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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

La nuova Costituzione europea deve affermare il rifiuto della guerra – Una proposta di Pax Christi e di “Noi Siamo Chiesa”

 

Una proposta di Pax
Christi
e di "Noi Siamo Chiesa" dopo la partecipazione
al Forum Europeo di Firenze

 La nuova
Costituzione europea deve affermare il rifiuto della guerra, il ruolo delle
organizzazioni internazionali ed uno specifico e vincolante impegno
dell’Unione Europea per la riduzione e l’eliminazione dello squilibrio tra
Nord e Sud del mondo

 Invitiamo tutte le
organizzazioni cristiane e tutto il movimento a proporre due emendamenti
alternativi per la nuova Costituzione

 

Roma,
marzo 2003

 

Dopo il Forum di Firenze
una iniziativa per una Costituzione europea pacifista e terzomondista

Al Forum sociale di Firenze
abbiamo contribuito ad organizzare la riflessione sul contributo delle chiese
nella costruzione della nuova Europa, sul rapporto tra cristianesimo, islam
ed ebraismo e sul rapporto tra violenza e religioni. Abbiamo fatto il nostro
piccolo dovere. Ma siamo anche stati trasformati dalle presenze, dalle
discussioni, dalla partecipazione, soprattutto dall’aver intravisto una nuova
speranza.

Abbiamo capito meglio lo
scenario in cui si colloca la nostra presenza cristiana :

da una parte c’è una forte
domanda di senso e di fede diversa dal passato ( meno "religiosa",
più evangelica) ed un nuovo contesto interreligioso in cui il ruolo della
vecchia cristianità è destinato a deperire mentre assume rilievo il dialogo,
l’incontro, il rispetto e la comprensione tra le fedi e le religioni;
dall’altra permane la ripresa dei fondamentalismi in cui sono anche radicati
tanti conflitti presenti nel mondo e la violenza che si alimenta nelle
religioni. Da una parte ci sono strutture ecclesiastiche che si preoccupano
troppo dei loro ruoli e di affermazioni di principio che diano loro
sicurezze, dall’altra ci sono credenti disposti ad abbandonare i loro
mantelli per una mobilitazione nonviolenta a favore di valori universali
(pace, giustizia) senza reti di protezione e senza discutibili passati sulle
spalle di cui farsi carico.

Ci siamo convinti che non è
importante che si dica che l’Europa ha radici cristiane ma che è invece
fondamentale che nella nuova Costituzione europea siano affermati valori
evangelici come quelli del rifiuto della guerra e del superamento
dell’attuale iniquo rapporto Nord-Sud . Ed il nome di Dio -come ha detto
Paolo Ricca- "è fatto per essere invocato con timore e tremore, amato e
benedetto, ubbidito e servito. Non è fatto per essere scritto nelle
costituzioni o in altri documenti quasi come un trofeo da esibire o un
possesso da vantare o un ornamento da ammirare".

Ci ricordiamo di quanto dice
l’Esodo (20 ,7) "Non pronuncerai inutilmente il nome del Signore, tuo
Dio".

Su tutto poi al Forum di
Firenze, ben oltre i nostri seminari, incombeva il drammatico
"oggi" : il rischio della guerra e la necessità della pace ed i
grandi scenari mondiali della fame, delle malattie, della distruzione
dell’ambiente. Firenze è in linea di diretta continuità con i tre Forum
mondiali di Porto Alegre e con gli altri forum che ormai si riuniscono in
ogni continente.

Come continuare dopo il
Forum di Firenze

Dalle emozioni dobbiamo
passare ad una iniziativa paziente che si ponga il problema di come creare
consenso, di come parlare con tutti, con chi è lontano dalla politica, con
chi ha le idee confuse o magari si è sempre collocato su posizioni
tradizionali. Il movimento di Firenze non può esaurirsi in una fiammata o
magari in discussioni o liti interne. Come possiamo continuare noi (Pax
Christi, Noi Siamo Chiesa, Agesci, Agape, Beati i costruttori di pace,
Comunità cristiane di Base, Cipax, Confronti, Emmaus, FCEI, SAE con
l’adesione della rete di Lilliput e della Tavola della Pace ) che abbiamo
promosso gli incontri e che ci siamo meglio conosciuti ?

A Firenze abbiamo parlato
dell’Europa e siamo stati coinvolti nella questione pace-guerra. Abbiamo
constatato che in questi mesi si stanno definendo orientamenti di fondo
nell’elaborazione della nuova costituzione europea. Intervenire su questioni
istituzionali non è la cosa più confacente alle nostre iniziative. Dobbiamo
esserne consapevoli e saperci attrezzare.

Pace-guerra e Nord-Sud

Abbiamo ipotizzato di poter
fare un intervento, possibilmente con altri soggetti in Europa a noi
omogenei, sulle due questioni più importanti : pace-guerra e rapporto
Nord-Sud .Ci sentiamo meno attrezzati e meno competenti ad intervenire su altre
questioni anche molto importanti (i diritti sociali, le strutture di gestione
politica delle competenze comunitarie ecc…).

Per orientarci su come
intervenire abbiamo fatto una ricerca sugli orientamenti delle istituzioni
europee e delle Chiese su queste due questioni sia nel passato che ora nel
rapporto con la
Convenzione
che sta scrivendo la nuova Costituzione
europea. Il nostro obiettivo era quello di trovare delle convergenze o delle
interlocuzioni significative e quindi di trovare "alleanze" per portare
avanti i nostri punti di vista .

La ricerca è contenuta nei
due allegati. Essi ci dicono che il problema pace-guerra nei termini
alternativi indicati dalle riflessioni di Firenze (mettere in pratica
l’art.11 della Costituzione italiana) è completamente assente. Anche il
rapporto Nord-Sud è quasi assente. La Chiesa cattolica e le altre Chiese a livello
europeo percorrono binari del tutto diversi dalle nostre preoccupazioni. Sono
soprattutto interne ad una logica di conservazione di ruoli, di ottenimento
di garanzie e di affermazioni d’immagine. Non pensavamo che la situazione
fosse così distante dalle riflessioni nostre e di tante associazioni
dell’arcipelago cristiano che si occupano di pace, di cooperazione, di
diritti umani, del terzo mondo .

La proposta di due
articoli per la nuova Costituzione Europea

Quanto noi pensiamo e
vogliamo è quindi del tutto alternativo a quanto si fa e si dice in quelle
sedi. Quindi non possiamo che scegliere la strada di marcare la nostra
massima alternatività, la nostra massima separazione e ciò sulla base di quei
valori evangelici di cui abbiamo parlato a Firenze. Abbiamo pensato di
proporre due articoli per la nuova Costituzione : il primo che riprenda
l’articolo undici della Costituzione italiana che rifiuta la guerra, il
secondo che aggiunga agli obiettivi già acquisiti dell’Unione Europea
(superamento degli squilibri interni, regolamentazione dei mercati ecc..)
quello di un impegno diretto e continuativo sul problema dello squilibrio tra
il Nord ed il Sud del mondo . Gli articoli che proponiamo sono i seguenti:

  1. "L’Unione Europea ripudia
    la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
    come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.; consente,
    in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
    sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e le
    giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni
    internazionali rivolte a tale scopo"
    ( art. 11 della Costituzione
    italiana)
  2. "Gli interventi di politica
    economica, commerciale e monetaria dell’Unione perseguono l’obiettivo di
    ridurre ed eliminare gli squilibri di ogni tipo che esistono tra i paesi
    sviluppati ed i paesi poveri.

Identico
obiettivo viene perseguito negli orientamenti espressi dall’Unione in qualsiasi
organismo internazionale.

L’Unione
opera affinchè le risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo dagli
Stati membri e dal bilancio comunitario corrispondano ai parametri indicati
dalle organizzazioni internazionali"

Anche la Tavola della pace sta
lanciando per l’Assemblea dell’Onu dei popoli e la marcia Perugia-Assisi di
ottobre la proposta di inserire nella Costituzione europea un articolo simile
a quello dell’art.11.

Nello stesso senso va un
emendamento alla bozza dei primi sedici articoli della Costituzione
presentato dai membri italiani della Convenzione Elena Paciotti e Valdo Spini
( un altro emendamento di segno analogo è stato presentato dagli spagnoli
Borrell, Carnero e Lopez Garrido)

Manca però una proposta sul
rapporto Nord-Sud. Una iniziativa come quella da noi proposta dovrà
rapportarsi con questi propositi e con quanto si sta progettando nell’ambito
di altri soggetti del Forum di Firenze interessati a questa tematica anche in
previsione del secondo Forum sociale europeo di novembre a Parigi.

La laicità a cui pensiamo

Queste due proposte che
facciamo partono dalla non condivisione della proposta di parlare di
"radici cristiane" nella nuova Costituzione europea e, al
contrario, dalla preoccupazione perchè valori evangelici vi vengano
affermati. Si pone qui la necessità di rendere esplicita una riflessione
generale su come vivere la laicità nella società e nelle istituzioni che era
sottesa alle discussioni dei seminari di Firenze .

Essa parte dalla convinzione
che il "date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di
Dio" ( Mc 12, 13-17) è valore fondante della nostra fede e
precede qualsiasi successiva elaborazione dell’illuminismo sullo Stato laico.

Questo valore è stato
contraddetto- ne siamo del tutto coscienti ed in modo molto sofferto- da
secoli di commistione tra il trono e l’altare e di pretese teocratiche.

La separazione tra le due
sfere dell’agire umano è un valore originario, irrinunciabile. L’ hanno
praticata i cristiani democratici che hanno partecipato alla Resistenza e che
hanno fondato le istituzioni europee. I cattolici sono stati poi confortati
in questa direzione dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

L’assenza di privilegi per i
credenti ed il rifiuto di status particolari per le Chiese è una condizione-
crediamo- per la credibilità dell’evangelizzazione che deve essere fondata
sulla sua assoluta gratuità ("gratis accepistis, gratis date" Mt
10,8). La povertà nell’annuncio è la condizione per contestare con la propria
testimonianza fenomeni che hanno percorso tutto il secolo passato e che sono
ancora presenti: i tanti fondamentalismi di tipo religioso; quel tipo di
laicismo che pretende di ridurre la fede ad un fatto privato, di confinare le
comunità dei credenti solo nelle sacrestie e che è poco rispettoso dei valori
dello spirito; lo Stato etico che impone alla scuola, alla cultura ed alla
società un’ideologia ufficiale .

Il tipo di laicità che
vogliamo praticare è del tutto in sintonia con le migliori e più autorevoli
interpretazioni della nostra Costituzione (la sentenza n.203 del 1989 della
Corte Costituzionale, per esempio, parla di una "laicità positiva o
attiva che non esclude dalla sfera pubblica gli atti di valenza religiosa ma
si pone a garanzia del pluralismo delle fedi e delle culture").

La laicità a cui ci
ispiriamo si intreccia in modo imprescindibile con un maggiore impegno a
perseguire i valori umani della dignità e della libertà della persona, della
giustizia, della solidarietà, della pace. Questi valori sono intimamente
cristiani. Li vogliamo proporre e praticare non a partire dalla forza delle
istituzioni ma con passione e fede nell’azione di formazione delle coscienze,
con la presenza nel sociale e con la partecipazione politica alla pari senza
etichette "cristiane". Un’ottica laica presuppone più impegno e più
testimonianza da parte di ogni credente; essa è senza rete e da una parte
scommette sul piano del consenso democratico dall’altra aspetta con pazienza
che il seme germogli.

Siamo anche convinti anche
che la vera laicità, senza ruoli precostituiti e privilegi, sia una delle
condizioni per un vero dialogo interreligioso. Esso non può essere fondato su
supremazie fondate sulla storia. La sfida costituita dal dialogo semmai può
essere fondata sul riconoscimento delle tante violenze e dei tanti errori che
hanno visto protagonisti soprattutto i credenti nell’Evangelo negli ultimi
secoli.

L’Europa è già un continente
multireligioso e dalle tante ispirazioni culturali. Una corretta laicità che
escluda qualsiasi primogenitura è quasi una condizione "sine qua
non" perchè l’Unione Europea possa creare una struttura federale fondata
non solamente sul mercato e sulla moneta. La sua ispirazione di fondo non si
deve riferire ad alcuna ideologia o religione ma a valori comuni unificanti
che rappresentino il meglio di più tradizioni ed ispirazioni ideali. La
realizzazione di questo compito può essere un modello per le tante situazioni
nel mondo che sono lacerate da conflitti, da fondamentalismi, da assurde
ricerche di identità.

Marzo 2003 a cura di
Pax Christi e di "Noi Siamo Chiesa"

 

 

 

Allegato n.1

Pace-guerra e rapporto
nord-Sud nelle istituzioni europee

Nelle Costituzioni
europee

Un esame analitico di tutte
le Costituzioni degli Stati della U.E. e delle nuove costituzioni degli Stati
ex-comunisti che entreranno nella UE nel 2004 permette di constatare che i
due punti che ci interessano (pace e rapporto Nord-Sud) sono largamente
assenti. Nulla si dice nelle costituzioni di Austria, Belgio, Bulgaria,
Cipro, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Cecoslovacchia,
Irlanda, Olanda, Romania, Slovacchia, Svezia. Il Regno Unito non ha una
costituzione scritta. Nelle altre Costituzioni ci sono accenni alla pace ed
alla cooperazione tra i popoli ma con affermazioni molto generali o
generiche. Si va dalla Spagna impegnata a "collaborare al rafforzamento
di pacifiche relazioni e di effettiva cooperazione tra tutti i popoli del
mondo" alla Francia che afferma nel Preambolo della Costituzione del
1946 (considerato ancora in vigore) che "essa non intraprenderà nessuna
guerra di conquista e non impiegherà mai le sue forze contro la libertà di
alcun popolo", dalla Repubblica Federale Tedesca secondo cui il popolo
tedesco vuole "servire la pace del mondo quale membro, equiparato nei
diritti, di un’Europa unita" alla Finlandia che afferma di
"partecipare alla cooperazione internazionale per la protezione della
pace e dei diritti umani", dalla Slovenia secondo cui "la sicurezza
nazionale sarà affermata primariamente nelle politiche che promuovono la pace
, un’etica di pace e di non aggressione", alla Grecia che "si
impegna per il consolidamento della pace e della giustizia e ricerca
relazioni amichevoli tra i Popoli e gli Stati" fino alla Polonia che
" è consapevole della necessità della cooperazione con tutti i paesi per
il bene della Famiglia Umana ". Malta si afferma stato neutrale con una
politica di non-allineamento e di rifiuto di qualsiasi alleanza militare.

La Costituzione del Portogallo del 1976 scrita dopo
la rivoluzione dei garofani è più esplicita, parla di "regolamento
pacifico delle dispute internazionali, della non interferenza negli affari
interni degli altri Stati e della cooperazione con tutti gli altri popoli per
l’emancipazione ed il progresso del genere umano". L’ unica affermazione
esplicita e tassativa di rifiuto della guerra è quella contenuta nell’art.11
della Costituzione italiana; ad esso si ispira la costituzione ungherese del
1997 che afferma all’ art. 6 la "rinuncia alla guerra come mezzo di
risolvere le dispute tra le nazioni e l’impegno a non usare la minaccia e
l’uso della forza nei confronti dell’indipendenza o dell’integrità
territoriale di altri stati".

Nel Trattato UE e nella
Carta dei diritti fondamentali

Nei successivi trattati che
si sono susseguiti nell’Unione Europea in quasi cinquanta anni l’unica norma
esplicita è quella dell’attuale art.177 sulla cooperazione che ha lo scopo di
favorire "lo sviluppo economico e sociale sostenibile dei paesi in via
di sviluppo , in particolare di quelli più svantaggiati ed il loro inserimento
armonioso e progressivo nell’economia mondiale ". Viene prevista
"la lotta contro la povertà " in questi paesi .

Nella "Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea" firmata nel dicembre del 2000 a Nizza si afferma
nel Preambolo che "i popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre
più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori
comuni". L’assenza di affermazioni veramente impegnative sul diritto
alla pace ed il rifiuto della guerra fu uno degli aspetti più criticati della
Carta anche da parte di chi ne condivideva l’ispirazione di fondo.

Dopo Nizza è stato un
susseguirsi di documenti ed iniziative per affrontare la ridefinizione di
tutta la costruzione europea in previsione del suo allargamento. Iniziò la Commissione a
proporre alla discussione il "Libro bianco sulla governance" nel
luglio 2001 . Nel testo di questo importante e approfondito documento così
come in tutti i 260 contributi alla discussione che si sono succeduti fino al
marzo 2002, si è discusso di tutto ma la tematica "pacifista" e del
rapporto Nord-Sud non è emersa .

Nella Convenzione per la
nuova Costituzione

Infine si è giunti al
Consiglio europeo di Laeken che nel dicembre 2001 ha approvato una
lunga e fondamentale "Dichiarazione sul futuro dell’Unione Europea"
; essa delinea i problemi su cui dovrà impegnarsi la Convenzione. Il
"cuore" di questo testo è tutto interno alle tematiche riguardanti
il funzionamento dell’UE ed i suoi rapporti con gli Stati membri. Uno dei
punti importanti concerne il problema di un’Europa che deve essere "più
presente nelle questioni di politica estera, di sicurezza e di difesa" e
di " una politica estera comune e di una politica di difesa più
coerente". L’unico cenno sulle grandi questioni è relativo al ruolo che
l’UE "deve svolgere di potenza che si scaglia risolutamente contro
qualsiasi forma di violenza , di terrorismo, di fanatismo, senza chiudere gli
occhi di fronte alle ingiustizie stridenti ovunque nel mondo". Il dopo
undici settembre è fin troppo evidente.

La Convenzione ha iniziato i suoi lavori nel
febbraio 2002 ed è interessante cercare di capire se vi emergono posizioni
diverse da quelle che negli ultimi anni nella UE hanno intrecciato
strettamente l’auspicata politica estera comune con la politica della
sicurezza e della difesa. Questo intreccio emerge in modo evidente nella
stessa denominazione "PESC" (Politica Estera e di Sicurezza Comune)
con cui viene definita questa area di intervento. Nello scorso ottobre il
Presidente della Convenzione Valery Giscard D’Estaing ha distribuito una
prima proposta di costituzione europea : all’ art. 2 nell’elenco dei
"valori" dell’Unione non vengono indicati né la pace né la
cooperazione internazionale ed all’art.3 si parla di "sviluppo di una
politica estera e di sicurezza comune e di una politica di difesa al fine di
tutelare e promuovere i valori dell’Unione nel resto del mondo".

La lontananza del dibattito
della Convenzione dai grandi problemi è confermato dai rapporti dei vari
Gruppi di lavoro della Convenzione resi pubblici in dicembre. Essi forniranno
i contenuti al testo definitivo di nuovo Trattato. Il Gruppo VII "Azione
esterna" parla di "preservare la pace, prevenire i conflitti e
rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta
dell’ONU"; riprende poi sulla cooperazione allo sviluppo l’art.177 in
vigore ed anche afferma che l’UE deve "incoraggiare l’integrazione di
tutti i paesi nell’economia mondiale, anche attraverso la progressiva
abolizione delle restrizioni agli scambi internazionali" .

Il Gruppo VIII
"Difesa" condivide le decisioni già prese in materia di difesa
comune (forza di schieramento rapido di sessantamila uomini) e ne chiede
l’accelerazione, propone una "Agenzia europea per gli armamenti e la
ricerca strategica" , infine chiede che la politica PESC diventi
politica PESD ( Politica estera, di Sicurezza e di Difesa ). Le audizioni di
questo Gruppo sono state tutte fatte con esponenti militari o dell’industria
degli armamenti. I due rapporti sono stati ampiamente discussi dalla Convenzione
in seduta plenaria il 20 dicembre ma la discussione non si è allontanata dai
contenuti elaborati dai due gruppi di lavoro.

Nei primi sedici articoli

Nella sessione del 6-7
febbraio della Convenzione il Presidium della Convenzione ha distribuito la
bozza dei primi 16 articoli. L’art.10 quarto comma recita : "L’Unione ha
competenza per la definizione e l’attuazione di una politica estera e di
sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica comune
di difesa". Questo testo conferma in modo evidente l’intreccio tra i tre
aspetti di un possibile intervento dell’Unione e conferma l’assenza di
qualsiasi indicazione positiva nel senso da noi atteso. In questi articoli
c’è anche qualche indicazione ( "solidarietà e rispetto reciproco tra i
popoli, eliminazione della povertà ") anche interessante ma che appare
completamente isolata nel contesto istituzionale europeo. L’art.3 afferma che
"l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori ed il
benessere dei suoi popoli". L’iniziale affermazione dell’articolo, già
piuttosto enfatica, denota poi, con il riferimento ai "propri"
valori e al "proprio" benessere, tutti i limiti di una concezione
fondata su una angusta centralità europea.

Anche le numerose audizioni
della società civile organizzate dalla Convenzione nello scorso giugno non
hanno portato contributi significativi anche perché ad esse hanno partecipato
in gran parte associazioni e strutture organizzate presenti a Bruxelles che
con le istituzioni comunitarie hanno frequenti contatti ( e che spesso da
esse sono finanziate !).

Nel Parlamento europeo

Anche una ricerca fatta
dall’ ISSOCO sui pronunciamenti degli ultimi anni del Parlamento europeo sul
ruolo ed i compiti dell’UE non permette di supportare proposte diverse per la
nuova Costituzione: si propone "la progressiva definizione di una
politica di sicurezza e di difesa comune, sostenuta da una cooperazione nel
settore degli armamenti, che include le missioni umanitarie e di soccorso, le
attività di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento
nella gestione delle crisi ivi comprese le misure tese al ristabilimento
della pace ".

 

Nelle attività della
Commissione

La Commissione, oltre al libro bianco sulla
governance , ha prodotto altri testi che non si discostano sostanzialmente da
un’ottica incentrata sulla necessità di unificare gli interventi dell’ UE,
sulla priorità alla sicurezza, sulla difesa comune ed anche "sull’invio
di forze in scacchieri esterni al servizio della pace". Si avverte però la
consapevolezza dei "gravi squilibri economici e sociali che persistono o
si aggravano nel mondo ….L’Unione deve agire sulle cause remote e su quelle
vicine di queste nuove minacce che incombono sulla sua sicurezza e sulla sua
prosperità"

( documento "Un
progetto per l’Unione Europea" del 22-5-2002). In un nuovo testo dello
scorso 4 dicembre la
Commissione
, sempre nell’ottica di una politica di difesa e
di sicurezza parla di "esercitare le responsabilità di una potenza
mondiale" di "sviluppo dell’industria europea degli armamenti
basato su un’idea comune delle minacce specifiche che gli europei devono
affrontare e delle azioni che devono essere da essi intraprese all’esterno
del territorio europeo".

Infine nel progetto di
costituzione denominato "Penelope" presentato sempre in dicembre da
un gruppo di lavoro ispirato da Prodi si dice che l’UE "esercita le
responsabilità di una potenza mondiale e difende la propria indipendenza e la
propria sicurezza" ; per temperare un’affermazione così esplicita si
afferma però che tra gli obiettivi dell’Unione ci sono " lo sviluppo
armonioso e sensibile dell’economia e del commercio mondiale, la solidarietà
a favore dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei più sfavoriti e la
lotta contro la povertà". Si parla poi di "politica a favore dello
sviluppo sostenibile" e a proposito della cooperazione si sostiene che
essa "ha lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e sociale dei
paesi in via di sviluppo e delle loro popolazioni, nonché di contribuire a
risolvere i problemi strutturali della povertà in tali paesi". Questa
ultima frase è quella più avanzata che esista nei documenti europei più
importanti . Ma anche nel progetto "Penelope" non vi è alcun
accenno al problema pace-guerra se non scontati richiami alla politica di
pace, di sicurezza, alla tutela dei diritti dell’uomo, ai richiami al diritto
internazionale ….

Nel Partito Socialista
Europeo, nel Partito Popolare Europeo e nella Convenzione dei giovani

Naturalmente questa nostra
ricerca non può prescindere da quanto dicono le due grandi famiglie politiche
europee , quella socialista e quella popolare.

Il PSE ha un documento di
orientamento generale del 3 ottobre scorso "Le priorità per
l’Europa" . In esso si parla di "affermazione dell’identità
dell’Europa nel mondo", di "comune politica estera e di
sicurezza", di "lotta agli effetti negativi della
globalizzazione", di attrezzarsi per una comune politica di peacekeeping
. Nient’altro.

Il Partito Popolare Europeo
nel documento conclusivo del suo Congresso all’Estoril (Portogallo) in
ottobre 2002 oltre alle solite affermazioni sulla necessità di una comune
politica in materia di relazioni esterne, sicurezza e difesa afferma di
volere "un’Europa zona di pace, di giustizia e di benessere economico e
sociale per le generazioni attuali e per quelle future, aperta al mondo e
solidale verso i paesi meno sviluppati". Il PPE ha poi presentato un
proprio progetto di costituzione il 12 novembre; vi si parla di "
preservare la pace e di rafforzare la sicurezza internazionale ed ugualmente
di promuovere la cooperazione internazionale e lo sviluppo". Anche qui
niente di più .

L’unico documento che fa
delle affermazioni significative ed esplicite è quello uscito dalla
Convenzione europea dei Giovani svoltasi nel luglio 2002 a Bruxelles. Vi si dice
che " è importante mantenere un dialogo attivo con quella che oggi
rappresenta la periferia del mondo, in quanto non potrà esserci un progresso
su scala mondiale finché sussisterà una divisione economica tra l’emisfero
settentrionale e quello meridionale del pianeta. Bisogna inoltre promuovere
decisamente il dialogo sul disarmo nucleare e convenzionale", "l’UE
dovrebbe conseguire l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite sugli aiuti allo
sviluppo dello 0,7 del PIL entro il 2004. L‘UE dovrebbe dare la priorità ai paesi
in via di sviluppo e aprire i propri mercati alle loro esportazioni" .
Vi si parla della remissione del debito estero, della Pac (Politica Agricola
Comune) che sbarra l’accesso dei paesi più poveri del mondo ai mercati
europei mentre le politiche relative al WTO, al Fondo monetario, alla Banca
mondiale e ai negoziati GATS devono rispecchiare l’esigenza dello sviluppo
sociale e salvaguardare i servizi pubblici (istruzione, sanità, trasporti
pubblici" . Questa Convenzione è l’unica che è riuscita a farsi in
qualche modo interprete di una parte di quanto è detto nel movimento di Porto
Alegre e di Firenze.

Allegato 2

La chiesa cattolica,
le chiese evangeliche e la nuova Costituzione europea

Rapporti di lunga data
con le istituzioni

In tutti gli anni novanta
gli episcopati dei paesi dell’ UE, organizzati nella COMECE (Commissione
degli Episcopati cattolici della Comunità Europea) ed insieme alla Segreteria
di Stato (dagli anni ’70 esiste un Nunzio della S.Sede presso l’UE), hanno
attivamente interloquito con le istituzioni comunitarie. Ugualmente la Kek (Conferenza delle Chiese
europee, cioè chiese della tradizione protestante, anglicana ed ortodossa) ha
costantemente seguito le questioni europee, prima mediante la commisione
"Chiesa e società" ed in seguito direttamente. Lo scopo principale
era quello di ottenere uno status particolare per le Chiese. La loro
preoccupazione era quella che l’estendersi delle competenze comunitarie, in
assenza di loro definiti poteri di intervento, le privasse della possibilità
programmata di fare sentire autorevolmente la loro opinione. Soprattutto nel
periodo ’95-’97 prima del Trattato di Amsterdam (giugno ’97) furono fatte
molte proposte sia da parte cattolica che da parte protestante e, a volte,
congiuntamente. Esse non furono però accolte nelle sedi decisionali del
Consiglio europeo e non si trovò l’ accordo neppure su un Protocollo
aggiuntivo. Si ripiegò su una semplice Dichiarazione, la n.11 non soggetta a
ratifica da parte degli Stati membri, in cui si affermò che "l’Unione
Europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni
nazionali per le Chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati
membri"; segue nel secondo comma l’affermazione che "l’Unione
Europea rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni filosofiche e non
confessionali" (espressione soft per indicare le organizzazioni di
agnostici od atei). In questa fase da parte delle chiese sono stati numerosi
i pronunciamenti a favore del processo di unificazione europea e dell’allargamento
ai paesi ex-comunisti . Essi hanno contribuito a superare difficoltà o
resistenze quà e là diffuse anche nei paesi dell’Est candidati all’ingresso
nei paesi dell’U.E.. Nelle prese di posizione da una parte c’era la
consapevolezza dell’importanza del processo ( l’Europa sarebbe stata
definitivamente pacificata dopo un ventesimo secolo di guerre e divisioni
terribili) dall’altra emergeva sempre la preoccupazione per lo status delle
chiese.

La Carta di Nizza ed i rapporti a Bruxelles

Con la elaborazione di nuovi
testi il rapporto dialettico è ripreso da parte della Chiesa cattolica con la
proposta-richiesta che nei testi costituzionali si facesse riferimento a Dio
e che fossero riconosciute "le radici cristiane dell’Europa". Il
documento più esplicito in questo senso, dopo la proposizione n. 39 del
Sinodo straordinario per l’Europa dell’ottobre ’99, è stata la Dichiarazione di
Lovanio (22 ottobre 2000) del CCEE (Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa) emanata nel periodo conclusivo del dibattito sulla Carta dei
Diritti fondamentali che sarà poi approvata a Nizza nel dicembre successivo
senza che le modifiche richieste fossero accettate. Anche in altri testi, per
esempio quello precedente della COMECE del 8 febbraio 2000, l‘attenzione si
soffermava sul ruolo delle Chiese ed anche, lodevolmente, su alcuni diritti
per soggetti deboli (portatori di handicap, bambini, anziani) ma senza alcun
riferimento alle grandi questioni del rifiuto della guerra o del rapporto
Nord-Sud.

Se il rapporto è stato teso
con le decisioni dei vertici intergovernativi la situazione è diversa a
Bruxelles dove da tempo esiste "Soul for Europe", rete di esponenti
di tutte le religioni ispirata da Delors che coordina e facilita incontri e
studi delle singole confessioni spesso finanziati dalla stessa UE. E’ stato
costituito un ufficio facente capo ad uno dei consiglieri di Prodi Michael
Weninger che sponsorizza una statuto particolare delle religioni in Europa,
ci sono contatti continui, seminari in cui si discute prevalentemente della
collocazione delle Chiese nell’UE ma anche di tematiche più ampie
(ecumenismo, prevenzione dei conflitti…). Ma l’orizzonte resta sempre quello
dell’interlocuzione tra istituzioni (Chiese e Commissione, Chiese e Consiglio
europeo, Chiese e Convenzione…) e molto poco quello relativo a valori
evangelicamente ispirati ( pace, nord-Sud) di cui laicamente i credenti
dovrebbero essere i primi portavoce.

 

Le posizioni della
COMECE…

Dopo il Consiglio di Laeken
(dicembre 2001) che ha dato vita alla Convenzione, l’attrito è ripreso con le
stesse parole del Papa che, parlando al corpo diplomatico il 10 gennaio 2002, ha lamentato il
mancato esplicito riconoscimento delle Chiese come soggetti interlocutori
nella scrittura della nuova Costituzione ed ha parlato di
"marginalizzazione delle religioni".

Si è intensificata la
richiesta di citare Dio nel Preambolo della nuova Costituzione e di fare un
riferimento diretto alle "radici cristiane" dell’Europa . In tutto
l’anno trascorso si è molto discusso di questa questione in convegni,
riviste, seminari sia da parte cattolica con differenti posizioni che da
parte laica.

La posizione dell’Episcopato
cattolico si è formalizzata nel documento della COMECE "Il futuro
dell’Europa" del 21 maggio 2002. Questo testo esplicita quanto si
auspica dalla Convenzione:

-l’UE "riconosca che il
potere pubblico non è assoluto " e la nuova Costituzione "riconosca
l’apertura e l’alterità ultima che sono legate al nome di Dio";

-la libertà religiosa si
esprima "nelle sue dimensioni individuale, collettiva ed
istituzionale" (rispetto all’art.10 della Carta di Nizza è quindi
richiesto il riconoscimento delle Chiese nel loro aspetto istituzionale);

-tra le istituzioni europee
e le Chiese e le comunità religiose deve essere previsto un "dialogo
strutturato" (ciò significa il diritto-dovere delle Chiese di essere
consultate su ogni questione importante);

-deve essere assorbita nella
nuova Costituzione la
Dichiarazione
n.11 di Amsterdam (vedi sopra).

Sui contenuti che a noi
interessano ( pace-guerra e rapporto Nord-Sud) l’autorevole documento tace
(si fa solo un riferimento generico ad una Europa che parli con una sola voce
e che operi mediante "il dialogo, la cooperazione, la solidarietà e la
promozione dei diritti umani piuttosto che mediante l’uso della forza").

……e quelle della KEK

I tre ultimi punti di questo
documento sono pure contenuti nel contributo della KEK pure dello scorso
maggio. Mentre esso fa riferimento "all’eredità religiosa e spirituale
dell’Europa ed al suo contributo all’elaborazione dei valori europei" la KEK dice anche che "per
quanto importanti per giudicare un testo costituzionale questi valori non
rappresentano l’insieme dei valori morali e spirituali della fede cristiana
che le Chiese desiderano promuovere". Il testo della Kek si chiede anche
come "l’UE possa contribuire, sia nelle sue frontiere attuali e future
che a livello mondiale, alla pace, alla giustizia, alla riconciliazione, alla
solidarietà ed allo sviluppo sostenibile".

Sono queste le affermazioni
più esplicite che abbiamo trovato in tutti i documenti delle Chiese ma sono
ancora ben lontane dalle affermazioni tassative e stringenti che vorremmo sui
problemi che ci assillano (pace/guerra e Nord/Sud). Una ulteriore
sollecitazione è stata espressa dalla Kek, in un documento dello scorso 18
dicembre, in cui si ipotizza, tra gli obiettivi dell’Unione Europea, quello
"dello sradicamento della povertà a livello mondiale".

L’obiettivo è ottenere un
ruolo maggiore per le Chiese

Durante l’anno scorso nella
Convenzione è prevalso l’orientamento a inserire integralmente nel nuovo
testo la Carta
di Nizza con la non modificabile espressione :"l’Unione è consapevole
del suo patrimonio spirituale e morale" oggetto a suo tempo di tante
animate discussioni ( il primo testo usava l’aggettivo "religioso"
invece di "spirituale" ; la "laica" Francia impose la
modifica). Inoltre esponenti cattolici di grande autorità ( Scoppola, Le Goff
per esempio) non hanno condiviso la "campagna" sulle radici
cristiane e lo stesso cristianosociale belga J.L. Dehaene vicepresidente
della Convenzione ha fatto capire che lo scontro su questo punto non avrebbe
portato a niente.

Romano Prodi poi in
un’intervista alla rubrica televisiva "Protestantesimo" del 16
giugno di fronte alle difficoltà che il problema sollevava ha esplicitamente
fatto il ragionamento che percorre tutta l’area del cattolicesimo democratico
: "E’ l’etichetta con il nome di Dio o il contenuto che conta? " .

Questa situazione ha indotto
la COMECE e la KEK a moderare molto il
proprio impegno sulla questione delle radici cristiane e in un documento
comune del 27 settembre a formulare invece in tre articoli da proporre alla
Convenzione gli ultimi tre punti sopraelencati.

L’analisi di questa
interlocuzione ufficiale rivela quanto l’attenzione sia incentrata molto sul
ruolo delle istituzioni ecclesiastiche. Si teme di essere confinati nell’area
delle generali e spesso inconcludenti consultazioni della società civile o
delle ONG. Senza godere di una voce autorevole e garantita le chiese temono di
essere costrette ad una azione di lobbing simile a quella dei tanti interessi
particolari organizzati a Bruxelles e sempre aleatoria. Ma sui contenuti
relativi ai grandi problemi planetari si dice ben poco. Del resto la COMECE al suo interno ha
istituito nove gruppi di lavoro, nessuno di questi è sulla cooperazione allo
sviluppo mentre uno è sulla "politica estera e della sicurezza"
dell’Unione . I suoi consulenti sono Michel Camdessus, ex-direttore del Fondo
Monetario Internazionale, alti esponenti dell’imprenditoria e delle
istituzioni pubbliche che si dichiarano cattolici, qualche esponente delle
strutture ecclesiastiche e quasi nessun esponente dei movimenti cristiani
pacifisti o della cooperazione e del volontariato.

Le radici cristiane
piacciono alla destra

Per completare il panorama
di quanto si sta muovendo bisogna dire che a parlare di "radici
cristiane" sono esponenti politici quasi sempre di estrazione politica
moderata o esplicitamente di destra. Per iniziativa dei delegati italiani nel
documento del Congresso del PPE di ottobre fu inserita la proposta che il
preambolo della Costituzione dovesse richiamare "quanto l’Europa deve
alla sua eredità religiosa". Nel progetto del PPE (art.57) è stata
lanciata una formula del tutto simile a quella contenuta nella Costituzione
polacca :"I valori dell’ Unione comprendono i valori di quelli che
credono in Dio come fonte di verità, giustizia, bontà e bellezza così come di
quelli che non condividono questa fede ma rispettano questi valori universali
che provengono da altre origini". Questa proposta è stata formalizzata
all’inizio di gennaio da 26 membri della Convenzione.

Gianfranco Fini, che
rappresenta il governo italiano nella Convenzione, nei suoi emendamenti ai
primi sedici articoli della nuova Costituzione, ha proposto l’eliminazione
del riferimento, peraltro generico, del punto 2 dell’art.2 ad "una
società pacifica che pratica la tolleranza, la giustizia e la
solidarietà" ed ha proposto il riconoscimento delle "comuni radici
giudaicocristiane come valori fondanti del patrimonio dell’U.E". E’ fin
troppo evidente in questo caso l’uso strumentale e quasi provocatorio del
concetto di identità cristiana che viene difesa nel momento stesso in cui si
negano valori evangelici. Anche la Lega Nord partecipa alla campagna per
l’inserimento delle "radici cristiane".

Tra i tanti momenti di
discussione e d’intervento di questi mesi non si possono tralasciare quelli
delle posizioni cattoliche più conservatrici. Esse si sono ritrovate in
dicembre in una "Convenzione dei cristiani per l’Europa" a
Barcellona dove vi hanno diffuso un "Manifesto" . Vi si ripetono le
preoccupazioni sulle questioni della vita, della famiglia, della scuola, si
afferma che "la realtà cristiana è, oltre che radice e base della
civilizzazione europea, senza la quale i suoi fondamenti sarebbero privi di
ragione e di senso, una realtà comunitaria, pubblica, viva ed attiva che deve
essere assunta come tale dalla futura Costituzione europea e dagli ambiti
giuridici che da essa possono derivare ".Questo testo parla anche della
solidarietà coi paesi in via di sviluppo e, all’ultimo punto "della
ricerca della pace mediante la giustizia".

Su una linea più moderata
(ma sempre assente di riferimenti al rifiuto della guerra ed al rapporto
Nord/Sud) è la "Dichiarazione di Cracovia" del 9 marzo. Essa è
stata redatta a conclusione di un incontro tra esponenti di autorevoli
organizzazioni cattoliche europee; tra i promotori Michel Camdessus, ora
Presidente delle Settimane sociali di Francia. Dopo forti affermazioni europeiste
ed il richiamo a valori etici si auspica che nel preambolo della nuova
Costituzione si ricordino "le eredità religiose e culturali"
dell’Europa. Si auspica il riferimento a Dio e si suggerisce a questo scopo
il testo della Costituzione polacca Però tale inserimento "non dovrebbe
escludere nessuno e non dovrebbe permettere che il riferimento a Dio possa
essere utilizzato per fini politici".

L’espressione più compiuta
della posizione integralista che percorre la Chiesa cattolica e che
solo a volte si rende manifesta è contenuta in quanto il Patriarca di Venezia
Angelo Scola ha detto il 24 ottobre all’inaugurazione dell’anno accademico
della Facoltà teologica a Padova : "senza l’oggettivo riferimento
all’esperienza cristiana, la modernità ed il postmoderno non possono essere
compresi aldilà di tutte le difficoltà storiche sorte in Europa nel rapporto
tra le confessioni cristiane e gli stati nazionali" ed ancora"
anche se non ci fossero radici cristiane nella cultura europea- il che è
palesemente falso- la
Convenzione
dovrebbe registrare un riferimento al
cristianesimo ed alla dimensione religiosa per il bene futuro
dell’Europa" .

La "Nota" del
Card. Ratzinger

La ricerca di grandi
ispirazioni per un’idea di Europa come motore di una diversa e alternativa
convivenza internazionale non trova conforto nel recentissima "Nota
dottrinale sul comportamento dei cattolici nella vita politica" della
Congregazione per la dottrina della fede. I principali problemi sono quelli
di sempre : aborto, eutanasia, famiglia, scuola ecc…Del rapporto Nord-Sud non
se ne parla del tutto.

Alla fine di tutti i doveri
dei cattolici in politica si parla anche della pace : "Una visione
irenica ed ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace
mentre, in altri casi, si cede ad un sommario giudizio etico dimenticando la
complessità delle ragioni in questione" . Molti osservatori hanno fatto
presente che, soprattutto in questo momento drammatico, queste posizioni sono
ben più arretrate di quelle di Giovanni Paolo II . Un testo astratto,
scontato, ripetitivo in cui su 31 citazioni 15 riguardano documenti pontifici
e nessuna la Bibbia.
Altri
, anche di parte laica (Cacciari), hanno detto che se
si parla di un’etica del cattolico in politica bisogna rovesciare l’ordine
delle priorità : prima la pace e poi tutto il resto.

La riflessione della
cultura cattolica democratica

Naturalmente il dibattito è
stato più ricco di quanto possa apparire dalle posizioni organizzate od
ufficiali. Una riflessione esiste nel mondo cattolico su un possibile ruolo
del tutto diverso dell’Europa. "Justice et Paix" di Francia e di
Germania nel loro documento congiunto dello scorso 8 maggio parlano di
un’Unione Europea che dovrebbe contribuire alla "organizzazione di un
ordine economico più giusto ed alla ricerca di soluzioni multilaterali ai
grandi problemi mondiali" e che "ha la vocazione a contribuire al
controllo della mondializzazione a scala planetaria. Questo controllo è un
fattore fondamentale di prevenzione dei conflitti nel lungo periodo".

Il Card. Martini, dopo aver
ripetuto la linea ufficiale del Vaticano, ha più volte parlato di
"globalizzazione della solidarietà che rappresenta l’unica prospettiva
che possa permettere una reale promozione della pace e della giustizia per il
mondo intero" e ha ipotizzato che il processo di integrazione europea
dovrebbe iscriversi nella visione profetica di un pianeta unificato sotto un
governo mondiale e di cui il vecchio continente potrebbe divenire un modello
esemplare. Ma la possibile centralità del ruolo dell’Europa per una politica
alternativa sullo scenario mondiale è piuttosto in ombra o assente anche nei
momenti migliori della ricerca dell’area del cattolicesimo democratico. Ad
esempio nel colloquio promosso dal mensile "Il Regno" nel luglio 2001 a Camaldoli su
"Coscienza cristiana e nuove responsabilità della politica" in
tanti contributi di alto livello si notano i confini di una ricerca ricca e
partecipata ma tutta interna alla vicenda della cultura e della politica
europea. Al massimo si è sostenuto che è necessaria una voce unica
dell’Europa in politica estera. Ma per fare che ? O, al più, ancora si è
detto – come ha fatto Prodi in quella sede- che "l’integrazione europea
dà al mondo l’esempio riuscito di un metodo per la pace" nei rapporti
tra gli stati europei.

La cultura laica

Il dibattito sulla questione
delle radici cristiane ha coinvolto anche la cultura laica ; di essa è
difficile fare in questa sede un excursus . Basti comunque ricordare la
meraviglia manifestata di fronte agli interventi vaticani. Si è infatti
ricordato (per esempio da parte di Stefano Rodotà) che i padri dell’Europa
(Schuman, Adenauer, De Gasperi) mai pretesero che nei testi fondativi delle
istituzioni europee (Trattato di Roma del 1957, "Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali" del 1950) si facesse
riferimento a Dio od al cristianesimo e che lo stesso La Pira ritirò la sua proposta
di premettere alla nostra Costituzione la formula "In nome di Dio
…" perché alla fine consapevole delle rotture che essa avrebbe
suscitato.

Interessante è la lettura
della "Dichiarazione di S.Rossore" redatta nello scorso luglio alla
conclusione di un seminario dalle presenze culturali pluraliste su "La Convenzione europea
e le religioni" promosso dalla Regione Toscana. Vi si afferma che negli
Stati dell’UE esiste "un profilo comune di protezione della coscienza e
della libertà religiosa" e che, nella collaborazione selettiva tra Stato
e religioni (obiettivo ora comune a tutti gli stati), "la diversità
delle soluzioni adottate dipende da storie complesse che devono essere
rispettate " . Ciò premesso, "le religioni nell’Unione europea sono
consapevoli di portare una pesante eredità che deriva da secoli di storia
fino al momento cruciale della seconda guerra mondiale e della Shoà. Questa
rottura ed altri tragici eventi fino ad oggi mettono a nudo quanto fragili
siano norme sui valori politici e religiosi". Ora le religioni possono
contribuire a sostenere i diritti contenuti nella Carta di Nizza ma non
"è necessario che la
Convenzione
preveda un complesso sistema per regolare i
rapporti tra i rappresentanti delle religioni e le istituzioni della
UE". Già esistono modi di comunicazione ed essi sono già praticati e
previsti dallo stesso libro bianco sulla governance . Infine si afferma che
"la cornice giuridica fondamentale per la tutela delle Religioni e delle
comunità di pensiero nell’Unione Europea deve inoltre garantire l’autonomia
di governo delle comunità nel contesto dei diritti umani fondamentali e
permettere lo sviluppo della cooperazione in vista della costruzione di una
società pluralista e democratica".

 

 

 

 


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