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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Dominus Jesus: nella gabbia dell’Inquisitore – Documento di “Noi Siamo Chiesa”, ottobre 2000

 

 

Dominus
Jesus

Nella gabbia
dell’Inquisitore

Documento
di "Noi Siamo Chiesa", ottobre 2000

 

" L’intenzione del
potente è grottesca: vuol essere l’unico".
(Elias Canetti)

Nel leggere il documento
stilato dalla Congregazione per la
Dottrina
della Fede (CDF), Dominus Jesus (DJ),
a firma del card. Joseph Ratzinger (datato 6 agosto 2000 e pubblicato il 5
settembre), e nel constatare le reazioni di cristiani e di non cristiani,
abbiamo spontaneamente pensato che il modello soggiacente al testo vaticano,
ampollosamente autodefinitosi meritevole di "assenso definitivo e
irrevocabile
", fosse quella dicotomia che costituisce l’essenza della
"parabola del fariseo e del pubblicano", che Luca (18, 9-14)
scolpisce con pochi ma eloquenti tratti.

"Poi
Gesù raccontò un’altra parabola per alcuni che si ritenevano giusti e
disprezzavano gli altri. Disse: "Una volta c’erano due uomini: uno era
fariseo e l’altro era un agente delle tasse. Un giorno salirono al tempio per
pregare.Il fariseo se ne stava in piedi e pregava così tra sé:" O dio, ti
ringrazio perché io non sono come gli altri uomini: ladri, imbroglioni,
adulteri. Io sono diverso anche da quell’agente delle tasse. Io digiuno due
volte alla settimana e offro al tempio la decima parte di quello che
guadagno".

L’agente
delle tasse invece si fermò indietro e non voleva neppure alzare lo sguardo al
cielo. Anzi si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, sono un
povero peccatore!". Vi assicuro che l’agente delle tasse tornò a casa
perdonato; l’altro invece no. Perché, chi si esalta sarà abbassato, chi invece
si abbassa sarà innalzato".

La scissione dicotomica del
pio fariseo

Il fariseo della
parabola non si accorge di ripetere quell’antica scissione che si nutre di
opposti "assoluti": giusto-malvagio; perfetto-imperfetto;
ladro-onesto; adultero-fedele. Per lui non ci sono condizioni intermedie,
verità in corso d’opera. La condizione umana è segnata o dalla virtù o dal
vizio. I comportamenti possono essere irreprensibili (il suo) oppure censurabili
(quello del pubblicano) in grado assoluto, senza mescolanze, o somiglianze.

In quanto militante e
praticante di una religione non solo "vera", ma "più vera"

e superiore alla altre espressioni religiose, il "pio fariseo"
ritiene di godere di una sorta di immunità dal peccato, dalle impurità del
cuore. Egli è intimamente convinto che l’adesione al "credo", al
"rito" e alla "legge" lo innalzino automaticamente al di
sopra degli altri, siano essi uomini o prassi religiose, fino ad assumere il
ruolo di giudice che emette sentenze incontrovertibili e inappellabili.

La Chiesa perfetta / gli altri imperfetti

Lo schema dicotomizzante che
il buon fariseo adotta nel rapportarsi con Dio e con i propri simili ci
sembra sostenere tutto l’impianto delle precisazioni teologiche della Dominus
Jesus
(DJ), un condensato di affermazioni tese a mostrare e a
dimostrare non l’utilità, ma la superiorità assoluta della Chiesa
cattolico-romana (con tutto il suo apparato ecclesiastico) su qualsiasi
religione o chiesa non cattolica. Osserviamo in proposito alcuni
passaggi del testo vaticano DJ.

1. "La Chiesa, nel corso dei
secoli, ha proclamato e testimoniato con fedeltà il Vangelo di Gesù"
(cap.2).

Con questa affermazione, mai
smentita o smussata nel corso del testo, la Chiesa si esibisce davanti a Dio come il perfetto
e osservante fariseo: esente da macchie e peccati nel proclamare e
testimoniare il Vangelo. Nel suo orizzonte questa Chiesa vede solo la
"fedeltà", in un grado che non lascia spazio a debolezze o
deviazioni. Più che ad auto-esaminarsi, appare intenta a pavoneggiarsi e ad
autoesaltarsi, al punto da perdere ogni contatto con la realtà, immaginandosi
già trasformata in corpo celestiale. La conseguenza di questo autoaccecamento è
che la "Chiesa" non ha necessità di chiedere perdono, perché è ed
è stata sempre fedele "nel corso dei secoli".
Che essa non
sia tenuta a chiedere perdono a Dio per i suoi peccati è stato ampiamente
argomentato nel documento "Memoria e Riconciliazione: la Chiesa e le colpe del
passato"
emesso il 7 marzo 2000 dalla stessa CDF, dove si asserisce
che, in assenza di una tradizione e di un definitivo giudizio storico, il papa
e la Chiesa
cattolica non sono tenuti a confessare, oggi, le eventuali colpe del passato;
che, se errori vi sono stati, debbono essere imputati ai "figli della
Chiesa" più che ad essa come Istituzione ; e che anche di fronte a peccati
storicamente accertati della Chiesa si debbono valutare " i
costi"
di tale confessione
, poiché ciò potrebbe minacciare
"la fede dei deboli"
; "inibire lo slancio
dell’evangelizzazione mediante l’esasperazione degli aspetti negativi"
;
e rafforzare "pregiudizi nei confronti del cristianesimo". La Chiesa in quanto tale non
è, dunque, una casta meretrix, semper reformanda, come ci avevano
avvertito i Padri della Chiesa: se si è macchiata di colpe, conviene negarle o
rimuoverle come fa il devoto fariseo della parabola.

2. Altre citazioni della DJ
sono illuminanti
:

"La
chiesa di Cristo, malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere
pienamente soltanto nella Chiesa cattolica"(16). "Esiste quindi
un’unica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal
successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui" (17). "Le
Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione la Chiesa cattolica,…sono vere
Chiese particolari" (17). "Perciò, in connessione con l’unicità e
l’universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo, deve essere
fermamente creduta come verità di fede cattolica l’unicità della Chiesa da lui
fondata" (16). "le parole, le opere e l’intero evento storico di
Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia, hanno come
soggetto la Persona
divina del Verbo incarnato…e perciò portano in sé la definitività e la
completezza della rivelazione delle vie salvifiche di Dio" (6). "La
tradizione della Chiesa, però, riserva la qualifica di testi ispirati ai libri
canonici dell’Antico e del Nuovo Testamento…hanno Dio per autore e come tali
sono stati consegnati alla Chiesa"(8). "E’ contrario alla fede
cattolica considerare la Chiesa
come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre
religioni" (21).

La presentazione della Chiesa
secondo la CDF
vaticana non conosce toni di umiltà, pudore e autocritica: come il fariseo,
afferma di "non essere come gli altri" . E’ diversa dalle
altre Chiese perché è unica. Ed è unica perché in essa c’è la pienezza di
Dio-Cristo, la completezza della Rivelazione, la totalità della salvezza, la
verità dei "libri che hanno Dio per autore". Se nelle altre
confessioni c’è qualcosa di buono, lo si deve perché, pur senza essersi
sottomesse al "primato" assoluto del papa, hanno mantenuto una
certa comunione sotterranea con la
Chiesa
cattolica, la quale non pare avere il dovere di essere
in comunione con le altre Chiese non cattoliche.

Pur ammettendo la divisione
tra Cristiani
, la Chiesa
cattolica romana non si sente chiamata in causa, come se tale
"peccato" dipendesse esclusivamente dalle altre Chiese. Ritorna il
modello del fariseo della parabola, il quale non può condividere, nel
bene e nel male, la condizione umana con i propri simili.

3. Dice ancora la DJ:

"Deve
essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la
credenza nelle altre religioni…Non sempre tale distinzione viene tenuta
presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la fede
teologale, che è accoglienza della Verità rivelata di Dio Uno e Trino, e la
credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla ricerca
della verità assoluta" (7). " Di fatto alcune preghiere e alcuni riti
delle altre religioni possono assumere un ruolo di preparazione evangelica…Ad
essi non può essere attribuita l’origine divina e l’efficacia salvifica ex
opere operato
che è propria dei sacramenti cristiani" (21).
"D’altronde non si può ignorare che altri riti, in quanto dipendenti da
superstizioni o da altri errori, costituiscono piuttosto un ostacolo per la
salvezza" (21). " Se è vero che i seguaci delle altre religioni
possono ricevere la grazia divina, è pur certo che oggettivamente si trovano
in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che,
nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici" (22). "Dio non
manca di rendersi presente…anche ai popoli mediante le loro ricchezze
spirituali, di cui le religioni sono precipua ed essenziale espressione, pur
contenendo "lacune, insufficienze ed errori" (8).

Il documento vaticano sarebbe
stato meno inaccettabile se, pur presentando la Chiesa come perfetta, si
fosse astenuto dal fare odiose classificazioni tra i figli di Dio e
dall’emettere giudizi sulle altre religioni. Sventuratamente la CDF non si é
attenuta al Vangelo che dice di testimoniare con fedeltà
, e si è
avventurata nel micidiale terreno delle comparazioni e del giudizio,
tassativamente proibito da Gesù Cristo, specie quando esso non sia preceduto
dall’asportazione della "trave" che si ha nel proprio occhio".
Cade così nell’errore del pio e osservante fariseo il quale, avendo
dimenticato che uno dei due comandamenti primari di Dio è "ama il
prossimo tuo come te stesso"
, non si accorge di violarlo nel momento
in cui stabilisce, per di più aprioristicamente, che lui è totalmente buono,
mentre gli altri, anche se oranti, appartengono ad una categoria moralmente
inferiore.

Secondo gli estensori del
documento curiale al di fuori dell’isola incantata della Chiesa cattolica, dove
tutto è perfetto ed esente da peccati, contraddizioni e oscurità, tutto il
resto è imperfetto e carente. Dio dona a un miliardo di cattolici la "pienezza
dei mezzi per la salvezza
", mentre ai 4/5 dell’umanità concede
benevolmente sprazzi di grazia attraverso religioni che "contengono
lacune, insufficienze ed errori".

Anche le fedi hanno uno
statuto diseguale: quella cattolica é "teologale", perché fondata su
"verità complete ed assolute", mentre quelle delle altre
religioni (4/5 del genere umano!) appartengono all’ordine delle "credenze",
cioè esperienze religiose "non ancora alla ricerca della verità
assoluta
".

I riti e le preghiere non sono
ritenuti "diversi", ma ontologicamente "diseguali". Quelli
"cattolici", invece, hanno un particolare marchio di fabbricazione
Doc e sono garanzia di salvezza, in quanto possiedono "un’origine
divina e l’efficacia salvifica ex opere operato che è propria dei
sacramenti cristiani"
; mentre i 4/5 del genere umano che prega con
formule rituali non cattolico-sacramentali non solo si trovano in un "ruolo
di preparazione evangelica
", inferiore a quello di chi è già
evangelizzato, ma corrono il rischio di essere inquinati da "superstizioni
o da altri errori"
, che "costituiscono piuttosto un ostacolo
per la salvezza".

La visione integralista,
fondamentalista, dicotomizzante e manicheizzante del fariseo della
parabola si riproduce nella versione dell’organismo vaticano
: da una parte ci sono i cattolici
sottomessi al papa, con un piede in zona "salvezza"; mentre
dall’altra parte ci sono i seguaci di altre religioni con un piede nella zona
"perdizione", dato che "oggettivamente si trovano in una
situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella
Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici".
Tra le due parti non
ci sono somiglianze, né possibilità di incontri, dialoghi o interfecondazioni,
poiché "è contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una via di
salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni".

L’evangelizzazione
"dicotomica"

Immaginiamo quale dovrebbe
essere, secondo l’ottica del documento vaticano, la presentazione del messaggio
evangelico di un "cattolico" a un "non cattolico":

"Caro/a
amico/a, la mia fede mi insegna che la tua religione, senza saperlo, contiene
un raggio del nostro Cristo, ma tu ti trovi in una situazione oggettivamente
deficitaria, praticando riti viziati da superstizioni che sono un ostacolo per
la salvezza. Vedo che tu sei alla ricerca della Verità assoluta, ma questa si
trova solo nella mia religione, quella cattolica, perché essa ha ricevuto la Rivelazione piena,
definitiva di Dio in Gesù. Lui ha fondato una sola Chiesa vera, quella
cattolica e apostolica: ci sono altre Chiese cristiane separate dalla nostra,
ma non sono nostre sorelle, perché l’unica madre è quella cattolica. In più noi
abbiamo dei riti veri che ti fanno automaticamente figlio di Dio. Se vuoi
essere salvo entra nell’unica Chiesa di Cristo, governata dal papa e dai vescovi
in comunione con lui".

Immaginiamo anche l’ironica
replica del "non cattolico": "E questa sarebbe la Buona Notizia?"
Potrebbe anche aggiungere che l’unicità della salvezza esclusivamente
tramite Gesù Cristo è stata utilizzata per imporre la superiorità
dell’Occidente
sui popoli pagani; della Chiesa romana su altre Chiese; dei bianchi sui
non-bianchi; dell’uomo sulla donna; del clero sui laici, dei celibi sugli
sposati; del papa su tutti.

Per la verità il nostro
solerte missionario cattolico, impegnato nella diffusione del Vangelo, dovrebbe
aggiungere un’avvertenza che il documento della CDF pone alla fine:

"Tuttavia
occorre ricordare "a tutti i figli della Chiesa che la loro particolare
condizione non va ascritta ai loro meriti, ma ad una speciale grazia di Cristo;
se non vi corrispondono col pensiero, con le parole e con le opere, non solo
non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati"" (22)

Il problema è che anche il pio
fariseo della parabola é certo di corrispondere alla volontà di Dio con
la preghiera, il digiuno e le opere di carità: non immagina, però, che Dio
Padre voglia pensieri ed opere che creino la fraternità umana (il Regno di
Dio), e che si pongano come superamento di quelle divisioni religiose,
razziali, sociali o sessuali, che lui stesso va fomentando.

La malattia dell’assoluto

Pur non giungendo alle estreme
conseguenze del fariseo che eguaglia il pubblicano ad
imbroglioni-ladri-adulteri, il documento vaticano genera la sensazione nei non-cattolici
che essi siano
"menomati", cioè "meno amati"
da Dio a conseguenza di una divisione binaria, per cui i cattolici possiedono
l’assoluto, mentre gli altri il relativo. Se la Chiesa cattolica come via
di salvezza non può stare accanto a quelle costituite dalle altre religioni

ciò è dovuto all’equazione identificatoria tra ciò che è storico, con ciò che è
eterno, tra il visibile e l’invisibile, tra il creato e l’increato. Una volta
realizzata tale identificazione essa trasmigra ad altre più terrene, con
risultati aberranti e ridicoli.

In altre parole il documento
vaticano sembra soccombere alla tentazione delle identificazioni con l’assoluto
e con il suo derivato naturale, l’onnipotenza: tentazioni già sperimentate da
Gesù e alle quali egli ha saputo sottrarsi con forza straordinaria.

Il papato assolutistico

Una Chiesa dominata
dall’ossessione dell’assoluto non può reggersi che sul governo
"assoluto": il testo della CDF lo sfuma parlando del "Primato
che il Vescovo di Roma oggettivamente ha ed esercita su tutta la Chiesa" (17)
.
Probabilmente la frequenza dei concetti dominati da aggettivi come unico,
totale, completo, assoluto,
hanno imposto ai redattori un certo pudore, per
cui hanno omesso di dire che nella Chiesa cattolica c’è un altro
"assoluto": è quello del "primato" del papa
vescovo
di Roma sulla Chiesa, assoluto in quanto legibus solutus (non
obbligato da leggi).

Fin dal 1302 nella bolla Unam
sanctam
Papa Bonifacio VIII aveva dichiarato "che per ogni creatura
umana è assolutamente necessario per la salvezza essere sottomessi al Vescovo
di Roma".

Nel decreto Christus
Dominus
del Concilio Vaticano II si omette tale dizione ritenuta
probabilmente troppo ridicola, ma si afferma che il Sommo pontefice
per divina istituzione rivestito di una potestà suprema, piena, immediata,
universale…e detiene la suprema potestà ordinaria su tutte le Chiese"
(n.2).
Nella "Nota Esplicativa previa" del cap. III della
Costituzione dogmatica sulla Chiesa (Lumen Gentium) si legge che il papa
può agire "secundum propriam discretionem", cioè "secondo
il suo personale parere": cosicché egli può nominare vescovi, fissare
dottrine e liturgie, emanare norme che vincolano tutti salvo che lui, stabilire
linee politiche con i nunzi e i Concordati con gli Stati, emettere sentenze
inappellabili senza rendere conto a nessuno.

In conclusione: il papa può
autonomamente decidere su tutto: un miliardo di cattolici, insieme, non possono
decidere nulla.

E’ evidente come la mancata
vigilanza sul processo di idealizzazione-assolutizzazione abbia finito per
aprire un varco ad altre idealizzazioni nella teologia e nella pastorale
cattoliche, dalla "Mario-latria" fino alla "papo-latria",
con il risultato paradossale di un papa che, per la prima volta nella storia
della Chiesa, si sente obbligato a promettere di rivisitare l’esercizio assolutistico
del suo "primato" (enciclica Ut Unum Sint, 1995), dato che
esso è l’ostacolo primario alla riconciliazione tra le chiese. Promessa,
comunque, finora non solo del tutto elusa, ma contraddetta da molteplici atti
di esercizio "assolutistico".

La religione "vera":
l’amore

La conseguenza tragica di
ogni processo sistematico di assolutizzazione-divinizzazione-idealizzazione è
la rimozione della realtà concreta
,
teso com’è a ri-crearne una completamente "virtuale", comunque
dis-umana. Nel caso del papa la de-umanizzazione consiste nel dilatarne il
ruolo fino a renderlo da semplice e umano "successore" di Pietro a
Vicario "unico" di Cristo (quindi depositario di un potere assoluto).

La stessa persona umana e
storica di Gesù è profondamente oscurata
dai redattori della DJ al punto da apparire solo Dio, non
il figlio di Maria e Giuseppe, il falegname di Nazareth; colui che non ha né
casa né luogo per essere interrato; colui che, con un gruppo di amici
itineranti, annuncia ai poveri la scandalosa Buona Novella che il Padre li
predilige e che il Regno di Dio è già presente tra gli uomini perché
i ciechi vedono, i sordi odono e i paralitici camminano
; colui che è
calunniato davanti ai tribunali, torturato dall’esercito, vittima del fanatismo
sacerdotale e dell’opportunismo politico, un "bestemmiatore"
condannato alla crocifissione dal potere imperiale.

Non una parola viene spesa
nel lungo documento della CDF per dire che Gesù s’impegna, anche a costo di
morire, nella costruzione di un nuovo modello sociale, familiare e religioso
dove non ci siano più differenze di
sesso, razza o religione; né gerarchie ("né padri, né capi, né
maestri"
) ma solo fratelli e sorelle; disposti a vivere da servi,
alla mercé dell’ospitalità, a lasciare anche il mantello a chi cerca
d’impossessarsi della camicia, a porgere l’altra guancia a chi da uno schiaffo.

Anche per Paolo l’ekklesia di Dio non è una nuova religione, ma una
nuova società
, qui e ora sulla terra.

Per Gesù beati non sono
quelli che si limitano a offrire sacrifici, o a seguire le norme religiose, ma
quelli che rinunciano a tutte le forme di violenza, di cui il giudizio è la
forma più frequente
: "E chi dice a suo fratello: "sei un
cretino", sarà portato di fronte al tribunale superiore" (
Mt
5,22). Altrettanto categorico è Paolo: "E tu perché giudichi tuo
fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Smettiamo allora di
giudicarci a vicenda"
(Rm 14, 10-13) Per Giacomo fare differenze è già
giudicare con parametri perversi:

"
Voi vi mostrate pieni di premure per quello che è vestito bene e dite:
"Siediti qui. Al posto d’onore". Al povero, invece, dite: "Tu
rimani in piedi"…Se vi comportate così, non è forse chiaro che fate delle
differenze tra l’uno e l’altro e che ormai giudicate con criteri malvagi?"
(Gc 2,3-4).

Gesù è colui che agisce nella
storia umana sovvertendo le categorie fondanti della società e delle religioni;
mettendo al centro chi è escluso (bambini, poveri, vedove, malati, peccatori
pentiti); e spostando alla periferia chi si ritiene di stare nel giusto e nel
cuore di Dio (teologi del tempio, farisei, sani, ricchi, sapienti). Questo
ribaltamento della scala valoriale viene qualificata come una
"bestemmia" dalla religione ufficiale, perché distrugge tutte le identità
confessionali, che vengono azzerate dall’unica vera religione
a-confessionale che è la "pratica della giustizia e dell’amore
".
Il cuore dell’ortodossia è l’ortoprassi: dottrine, riti, sacrifici, digiuni
sono inutili se non si risponde concretamente alle sofferenze del prossimo.
Infatti, ci ammonisce ancora l’apostolo Giacomo:

"Anche
i demoni hanno la fede, ma essi non operano però il bene e non fanno la volontà
di Dio" (Gc 2, 19-20).

"Religione
pura e genuina davanti a Dio nostro Padre è questa: prendersi cura degli orfani
e delle vedove che sono nella sofferenza e guardarsi dalle sozzure del
mondo" (Gc 1,27)

 

Dio non esige l’amore
assoluto, ma l’amore relativo, possibile, a portata di tutti, di atei e pagani,
di buddisti e musulmani
.
Scriveva nel 1963 un teologo cattolico:

"L’amore
è completamente sufficiente e non occorre altro. Ciò risulta chiaro dalla
conversazione tra Gesù e il dottore della legge (Mt 25, 31-46) in cui il
giudice non chiede a ciascuno cosa creda, pensa o comprende, ma lo giudica
semplicemente e unicamente secondo la misura del suo amore. Il "sacramento
del fratello" appare come l’unico requisito di salvezza: il proprio
consimile diviene quell’ "incognito di Dio" (Congar) nel quale si
decide il fato di ciascuno. L’uomo non si salva perché conosce il nome del
Signore (Mt 7,21); ciò che gli si chiede è che vada incontro, in modo umano, al
Dio nascosto nell’uomo. L’antica credenza che un Dio può calarsi nelle fattezze
dell’ospite è confermata inaspettatamente da Gesù, nato in Betlemme, lontano
dalle case degli uomini"(DO-C, Documentazione Olandese del Concilio 1963).

 

Quel teologo era il Prof. Joseph
Ratzinger
e con la sua interpretazione concordiamo completamente.

In teoria, perché siamo
dolorosamente ben lontani dal praticarla quotidianamente. In quanto
cattolici, partecipiamo anche noi delle contraddizioni e dei peccati della
nostra Chiesa.
Per questo diciamo: Signore, abbi pietà di noi",
memori di un avvertimento di Abraham Lincoln:

"Non affrettiamoci
ad affermare che Dio è dalla nostra parte,

ma preghiamo
sinceramente di essere dalla parte Sua".

Noi Siamo Chiesa

Aderente a IMWAC (
International Movement We Are Church )

 

Roma 11 Ottobre 2000

Trentottesimo anniversario
dell’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II


 


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