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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Per un nuovo corso della Chiesa italiana. Le nostre attese per il convegno di Verona

Per un nuovo corso della Chiesa
italiana. Le nostre attese per il convegno di Verona

 

            Tra pochi giorni si terrà a Verona
il quarto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa cattolica italiana.
Tanti sono stati e sono gli incontri preparatori e molte le attese perché
esso sia  un evento veramente
importante per tutti i credenti nell’Evangelo e anche per la nostra società.

            Tuttavia, la genericità delle
analisi e dei contenuti proposti alla discussione nella “Traccia di
riflessione”, i criteri di selezione dei delegati, i relatori scelti e la
struttura dell’incontro ci fanno temere che ci si avvii verso una assemblea
preordinata ed enfatica e, in definitiva, inutile.    

            In ogni modo vogliamo dare il
nostro contributo  perché al Convegno
si affrontino veramente i problemi concreti di oggi  della Chiesa italiana alla luce del Vangelo
o perché almeno essi siano messi sul tappeto e si individui un metodo per
affrontarli in tempi certi e con uno spirito di parresia e di collegialità
che  ora ci appare carente.

            Non siamo gli unici ad esprimere
perplessità per questa occasione importante per un possibile rilancio e per
il rinnovamento della nostra Chiesa. Realtà del mondo cattolico hanno già
espresso preoccupazioni analoghe, hanno fatto analisi e proposte. Ma il Convegno
potrebbe anche smentire i nostri timori. Abbiamo il ricordo del primo
convegno nel 1976 a
Roma su “Evangelizzazione e promozione umana” in cui molte voci della Chiesa
italiana poterono esprimersi affrontando problemi pastorali e situazioni
sociali molto concrete e dando indicazioni. Mancò poi, purtroppo,  l’attuazione del percorso che era stato
indicato e possiamo ora affermare che, da allora, tanti anni sono quasi stati
persi e tante occasioni di rinnovamento sono state sciupate.

            Le questioni principali da
affrontare oggi  ci sembrano queste:

 

1) Pace, giustizia,
rapporti Nord-Sud, salvaguardia del creato

            In questi primi anni del millennio
tutti constatano quotidianamente quanto la situazione si sia aggravata per
quanto riguarda i conflitti nel mondo, il rapporto Nord-Sud e la salvaguardia
del creato. Tutto si è più globalizzato, tutto ci tocca più da vicino e tutto
possiamo conoscere meglio. Vastissime aree di opinione pubblica sono state
scosse dalle guerre in Afghanistan, in Iraq, dai drammi del Congo, del
Darfur, dal conflitto in Palestina, in Libano, in Cecenia…

            Ci chiediamo – e chiediamo ai
delegati al Convegno  – se  la passione evangelica per i più poveri del
terzo mondo, il rifiuto della  aggressione
occidentale all’Iraq e poi  la pratica
(e le proposte) di nonviolenza attiva, le mobilitazioni nel movimento
pacifista e nella cooperazione internazionale debbano essere solo di un’area
“irrequieta”ed isolata del nostro mondo cattolico. Contemporaneamente in
troppe  parrocchie ed in tante strutture
associative e nel sentire comune del cattolico “medio” lo status quo viene
facilmente accettato (al massimo addolcito con qualche intervento di tipo
caritativo). La guerra viene considerata brutta ma inevitabile e la povertà
dei paesi del Sud un fatto “di natura” o “perché se lo vogliono”.

            Vorremmo che tutti ci
interrogassimo se la comunità dei credenti non debba reagire in particolare
nei confronti di quei pastori che condividono questo cinismo nei confronti
della guerra, facili a dire o a fare capire che siamo di fronte a uno scontro
di civiltà e che l’Occidente deve essere comunque difeso in ogni modo. La
condizione poi dei c.d. extracomunitari, pure affrontata da tante strutture
di base, dovrebbe essere la priorità delle priorità nell’esercizio della carità
a favore di quelli che sono, qui e ora nel nostro paese,  i veri 
“ultimi”  di cui parla il
Vangelo. Un maggiore e generalizzato intervento in questa direzione può
essere anche l’occasione di un maggiore ecumenismo, di un convinto dialogo
interreligioso oltre che di un prezioso arricchimento culturale.    E di altre gravi sofferenze sociali la Chiesa dovrebbe occuparsi
di più (pensiamo a quelle derivate dalla crisi del welfare). Una
“rappresentanza” degli ultimi, dei soggetti deboli potrebbe essere il fondamento
di una  maggiore credibilità della
nostra Chiesa ed anche della sua 
maggiore indipendenza nei confronti delle istituzioni. E’ questa una
strada che può essere discussa a fondo ?

 

2) Società civile
e  istituzioni

            Ci interroghiamo su quale sia l’approccio
più evangelico nei confronti delle dinamiche della società, delle culture
diffuse e delle istituzioni, soprattutto in relazione al  processo di secolarizzazione, di cui
constatiamo, insieme a quelli negativi, gli aspetti positivi. Tutti siamo d’accordo
nel rifiuto di tanti aspetti negativi della modernità. Ma ci chiediamo se ciò
debba significare l’affermazione ossessiva, a volte arrogante e quasi sempre
inutile,  della propria identità, la
creazione di fronti contrapposti, o la ricerca di “rivincite” (come, per
esempio, quella –nel giugno 2005- in occasione del referendum sulla legge n.
40).

            Vorremmo che si riscoprisse la
laicità, senza aggettivi,  intrecciata
con una testimonianza del Vangelo più sommessa ma forse più vera ed intensa;
una testimonianza di vita e di parole che chieda alla Chiesa (ma soprattutto
alle sue gerarchie) un passo indietro sullo scenario della politica.

            Vorremmo che ci si ponesse
seriamente il problema della condizione di privilegio istituzionale ed
economico di cui gode oggi l’istituzione ecclesiastica nel nostro paese.
Vorremmo si rileggesse davvero la Costituzione conciliare Gaudium et Spes dove si dice che la Chiesa “non pone la sua
speranza nei privilegi offertile dall’autorità civile” e che, per amore di
una testimonianza evangelica, è disposta anche a rinunciare ad essi (n.76).  

            Vorremmo anche che ci si chiedesse
perché, in buona parte del mondo cattolico, ci sia stata e ci sia troppa
passività o silenzio nei confronti dei tanti fenomeni di violazione grave e
diffusa della legalità (attentati gravi e diretti alla Costituzione
repubblicana, mafia, altri poteri criminali, reati contro la Pubblica Amministrazione,
giustizia impotente coi potenti e forte con i deboli….).

Vorremmo
che si dicesse in modo chiaro e definitivo che la fede non ha nulla a che
fare con la c.d. “religione civile” che una parte della cultura “laica”  usa per motivi politici; e che i
personaggi  “teocon” fossero esclusi
dall’accoglienza benevola ed ammiccante in certe aree della Chiesa.

 

3) Famiglia 

             
Al centro della maggioranza degli interventi della gerarchia
ecclesiastica sulla pastorale della nostra Chiesa, soprattutto negli
ultimissimi anni, ci sono le questioni che riguardano la famiglia, il sesso,
la procreazione. Comune è la consapevolezza che un’etica ispirata
all’Evangelo è ben lontana dalle nuove forme di “consumo” e di instabilità
che i rapporti di coppia e tutti i rapporti famigliari si trovano ora di
fronte. Tutti vediamo che i cambiamenti, in questo campo, sono molto rapidi e
trasversali dal punto di vista sia sociale che culturale.

            Ci chiediamo : che fare? Ci
interroghiamo -chiediamo al Convegno di interrogarsi- se ci si debba fermare
ai principi astratti o se si debbano prendere in considerazione soprattutto
le persone, che, nella concretezza del loro vissuto e delle loro sofferenze,
spesso chiedono alla Chiesa 
accoglienza e  misericordia
invece di  esclusione o di separazione
(magari con tante belle parole falsamente consolatorie). Tutti le abbiamo in
mente queste persone :  i divorziati
risposati, gli omosessuali, le donne desiderose di maternità o quelle che si
trovano di fronte a gravidanze quasi impossibili da portare avanti, le coppie
invitate a non usare metodi anticoncezionali……

            Ci sono valori di solidarietà, ci
sono affetti e sofferenze e ricerche intense di spiritualità e di fede anche
quando non sono coerenti con le norme del diritto canonico o di una  “legge naturale” considerata valida sempre
e dovunque. Viene prima il sabato dell’uomo ? o invece il sabato non è fatto
per l’uomo ? A Verona si ripeteranno i soliti precetti, i soliti facili “no”
o almeno si ammetterà  che ci sono dei
problemi di cui discutere ?

            E poi ci sono i tanti problemi
concreti e quotidiani delle famiglie 
di cui poco si parla : quello della precarietà del lavoro dei giovani
che crea difficoltà nella formazione di nuove famiglie, quello
dell’abitazione, quello della violenza e dell’autoritarismo nei confronti
delle donne, quello dell’educazione dei figli…

 

            Tante altre cose vorremmo che a
Verona fossero discusse. Il problema del ruolo della donna viene ignorato nei
fatti,  potendo contare la struttura
ecclesiastica su una pazienza inesauribile dei soggetti interessati (suore,
catechiste, volontarie nei più diversi settori di presenza delle parrocchie e
di altre istituzioni ecclesiali). Del ruolo dei laici se ne parla troppo con
parole vuote ed enfatiche  partendo
sempre dall’ipotesi di una Chiesa separata (clero e laici). Il linguaggio che
usiamo pare fatto apposta per non comunicare coi giovani.  Le tante e serie ricerche dei nostri  biblisti ben raramente hanno ricadute
pastorali. Potremmo continuare a lungo.

            Ma perché non muoversi, senza più
tanti discorsi, verso un sempre maggior numero di realtà ecclesiali che non
escludono ma che includono, che prevedono al proprio interno molteplici
responsabilità e ministeri, che si propongono di creare comunione anche
usando metodi  che siamo abituati a
definire democratici ?

 

Conclusione 

            Il Convegno di Verona sarà tanto
più utile quanto più riuscirà a non essere assorbito dalla visita del Papa e
dall’enfasi dei media ed a definire un percorso che ci permettiamo di
auspicare così:

            1) la nostra Chiesa inizi un
“nuovo ascolto” ed un “nuovo dialogo” all’ interno della comunità dei
credenti, garantendo il pluralismo nella elaborazione teologica e nelle
proposte pastorali. Ciò è possibile se si parte da una comune volontà di
ricerca e di sperimentazione  di fronte
a  realtà (la secolarizzazione, la
crisi epocale della situazione mondiale) che per le loro dimensioni ci
sovrastano e che possiamo affrontare solo unendoci e facendo appello alla
nostra speranza ed alla nostra fede nel Risorto;

            2) a Verona si faccia una
rassegna, sincera, ben definita e aperta a diverse possibili conclusioni, dei
principali e concreti problemi pastorali della Chiesa italiana oggi. Noi
abbiamo cercato di dare un contributo, molti altri si trovano in  documenti appositamente indirizzati al
Convegno di Verona. Su questi problemi si apra una discussione ordinata e con
i tempi necessari;

            3) per gestire questi due punti
del percorso non sono sufficienti eventuali testi generici di buona volontà.
Il Convegno di Verona esprima l’orientamento unanime, anzi la decisione, di
istituire un Consiglio pastorale nazionale (composto da clero e da laici con
identico ruolo secondo criteri di reale rappresentatività) che si affianchi
alla Conferenza episcopale con il compito specifico di gestire il percorso di
ascolto e di discussione di cui sopra e di seguire poi l’attuazione delle sue
conclusioni, anche parziali o provvisorie. Corollario di questo nuovo corso è
che la stampa cattolica, ufficiosa e ufficiale (a partire dall’Avvenire), si
apra al pluralismo abbandonando le censure e le autocensure di oggi. Ed anche
i vescovi, ora zittiti dalla struttura verticistica della Conferenza
episcopale, si potrebbero prendere una doverosa libertà di parola su
questioni importanti.

 

             
Nel mondo cattolico italiano ci sono, in associazioni di volontariato
e di impegno civile, in riviste, in strutture diocesane e parrocchiali, tante
energie, intelligenze e pratiche evangeliche che oggi purtroppo sono escluse
dalle decisioni  sui  grandi orientamenti della Chiesa e che
tuttavia continuano generosamente il loro lavoro, agendo nel loro specifico,
convinti che sia inutile esaurirsi a intervenire dove ci si sente da tempo
ininfluenti. Questa ricchezza potrebbe divenire protagonista di una nuova
rifioritura della ricerca in campo pastorale e di  una nuova evangelizzazione nella Chiesa italiana.

            A proposito dei carismi diffusi
nella Chiesa ed a conforto e supporto del ruolo che possono avere le nostre
riflessioni e le nostre proposte ci siamo riletti un brano del numero 12
della Lumen Gentium con cui ci
piace concludere il nostro intervento 
: “
Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il
popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di
virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor
12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le
quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al
rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: «
A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune
vantaggio » (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più straordinari a quelli più
semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle
necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con
gratitudine e consolazione”. 

 

Hanno, tra gli altri, firmato : Vittorio Bellavite, Albino Bizzotto, Teresa
Ciccolini, Ettore Masina, Rocco D’Ambrosio, Giovanni Franzoni, Gianni Geraci,
Annamaria Marenco, Nina Kauchtschischwili, Giuseppe Barbaglio, Ortensio da
Spinetoli, Ausilia Riggi, Felice Scalia, Ornella Marcato, Armido Rizzi,
Fiorentina Charrier, Giannino Piana, Enzo Mazzi, Domenico Jervolino, Paolo De
Benedetti, Giancarla Codrignani, Andrea Gallo, Giulio Girardi, Clara Achille,
Marcello Vigli, Maria Pagano, Roberto Fiorini, Franco Barbero, Fausto
Marinetti, Marijana Sutic, Peppino Coscione, Cristoforo Palomba, Paolo
Ferrari, Luigi Sandri, Andrea Gallo, Lisa Clark, Aldo Lamera,  Piergiovanni Palminota, Mira Bozzini, Gigi
De Paoli, Catti Cifatte, Giovanni Gaiera, Antonio Vermigli, Roberto De Vita,
Domenico Pezzini, Sabrina Fausto, Aldo Antonelli, Giovanni Avena, Gustavo
Gnavi , Giorgio Saglietti, Gianfranco Monaca.

 

 

Milano, 14 
ottobre 2006

 

 

 

 

 


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