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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Le donne donano vita alla Chiesa – “Wir sind Kirche, Austria: Lettera dal gregge sulle donne

 

Noi siamo
Chiesa – Austria

Le donne donano vita alla Chiesa

Lettera dal gregge sulle donne

Piattaforma
"Wir sind Kirche"-Austria

 

Care sorelle e cari
fratelli nella comunità della sequela di Gesù Cristo,

questa lettera dal gregge è
indirizzata a tutti voi; è una lettera scritta da cristiane a cristiane e
cristiani, nella quale riflettiamo in particolare sulla situazione della Chiesa
cattolica romana. Alcuni nostri desideri e richieste riguardano soprattutto i
nostri fratelli vescovi, mentre altri riguardano settori più ampi del popolo
cristiano. La lettera vuole essere un invito rivolto a tutti a procedere
insieme, con rinnovato impegno, sulla strada del rinnovamento della Chiesa,
anche sul punto specifico delle relazioni fra i sessi. Diversi hanno intrapreso
questa strada già da molto tempo, mentre altri forse fanno fatica a
intraprenderla. È comunque una strada che molti membri del popolo stanno
percorrendo e continueranno a percorrere, con o senza i loro vescovi.

Dopo aver trattato nelle
lettere precedenti i temi della sessualità, della fratellanza e sorellanza e
del potere, in questa lettera trattiamo delle attività, dei desideri e delle
richieste delle donne. Le questioni riguardanti in modo particolare le donne
sono state sollevate anche nelle precedenti lettere, ma qui vengono esposte in
forma organica. Ci siamo limitate alle questioni poste dalla vita ecclesiale
(nella Chiesa cattolica romana), pur sapendo che le avvincenti tematiche
relative alla vita delle donne si trovano spesso altrove. Ma, da un lato,
riteniamo che i problemi intraecclesiali rispecchino grosso modo la situazione
esistente nella società in generale e, dall’altro, ci sembra che le situazioni
ecclesiali non ancora risolte costituiscano degli ostacoli decisivi per un più
efficace impegno da parte della Chiesa sulle tematiche femminili in seno alla
società. Ci sembra quindi legittimo e consigliabile occuparci in questa lettera
non delle questioni relative alla divisione sociale del lavoro, all’esclusione
delle donne dalle posizioni di potere politiche ed economiche o al controllo
sociale dei corpi femminili, bensì delle questioni che preoccupano le donne in
relazione alla Chiesa (cattolica romana).

Le tematiche donne-Chiesa non
sono certamente al punto di partenza. Anche nella Chiesa il movimento femminile
ha già percorso un buon tratto di strada riguardo al rispetto della giustizia e
alle opportunità di vita per le donne e ha ottenuto anche la solidarietà degli
uomini, a volte anche di quelli che occupano posizioni di guida nella Chiesa.
Ma restano ancora molti ostacoli sulla strada, ed è possibile indicare
ulteriori obiettivi e porre più ampie e incisive richieste a diversi
destinatari. La nostra lettera sarà strutturata in questo modo. Dopo aver
chiarito preliminarmente i concetti basilari relativi alle immagini delle donne
e alla convivenza fra donne e uomini, delineeremo brevemente, su ciascun ambito
tematico, gli sviluppi conseguiti negli ultimi anni dalle donne, gli ostacoli
e le prospettive avanzando concrete richieste a concreti destinatari. In
ultima analisi, lo sviluppo di una Chiesa capace di rendere giustizia alle
donne e agli uomini non dipende dal soddisfacimento dei desideri da parte di
chi sta in alto, poiché ciò è in corso già da tempo. La nostra lettera vuole
mostrare, rinforzare e incoraggiare questo rinnovamento della Chiesa già in
atto e invitare a prendervi attivamente parte.

Immagini
delle donne

La vita concreta delle donne,
ma anche le immagini delle donne sono profondamente cambiate, non da
ultimo a causa del movimento femminile che coinvolge da circa
centocinquant’anni ambiti sempre più vasti della società. Che cosa significhi
essere donna non è chiaro né scontato, anche se spesso ancora nella società e
nella Chiesa verso le donne sono rivolte delle attese assolutamente specifiche.
L’immagine classica della donna presenta le donne quasi come il contrario degli
uomini, in posizione diametralmente opposta; ad esempio: forte-debole,
razionale-emotiva, orientato alle cose-orientata alle persone,
solitario-relazionale, rivolto verso l’esterno-rivolta verso l’interno,
creatore di cultura-legata alla natura, caratterizzato dallo
spirito-caratterizzata dal corpo… = maschile-femminile. Sebbene queste
proprietà indichino a volte differenze realmente esistenti fra uomini e donne,
esse limitano enormemente le donne e gli uomini nella loro umanità qualora
vengano sclerotizzati a queste immagini o quando queste ultime vengano poste
quali ideali da raggiungere. Le donne (e gli uomini) hanno personalità troppo
diverse, troppo ricche e complesse perché modelli così chiari e distinti
possano rendere loro giustizia. Tutti i gruppi del movimento femminile sono
impegnati a lottare contro gli stereotipi che limitano e quindi ostacolano la
vita. In particolare, si è attirata, e si continua ad attirare, l’attenzione
sul fatto che i comportamenti e i ruoli delle donne non derivano
necessariamente da una particolare natura delle donne, dalla loro essenza o
dalla loro specifica vocazione, ma sono fortemente influenzati dalle situazioni
e concezioni sociali. I ruoli dei sessi e le relazioni fra i sessi sono –
perlomeno in notevole misura – costruzioni culturali, quindi il frutto di
convenzioni, tradizioni, immagini precostituite, ecc. Non sono legge di natura
e non sono volontà divina, ma possono essere cambiati. Possono e devono essere
modellati dalla forza umana e i criteri decisivi per la direzione da prendere
sono la giustizia e la promozione della vita di tutte le persone coinvolte.

Che
cos’è femminile?

Le donne sono dolci. Le donne
sono aggressive. Le donne s’impongono. Le donne sono remissive. Le donne
ascoltano. Le donne si fanno sentire. Le donne sono sentimentali. Le donne sono
pratiche. Le donne sono forti. Le donne sono deboli. Le donne fanno carriera.
Le donne restano volentieri a casa. Le donne si trovano bene con i bambini. Le
donne trovano i bambini insopportabili. Le donne si sentono responsabili della
loro famiglia. Le donne si sentono responsabili del loro lavoro, del loro
ufficio, della loro azienda. Le donne amano gli uomini. Le donne amano le
donne. Le donne sono seducibili. Le donne sono incorruttibili. Le donne sono
dure. Le donne sono tenere. Le donne si compiacciono di molte cose. Le donne si
difendono. Le donne cercano la relazione. Le donne stanno volentieri da sole.
Le donne argomentano con la testa. Le donne argomentano emozionalmente. Le
donne si mostrano nell’arena pubblica. Le donne rimangono in orizzonti loro
familiari. Le donne si spostano con la sedia a rotelle. Le donne primeggiano
nello sport. Le donne sono consapevoli del loro corpo. Le donne ignorano le
loro necessità corporali. Le donne vogliono meno sesso. Le donne vogliono più
sesso. Le donne vivono in ville lussuose. Le donne mancano di un tetto. Le
donne desiderano un figlio. Le donne non desiderano alcun figlio. Le donne sono
premurose. Le donne sono fredde. Le donne sono forti e pratiche. Le donne sono
intellettuali. Le donne s’inginocchiano nei banchi di chiesa. Le donne parlano
dal pulpito. Le donne sono dotate per la tecnica. Le donne non sono dotate per
la tecnica. Le donne amano la pace. Le donne vanno alla guerra. Le donne hanno
sempre un gran da fare. Le donne se la prendono comoda…

Sostituite in quest’elenco il
termine "donne" con "uomini". Vi sono forse affermazioni
che non sono più corrette? Vi sono affermazioni che vi sembrano "contro
natura" se applicate agli uomini o alle donne?

Il fatto che una donna non
corrisponda a ciò che ci si aspetta da una donna contraddice la sua
femminilità? O ciò contraddice la nostra concezione della femminilità?

Il fatto che un uomo non
corrisponda a ciò che ci si aspetta da un uomo contraddice la sua mascolinità?
O ciò contraddice la nostra concezione della mascolinità?

Nel movimento femminile si
discute se, per rendere giustizia alle donne, si debba partire da una fondamentale
uguaglianza o da una fondamentale differenza fra uomini e donne. Quelle che
sottolineano l’uguaglianza vogliono assicurarsi che gli esseri umani
siano valutati non in base al loro sesso, ma alle loro capacità e quindi che le
posizioni e le risorse sociali siano accessibili in ugual misura agli uomini e
alle donne. Là dove ciò non accade, occorre adottare concrete misure per la
salvaguardia dell’uguaglianza, come, ad esempio, preferire le donne in caso di
stessa qualifica, fissare delle quote, convidivere il lavoro domestico e
familiare. Quelle che sottolineano la differenza vogliono evitare il
pericolo che si annida nella tensione all’uguaglianza. Infatti, chi esige un
trattamento rigidamente identico delle donne e degli uomini può facilmente confermare
come modello generale, invece di cambiarli, i valori fissati dagli uomini nella
società patriarcale. Ora invece, diverse donne sottolineano il loro essere
donna e cercano, insieme ad altre donne, le possibili strade per comprendersi
come donne senza cadere nei vecchi stereotipi patriarcali. Esse pongono le
"donne" e l’"essere donna" come punto di partenza del loro
pensare ed agire e, preferibilmente, vogliono costruire, a partire di lì, una
nuova società, un nuovo modo di vivere insieme, piuttosto che consumarsi nel
tentativo di cambiare le strutture sociali esistenti.

Ma anche in questo caso si
corre un certo rischio di ricadere in ultima analisi nelle vecchie
codificazioni della femminilità fissate dagli uomini. Perciò, le posizioni di
gran lunga più diffuse sono le forme miste di entrambe le concezioni. Esiste un
ampio consenso sul fatto che siano le donne stesse a dover stabilire il modo in
cui vogliono vivere come donne e vogliono dare forma al loro essere donna. Al
riguardo, il fondamento e l’orientamento devono essere non immagini a priori,
ma le singolarità di ogni persona.

Anche l’antropologia
teologica, cioè la visione dell’essere umano basata sulla teologia cristiana,
indica quest’orientamento aperto. Se le donne e gli uomini sono allo stesso
modo immagine di Dio, se tutti gli esseri umani ricevono capacità e talenti
dallo Spirito di Dio e se la sessualità è uno dei più meravigliosi doni di Dio,
allora non è possibile pensare che Dio abbia inteso l’essere donna in posizione
di svantaggio e non si può giustificare alcuna discriminazione, né sul piano
personale né su quello strutturale, con il rinvio alla volontà di Dio.
L’intangibile capacità spirituale di ogni singola persona è il fondamento
teologico da cui partire per la ricerca di forme di vita e di società che
vincolino le donne e gli uomini, nella realizzazione di questi talenti, non a
un qualsiasi vantaggio umano, bensì alla necessità di rendere giustizia alla
singolarità e alla variegata molteplicità delle sue forme.

Una
Chiesa comune fatta di donne e uomini

Molte donne e uomini si
impegnano insieme a costruire una società in cui vi siano buone condizioni di
vita per le persone di entrambi i sessi e a perseguire un rinnovo che renda
giustizia a entrambi i sessi in seno alla Chiesa cattolica romana. In realtà, i
movimenti femminili hanno stimolato molti cambiamenti nella società e nella
Chiesa; le attività politiche, la riflessione e l’elaborazione teorica sono
state promosse soprattutto dalle femministe. Solo in tempi recenti si è registrata
la nascita e la continua crescita di un movimento parallelo maschile, il quale
conferma che le relazioni patriarcali fra i sessi ostacolano lo sviluppo
veramente umano di entrambi i sessi e che un cambiamento consente anche
agli uomini nuove, positive possibilità di vita.

Nonostante la crescente
solidarietà fra gli uomini e le donne continuano a esistere disuguaglianze
strutturali e ingiusti rapporti di potere. Perciò, continuano a essere
necessari ambienti separati per le donne e per gli uomini, gruppi di donne e
gruppi di uomini, movimenti di donne e movimenti di uomini, nei quali le
persone appartenenti allo stesso sesso possono discutere le loro specifiche
questioni, gioie e problematiche e farne il punto di partenza delle attività
politiche e della ricerca di una cooperazione partenariale fra i sessi. Il
comune cammino richiede, perlomeno a tratti, anche un cammino distinto e
specifico.

Questa lettera del gregge pone
al centro le donne, le loro strade e le loro richieste. Ma non si deve ritenere
che ciò che qui si afferma non valga per gli uomini o che per loro valga
addirittura il contrario. Il pensiero cui siamo abituati nelle strutture della
contrapposizione dei sessi ci porta a volte a cadere in questi malintesi.
Chiediamo agli uomini di considerare questa lettera del gregge un invito alla
solidarietà, all’individuazione della loro posizione e all’elaborazione di
obiettivi da raggiungere.

Diversità
e solidarietà fra donne – Sviluppi

Il movimento femminile del XX
secolo è stato sorretto dalla scoperta che molte difficoltà e svantaggi che
ogni donna cercava di affrontare da sola riguardavano anche altre donne. Negli
incontri, nei gruppi di dialogo e di azione è maturata quella visione di comuni
obiettivi e comuni richieste "delle donne" che era importante in se
stessa e necessaria per l’individuazione e il perseguimento dei diritti
fondamentali.

Ma questo sentimento di
comunanza si è sempre dolorosamente frantumato nel fare esperienza che le donne
hanno, in ultima analisi, concezioni e interessi molto diversi fra loro. La
liberazione delle donne è concepita diversamente non solo dalle donne che
appartengono a culture diverse, ma anche dalle donne che appartengono a diversi
ambienti sociali. È concepita diversamente dalle donne lesbiche rispetto alle donne
eterosessuali, dalle donne che lavorano fuori casa rispetto alle donne che si
dedicano quasi esclusivamente alle faccende domestiche. Queste diversità
generano concorrenza e conflitti. Costringono a valutare criticamente
l’auspicata comunanza e a prendere sul serio la varietà della vita reale delle
donne.

Le donne si sforzano di
affrontare queste differenze in modo creativo e di sviluppare una forma di
solidarietà fra le donne basata non sull’impossibile omogeneità, ma su una
"diversità senza gerarchia" (Judith Plaskow). Si sforzano di
riconoscere il loro buon diritto a quelle che hanno scelto altre forme di vita
e portano con sé altre esperienze di vita e di intendere il confronto come
un’opportunità da cui ognuna può imparare qualcosa.

Ostacoli

Anche in ambito ecclesiale le
donne di diversa mentalità, origine e forma di vita entrano in concorrenza fra
loro e vengono contrapposte le une alle altre. Ciò avviene soprattutto là dove
si continuano a coltivare e proclamare certe immagini unilaterali dei ruoli
femminili, ai quali corrisponde solo una parte delle donne: l’immagine della
moglie, della donna di casa e della madre (nella famiglia "perfetta",
composta di padre-madre-figli) e, come unica alternativa, l’immagine della
religiosa. Le donne che vivono da sole, le donne che vivono in relazioni non
stabili, le donne lesbiche, le donne sole con figli, le donne sovraccariche dal
lavoro professionale, le quali affidano ad altre persone gran parte della cura
ed educazione dei figli, vengono invariabilmente considerate, con conseguente
svalutazione, come donne che si discostano dall’ideale prefissato. Così ogni
affermazione sulla "donna nella Chiesa" o sulla "posizione e
vocazione della donna" suggerisce omogeneità, mentre nella realtà esistono
grandi differenze. Il desiderio di fare affermazioni generalmente valide sulle
donne livella e riduce la realtà.

Prospettive

La Chiesa cattolica romana è una comunità variegata che riunisce
donne di diversa mentalità e forma di vita. Riteniamo che sia un’opportunità e
un arricchimento per tutti il fatto di riuscire a stabilire l’incontro e
avviare un’aperta discussione sui conflitti causati dalle contrapposizioni
esistenti.

Vogliamo contribuire a
realizzare una Chiesa nella quale le donne acquistino coraggio e fiducia in se
stesse, accettino la diversità, non si contrappongano le une alle altre, ma
riconoscano autorità a ogni donna a partire dalla sua forma ed esperienze di
vita.

Ci auguriamo donne e uomini
che rinuncino a presentare il loro modello preferito dell’essere donna come il
modello vero, naturale o migliore rispetto a tutte le altre possibilità,
misurando così le donne con un unico metro.

Dai responsabili della guida
della Chiesa ci aspettiamo che si astengano dal fare affermazioni generali
sulle donne e percepiscano e prendano sul serio la varietà della vita reale
delle donne.

Ci auguriamo una Chiesa nella
quale ogni donna sia rispettata e considerata per le sue scelte ed esperienze
personali di vita.

Bibbia

Sviluppi

Per le donne la Bibbia è un libro
conflittuale. Da migliaia di anni i suoi scritti hanno rafforzato e consolato
le donne e da migliaia di anni vengono usati per giustificare l’oppressione
delle donne. In tutti questi secoli le donne si sono dibattute in questo
conflitto e hanno cercato di contrastare le tendenze discriminatorie e di
attingere forza agli stimoli positivi: una lunga tradizione di interpretazione
della Bibbia da parte delle donne che oggi continua nell’esegesi teologica
femminista.

L’interpretazione della Bibbia
è quella parte della teologia femminista che, da un lato, si è inserita meglio
nella discussione teologica generale e, dall’altro, ha influenzato più
profondamente le attività concrete della cosiddetta base, cioè delle parrocchie
e dei gruppi biblici. L’esegesi femminista ha già prodotto molti risultati. Ha
chiarito che il messaggio profetico di Dio al fianco dei poveri e degli
emarginati vale anche e soprattutto per le donne. Ha riletto, ad esempio, il
racconto del cosiddetto peccato originale come un racconto che non getta la colpa
solo su Eva, ma considera responsabili allo stesso modo l’uomo e la donna. A
partire dalla storia di salvezza d’Israele l’esegesi ha colto sotto una nuova
luce la figura di donna. Ha restituito alle donne che seguivano Gesù la loro
alta considerazione. L’esegesi femminista ha potuto dimostrare che nel Nuovo
Testamento sono presentati come modelli della fede sia uomini che donne. Ha
anche dimostrato che le donne esercitavano funzioni e ministeri nelle prime
comunità cristiane. Ha pure smascherato e corretto molte falsificazioni nella
storia della trasmissione dei testi biblici.

Ma le ricerche della teologia
femminista hanno dimostrato che il conflitto non si trova solo a livello di
utilizzazione e trasmissione dei testi, bensì anche nella Bibbia stessa. Anche
ciò che la Bibbia
racconta di Dio e del popolo di Dio, di Gesù e della giovane Chiesa, è
influenzato dalla continua lotta per assicurare una giusta relazione fra i
sessi, rispecchia prospettive androcentriche e patriarcali ed evidenzia anche
tendenze oppressive e ostili alle donne. Mentre all’inizio l’esegesi femminista
si è occupata soprattutto della riscoperta delle figure bibliche femminili, da
qualche tempo accorda una maggiore attenzione alla questione del carattere
storico degli scritti biblici e alla loro esegesi. Quali conseguenze comporta
la profonda ambivalenza della Bibbia per il tentativo di intenderla quale libro
della fede?

Negli ultimi anni si sono
molto diffuse le scoperte fatte grazie a questo nuovo sguardo, vigile e
criticamente interrogante, che cerca di scoprire le donne bibliche o il
significato e l’influenza di un testo biblico per le donne e sulle donne. In
molti gruppi femminili, ma anche in molti gruppi biblici composti di donne e
uomini, la Bibbia
è stata, ed è, letta con questo nuovo sguardo. Così si è richiamato alla
coscienza il fatto che le donne sono state, lungo tutta la storia della
salvezza, importanti veicoli di questa storia, il che ha contribuito anche a
ricollocare le donne in una posizione più adeguata nelle odierne comunità
cristiane.

Per molte donne l’esegesi
femminista ha aperto un accesso del tutto nuovo al "Libro dei libri"
e le donne bibliche così riscoperte sono diventate compagne di viaggio e figure
di identificazione. Un approccio biblico più libero, più creativo e aderente
alla vita, quale è quello che viene presentato dalla pastorale biblica nel suo
insieme, è diventato molto importante, soprattutto per le donne critiche, e ha
permesso alla Bibbia, come libro di vita, di acquisire per loro un nuovo
significato e una nuova importanza.

L’impegno a non continuare a
proporre le tendenze ostili alle donne proprie di diversi testi biblici e
soprattutto della storia dell’interpretazione ha raggiungo nel frattempo anche
l’ambito delle commissioni ufficiali, le quali stanno riflettendo, ad esempio,
sull’adozione di un nuovo lezionario per le celebrazioni liturgiche, dal
momento che nel lezionario domenicale attualmente in uso le donne bibliche sono
vistosamente sottorappresentate. Esistono già traduzioni della Bibbia e anche
lezionari che – pienamente giustificati sul piano scientifico – correggono il
linguaggio androcentrico (linguaggio che privilegia gli uomini) e nominano
anche le donne ogni qualvolta esse sono chiamate in causa dal testo.

Ostacoli

Pur essendosi già relativamente
diffuse, le conclusioni raggiunte dalla ricerca scientifica biblica
critico-femminista sono ancora ben lungi dall’aver raggiunto un sufficiente
numero di parrocchie, gruppi, organi diocesani e responsabili delle comunità
cristiane. Si comincia appena ora a lavorare a un nuovo lezionario, e nelle
normali celebrazioni domenicali le donne bibliche sono ancora praticamente del
tutto assenti, mentre si continua sbadatamente a proclamare come parola di Dio
certe pericopi chiaramente ostili alle donne (per esempio, passi della Lettera
a Timoteo nella domenica della sacra Famiglia!).

I sussidi e i materiali già
disponibili sono ancora poco usati e non sono fatti conoscere alle parrocchie
da parte degli uffici diocesani. È il caso, ad esempio, della versione delle
letture domenicali redatte in Austria in linguaggio inclusivo da esegeti ed
esegete e basate sulla traduzione interconfessionale (anche gli inserti grazie
ai quali si può rendere giustizia alle donne nell’Ufficio delle ore non sono
ancora usati in molte parrocchie!).

Sembra che resti ancora molta
strada da fare anche riguardo all’educazione e alla formazione permanente dei
predicatori e delle predicatrici, che molto raramente accennano al possibile
diverso significato che può avere un determinato testo biblico per le donne e
per gli uomini o non si sforzano abbastanza di leggere la Bibbia anche dal punto di
vista di coloro che sono svantaggiati. Finché si useranno nella proclamazione
della Parola testi ostili alle donne, è compito urgente della predicazione
prendere criticamente posizione al riguardo.

Sembra fare problema anche il
poco spazio accordato, pure nella teologia scientifica, alla discussione delle
questioni relative all’ermeneutica biblica critica. La domanda su ciò che si
può ancora trarre dal deposito della fede tramandato quando si prende veramente
sul serio la critica femminista è non solo una preoccupata domanda che si
pongono coloro che guidano la
Chiesa
, ma anche tema di discussione aperto tra le teologhe e
i teologi. Non è sempre facile conciliare l’analisi critica della Bibbia, che
cancella la presenza delle donne o perlomeno non le lascia emergere nella loro
visibilità e il bisogno della Bibbia quale fonte di vita, attraverso cui Dio
parla anche a noi oggi. Non si può ancora dire se questi approcci produrranno
una contrapposizione distruttiva o potranno essere tenuti in una fruttuosa
tensione.

Non porta comunque da nessuna
parte il voler risolvere questa tensione in modo fondamentalistico. Le
affermazioni temporalmente condizionate, socio-culturali e androcentriche della
Bibbia non devono essere semplicisticamente poste allo stesso livello con la
parola ispirata di Dio. Si continua ancora, e negli ultimi tempi in misura
evidentemente crescente, a piegare la
Bibbia
con precipitazione e leggerezza quale fondamento
indiscutibile di affermazioni o definizioni teologiche e/o
ecclesiastico-organizzative. Le dichiarazioni magisteriali e le motivazioni
teologiche, che non si pongono nella discussione della teologia scientifica e
ignorano ostinatamente le conclusioni e le domande degli esegeti e delle
esegete, perdono la loro credibilità.

Prospettive

Lo sviluppo che abbiamo
descritto procederà in avanti. L’approccio biblico critico-femminista e
creativo-attualizzante verrà scelto da un numero crescente di gruppi,
associazioni, parrocchie. Le donne stimoleranno sempre più spesso i loro
parroci, lettori e lettrici, a usare un nuovo lezionario, con traduzioni che
rendano giustizia ai generi sessuali, anche senza le relative norme diocesane o
superiori.

L’esegesi biblica femminista
continuerà nel suo lavoro e non rifiuterà neppure in avvenire il dialogo con
gli esegeti maschi e con il magistero.

Le donne prenderanno in mano la Bibbia, non se la
lasceranno strappare, continueranno a reclamarla come un libro che libera, a
leggerla insieme come libro ispirato dallo spirito di Dio e a interpretarla in
modo creativo alla luce della loro vita.

Ci auguriamo per questo

– più apertura nella
discussione teologica;

– miglior sostegno
positivo per una diversa collocazione dell’esegesi femminista nella parrocchie,
nelle celebrazioni liturgiche e nei gruppi biblici da parte degli organi
diocesani e delle norme della conferenza episcopale (per esempio, lezionario,
ordinamento delle letture…);

– più attenzione da parte
dei predicatori e delle predicatrici alle questioni relative al rapporto fra i
sessi.

Immagini
di Dio

Sviluppi

Laddove l’incontro con
l’Ineffabile tende verso l’espressione e la comunicazione, esso si deve servire
di parole e immagini limitate. Molte donne e uomini sentono che le immagini
acquisite nel corso della loro socializzazione ecclesiale sono inadeguate per
esprimere la loro attuale spiritualità. Sentono spesso che le immagini e le
parole che si usano per indicare Dio sono "troppo umane", e diverse
persone in particolare sentono che sono troppo maschili e legate al potere.
Accanto alla crescente opzione del silenzio in campo religioso si registra
anche un’intensa ricerca di nuove immagini, di formule di fede espresse in modo
non dogmatico. Questa ricerca attinge al grande tesoro della tradizione biblica
e della mistica cristiana, che sono delle fonti per questo scopo come
l’incontro con la ricchezza di immagini delle altre religioni, e la propria
fantasia.

L’insoddisfazione delle donne,
che qui deve essere colta a partire da un più ampio contesto, nei riguardi di
un’immagine di Dio unilateralmente maschile, ha prodotto una serie di tentativi
creativi tesi a nominare il divino al femminile.

Si riscoprono immagini
bibliche femminili passate finora pressoché inosservate: Dio Madre, la divina
Sapienza (Sophia), la
Forza
spirituale divina (Ruah). Nelle formule
tradizionali della preghiera si cerca di introdurre "madre" accanto a
"padre" o di indicare lo "Spirito Santo" al femminile, in
fedeltà al termine originario. S’intende la venerazione cattolica di Maria –
indipendentemente dalla madre biblica di Gesù – come espressione della
necessità di una madre divina, e si vedono in maniera nuova le sue
rappresentazioni come immagini di un volto femminile del divino, come "Dea
segreta del cristianesimo". Si studia sotto nuova luce la grande varietà
delle immagini di dee della altre religioni, soprattutto delle religioni
storiche, e anche le donne cristiane introducono il termine "Dea", anche
se spesso con esitazione e cautela, nel loro linguaggio religioso. Altre
attingono al tesoro delle immagini non personali, come "amore
onniavvolgente", "origine e fonte dell’essere", che permettono
delle variazioni fra le forme (grammaticali) maschili e femminili.

Sono solo alcuni esempi del
tentativo di rimediare alla deformazione del divino, ridotto a un idolo
maschile-potente, ed evitare al tempo stesso le acrobazie richieste dal pensare
correttamente un essere che viene citato esclusivamente al maschile quale un
essere non maschile (in quanto sovrastorico). Questa varietà di immagini
religiose apre degli spazi per lo sviluppo spirituale e rappresenta al tempo
stesso un invito rivolto a coloro che, a causa di una gretta formazione
religiosa, associano le immagini tradizionali di Dio con la paura e
l’oppressione.

Ostacoli

Ma questo sviluppo vitale è
reso più difficile dal fatto che il linguaggio ecclesiale ufficiale,
soprattutto il linguaggio liturgico, resta attaccato all’esclusività della
terminologia tradizionale, la quale, a causa della sua origine storica, pare
assolutamente insensibile proprio nei riguardi di quegli ambiti che oggi
richiedono una particolare sensibilità. Anche se sul piano teologico il
"Padre onnipotente" o il "Re del cielo, Signore dell’universo"
possono essere compresi in modo diverso, di fatto le parole evocano immagini di
una superiorità maschile che si spinge fino alla violenza del dominio. Oggi,
anche il rivolgersi a Dio come "Signore", come si fa molto spesso e
con profonda radicazione nella Bibbia, ha questo strano sapore. Molte
rappresentazioni bibliche correnti negli ambienti ecclesiali favoriscono queste
associazioni e rafforzano l’impressione di predominio divino-maschile.

Al di là di tutte le
affermazioni seriamente intese secondo cui, dal punto di vista cristiano,
l’uomo e la donna devono essere considerati come aventi la stessa dignità,
occorre urgentemente chiedersi in che misura termini centrali della fede
cristiana non si fondino su un’implicita superiore valutazione del maschile. La
mascolinità è un tratto genuino dell’immagine cristiana di Dio, come si
chiedono molte donne che già da tempo si sono distanziate dal cristianesimo? Ma
se Dio non è sessuato (e su questo la teologia e la dottrina cristiana non
hanno dubbi) perché è così difficile accompagnare le immagini maschili con
adeguate immagini femminili? È possibile "tradurre" le espressioni di
fede tramandate in un linguaggio attuale, che non privilegi né l’uno né l’altro
sesso? La nostra lingua non permette di esprimere la relazione personale in
modo asessuato: una persona è "egli" o "ella". Come
"tu" privo di immagini la lingua può restare asessuata, ma in questo
caso non si può aggiungere alcun altro nome. Le immagini personali sono
irrinunciabili per la concezione cristiana di Dio? E se la ricerca di immagini
personali vuole coscientemente esprimere anche la femminilità, come vanno
scelte queste immagini per evitare che riproducano ancora una volta descrizioni
unilaterali di ruoli (come, ad esempio, dedizione e tenerezza quali elementi
femminili di Dio in contrapposizione a quelli maschili)?

Bisognerebbe poter discutere
tali questioni senza temere l’esclusione e con la disponibilità ad accettare
profondi cambiamenti.

Prospettive

L’afonia religiosa, che oggi
si va diffondendo nelle società pluraliste, non può essere superata
semplicemente con la ripresa di formule tramandate. Il fatto che le donne (e
gli uomini) cerchino nuove immagini e parole per il divino e si lasciano
guidare in questo, fra l’altro, dal rifiuto di una concezione di Dio
maschile-potente è un segno di speranza e un’espressione di vitalità spirituale
che non sempre è possibile mantenere entro i binari della continua tradizione
cattolica, ma che comunque incide fruttuosamente sul linguaggio della Chiesa.

Purtroppo c’è anche il rischio
che, per mancanza di disponibilità al cambiamento, il linguaggio delle
espressioni ufficiali della Chiesa, nonché dei testi liturgici e delle
preghiere, si allontani sempre più da quelle forme di espressione nelle quali
le persone mosse dalla fede cristiana e dall’esigenza della liberazione delle
donne danno parola alla loro esperienza e persuasione religiosa.

Ci auguriamo e ci impegniamo
perché:

– si provvedano e curino
ambienti nei quali la religiosità personale possa trovare la propria autentica
espressione e il proprio linguaggio;

– coloro che sono
incaricati della predicazione scelgano con cautela i modi attraverso i quali
essi dicono l’Indicibile, colgono attraverso immagini l’Inimmaginabile; evitino
l’uso sconsiderato delle formule abituali; si rendano sensibili alle ferite
prodotte da immagini religiosamente elevate prodotte dal potere (lo strapotere)
maschile, sia a livello verbale sia nella configurazione iconografica degli
edifici adibiti al culto;

– il linguaggio
ecclesiale sia arricchito con immagini tratte dalla tradizione biblica e
mistica, che non comportino tratti maschili e accentuazioni di dominio;

– da parte della teologia
e da parte della guida ufficiale della Chiesa si avvii un’approfondita
discussione sul modo in cui poter introdurre nelle formule ed espressioni
centrali della fede cristiana i titoli femminili del divino, senza tradire la
tradizione, ma anche senza continuare a tramandare un’implicita superiorità del
maschile.

Congedo dal Padre celeste

In cielo tutto tace,

nessuna parola attraversa il
silenzio.

È morto colui che vi abitava

o è segretamente partito?

Non si sa quanto egli è
scomparso,

gli spazi sono vuoti.

A lungo non l’ho trovato,

non lo cerco più.

Non vi è alcun giudice, la cui
volontà

mi assegni punizione e premio.

Nessun Onnipotente che silente

guidi il destino del nostro
mondo.

Nessun Onnisciente, che da
tempo

tutto abbia programmato e
previsto,

che ne caso di un caso

intervenga nell’accadere.

Non vi è più Padre lassù,

che esaudisca il mio grido e
lamento.

Ma anche nessun dito,
gravemente sollevato,

e nessun braccio che rechi
protezione.

Mai vi è stata una madre,

che dolce e tenera mi consoli.

Nessuna mano, che dal male

preservi il mio passo.

Nessuno che dia leggi,

ciò che lascio, ciò che
faccio.

Devo decidere come vivo

nessun occhio che mi scruti.

Solo il vento va per gli spazi

di un cielo vuoto e
silenzioso,

e spazza via i sogni della
fanciullezza

e spira, dove vuole.

Dal CD Lust und Liebe
di Claudia Mitscha-Eibl

Immagini
di Maria

Sviluppi

Per molti secoli, come
"madre di Dio" Maria di Nazaret è stata, per così dire, il baluardo e
il rifugio del femminile nel cristianesimo di matrice cattolica. Nella Chiesa
l’influenza della venerazione di Maria sulle donne è stata conflittuale. Da un
lato, Maria è stata per molte donne una figura celeste alla quale si
rivolgevano di preferenza, una figura presso la quale si sentivano accolte e
comprese nelle concrete necessità della loro vita di donne; dall’altro, nella
sua inimitabile purezza di vergine e madre Maria è stata un modello cui le
donne in carne e ossa non riuscivano a corrispondere. La grande considerazione
per la madre di Dio non è stata neppure sempre una garanzia per la stima delle
donne nella loro concretezza. Molto spesso si è usata la "serva del Signore"
per rendere le donne serve di tutti i possibili signori.

Così non poche donne,
prendendo coscienza di sé e adottando uno sguardo critico, si sono allontanate
dalla pietà mariana di stampo cattolico. Dietro le deliziose descrizioni e
spiegazioni teologiche esse scoprono un profondo disprezzo delle donne, che si
mostra tra l’altro nella continua riproposizione della classica famiglia
patriarcale: un padre severo e una madre amorosa, che con la sua remissività
favorisce in definitiva l’esercizio oppressivo dell’autorità paterna.

Le donne hanno invece
(ri)scoperto, soprattutto negli ultimi trent’anni, un’altra Maria, quella del
Nuovo Testamento: una giovane donna che, come donna non sposata rimasta
incinta, viene a trovarsi in una situazione passibile di morte e ha la fortuna
di vedere che l’uomo al quale è promessa si mette dalla sua parte; una donna,
la cui oppressione e umiliazione rispecchia l’oppressione e l’umiliazione del
popolo di Israele e incarna la speranza di quel popolo in Colui che comincerà l’edificazione
del suo regno di Dio proprio partendo dai poveri e dagli umili. Una madre, che
si trova in difficoltà con il figlio rivoluzionario, viene da lui respinta, non
riesce a impedirne la morte ignominiosa; una donna, che appartiene alla
comunità della sequela di Gesù, a coloro che ricevono la forza divina dello
Spirito.

In questa donna molte donne
hanno trovato una nuova amica, una sorella nella fede. Esse vedono in Maria una
donna che cerca come loro di camminare nella fede, che comprende alcune cose e
non ne comprende molte altre e lotta continuamente per conservare la fiducia.
Per loro Maria di Nazaret è una fra le tante donne che sono attorno a Gesù, con
le quali possono identificarsi e che sono per loro consolazione e modello al
tempo stesso.

La riscoperta della Maria
biblica ha messo in luce anche la donna che canta il Magnificat, il
canto di liberazione e cambiamento delle gerarchie sociali. In essa hanno
riconosciuto i prodromi teologici di una liberazione tutti quelli che, nella
tradizione dei profeti e delle profetesse, proclamano l’opzione di Dio per i
poveri. Le teologhe femministe hanno potuto mostrare con i loro lavori che
Maria deve essere vista in linea con le donne dell’Antico Testamento, le quali
indicano sempre chiaramente che Dio sa bene che le donne sono da annoverare tra
i più poveri dei poveri e che la loro liberazione è quindi la misura della
realizzazione della giustizia che egli pretende.

Un approccio del tutto diverso
a Maria hanno trovato le donne che, nell’iconografia, nelle preghiere e nelle
forme di devozione, hanno intravisto somiglianze spesso sbalorditive con le
divinità femminili delle diverse tradizioni religiose. Nelle immagini della
vergine, della madre e della figura che accompagna alla morte trasparirebbero
le figure originarie della Dèa, che però, così si critica, nella loro
identificazione con Maria verrebbero assoggettate al Dio maschile e subordinate
alle sua opera redentrice. Si tratterebbe quindi di restituire chiaramente alla
"Dèa segreta del cristianesimo" il suo rango quale Dèa.

Ostacoli

L’immagine di Maria continua a
essere un campo privilegiato di proiezione dei bisogni ancestrali. Nel
cristianesimo, la profonda nostalgia dell’archetipo della madre che dà
sicurezza, e della Dèa che rappresenta la trascendentalità del femminile,
trovano ancora il loro sfogo nella venerazione di Maria. Finché queste
proiezioni non saranno orientate nella loro giusta direzione, cioè verso
l’immagine di Dio, la loro forza spirituale sarà mal riposta. Il messaggio
conflittuale che, da un lato, onora la femminilità e, dall’altro, le fissa un
rango ben preciso e subordinato, permane e annulla il messaggio biblico della
liberazione, che vale anche e in modo esemplare per le donne.

In vari ambienti cattolici si
sostiene nuovamente che la fede in un particolare ruolo di Maria nella
redenzione dell’umanità appartiene al deposito essenziale della fede cristiana.
Si chiede di dichiarare dogma di fede la dottrina di Maria
"corredentrice" e "mediatrice di tutte le grazie". Il
concilio Vaticano II ha già rifiutato, con valide motivazioni teologiche e
soprattutto cristologiche, la possibilità di elevare al rango di dogma una
mariologia discussa. Essa non porterebbe neppure a una rivalutazione delle
donne nella Chiesa, ma rafforzerebbe piuttosto un’immagine dell’essere donna e
della femminilità nella quale la rivalutazione delle donne, senza le quali il
mondo non può funzionare né essere salvato, verrebbe garantita mediante una
definizione delle donne basata anzitutto sulla loro capacità biologica di
generare e sulla costrizione in ruoli del tutto particolari che esse dovrebbero
svolgere in silenzio, dietro le quinte. Si renderebbe certamente un miglior
servizio alle donne attraverso una giusta e pubblica stima delle loro capacità
individuali e attraverso un accesso paritetico a tutti i ministeri e a tutte le
funzioni.

Prospettive

La nostalgia e la ricerca di
una rappresentanza femminile del divino non cesserà. Desideriamo che, nel
cristianesimo, queste forze non vengano indirizzate verso Maria, ma verso
l’immagine di Dio. Occorre quindi cambiare la predicazione e le immagini della
nostra fede in Dio. Anche vari canti, rappresentazioni o luoghi di
pellegrinaggio mariani dovrebbero essere reinterpretati e considerati forme
espressive e luoghi di adorazione del volto femminile del divino. Maria può
allora apparire come la donna di cui si parla nel Nuovo Testamento.

Oggi le affermazioni
dogmatiche su Maria dovrebbero essere intese come affermazioni relative alla
redenzione e all’accoglienza presso Dio donata a tutti gli esseri umani. Maria
non è una donna specialmente privilegiata, ma un essere umano esemplare.

Un nuovo approccio a Maria
costituirebbe un prezioso aiuto per la necessaria riconsiderazione dei punti
focali della fede cristiana: la fede in Dio, presso il quale/la quale trovano
il loro buon soddisfacimento tutti i profondi desideri umani, e il messaggio
della redenzione da parte di Gesù Cristo che era Dio e uomo. In questo contesto
Maria, come compagna di viaggio nella fede e come simbolo della realtà della
redenzione, resta una figura centrale del cristianesimo.

Liturgia

Sviluppi

Le celebrazioni liturgiche cui
le donne danno forma insieme, per loro e fra loro, hanno già trovato, sotto
varie denominazioni, un’ampia diffusione. Come preghiera delle donne, liturgia
delle donne o liturgia femminista, esse vengono regolarmente praticate in molte
parrocchie e case di formazione e sempre più spesso riconosciute come parte
integrante delle giornate di ritiro per le donne, delle riunioni del movimento
femminile cattolico, dei convegni di teologia femminista e di altri eventi del
genere. Ciò che è cominciato alcuni anni addietro in via sperimentale in
piccoli gruppi è diventato nel frattempo il movimento liturgico femminile, con
propri ambiti di confronto, momenti formativi e un numero crescente di
pubblicazioni.

Le liturgie femminili sono
scaturite dall’insoddisfazione delle donne nei riguardi delle celebrazioni
liturgiche tradizionali e dalla necessità di rendere feconda la nuova coscienza
della fede delle donne anche nella liturgia. Per molte donne l’abituale
celebrazione domenicale è troppo distante dalle loro concrete esperienze
quotidiane. Il linguaggio e le immagini – dal "fratelli" all’immagine
di Dio – vengono vissute dalle donne come una ripetuta umiliazione. Nelle
liturgie femminili invece esse hanno la possibilità di condividere le loro
esperienze e lasciar così diventare visibile anche nella liturgia la vita
vissuta concretamente. In queste liturgie ci si rivolge coscientemente a Dio
(anche) con titoli femminili e si usa in genere un linguaggio comprensibile e
aderente alla vita. Si dà molto spazio alla preghiera con il coinvolgimento di
tutti i sensi, per esempio attraverso danze liturgiche.

Nel cristianesimo, il
movimento liturgico femminile è un punto di cristallizzazione della
spiritualità femminista, che cerca, partendo dalle esperienze, di incamminarle
verso il cambiamento delle strutture patriarcali e verso la ricerca di nuovi
forme di vita, interpretando in maniera nuova, sviluppando e rimodellando così
la tradizione cristiana. In tutto questo l’elemento cruciale è l’intreccio
diretto di spiritualità e vita concreta, sia sul piano personale sia
comprendendo che la fede e la teologia stanno e sorgono sempre in un
determinato contesto sociale storicamente caratterizzato.

Quali
sono i tratti distintivi delle liturgie femminili/femministe?

– Le liturgie delle
donne/femministe sono i luoghi e i tempi nei quali la vita delle donne si
condensa e viene posta in relazione con Dio, nei quali la presenza del divino
in parole e segni si esprime chiaramente nel cuore stesso delle esperienze
delle donne. Nella liturgia trova spazio ciò che plasma la delle donne, che in
tal modo non resta escluso. In essa altre donne raccontano le loro esperienze,
si parla delle donne del passato, Dio viene nominata come compagna e amica
della nostra vita.

– A questo processo di
riunione e condivisione partecipa tutta la donna, corpo, anima e spirito.
Totalità e gioia dei sensi mediate nelle forme espressive sono un importante
tratto distintivo delle liturgie femminili, nelle quali giocano spesso un ruolo
notevole i contatti, danza, profumi, colori, meditazioni corporee e cose del
genere. Nelle liturgie femminili il corpo viene richiamato alla memoria non
solo come veicolo di tutte le esperienze, ma anche come luogo del divino.

– Nelle liturgie
femminili, insieme alla vita concretamente vissuta dalle donne, emergono anche
le esperienze di oppressione e discriminazione come le esperienze di
liberazione e superamento delle limitazioni sia interne che esterne. Si
coinvolge nella celebrazione non solo la propria storia personale, ma viene
consapevolmente percepito anche il contesto sociale. Le liturgie femminili non
sono avulse dal tempo, ma si collocano coscientemente nel contesto della lotta
sociale delle donne per la giustizia. Vengono intese come conservazione e
condivisione della forza e della speranza necessarie per avanzare sulla strada
del cambiamento dei rapporti patriarcali.

– L’intreccio di segni di
morte e di vita che plasma la vita, e quindi anche le celebrazioni delle donne,
e l’intreccio di conforto e compito appaiono soprattutto in due elementi
centrali delle liturgie femminili: la lamentazione e la benedizione.

– La lamentazione dice
ciò che non deve essere, chiama l’ingiustizia ingiustizia, è forse dura e può
fare male, ma proprio grazie alla sua lucida protesta genera forza e vita.
Lasciando che attraverso la lamentazione le esperienze di discriminazione e
violenza delle donne trovino posto nella liturgia si evita il rischio di
stravolgere la liturgia riducendola a un innocuo luogo di riposo.

– La celebrazione della
benedizione esprime la persuasione che le donne sono chiamate alla salvezza e
che la loro vita di donne è benedetta. Contro l’esclusione sociale, contro la
presunta macchia dell’essere donna si pone il conforto di Dio, il bene-dire
dell’esistenza al femminile. Sapere di essere benedette significa allora sapere
di essere inviate a realizzare la giustizia, creare la pace, preservare la
creazione, in una parola, a lasciar riaffiorare la benedizione che Dio ha posto
in tutti gli esseri viventi e in tutte le cose.

Sintesi
tratta da Veronika Prüller-Jagenteufel, "Gebet und Manifest gehören
zusammen – Liturgische Impulse für die und von der Synode", in Gertraud Ladner-Michaela
Moser (a cura di), Frauen bewegen Europa. Die Erste Europäische Frauensynode
– Anstösse zur Veränderung,
Thaur-Wien-München 1997, 124-134.

Ostacoli

Nel movimento liturgico
femminile le discussioni più accese riguardano il posto che hanno, o devono
avere, in queste celebrazioni liturgiche la Bibbia e la riflessione cristologica. Esistono al
riguardo sviluppi molto diversi che non dovrebbero essere frettolosamente
giudicati in base a un rigido criterio di ortodossia.

Finora le liturgie femminili
sono in gran parte "celebrazioni eccezionali", anche se in vari
luoghi e parrocchie vengono regolarmente celebrate. Le donne che sono integrate
nelle loro comunità parrocchiali partecipano in genere anche alla
"normale" celebrazione domenicale della parrocchia. Così molte
sperimentano dolorosamente la discrepanza che esiste fra la celebrazione
aderente alla vita che avviene nel piccolo gruppo e la liturgia tradizionale.
Anche se molte cose si possono praticare adeguatamente solo nei piccoli gruppi,
la comunità parrocchiale ha comunque la possibilità di celebrare la propria
liturgia in un modo più vivo e aderente alla vita e anche, e soprattutto, più
giusto nei riguardi delle donne. Finora troppo poco di quanto nelle liturgie
femminili ha una buona tradizione è entrato a far parte delle celebrazioni
liturgiche della comunità cristiana. Le esperienze concrete delle donne (e del
resto anche quelle degli uomini) vi trovano troppo poco spazio, e troppo spesso
la vita realmente vissuta ne resta al di fuori. Nelle celebrazioni liturgiche
domenicali non si usa praticamente mai un linguaggio che renda giusta ragione a
entrambi i sessi o non ci si rivolge mai a Dio con immagini femminili.

Se le esperienze della
celebrazione liturgica della comunità cristiana si discostano troppo da quelle
della liturgia delle donne, se la liturgia domenicale recepisce troppo poco
delle nuove forme liturgiche, la reciproca fecondità diventa impossibile e
rende difficile un accostamento spirituale e liturgico delle donne nella comunità
cristiana.

Prospettive

Per le Chiese la liturgia è
sempre stata un luogo essenziale della teologia, un locus theologicus,
nel quale appare, si attua e sviluppa ulteriormente ciò che la comunità di fede
crede, il modo in cui essa interpreta ed esprime la propria fede. Le liturgie
delle donne sono i luoghi nei quali esse fanno teologia, affrontando
autonomamente il problema della configurazione del cristianesimo e
sviluppandola in modo creativo. Questa ri-costruzione della fede cristiana
continuerà e acquisterà una crescente importanza anche al di là della liturgia.
Anche in questo campo il rinnovamento liturgico e la riforma della Chiesa sono
intimamente congiunti, come si è visto chiaramente pure dopo il concilio
Vaticano II.

Noi speriamo che in futuro sia
possibile usare maggiormente questa forza di rinnovamento al servizio di tutta la Chiesa. Ma per questo
occorre anzitutto che le celebrazioni liturgiche della comunità cristiana si
aprano maggiormente alle nuove forme liturgiche.

Molte donne e uomini desiderano
ardentemente forme più creative e un linguaggio più comprensibile, che aiutino
maggiormente a mettere la loro vita in contatto con Dio. Nelle comunità e nelle
diocesi si stanno muovendo già molte cose. Noi speriamo che negli sforzi di
rinnovamento della liturgia della Chiesa cattolica romana che sono già in atto
in vari posti non si trascurino, o si considerino di secondaria importanza, gli
aspetti specifici del femminile. Sollecitiamo tutti coloro che preparano le
liturgie delle comunità e dei gruppi o in occasione degli eventi diocesani a
essere più attenti e coraggiosi al riguardo.

Ministeri

Sviluppi

Oggi le donne operano, e
assumono responsabilità, in tutti i settori della vita della Chiesa cattolica
romana: nella predicazione e nella teologia, nella celebrazione dei misteri
della fede, nell’attività pastorale e caritativa. Negli ultimi decenni la Chiesa ha permesso e
promosso un intenso sviluppo in questo campo, influenzato, da un lato, dal
cambiamento sociale dei ruoli dei sessi e, dall’altro, sostenuto soprattutto
dalla decisione di affidare ai laici un numero crescente di settori. Anche se
ministeri e servizi possono essere stati affidati a laici a causa della
scarsità dei ministri ordinati e a donne in ragione della scarsità di uomini
adatti, sta di fatto che le donne svolgono oggi, in forma stipendiata e
volontaria, funzioni che nessuno avrebbe mai osato affidare loro prima d’ora, e
questo fino alla guida di fatto di comunità cristiane (nelle parrocchie senza
sacerdote) o all’esercizio del potere giurisdizionale (come giudici).

Che
cosa possono fare le donne nella Chiesa?

In seguito all’assemblea
pastorale austriaca del 1984 sul tema "Donna, partner nella Chiesa",
è stata diffusa questa lista di funzioni che le donne possono svolgere
ufficialmente nella Chiesa cattolica romana.

La storia ha dimostrato che
questa lista può essere allungata!

In forza del battesimo e
della confermazione

Condivisione della vita della
comunità cristiana:

– preparare e organizzare
le celebrazioni liturgiche;

– proclamare le letture e
le preghiere dei fedeli;

– organizzare le feste e
le celebrazioni dell’anno liturgico.

Compiti in ambito
sacramentale:

– fungere da madrine al
battesimo e alla confermazione;

– amministrare il
battesimo in pericolo di morte.

Collaborazione e funzione
di guida nei gruppi e nelle organizzazioni:

– consiglio parrocchiale;

– consiglio decanale,
vicariale, diocesano.

Commissioni, comitati ad hoc, gruppi di lavoro:

– Azione cattolica e
associazioni cattoliche.

Con delega (a seconda del
compito assunto: delega del parroco o del consiglio parrocchiale, delega della
relativa istituzione, autorizzazione del vescovo):

catechesi sacramentaria e
comunitaria al di fuori dell’insegnamento scolastico della religione cattolica:

– preparazione al
matrimonio;

– incontri di
preparazione al battesimo;

– gruppi della prima
comunione e della confermazione;

– incontri sulla fede e
gruppi biblici;

servizio come ministro della
comunione;

portare la comunione ai
malati;

guida delle celebrazioni della
Parola;

predica (a determinate
condizioni);

visite pastorali alle famiglie
(nuovi immigrati, apostolato di quartiere, lutti);

servizi socio-caritativi nella
comunità parrocchiale;

guida e accompagnamento di
diversi gruppi (bambini, giovani, famiglie, donne, anziani…);

pastorale telefonica;

consulenza matrimoniale e su
problemi di vita;

redazione del bollettino
parrocchiale e assunzione di altre mansioni pubbliche.

Con formazione
professionale, formazione integrativa, studio adeguato (sociale, pedagogico o
teologico):

insegnante di religione per
tutti i tipi di scuola;

assistente pastorale nella
comunità parrocchiale;

assistente pastorale nella
pastorale dei malati (ospedali, ecc.);

responsabile dei gruppi
giovanili;

segretaria parrocchiale;

domestica parrocchiale;

sagrestana;

professioni sociali e di cura
dei malati;

incaricata per i servizi di
animazione musicale ecclesiale (organista, direttrice del coro, cantante);

assistente e professoressa in
una facoltà teologica cattolica;

formazione iniziale e
permanente delle colleghe e dei colleghi di lavoro nel servizio ecclesiale;

direzione e accompagnamento
degli esercizi spirituali e dei ritiri spirituali;

funzione di guida e
collaborazione nella formazione cattolica degli adulti e nei mezzi di
comunicazione sociale della Chiesa;

funzione di guida e
collaborazione nell’amministrazione ecclesiale;

(Dal
pieghevole Was können Frauen in der Kirche tun?", a cura del Kath.
Frauenbewegung Österreichs e
dell’Istituto di pastorale austriaco, 1985)

Parallelamente a questo, è
sempre più insistente e diffusa fra i cattolici la richiesta di ammettere le
donne anche ai ministeri ordinati. Gli sviluppi avvenuti in altre Chiese
cristiane hanno contribuito a far sì che oggi la maggioranza dei cattolici
possa concepire e desideri di fatto l’esistenza di donne prete nella Chiesa
cattolica romana. Le donne sanno di essere qualificate ad assumere questo
servizio, si sentono chiamate a ciò e svolgono già molte attività legate a
esso.

Da qualche tempo la richiesta
si concentra soprattutto sull’ammissione al diaconato, poiché si può dimostrare
che già nei primi secoli della Chiesa c’era questo ministero per le donne e la
discussione al riguardo non viene ostacolata, come nel caso del sacerdozio
femminile, da una decisione papale.

Bisogna comunque dire che nel
movimento femminile ecclesiale si guardano anche con scetticismo i tentativi di
accedere al ministero ordinato della Chiesa cattolica romana. Ci si chiede che
senso possa avere il perseguimento del ministero nella sua forma attuale, un
ministero che è parte integrante di una struttura di Chiesa concepita e gestita
in modo patriarcale. È evidente che anche le donne che avanzano pressantemente
la richiesta di ammissione all’ordinazione non intendono semplicemente imitare
gli uomini nel loro esercizio del ministero. Esse sperano di conferire al
ministero la loro forma specifica e di contribuire così a una sua fondamentale
trasformazione: soppressione della struttura a due classi, quale continua ad
esistere fra clero e laici nella Chiesa cattolica romana, e conseguente
profondo ri-determinazione di ciò che significa il ministero ecclesiale.

Ostacoli

Le donne continuano a vedere
che gli uomini vengono preferiti a loro. Fanno quest’esperienza sia nella
società sia nella Chiesa, dove si rispecchiano le tipiche gerarchie
professionali. Le donne sono più spesso insegnanti di religione nelle scuole
elementari e più raramente nelle scuole medie; sono più sovente assistenti
pastorali non accademiche, più raramente con formazione accademica; sono una
minoranza già ai livelli medi delle facoltà teologiche e un’assoluta rarità a
livello di cattedre (dove gioca un ruolo anche la preferenza dei sacerdoti
rispetto ai laici); sono sovra-rappresentate nelle funzioni e negli organismi
in cui si svolge un lavoro "invisibile" e sotto-rappresentate là dove
si prendono decisioni di vasta portata. Diritto di presenza e di voce attiva e
passiva sono molto spesso, troppo spesso, legati al ministero e
all’ordinazione. Così a volte le donne si sentono vere e proprie tappabuchi nei
settori in cui vi è scarsità di uomini o che non sembrano sufficientemente
importanti per gli uomini.

L’attività volontaria è
assolutamente necessaria per la Chiesa. Senza il lavoro gratuito delle donne
importanti settori della pastorale si fermerebbero. Ma non si dovrebbe ignorare
il fatto che non poche donne svolgono la loro attività ecclesiale al posto
di
un impiegato stipendiato. La
Chiesa
deve quindi interrogarsi su quale tangibile
riconoscimento o quale tipo di previdenza sociale spetti a questa forma di impegno.

Prospettive

Nella Chiesa cattolica romana
le donne continueranno a crescere e ad assumere un numero sempre maggiore di
funzioni direttive e decisionali in tutti i settori che sono accessibili ai
laici. È impossibile frenare quest’evoluzione nella società e nella Chiesa.

Incoraggiamo le donne ad
accettare queste crescenti responsabilità, a mettere a disposizione della
Chiesa le loro molteplici conoscenze e capacità e a non declinare neppure
l’invito ad assumere funzioni di guida.

Sollecitiamo i responsabili
della Chiesa a inserire espressamente le donne soprattutto negli ambiti in cui
finora sono poco o per nulla rappresentate. Sosteniamo le proposte avanzate al
riguardo dell’Assemblea dei delegati del "Dialogo per l’Austria"
(Salzburg, ottobre 1998), nonché il loro invito a istituire in tutte le diocesi
e nella Conferenza episcopale commissioni di donne.

Poiché l’impegno volontario
costituisce un prezioso elemento dell’azione della Chiesa ci auguriamo una
collaborazione della Chiesa con i competenti organi statali per l’elaborazione
di modelli in grado di onorare quest’attività, e far sì che le donne che
mettono gratuitamente a disposizione il loro lavoro non siano penalizzate sul
piano della previdenza sociale e pensionistica. Percepiamo al tempo stesso una
crescente necessità di lavoro stipendiato e un assottigliamento delle risorse
per l’attività prestata a titolo gratuito. Riteniamo che sia nostro dovere
cercare delle soluzioni per questo problema che non pongano ulteriori fardelli
sulle spalle delle donne.

Riguardo al ministero ordinato
vi sono buone prospettive che la discussione sul diaconato femminile proceda e
porti frutto. Il votum espresso dai delegati del "Dialogo per
l’Austria", che si sono pronunciati chiaramente a favore, e le
dichiarazioni favorevoli di singoli vescovi rafforzano la nostra speranza circa
la realizzazione di questo passo.

Molte donne, il cui lavoro
pastorale si avvicina sempre più a quello dei sacerdoti, continueranno a
percorrere questa strada, anche senza l’avvallo dell’ordinazione; e nella
misura in cui si sentiranno chiamate al ministero presbiterale non taceranno a
riguardo. L’appello per l’ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale
continuerà a risuonare e neppure si placherà la delusione di fronte al fatto che
i responsabili della guida della Chiesa, soprattutto il papa, cercano di
soffocare questa richiesta. Non si può ancora prevedere dove porterà questo
confronto, se verso divisioni o verso una disponibilità di cambiamento a
livello di tutta la Chiesa.

Auspichiamo che i teologi, le
teologhe e i ministri ordinati, che non condividono la decisione del papa, non
si lascino chiudere la bocca. Ci auguriamo che la prosecuzione della
discussione contro la decisione del papa non dia luogo a esclusioni e
rappresaglie, ma venga intesa come un invito a prestare nuovamente orecchio a
ciò che essa significa: il fatto cioè che una decisione autoritaria maschile a
proposito della vocazione divina delle donne può essere difficilmente percepita
in maniera diversa che come una svalutazione e discriminazione in ragione del
sesso.

Ci aspettiamo, infine, dai
responsabili della Chiesa cattolica romana a tutti i livelli una riflessione
critica (e autocritica) sulle correlazioni tuttora vigenti fra sesso e potere
come fra ministero e potere, accompagnata da una consapevole rinuncia a
giustificare l’esistenza di strutture di potere e di decisione con un rinvio
alla "suprema autorità di Dio".

Per Milena

Tu vieni battezzata

come donna

nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo

così è prescritto

ti auguro

l’esperienza di una divinità

che infinitamente è qui per te

vivificante consolante
perdonante

liberante buona tenera e
calorosa

ti auguro

l’immagine e l’esempio modello
del Figlio

che incessantemente ti sprona

pretendendo giustizia fedele
alla verità politico

compassionevole attivo
coraggioso e forte

ti auguro

di essere la conoscenza nello
Spirito

indivisibile ed eterno

superando i confini toccando
il cielo estaticamente

cercando creativamente e
nuovamente meravigliandosi

Tu vieni ricevuta

come donna

nella santa Chiesa

così è tradizione

ti auguro

l’esperienza di una comunità
viva

plasmata e guidata da donne e
uomini

democratica aperta critica e
corretta

ti auguro

una comunità che si impegna

instancabilmente per giustizia
pace vita in abbondanza

senza compromessi senza paura
forte e tenera

ti auguro

una comunità che celebra
insieme la vita

nella speranza del regno di
Dio

danzando sognando unita e
libera

battezzata secondo il precetto
in Dio Padre

ricevuta secondo tradizione
nella Chiesa dei maschi

ti auguro

che tu un giorno possa dire

Dio e la Chiesa sono la mia patria

il fondamento del mio agire e

la fonte della mia speranza

auguro a te

– e a me –

cambiamento

Eva Maria Ziebertz

in
U. Kamps-Blass, E.M. Zeibertz (a cura di), Wenn Frauen beten, München
1989, 30ss.

Prospettiva:

Le
donne sono Chiesa

La prassi della Chiesa è, in
misura notevole, prassi delle donne. Molti gruppi ecclesiali sono composti in
maggioranza, se non esclusivamente, da donne. Sulla scia del movimento
femminile le donne si sono rese conto di questo, e hanno cominciato a
comprendersi coscientemente come Chiesa e ad agire come Chiesa.

Da circa dieci anni questo
sviluppo viene indicato con un’espressione che proviene dal movimento
femminista-teologico statunitense e americano: "Chiesa delle donne".
L’espressione offre una copertura concettuale alle molteplici attività delle
donne a favore del rinnovamento della prassi cristiana. La Chiesa delle donne non è
una nuova denominazione, ma sia un’espressione collettiva per indicare i
numerosi gruppi femminili e le svariate iniziative delle donne sia un termine
per la visione, vissuta in questi gruppi, di una Chiesa che si è liberata dagli
impacci patriarcali.

La Chiesa delle donne vive nei molti gruppi a livello locale che,
ad esempio, insieme riflettono e interpretano teologicamente le situazioni di
vita delle donne, si impegnano concretamente per realizzare dei cambiamenti,
elaborano liturgie che rendono giustizia alle donne, ecc. Questi gruppi si
costituiscono nelle comunità cristiane, nelle istituzioni formative ecclesiali
e anche in spazi autonomi. La
Chiesa
delle donne o il movimento della Chiesa delle donne si
esprime in modo vivo e creativo, fra l’altro, nei sinodi delle donne. La Chiesa delle donne è un
movimento che attraversa le Chiese confessionali ed è per molte donne un nuovo
orizzonte di identificazione e di sentimento di appartenenza. La Chiesa delle donne è anche
un progetto per il rinnovamento della Chiesa nel suo insieme, un progetto
utopico che non viene inteso in modo esclusivo, ma che mira a una Chiesa in cui
si renda giustizia insieme alle donne e agli uomini.

Non si può ancora dire se la Chiesa delle donne
diventerà un vitale movimento di rinnovamento per la Chiesa cattolica romana,
che è composta in maggioranza da donne, o si allontanerà lentamente sempre più
da essa. Non è ancora deciso se in futuro sarà più facile o più difficile per
le donne sentirsi parte della Chiesa delle donne e identificarsi al tempo
stesso con la Chiesa
cattolica romana e impegnarsi in essa .

Nella Chiesa cattolica romana
il potere decisionale continua a essere strutturalmente in mano a pochi uomini
che restano aggrappati al celibato. Gli sviluppi effettivi saranno
caratterizzati da donne e uomini che rispecchiano almeno in parte, con le loro
diverse forme di vita, diverse opinioni e posizioni, la policromia della nostra
società. In seno al popolo di Dio, come pure fra il popolo di Dio e la guida
della Chiesa, la sfida del tempo che viene si chiama comunicazione e
cooperazione. Dipenderà dalla disponibilità ad affidarsi gli uni agli altri, a
prendersi reciprocamente sul serio, a lavorare e pregare insieme anche oltre la
diversità di contenuti se la
Chiesa
potrà continuare a svilupparsi positivamente. Anche
l’attuazione delle richieste della nostra lettera del gregge sta e cade con
questa disponibilità ad accettare un processo comune: dove comune
significa il superamento di relazioni di potere incontrollate; e processo
significa un’impresa di cui non conosciamo ancora l’esito e che forse alla fine
farà nuova ogni cosa.

Tesi

1. Per lo stato e la
società l’uguaglianza della donna è oggi un ovvio presupposto di tutte le leggi
e provvedimenti, per cui si preoccupano continuamente, in modo più o meno
riuscito, di tradurre in pratica questo principio fondamentale. Proprio quella
comunità che si richiama a Gesù Cristo, il fondamento dell’uguaglianza di tutti
gli esseri umani quindi anche dell’uomo e della donna (cf. Gal 3,28), e al suo
messaggio, non si apre alla fonte che scaturisce dal Vangelo e non ha ancora
attuato al suo interno, nonostante tutte le sue affermazioni verbali, la piena
uguaglianza della donna.

2. Anche nella Chiesa il
movimento femminile ha già percorso un buon tratto di strada riguardo al
maggior rispetto della giustizia e a maggiori opportunità di vita per le donne
e ha ottenuto anche la solidarietà degli uomini, a volte anche di quelli che
occupano posizioni di guida nella Chiesa. Ma lo sviluppo ulteriore di un Chiesa
che renda giustizia alle donne e agli uomini non dipende dal soddisfacimento
dei loro desideri da parte di chi sta in alto, poiché è in corso già da molto
tempo.

3. La vita concreta delle
donne, ma anche le immagini delle donne sono profondamente cambiate. Che cosa
significhi essere donna non è affatto chiaro e scontato, anche se nella società
e nella Chiesa si continua spesso ad attendersi specifici ruoli e comportamenti
da parte delle donne. Tutti i gruppi del movimento femminile sono impegnati a
lottare contro gli stereotipi che limitano e quindi ostacolano la vita. In
particolare, si è attirata, e si continua ad attirare, l’attenzione sul fatto
che i comportamenti e i ruoli delle donne non derivano necessariamente da una
particolare natura delle donne, dalla loro essenza o dalla loro specifica
vocazione. Non sono legge di natura e non sono volontà divina, ma possono
essere cambiati. Possono e devono essere formati dalla forza umana.

4. Molte donne e uomini
s’impegnano insieme a costruire una società in cui vi siano buone condizioni di
vita per le persone di entrambi i sessi e a perseguire una riforma che renda
giustizia a entrambi i sessi in seno alla Chiesa cattolica romana. Ma,
nonostante la crescente solidarietà fra gli uomini e le donne, continuano a
esistere disuguaglianze strutturali e ingiusti rapporti di potere.

5. Il movimento femminile
del XX secolo è stato sorretto dalla scoperta che molte difficoltà e svantaggi
che ogni donna cercava di affrontare da sola riguardavano anche altre donne. Ma
questo sentimento di comunanza si è sempre dolorosamente scontrato con la
constatazione che le donne hanno, in ultima analisi, concezioni e interessi
molto diversi fra loro. Anche in ambito ecclesiale le donne di diversa
mentalità, origine e forma di vita entrano in concorrenza fra loro e vengono
contrapposte le une alle altre.

6. Ogni affermazione
sulla "donna nella Chiesa" o sulla "posizione e vocazione della
donna" suggerisce omogeneità, mentre nella realtà esistono grandi
contrapposizioni. Il desiderio di fare affermazioni generalmente valide sulle donne
livella e riduce la realtà. La
Chiesa
cattolica romana è una comunità variegata che riunisce
donne di diversa mentalità e forma di vita. Riteniamo che sia un’opportunità e
un arricchimento per tutti il fatto di riuscire a stabilire l’incontro e
avviare un aperto confronto sui conflitti causati dalle contrapposizioni
esistenti.

7. Da migliaia di anni la Bibbia ha rafforzato e
consolato le donne e da migliaia di anni essa viene usata per giustificare
l’oppressione delle donne. L’esegesi femminista ha potuto chiarificare come nel
Nuovo Testamento siano presentati quali modelli di fede sia uomini che donne.
Ha anche mostrato con i suoi lavori che le donne occupavano funzioni e
ministeri nelle prime comunità cristiane. Ha pure smascherato e corretto molte
falsificazioni dovute alla storia delle trasmissione dei testi biblici. Il
tentativo di non continuare a proporre le tendenze ostili alle donne proprie di
diversi testi biblici e soprattutto della storia dell’esegesi ha raggiunto, nel
frattempo, anche le commissioni ufficiali. Questo sviluppo continuerà. Le donne
prenderanno in mano la Bibbia,
non se la lasceranno strappare, continueranno a reclamarla come un libro che
libera, a leggerla insieme come libro ispirato dallo Spirito di Dio e a
spiegarla in modo creativo alla luce della loro vita.

8. L‘insoddisfazione delle donne nei
riguardi di un’immagine di Dio unilateralmente maschile ha prodotto una serie
di tentativi creativi di nominare il divino al femminile. Si riscoprono
immagini bibliche femminili passate finora pressoché inosservate. Ma questo
vitale sviluppo è reso più difficile dal fatto che il linguaggio ecclesiale
ufficiale, soprattutto il linguaggio liturgico, resta attaccato all’esclusività
della tradizionale concettualità maschile. Occorre urgentemente chiedersi in
che misura concetti centrali della fede cristiana continuino a fondarsi su
un’implicita maggiore valutazione del maschile.

9. Il fatto che donne (e
uomini) cerchino nuove immagini e parole per esprimere il divino e si lasciano
guidare in questo, fra l’altro, dal rifiuto di una concezione di Dio
maschile-potente è un segno di speranza e un’espressione di vitalità spirituale
che non sempre si lascia racchiudere entro i binari dell’ininterrotta
tradizione cattolica, ma che è comunque in grado di influenzare positivamente
il linguaggio della Chiesa.

10. Per molti secoli,
come "madre di Dio" Maria di Nazaret è stata per così dire il
baluardo e il rifugio del femminile nel cristianesimo di matrice cattolica.
Nella Chiesa l’influenza della venerazione di Maria sulle donne è stata
conflittuale. Così non poche donne, prendendo coscienza di sé e adottando uno
sguardo critico, si sono allontanate dalla pietà mariana di stampo cattolico.
Le donne hanno invece (ri)scoperto un’altra Maria, quella del Nuovo Testamento.
In questa donna molte donne hanno trovato una nuova amica, una sorella nella
fede. Esse vedono in Maria una donna che cerca come loro di camminare nella
fede, che comprende alcune cose e non ne comprende molte altre e lotta
continuamente per conservare la fiducia.

11. Le celebrazioni
liturgiche che le donne organizzano insieme, per loro e fra loro, hanno già
trovato, sotto varie denominazioni, un’ampia diffusione. L’elemento cruciale è
l’intreccio di spiritualità e vita concreta. Anche se molte cose si possono
praticare adeguatamente solo nei piccoli gruppi, la comunità parrocchiale ha
comunque la possibilità di celebrare la propria liturgia sia in un modo più
vivo e aderente alla vita sia, soprattutto, in uno più giusto nei riguardi
delle donne. Le esperienze concrete delle donne (e degli uomini) vi trovano
troppo poco spazio e troppo spesso la vita vissuta ne resta al di fuori. Nelle
celebrazioni liturgiche domenicali non si usa praticamente mai un linguaggio
che renda giustizia a entrambi i sessi o non ci si rivolge mai a Dio con
immagini femminili.

12. Oggi le donne
operano, e assumono responsabilità, in tutti i settori della vita della Chiesa
cattolica romana. Svolgono, in forma stipendiata e volontaria, funzioni che
nessuno avrebbe mai osato affidare loro prima d’ora. Parallelamente a questo, è
sempre più insistente e diffusa fra i cattolici la richiesta di ammettere le
donne anche ai ministeri ordinati. Da qualche tempo la richiesta si concentra
soprattutto sull’ammissione al diaconato, poiché si può dimostrare che questo
ministero per le donne era presente già nei primi secoli della Chiesa e la
discussione al riguardo non viene ostacolata, come nel caso del sacerdozio
femminile, da una decisione papale. Tuttavia, all’interno del movimento femminile
ecclesiale si guarda con scetticismo ai tentativi di accedere al ministero
ordinato della Chiesa cattolica romana.

13. Si continuano a
sostenere le motivazioni addotte per l’esclusione delle donne dai ministeri
ordinati nella Chiesa cattolica romana, nonostante che da molto tempo si sia
avuto uno sviluppo dei presupposti esegetici e teologici. In definitiva, si
accorda maggior peso alla secolare tradizione della Chiesa riguardo a ciò che
il magistero considera "fedeltà all’esempio del Signore" che non a una
comprensione fondata sull’esegesi biblica scientifica delle azioni e intenzioni
di Gesù. Inoltre, si considera più importante la tradizione dell’impegno
pastorale di molte donne che già ora si distingue ben poco dal ministero del
sacerdote. Anche l’argomento della necessità di "tener conto
dell’ecumenismo" viene usato in modo unilaterale. Infatti, alcune Chiese
cristiane hanno già reso accessibili i ministeri alle donne. Su questo punto la
prassi della Chiesa ortodossa viene considerata più importante di quella di
tutte le altre chiese, cosa che non avviene, ad esempio, riguardo alla prassi
seguita nel caso nei confronti dei divorziati risposati.

14. L‘attività volontaria è assolutamente
necessaria per la
Chiesa. Senza
il lavoro gratuito delle donne importanti
settori della pastorale si fermerebbero. Ma non si dovrebbe ignorare il fatto
che non poche donne svolgono la loro attività ecclesiale al posto di un
impiegato stipendiato. La
Chiesa
deve quindi interrogarsi su quale tangibile
riconoscimento e anche previdenza sociale spetti a questa forma di impegno.
Poiché il lavoro volontario costituisce un prezioso elemento dell’azione della
Chiesa, è necessaria una collaborazione della Chiesa collabori con i competenti
organi statali per l’elaborazione di modelli in grado di onorare quest’attività
e far sì che le donne, che mettono gratuitamente a disposizione il loro lavoro,
non siano penalizzate sul piano della previdenza sociale e pensionistica.

15. La prassi della
Chiesa è, in misura notevole, prassi di donne. Molti gruppi ecclesiali sono
composti in maggioranza, se non esclusivamente, da donne. Sulla scia del
movimento femminile le donne si sono rese conto di questo e hanno cominciato a
comprendersi coscientemente come Chiesa e ad agire come Chiesa. La Chiesa delle donne vive nei
molti gruppi locali, attraversa le Chiese confessionali ed è per molte donne un
nuovo spazio di identificazione e appartenenza. La Chiesa delle donne è, allo
stesso tempo, un progetto per il rinnovamento della Chiesa nel suo insieme, un
progetto utopico che non viene inteso in modo esclusivo, ma che mira a una
Chiesa che renda giustizia alle donne e agli uomini. Non si può ancora dire se la Chiesa delle donne
diventerà un vitale movimento di rinnovamento per la Chiesa cattolica romana,
che è composta in maggioranza da donne, o si allontanerà lentamente sempre più
da essa. Non è ancora deciso se in futuro sarà più facile o più difficile per
le donne sentirsi parte della Chiesa delle donne e identificarsi, al tempo
stesso, con la Chiesa
cattolica romana e impegnarsi in essa.

16. Nella Chiesa
cattolica romana il potere decisionale continua a essere strutturalmente in
mano a pochi uomini che restano aggrappati al celibato. Gli sviluppi che stanno
effettivamente accadendo saranno caratterizzati da donne e uomini che
rispecchiano, almeno in parte, con la loro diverse forme di vita, diverse
opinioni e posizioni, la policromia della nostra società. In seno al popolo di
Dio, come pure fra il popolo di Dio e la guida della Chiesa, la sfida del tempo
che viene si chiama comunicazione e cooperazione. Dipenderà dalla disponibilità
ad affidarsi gli uni agli altri, a prendersi reciprocamente sul serio e a
lavorare insieme e pregare insieme anche oltre le diversità di contenuti se la Chiesa potrà continuare a
svilupparsi positivamente.


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