“Noi Siamo Chiesa”
I cattolici adulti vadano a votare al referendum e decidano secondo
coscienza
La campagna referendaria sulla legge n. 40 sulla fecondazione
assistita sta entrando nel vivo ed un
argomento complesso e controverso, anche tra molti addetti ai lavori, sta
diventando in modo diffuso oggetto di informazione e di discussione. Non sarà
un referendum tra i tanti. I principi, le passioni, le diverse competenze e
sensibilità si radicalizzeranno inevitabilmente su indicazioni opposte . Sono
rimasti isolati i tanti che ritenevano opportuno ricercare con pazienza un
compromesso alto che tenesse conto di tutti i valori, di tutti i soggetti in
gioco e della stessa esperienza della legislazione degli altri paesi. Il
problema, abbastanza nuovo, della fecondazione assistita presenta in sé un
intreccio del tutto unico tra istanze etiche, ricerca scientifica e molto
concrete speranze ed attese di donne e di uomini. Non è perciò una tematica molto adatta alle opzioni
nette e contrapposte tipiche di un referendum. Per questo motivo ben altro ci
pare dovesse essere lo sforzo per un accordo fondato, anche e soprattutto,
sull’opinione di esperti in materia di bioetica, di medicina e di sociologia.
Una
rigidità inaccettabile in Parlamento
La rigidità
che ha ispirato i proponenti della legge n. 40 e che ha fortemente facilitato
la insuperabile contrapposizione che si è determinata in Parlamento, è stata
sponsorizzata dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Ci
è sembrata questa, aldilà delle parole, la manifestazione di un rapporto non
equilibrato e sostanzialmente fondamentalista della gerarchia cattolica con
le istituzioni e con la società. Essa
cerca ancora, come già in passato, di trasferire una preoccupazione
etica legittima e per certi aspetti comprensibile o condivisibile, in una
norma giuridica vincolante per tutti. Non ci sembra questa una opzione felice
per chi dovrebbe rivolgersi
soprattutto alle coscienze richiamandosi alla libertà, alla carità ed alla
misericordia di cui ci parla il Vangelo.
Una campagna per l’astensione dal voto
Questa
posizione rigida della CEI viene ora riproposta scegliendo di organizzare, in
prima persona, una campagna diffusa ed assillante attivando a questo
scopo tutto il mondo cattolico a
favore dell’astensione dal voto in modo da fare fallire il referendum per
assenza del quorum e mantenere così in vita una legge considerata non
emendabile. Questa posizione della CEI sta sempre di più creando, da una parte,
una aspra contrapposizione con una vasta area della società italiana che non
fa direttamente riferimento all’insegnamento della Chiesa cattolica e
dall’altra un grande disagio tra
molti cattolici che si ritengono
adulti nelle loro scelte. Questo disagio si è già manifestato ma riteniamo essere ben più diffuso di quanto
non sia finora apparso. Riteniamo questa campagna un grave errore fondato su
argomentazioni palesemente contestabili e non rispettose del metodo democratico del referendum che,
in situazioni abbastanza simili (divorzio, legge n. 194) è stato invece
fortemente sollecitato.
Le contraddizioni della campagna
Osserviamo
che non si può sostenere, sul piano teorico, che le proprie posizioni sono
ampiamente condivisibili e condivise,
a prescindere da appartenenze religiose od ideologiche, e poi
rinunciare a verificare nelle urne il loro effettivo grado di consenso da parte dell’elettorato.
E non si può affermare che si tratta di questioni rilevantissime ma fondare poi la propria strategia
sull’ignoranza ed il disinteresse di molti elettori a queste tematiche e
quindi al voto, piuttosto che sulla
capacità di convincere e di esercitare egemonia etica e culturale.
Sono questioni opinabili
Ma per noi
cattolici l’invito dei vescovi
all’astensione dal voto a difesa di principi irrinunciabili e di una legge da preservare
ad ogni costo si scontra direttamente contro la convinzione che ci troviamo di fronte a
questioni opinabili sui quali la gerarchia cattolica, per il compito che le è
proprio, non dovrebbe dare indicazioni vincolanti ma, al più, riflessioni che
tengano anche conto delle diverse posizioni presenti nel mondo cattolico,
nell’associazionismo e tra gli stessi studiosi. La questione dello status
dell’embrione, come è noto, da sempre è molto discussa dal punto di vista
teologico. I cristiani valdesi sostengono, per esempio, che esso è “
organismo vitale che ancora persona non è” a cui è difficile attribuire “astratti diritti” a cui
subordinare completamente altri soggetti od altri diritti od
aspettative. La questione è poi opinabile
per quanto riguarda la concreta soluzione legislativa da ricercare di
fronte a una realtà, quella della fecondazione assistita, che, piaccia o non
piaccia , è destinata a divenire un dato permanente del tutto irreversibile
nel complesso sistema delle relazioni famigliari e sociali del contesto in
cui come cristiani siamo impegnati a vivere. Rivendichiamo per noi stessi (e
per tanti cattolici che pure si rifanno normalmente al magistero della
Chiesa) il diritto ed il dovere di decidere sul referendum secondo la nostra coscienza di credenti e
di cittadini dopo aver valutato a fondo
tutti gli aspetti del problema.
Per una normativa necessaria ed accettata
Pensiamo
che una normativa sia indispensabile per regolamentare e delimitare i confini
di quanto ragionevolmente si può consentire . La nostra laicità , che
ispiriamo al Vangelo, ci impegna a cercare soluzioni possibili e che tengano
conto di valori di fondo ma anche degli interessi collettivi e delle
aspettative di tutti i soggetti in causa
tra i quali ci sembra che, nella legge n. 40, sia particolarmente
penalizzato lo status della donna.
D’altronde non condividiamo le posizioni dell’ala più estrema dello schieramento
referendario che ipotizza “ un diritto leggero” fondato sostanzialmente su
una quasi completa liberalizzazione e su una cultura individualista che non è la nostra. Una legge che sceglie una posizione
fortemente di parte senza un consenso abbastanza diffuso, che suscita
reazioni destinate a durare nel tempo, che proibisce piuttosto che delimitare
e prevenire, che è di difficile gestione da parte delle strutture sanitarie e
sociali e che molti sostengono essere di dubbia costituzionalità, non ci
sembra una buona legge anche perché è destinata ad essere poco osservata e a dare
vita a fenomeni di clandestinità e di ricorso, con alti costi, alla
legislazione di altri paesi.
Non ci sono cristiani di
serie A e cristiani di serie B
“Noi Siamo
Chiesa”, di fronte all’ormai inevitabile
referendum , invita tutti i credenti a esercitare pienamente il
proprio personale discernimento di fronte al voto, auspica che la CEI abbandoni la campagna avviata con toni così
spiccatamente da crociata e si
troverà in radicale disaccordo con
chi, nelle comunità parrocchiali , nelle
comunità religiose e ovunque si creda e si preghi nel nome di Gesù , cercasse
di distinguere i buoni cristiani che non vanno a votare da quelli,
giudicati inaffidabili, che esercitano il loro diritto-dovere di
cittadini e di cristiani.
“Noi Siamo Chiesa”
(aderente all’International Movement We Are Church-IMWAC)
Roma,
aprile 2005
Il movimento internazionale We Are Church-IMWAC
(“Noi Siamo Chiesa”), fondato a Roma nel 1996, è impegnato nel rinnovamento della Chiesa Cattolica Romana
sulla base e nello spirito del
Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). IMWAC è presente in venti nazioni
ed opera in collegamento con movimenti per la riforma della Chiesa cattolica
di orientamento simile.
Internet :www.we-are-church.org/it E-mail
<vi.bel@iol.it> tel. 0270602370 oppure 3331309765
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