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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Riflessioni critiche su”Mi sarete testimoni”, percorso pastorale diocesano 2003-2006 del card. Tettamanzi

 

Riflessioni
critiche su”Mi sarete testimoni” percorso pastorale diocesano per il
triennio 2003-2006 proposto 
dall’Arcivescovo  Card.
Tettamanzi alla diocesi di Milano

 Bisogna cercare strade nuove e non
avere paura di riformare la
Chiesa.

            Bisogna
partire dal Concilio ed andare oltre per testimoniare                             l’Evangelo all’inizio
del nuovo millennio in una società                                   secolarizzata

 

Il nostro nuovo Arcivescovo, dopo un anno di
presa di contatto con la diocesi,  ha
iniziato il suo magistero proponendo il percorso pastorale diocesano per il
prossimo triennio “Mi sarete testimoni- Il volto missionario della Chiesa di
Milano”. Esprimiamo con schiettezza le nostre osservazioni nella convinzione
che possano essere utili nel momento in cui tutte le strutture della diocesi
sono invitate a conoscere il documento e a seguirne le indicazioni.

 

La
preparazione e la presentazione del “Percorso”

“Mi
sarete testimoni” indica un percorso che va ben aldilà dei tre anni indicati
come suo orizzonte temporale. Esso nasce dall’impegno pastorale
dell’Arcivescovo e della sua sincera volontà di attivare energie nella
direzione di una nuova missionarietà dei credenti in un mondo secolarizzato.
Da questo punto di vista il documento può servire a smuovere pigrizie e
lentezze che sono presenti nel grande corpo di una diocesi complessa, troppo
vasta e sempre tentata, nelle sue 
tante e radicate strutture, dall’ordinaria amministrazione e da
gestioni efficientiste ed attivistiche.

Abbiamo
sempre auspicato che documenti di questa importanza, soprattutto su
orientamenti di carattere pastorale, siano il momento conclusivo di un
impegno collettivo  di ricerca e di
proposta. Pensiamo infatti che il vescovo debba raccogliere, mediante
differenziate  forme di partecipazione,
le opinioni e le proposte dell’insieme del popolo di Dio e farne poi la
sintesi identificando le priorità, i percorsi, i terreni di ricerca
ecc….Questo ruolo del vescovo sarebbe molto più facile, naturale, e quasi
ovvio, se egli fosse designato non dopo una segreta procedura dal vertice
della Chiesa ma come conseguenza di un processo a cui partecipi la Chiesa locale come è
avvenuto per tanti secoli e come “Noi Siamo Chiesa” ha proposto invano al
momento delle dimissioni del Card. Martini ( si legga il documento “Il
prossimo Vescovo della diocesi di Milano” all’indirizzo Internet
<www.we-are-church.org/it/attual/ElezVescovi.htm>).

Il “Percorso pastorale per il triennio” è
stato invece preparato con il metodo tradizionale usato dalla Chiesa
gerarchica secondo cui lo Spirito si esprime solo tramite il vertice della
struttura ecclesiastica. Il popolo di Dio è destinatario passivo di un
messaggio. Nel nostro caso neppure il Consiglio pastorale diocesano ed il
Consiglio presbiterale diocesano sono stati consultati.

Un’altra
difficoltà nella “attenta lettura, assimilazione e meditazione orante” che
viene richiesta (pagg. 15 e 32) è data dalla lunghezza del testo (230 pagine
dense di moltissime citazioni) e dalla ripetitività dei suoi contenuti. C’è
stato un sorprendente errore di comunicazione. La diffusione e l’efficacia
del messaggio dell’arcivescovo  ne sono
stati compromessi.

 

La
secolarizzazione e le difficoltà della Chiesa

Soprattutto nella prima parte il
“Percorso pastorale” fa ripetutamente riferimento, con toni allarmati, a
”processi di secolarizzazione, di vera e propria scristianizzazione, di
indifferenza religiosa, di neopaganesimo”(pag.20).  L’analisi è 
molto severa e generalizzante : tutto sembra “relativismo,
indifferentismo, nichilismo agnostico” (pag.46). Il confronto  con questa realtà può significare per i
cristiani “il volto dello scontro e dell’urto…..della discriminazione,
dell’emarginazione, dell’ostilità : della persecuzione dunque” (pag.77).

Ci sembra positivo che il documento non faccia analisi
comode e poco fastidiose della situazione e che  raccolga alcuni degli elementi della
riflessione che da tempo si sta facendo sul rapporto fede/Chiesa/società e
che sia ben consapevole della difficoltà della Chiesa.

Ciò premesso, ci sembra che il documento metta tutto e
tutti nello stesso sacco mentre bisognerebbe distinguere ed approfondire. Per
esempio pensiamo che ci sia un aspetto non negativo della secolarizzazione :
è quello che permette ai cristiani il recupero di una fede per un verso più
personale e per un altro verso più comunitaria, perché  non più fondata, come spesso un tempo,  su comportamenti consuetudinari e
convenienze sociali. Ne guadagnerebbe anche la laicità dei credenti nella
loro presenza sociale e politica.

Inoltre il giudizio del nostro arcivescovo appare sempre
aspro e negativo nei confronti del “mondo” e dell’ humus culturale che lo
percorre. E’ un punto di vista che porta, magari inconsapevolmente, a una
distinzione rigida tra “noi” e i “lontani”, a un giudizio sempre di
diffidenza, alla necessità della missione. Ma- diciamo noi- esiste anche
l’umanesimo, spesso ricco, 
dell’agnostico e del non credente, magari in sofferta ricerca;
esistono valori civili ed umani, ricchezze da esplorare e conoscere al di  fuori del nostro recinto. Esistono da
sempre, per esempio, grandi tradizioni di solidarietà e di umanità in quanti
impegnati nel mondo del lavoro, nel volontariato o nelle professioni  si ritengono lontani dalla fede.

Esiste un terreno di ricerca comune tra il non credente
che è in ogni cristiano ( secondo la nota espressione del Card.Martini) e chi
è non credente (o dice di esserlo). Il dialogo, il cammino comune, la
contaminazione con i “lontani” sono positivi se fatti con discernimento
evangelico e sono già praticati da tempo da molti credenti.  Non si deve tornare indietro.

L’analisi del “mondo” andrebbe meglio specificata  indicando quali sono oggi gli “idoli”. Per
esempio: il mito del successo e del denaro ad ogni costo, l’indifferenza nei
confronti dei bisogni materiali del prossimo, l’interesse individuale o di
gruppo nei rapporti sociali e politici, una pratica libertina del sesso, i
comportamenti maschilisti, il qualunquismo in politica, l’egoismo nei
rapporti di coppia,  il disinteresse
all’educazione dei figli ……

 

Una  proposta tutta ecclesiocentrica per
rinnovare la pastorale

La situazione di difficoltà della Chiesa suggerisce
all’Arcivescovo proposte di cambiamento “rapido e globale nella pastorale”.
Addirittura egli afferma che  “una
semplice pastorale di conservazione, oltre a essere sterile, si dimostra
irresponsabile ed oggettivamente “peccaminosa” perché sorda, se non
addirittura ostile, alla voce di Dio ed alla sua chiamata” (pag.19). Bisogna
“trovare strade nuove, tentare iniziative inedite” (pag.78) e sperimentare.
Il cambiamento deve avvenire all’insegna della missionarietà.

Questa volontà di cambiare non viene però
confermata  da quanto si dice in
proposito nel “Percorso” ; esso contiene un rilancio della centralità delle
tradizionali forme di presenza della Chiesa. Sono riproposti con molta
determinazione perché siano rivitalizzati e perché abbiano una funzione
fortemente missionaria la
Messa
e la domenica “cristiana”, il ruolo centrale della
parrocchia, i sacramenti, la ripresa della “Dottrina Sociale della Chiesa”,
il ruolo riorganizzato dei vari soggetti ecclesiali che sono tutti ricordati
: laici, consacrati, famiglia, operatori pastorali, preti…(ma  le donne 
sono state dimenticate e  non se
ne parla in nessuna parte del documento).

La sofferta consapevolezza della situazione
(diminuzione della frequenza alla Messa domenicale, allontanamento dei
giovani, uso consuetudinario dei sacramenti solo in momenti particolari della
vita…) non porta però ad alcuna posizione problematica o di ricerca di fronte
a forme di presenza e di comunicazione 
della Chiesa che sono in evidente difficoltà.

La proposta non ha  caratteri di percorso con tappe, priorità
ecc…ma serve a proporre un certo tipo di Chiesa e di pastorale chiusa
all’interno del circuito dei già presenti nei “recinti”. Il mantenere questa
presenza ed il  cercare di darle più
anima e meno abitudine può essere comprensibile ma è difficile trovare una
coerenza con l’impegno missionario e la volontà di cambiamento che sono
proclamati  in tutto il documento.

 

Per
una Chiesa in itinere serve una nuova ricerca

Come evangelizzare o rievangelizzare oggi in
una società secolarizzata è il problema dei problemi. Chi pensosamente vi
riflette a partire dall’Evangelo giunge quasi sempre alla conclusione che non
ci sono strade facili e che, in questa fase storica, sono insufficienti le
forme tradizionali di presenza della Chiesa. Bisogna-ci sembra- avviare una
ricerca in cui ogni componente del popolo di Dio possa dare il suo libero ed
anche critico contributo su questi problemi senza il timore di immediate
censure o di emarginazioni da parte dell’autorità ecclesiastica.

Il “Percorso” proposto dal nostro
arcivescovo si limita a proporre aspetti solo 
“organizzativi”, anche se importanti, 
della pastorale : a quale età la prima Comunione ? prima o dopo la Cresima ? come formare
gli operatori pastorali? come migliorare 
la “qualità celebrativa” dell’Eucaristia? chi ammettere ai sacramenti?
come organizzare il catecumenato degli adulti ? ecc…

Noi pensiamo che si debba  avviare la riflessione almeno su alcune
questioni : la centralità sempre e comunque della Parola,  la partecipazione del popolo di Dio alla
gestione della Chiesa valorizzando tutti i carismi, il ruolo delle donne
che  oggi, nella pratica, viene ben
poco riconosciuto, soluzioni nuove al problema della crisi delle vocazioni
(bisogna considerare seriamente la proposta del celibato facoltativo dei
presbiteri), la condizione degli omosessuali.

nella
Chiesa, la situazione di esclusione dall’Eucaristia dei divorziati risposati,
il coraggio di discutere liberamente 
della confessione auriculare dei peccati che è il sacramento più in
crisi e di cui il “Percorso” non parla, una nuova riflessione su come vengono
gestite le risorse economiche della Chiesa….. L’elenco potrebbe continuare.

Se si vogliono tentare strade nuove per
l’evangelizzazione e uscire dall’ordinaria amministrazione  nella vita di Chiesa, bisogna parlare di
una  riforma della Chiesa che si ispiri
al Concilio Vaticano II e che vada anche oltre . Il “Percorso” di tutto ciò
non parla e nessuno ne parla nella Chiesa, la libera discussione è stata
congelata da tempo. In questo modo restano tutte le difficoltà dei cristiani
di fronte agli aspetti negativi della secolarizzazione.

 

Ciò che
manca nel “Percorso pastorale” dell’Arcivescovo

Il limite della proposta pastorale  “Mi sarete testimoni” è  più evidente se si constata quanto manca
nel documento. Ci permettiamo di segnalarlo, è la pars construens
della nostra riflessione.

A)   
A)    La parola di Dio

Nel testo non si parla della priorità
pastorale che deve avere l’ascolto diretto della Parola di Dio da
generalizzare nelle parrocchie ed in ogni altro ambito. Le modalità concrete
di gestire questa priorità possono essere le più diverse, anche di tipo
sperimentale.La riflessione generalizzata sulla parola di Dio messa a
confronto con il vissuto di ogni credente e con la realtà sociale deve essere
la stella polare di ogni rinnovamento della pastorale.

Potrebbe essere indicativa di questa
priorità l’impegno a migliorare la qualità delle omelie domenicali (di cui
però nel “Percorso” quasi non si parla). Ci vorrebbe uno sforzo comunitario
per risollevarle dal mediocre livello che, salvo eccezioni, esse hanno ora
nella vita delle nostre parrocchie.

B )
Ecumenismo e non credenti

I limiti romanocentrici dell’attivazione
di tutte le strutture della diocesi in una prospettiva  missionaria sono resi evidenti dal silenzio
nel “Percorso” sul cammino ecumenico che ha finora trovato la nostra diocesi
su posizioni di avanguardia.

Anche per quanto riguarda  la cultura “laica” non esistono indicazioni
. Il silenzio significa una presa di distanza dall’idea di un possibile
dialogo in cui il credente  partecipa
col non credente a una ricerca comune nel corso della quale è possibile un arricchimento
reciproco secondo l’esperienza della “Cattedra dei non credenti” ?

Non ci si preoccupa del dialogo con i
credenti nell’Islam sempre più numerosi ed organizzati nella nostra diocesi ?

C) Pace,
giustizia, legalità

Il capitolo sesto del documento che
invita i cristiani, “sale della terra e luce del mondo”, a “immergersi nel
mondo al servizio del Regno di Dio” contiene molte esortazioni ed una
elencazione piuttosto rituale e generica dei problemi sociali. La ricerca dei
segni dei tempi è assente. Il documento sembra fuori dal tempo e dallo spazio
e potrebbe essere proposto senza modifiche in qualsiasi città dell’occidente
di tradizione cristiana. Mancano riferimenti alla Milano ed alla Lombardia di
questo inizio del millennio. Eppure esistono importanti segni dei tempi . Ne
indichiamo quattro.


La volontà di pace e l’impegno a favore del terzo mondo si sono manifestati
in modo inconsueto negli ultimi mesi nella nostra società e nella nostra
diocesi e tanti cristiani sono stati in prima fila . Non si pone il problema
di proporre la generalizzazione nella Chiesa di queste sensibilità  fondate sull’Evangelo ?

–Gli
extracomunitari sono sempre più numerosi e la loro condizione sta peggiorando
con la nuova legge. Molte iniziative sono già in corso ma è possibile
dimenticare nel “Percorso” il problema e non fare dell’accoglienza, materiale
e umana, di queste nostre sorelle e di questi nostri fratelli una priorità
per tutte le nostre comunità ?


La violazione della legalità e delle norme della vita democratica, la
riduzione degli spazi di libertà nei massmedia e la grettezza delle culture
xenofobe  non sono nate e non hanno
forse particolari radici  nella nostra
diocesi da dove si sono poi diffuse in tutto il paese ? Si può ignorare
questa situazione che è ulteriormente peggiorata negli ultimi due-tre anni ?

–L’emergere
delle nuove povertà nella nostra società consumista non sono un fenomeno
emergente nei cui confronti tutte le comunità cristiane dovrebbero
preoccuparsi ?

 

Bisogna riflettere liberamente sul
“Percorso”

Nonostante la
generosità e le forti convinzioni che animano la proposta del nostro
arcivescovo la nostra opinione è critica nei confronti dell’impostazione
generale del “Percorso”. Ma un certo disinteresse per un testo così faticoso,
che abbiamo sentito serpeggiare qua e là anche nel clero, non ci sembra
atteggiamento da condividere.

Noi speriamo invece
che una serena, libera e generalizzata riflessione sul “Percorso” faccia
emergere la vitalità e la creatività del nostro popolo cristiano. Integrando
e modificando la proposta si potrà avviare un cammino comunitario della
diocesi all’altezza delle responsabilità che abbiamo nel nostro compito di
annunciare la buona Novella all’inizio del terzo millennio.

 

   “Noi Siamo Chiesa”

(aderente all’International Movement We Are
Church-IMWAC)

Milano,  ottobre 2003

 

 

 

“Noi Siamo Chiesa”

Sito Internet :
<www.we-are-church.org/it>

E-mail : <vi.bel@iol.it>

Tel. 022664753/ 0270602370

 

 

 


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