Logo Noi Siamo Chiesa

Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

La Chiesa cattolica italiana, appiattita sui privilegi garantiti dal Concordato, si dimentica dell’evangelico «gratis accepis

 

A
vent’anni dal Concordato Craxi-Casaroli

 

La Chiesa cattolica italiana, appiattita sui privilegi garantiti
dal Concordato,

si dimentica
dell’evangelico «gratis accepistis,
gratis date»

 

 

       Ricorrono oggi i vent’anni della firma
del Concordato Craxi-Casaroli e tutte le opinioni del Palazzo e delle Curie
esprimono la loro unanime valutazione positiva su questo accordo tra Stato e
Chiesa cattolica. Ma noi abbiamo il dovere di testimoniare un punto di vista
diverso che costantemente ha percorso e percorre la Chiesa italiana negli
ultimi decenni.

      Le posizioni anticoncordatarie hanno
radici lontane. Antonio Rosmini auspicava, per una Chiesa profondamente
rinnovata, “una libertà senza privilegi”. I “popolari” democratici, compreso
De Gasperi, espressero preoccupazioni alla firma dei Patti Lateranensi nel
1929; essi auspicavano per la
Chiesa
“diritti in un paese di liberi e non privilegi in
uno Stato di schiavi”. Infine questa posizione raggiunse, dopo forti
contrasti, il massimo di autorità al Concilio 
Ecumenico Vaticano II dove al cap.76 della “Gaudium et spes” si afferma che “la Chiesa non pone la sua
speranza nei privilegi offertile dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà
all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti ove constatasse che
il loro uso potesse fare dubitare della sincerità della sua testimonianza”.
La posizione anticoncordataria si rifà soprattutto alla gratuità del
ministero che ha le sue radici nel “gratis
accepistis, gratis date
” (Mt. 10,8) ed alla parola dell’apostolo Paolo.

        La posizione anticoncordataria
sostenuta con determinazione e con continuità nel post-Concilio da autorevoli
esponenti del cattolicesimo democratico, da riviste e centri culturali, si
espresse in modo fortemente critico nei confronti del nuovo Concordato del
1984 sostenendo di trovarsi di fronte “ad una modernizzazione ed ad un vero e
proprio rilancio del sistema concordatario”, contrario “alla più genuina
ispirazione conciliare ed alle aspettative diffuse tra i cristiani per una
chiesa credibile e povera”. Scomparivano infatti le inoffensive foglie secche
del testo del ’29, ma i vecchi privilegi venivano confermati, riorganizzati
ed anche ampliati, accompagnati dall’ambigua affermazione nell’art. 1 sulla
“reciproca collaborazione (tra Stato e Chiesa) per la promozione dell’uomo ed
il bene del paese”. Le leggi attuative del Concordato hanno accentuato i suoi
aspetti criticabili.  I beni della
Chiesa, che per secoli furono considerati “patrimonium pauperum”, sono stati 
confiscati a favore degli Istituti per il sostentamento del clero
dalla legge n.222 del ’85. L’ottopermille e l’ora di religione cattolica
sono  i due principali e discussi
istituti sorti col nuovo Concordato.

L’ottopermille

           La firma dell’ottopermille
dell’IRPEF a favore della Chiesa catttolica è ben diverso dall’obolo della
vedova (Mc. 12, 41-44), né è una scelta spontanea e del tutto gratuita del
contribuente, contrariamente a quello che viene sostenuto nelle campagne
pubblicitarie della CEI in occasione della annuale dichiarazione dei redditi.
E’ un sistema che deresponsabilizza il credente nei confronti dei bisogni
della sua comunità cristiana (diminuiscono infatti  ogni anno le libere offerte per il
sostentamento dei sacerdoti), garantisce al clero una specie di stipendio
indirettamente statale, accentra la gestione di tutte le risorse in capo alla
CEI ed alle curie diocesane.  “Noi
Siamo Chiesa” ogni anno ha espresso il suo punto di vista critico
sull’ottopermille ed ha analizzato le informazioni che si conoscono (i testi
sono leggibili sul sito www.we-are-church.org/it)
.

           Queste osservazioni si possono
così sintetizzare :

–la Chiesa
italiana è troppo ricca. Il gettito dell’ottopermille a favore della Chiesa è
molto alto ed in continua rapida crescita. Si tratta di un fatto abbastanza
imprevisto che pone problemi di gestione e di spesa (nel 2003 il gettito è
stato di 1.016.400 euro, negli ultimi quattro anni l’aumento annuo è
oscillato tra il 15 ed il 20 per cento); somme così alte sono la conseguenza
del comodo e censurabile sistema che prevede la ripartizione delle quote
relative alle scelte non espresse (che sono la maggioranza) in base alle
scelte espresse e dall’assenza di 
alternative conosciute e credibili 
per la generalità dei contribuenti (la quota dell’ottopermille
destinata alla gestione statale è impiegata nei modi più bizzarri e
criticati);

–i criteri
di ripartizione del gettito sono molto discutibili (la quota destinata ad
interventi nel terzo mondo è solo dell’8%);

–è scarsa
la pubblicità e la trasparenza nella gestione dei fondi sia per quanto
riguarda la loro amministrazione che le loro ripartizioni di cui si conoscono
disaggregazioni del tutto insufficienti per permetterne una ponderata valutazione.
La CEI nel
novembre del ’98, in conseguenza delle accuse (sia pure poi non confermate)
al Card. Giordano, Arcivescovo di Napoli, ha imposto ad ogni diocesi di
rendere pubbliche le destinazioni dei fondi ricevuti dalla Conferenza
episcopale. Non risulta che le tutte le diocesi diocesi adempiano
accuratamente questo elementare obbligo nei confronti del popolo di Dio.

L’ora di
religione

        Il sistema introdotto con l’Intesa
conseguente al Concordato del ’84 ha dato vita, nel momento del suo avvio ed
anche dopo,  ad innumerevoli
controversie a tutti ben note. Oltre alla 
condizione di particolare privilegio garantita alla Chiesa cattolica
(l’insegnante retribuito dallo stato viene scelto dalla curia diocesana di
cui deve sempre mantenere il nullaosta all’insegnamento, che può essere
ritirato per motivi inammissibili per tutti gli altri insegnanti) la
situazione è insoddisfacente per tutti. L’ora di religione distrae la Chiesa dal concentrarsi
sulla catechesi – che è compito primario della famiglia e della comunità
cristiana – e si presenta, nei fatti, come qualcosa di ibrido tra
l’insegnamento confessionale e la cultura religiosa di tipo generale. Inoltre
– fatto particolarmente grave – 
l’istituzione scolastica, anche prendendo a pretesto l’esistenza
dell’ora “cattolica”, si disinteressa dell’insegnamento del “fatto religioso”
alla generalità degli studenti nell’ambito degli insegnamenti curriculari
ordinari.

Dopo il
nuovo Concordato un’occasione persa

       Dopo la firma di questo Concordato,
che ha dato molto alla Chiesa in termini di risorse e di garanzie giuridiche,
ci si sarebbe potuti aspettare, soprattutto dopo la caduta del muro di
Berlino e la crisi irreversibile del partito cattolico, una maggiore
discrezione delle autorità ecclesiastiche nella politica italiana, magari a
favore di un impegno più strettamente religioso oltre che a favore degli
strati sociali più svantaggiati.

       Tali legittime attese, ci sembra, sono
state piuttosto deluse. Un’analisi esauriente della situazione è cosa
complessa e meritevole di un approfondimento specifico anche per la sempre
maggiore diversificazione di posizioni e di pratiche nel mondo cattolico
italiano.

       Ci sembra però che siano evidenti
alcuni fatti che non possono essere taciuti e che interessano la Conferenza Episcopale
Italiana e soprattutto il suo vertice :

— la
reazione a fenomeni di vera e propria regressione del modo  stesso di concepire la civile convivenza,
come quelli del leghismo, è debole o inesistente;

— la
neutralità nei confronti del governo di destra è solo apparente; essa  nasconde un orientamento di simpatia teso
ad ottenere provvedimenti fortemente sponsorizzati (finanziamenti alla scuola
privata, sistemazione in ruolo degli insegnanti di religione, legge sulla
procreazione assistita ….);

— la
contropartita per l’ottenimento di cose concrete è il rumoroso silenzio sulla
continua violazione della legalità repubblicana, sull’uso dei media a senso
unico, sulla guerra in Iraq (l’avvallo alla spedizione italiana dopo la
strage di Nassiryia ha resa esplicita la linea ambigua tenuta in primavera
dalla CEI in contraddizione con quella di Giovanni Paolo II e della
maggioranza dell’opinione pubblica cattolica del nostro paese).

Perché non
fare un passo indietro per annunciare l’Evangelo?

       Questa domanda con cui interroghiamo
la nostra Chiesa da anni permane in tutta la sua importanza. La soluzione
della “questione romana” ha chiuso per sempre la fase più che millenaria del
potere temporale dei papi. Attualmente sia la Costituzione
repubblicana che il progetto della nuova 
Costituzione europea garantiscono ampiamente la libertà religiosa, sia
individuale che in forma organizzata. Non esistono nel nostro paese grandi
organizzazioni atee, anticlericali o materialiste, che ostacolino i compiti
evangelici della Chiesa. Esiste inoltre un riconoscimento diffuso
nell’opinione pubblica della presenza dei cristiani nei luoghi dove si cerca
di affrontare gravi condizioni di bisogno materiale o morale.

        Ci sembra quindi che sia questo il
momento storicamente giusto per fare un gesto autenticamente profetico. I
veri problemi dei cattolici, oggi, sono quelli dell’evangelizzazione mediante
la testimonianza in una società secolarizzata. Alla nostra Chiesa  riponiamo questa domanda: perché non fare
un passo indietro e rinunciare unilateralmente, secondo l’auspicio della “Gaudium et spes” ad ogni privilegio,
ad ogni garanzia pattizia, ad ogni sicurezza?

         Certo, nascerebbero per la Chiesa problemi concreti,
da affrontare con la necessaria gradualità, ma si inizierebbe questo
millennio con una testimonianza inedita ed 
un messaggio ispirato all’Evangelo nei confronti di quanti con cuore
sincero ed in diversi modi ricercano la verità e la giustizia.

 

                                                                                “Noi Siamo Chiesa”

                                                 
(aderente all’International Movement We Are
Church-IMWAC
)

 

Roma 18
febbraio 2004

 

 

 


Pubblicato

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *