi metropoli? Le forme della religiosità cattolica sono tutte e solo di cultura occidentale. Gli edifici, costruiti  a fine ottocento-inizio novecento, sono  tutti in stile omogeneo, hanno stili architettonici improbabili per la Cina, importati dall’Europa con un mix di gotico e di romanico, panche, altare, quadri . Idem, a quanto abbiamo capito, per i testi liturgici e teologici. Gli spazi della Chiesa sono tutti chiusi, sono aree private, non esistono chiese che si aprono sulle piazze.  Il Concilio deve ancora arrivare (o sta appena arrivando).  A Pechino abbiamo assistito a una messa in cattedrale col prete che usava il latino e voltava le spalle al popolo. Adesso ci sono molti seminari e pare che la presenza di giovani sia simile ad altri paesi del sud del mondo (cioè non mancano vocazioni) . C’è libertà di praticare il culto e di diffondere all’interno delle iniziative di Chiesa testi e altro. Non c’è alcuna possibilità di accesso ai media. La bibbia è stampata privatamente (mi pare da una tipografia a Shangai finanziata da fuori) ma non esiste nelle librerie pubbliche; anche nella più importante  ed enorme, vicino alla  piazza Tien-an- men di Pechino, dove l’ho chiesta con insistenza. Tutti ci hanno detto che la presenza delle piccole minoranze cattoliche si caratterizza per essere nei villaggi, in famiglie contadine. Ultimamente ci sarebbe un nuovo interesse da ceti intellettuali. Dovunque abbiamo trovato il problema dell’assenza di due generazioni. Ci sono i molto  vecchi  pre-rivoluzione culturale e poi  i giovani, preti e suore abbastanza numerosi. Le due generazioni mancanti sono  la conseguenza della repressione che si stenta ancora adesso a considerarla possibile per le caratteristiche di violenza assurda che essa ha avuto.

La Chiesa rinasce

La situazione di adesso deve essere vista alla luce della storia recente per capire il significato della liberalizzazione e quanto essa ha sostanzialmente coinciso con una vera ripresa della Chiesa cattolica  (in Cina c’è anche una presenza protestante significativa ma delle cui caratteristiche non sono riuscito ad informarmi). Gli edifici, tutti prima sequestrati, sono stati restituiti anche se con grande difficoltà e lentezza; essi sono ritornati in possesso di preti e vescovi che ritornavano  da anni di lavoro in campagna, nelle fabbriche, del tutto isolati. E così la struttura tradizionale, parrocchie,  seminari, funzioni religiose  si è ricostituita, grazie anche ad aiuti economici che sono riusciti ad arrivare con molte difficoltà dall’esterno, cioè da Roma o dagli ordini religiosi. La pesantezza della rivoluzione culturale , preceduta da altri anni non facili dopo la costituzione della Repubblica popolare nel ’49, serve da una parte a permetterci di constatare quanto la fede dei cristiani si fosse radicata, a prescindere dai suoi caratteri occidentali, se essa è riuscita ad riemergere e a non scomparire,  dall’altra a renderci conto che le pressioni del regime con la costituzione nel ’57 dell’Associazione Patriottica potessero avere una certa efficacia in situazioni tanto difficili presso chi nella Chiesa cercava un qualche compromesso per sopravvivere. Il contesto è comunque sempre stato difficile: l’art.24 della Costituzione del ’82 dice: “Lo  Stato educa il popolo …al materialismo dialettico e storico, esso combatte le idee decadenti del capitalismo e del feudalesimo ed ogni altra idea decadente” dove per “decadente” si intendono le fedi religiose.

Un’unica Chiesa

Ho contattato ogni chiesa dovunque ci siamo riusciti. Suonare il campanello e vedersi aprire la porta dal   vescovo  o dal parroco subito disponibile a parlarci a cuore aperto è stata un’esperienza abbastanza emozionante . E’ stato un susseguirsi di informazioni sul numero dei cattolici , sulle parrocchie, sui seminaristi , sui preti e altro. Ho cercato di capire, con prudenza, la questione della Chiesa “clandestina” e della Chiesa “patriottica” senza opinioni precostituite. Mi sono accorto alla fine che questa distinzione è sbagliata e bisognerebbe eliminarla perché facilita la non comprensione della situazione. Essa mi è apparsa , in modo confermato nei tre viaggi, come artificiosa per la generalità delle situazioni . Siamo di fronte a una unica Chiesa all’interno della quale ci sono diversi rapporti con le autorità locali , di maggiore o minore conflitto, con condizioni preferenziali o interventi repressivi, a seconda dei dirigenti locali del partito ed  anche della pazienza o della rigidità da parte cattolica.  I due aggettivi  “clandestina” o “patriottica” sono fuorvianti. I rapporti difficili col Vaticano erano e sono dovuti da una parte alla questione di Taiwan (considerata insuperabile fino all’accordo di agosto) e alla nomina dei vescovi . L’art.36 della Costituzione protegge le “normali attività religiose” che però “non possono essere soggette a qualsiasi tipo di controllo straniero”. E’ una norma fatta con evidente riferimento alla Chiesa cattolica.

La diocesi di Anyang

Non posso raccontare di tutti gli incontri (a suo tempo scrissi due report analitici per “Confronti”) . Ricordo solo, a mo’ di esempio efficace, la situazione ad Anyang, la diocesi del mio prozio. Nel ’94 il vescovo Tommaso Zhang  (24 anni di lavori forzati) era riconosciuto solo come parroco , non poteva consacrare preti, era sotto controllo. Dopo il nostro incontro venne la polizia a chiedere chi erano  gli stranieri che aveva ricevuto.  Da quello che il vescovo  ci disse con un interprete di nostra fiducia , egli era proprio  “clandestino” .Però nello spazio fisico che era stato restituito alla diocesi stavano scavando le fondamenta della cattedrale. Tutto nella loro sede diocesana  era di una modestia estrema. Nel 2000 la cattedrale era stata completata con una elevazione del corpo centrale  di 70-80 metri, la si notava in modo evidente nella città. Chiesa  clandestina? Non mi sembra proprio!Aveva tre  preti che riuscivano ad andare negli USA a studiare e sedici seminaristi. Quarantamila erano i cattolici. Le suore Giuseppine, congregazione di diritto diocesano,  erano state fondate dal mio prozio che diceva che le suore europee non erano adatte all’evangelizzazione in Cina. Quando egli  morì erano 27 , ora sono 127 tra professe e aspiranti! Durante la rivoluzione culturale furono disperse presso le famiglie di origine , dagli anni ottanta in poi si sono rimesse insieme, ricordano il loro fondatore, ci hanno accolto e accompagnato in modo squisito e continuano a crescere. Gestiscono un piccolo ospedale , un asilo, due ambulatori oculistici, sono attive nelle parrocchie. Hanno , a quello che ho capito, una Regola piuttosto esigente con una fase di noviziato impegnativo, una struttura interna  democratica. Due di esse sono a Roma ad imparare la tecnica  del mosaico di pietra  presso il Centro Aletti a Roma. A Weihwei, sede originaria della diocesi, è stata restituita  un’area enorme che era quella del seminario. Il grande spazio della sede diocesana si è arricchito di una casa per gli ospiti e per attività parrocchiali. La domenica ho assistito a una messa  con almeno 400 fedeli.  Nella visita di tre anni fa le cose sono cambiate di molto. Il vecchio vescovo Tommaso da “clandestino” è diventato “ufficiale” nel senso che ormai la situazione col potere si era del tutto normalizzata e in agosto era stato nominato (con accordo Vaticano-Stato) il nuovo giovane vescovo Giuseppe che era il delfino di Tommaso, il quale  ci tenne a dirci con molta convinzione e soddisfazione che ormai un modus vivendi si era trovato e che si trattava di accettare la situazione e di andare avanti a piccoli passi. Attività , presenze, ambiente della diocesi erano  ben diversi da quelli di vent’anni prima (così come tutta la Cina è veramente diversa, almeno quella che abbiamo visto).La diocesi dimostra a prima vista di avere anche una certa disponibilità economica. Il vescovo Tommaso è morto novantenne nel maggio del 2016 non più “clandestino” ma sulla strada di una nuova situazione.

Che il percorso diventi irreversibile

Che dire dunque? Il Vaticano è stato a lungo prigioniero della logica delle due chiese , quella resistente e quella complice del regime. Alla fine le cose sono cambiate. Il Card Etchegaray ha contribuito ad aprire gli occhi. L’accordo recente va nella direzione  di un nuovo corso. Pechino deve aver capito che la non ostilità del Vaticano gli offre una immagine internazionale di primo ordine e che per  la questione di Taiwan era sufficiente fare finta di niente. In Vaticano la linea pragmatica ha prevalso su quella oltranzista  guidata dal cardinale emerito di Hong-Kong Zen, condivisa dalla destra curiale ostile a Francesco. Il fatto che l’accordo non sia stato reso pubblico probabilmente significa che esso avrebbe scatenato forti contestazioni da una parte e dall’altra e che, comunque, resta un margine di incertezza e di sfiducia reciproca. La speranza è quella che il contesto internazionale faciliti un interesse cinese  ad applicare l’accordo  in modo leggero e che il Vaticano riesca a confermare la linea della “Chiesa in uscita” fino a quando la situazione non si sia consolidata e sia diventata  irreversibile.

Vittorio Bellavite


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