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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Sul pentimento del Papa del 12 marzo Documento di ” Noi Siamo Chiesa”, 29-6-2000

 

 

Sul pentimento del Papa
del 12 marzo

Documento di "Noi
Siamo Chiesa"

 

International Movement
"We Are Church" (IMWAC)

Associazione italiana
"Noi Siamo Chiesa" (NSC)

Casella Postale 244 Acilia,
00125 Roma Sito Internet : www.we-are-church.org/it Tel: 06-56.47.06.68

 

 

Pentimento di una Chiesa?

Riflessioni sul "mea
culpa" papale

Il panico dell’errore
é la morte del progresso.

(Alfred North Whitehead)

 

Tra i molti doni elargiti
dallo Spirito Santo nel nostro tempo, c’è il Concilio Vaticano II, che ha
rappresentato l’inizio di un processo mirante ad una profonda riforma della
Chiesa cattolica romana (Ecclesia semper reformanda), peraltro spesso
invocata da molti isolati ed inascoltati profeti.

Il Concilio avvia, tra
l’altro, un sia pur timido e generico "mea culpa", cioè una
riflessione su responsabilità della Chiesa romana per alcune gravi scelte del
passato, relative, in particolare, al rapporto scienza-fede (con riferimento
indiretto al "caso Galileo"), alle violazioni del principio della
libertà religiosa, e al sostegno teorico e pratico dell’antisemitismo.

Sulla scia del Concilio,
comunità, vescovi, e gruppi teologici hanno iniziato a rivisitare, con
sincerità e senza reticenze, il passato della nostra Chiesa. Il tutto,
ovviamente, non per fare della ricerca storica, ma per trarre insegnamento a
convertirsi "oggi".

E’ da questo
"humus" che gli stessi pontefici – più cautamente Paolo VI, più
insistentemente Giovanni Paolo II – sono stati come indotti a porsi il
problema del "mea culpa". In tale cammino, rafforzato da analoghe
iniziative in altre Chiese cristiane e preceduto da numerose richieste di
perdono per gli errori del passato pubblicamente espresse dallo stesso papa
Wojtyla, si situa il "mea culpa" vaticano del Marzo 2000: il 7 del
mese è stato reso noto ufficialmente il documento della Commissione Teologica
Internazionale (CTI) "Memoria e riconciliazione. La Chiesa e le colpe del
passato
" (MR); e il 12 lo stesso pontefice ha presieduto nella
basilica vaticana la "giornata del perdono".

Molti sono stati i commenti,
in ambito cattolico, del "mea culpa" vaticano. In questo contesto,
riteniamo doveroso intervenire anche noi, come sezione italiana del movimento
IMWAC, per riflettere su quella "purificazione della memoria" cui
siamo stati invitati da Giovanni Paolo II.

1. Il pentimento
"rischioso" della Commissione Teologica Internazionale (CTI)

Il documento "Memoria
e Riconciliazione
" (MR), si pone l’obiettivo non di "prendere
in esame casi storici particolari, ma di chiarire i presupposti che rendano fondato
il pentimento relativo a colpe passate"
(Introduz.). Sulla base di
tale premessa, la CTI
stabilisce che se la Chiesa
vuole confessare e chiedere perdono per peccati del passato deve tener conto
che tale confessione:

  • Esige un giudizio storico inconfutabile:
    "L’individuazione delle colpe del passato di cui fare ammenda
    implica anzitutto un corretto giudizio storico…Ci si deve domandare: che
    cosa è precisamente accaduto?"
    (4).
  • Richiede una distinzione tra
    soggetti in quanto credenti e in quanto appartenenti ad un certo periodo
    storico: "Una difficoltà è quella di definire le colpe del
    passato…perché in ciò che è avvenuto va sempre distinta la
    responsabilità o la colpa attribuita ai membri della Chiesa in quanto
    credenti, da quella riferibile alla società dei secoli detti di
    cristianità"
    (14).
  • Crea una situazione di
    asimmetria, perché non tiene conto "della complessità del
    rapporto che intercorre tra il soggetto che interpreta e il passato
    oggetto dell’interpretazione"
    data la "reciproca
    estraneità fra di essi"
    (4.1).
  • Può essere tacciata di
    fariseismo: "Inoltre non è troppo facile giudicare i
    protagonisti del passato con la coscienza attuale (come fanno Scribi e
    Farisei secondo Mt 23,29-32), quasi che la coscienza morale non sia
    situata nel tempo?
    " (1.4).
  • Deve fondarsi sull’intelligenza
    corretta dei testi: "In relazione a un testo del passato"
    è necessario"1) capire il testo, 2) giudicare della correttezza
    della propria intelligenza del testo e 3) esprimere quella che si
    giudica essere l’intelligenza corretta del testo"
    (4.1).
    "Unicamente quando si perviene alla certezza morale che quanto è
    stato fatto contro il Vangelo da alcuni figli della Chiesa ed a suo nome
    avrebbe potuto essere compreso da essi come tale ed evitato, può aver
    significato per la Chiesa
    di oggi fare ammenda del passato"
    (4).
  • Occorre distinguere tra
    "Magistero" ed "Autorità": il primo è infallibile,
    la seconda, no. "Non ogni atto di autorità ha valore di
    Magistero, per cui un comportamento contrario al Vangelo di una o più
    persone rivestite di autorità non implica di per sé un coinvolgimento
    del carisma magisteriale, assicurato dal Signore ai Pastori della
    Chiesa"
    (6.2).
  • È condizionata ad un bilancio
    "costi-benefici. "Quali implicazioni ha un atto ecclesiale
    di richiesta di perdono nella vita della Chiesa?…Va inoltre valutato il
    rapporto tra benefici spirituali e possibili costi di simili atti, anche
    tenendo conto delle accentuazioni indebite che i media possono dare ad
    alcuni aspetti dei pronunciamenti ecclesiali: va sempre tenuto presente
    l’ammonimento dell’Apostolo Paolo di accogliere, considerare e sostenere
    con prudenza e amore i <deboli nella fede>"
    (6.2). "Sul
    piano missionario occorre anzitutto evitare che simili atti
    contribuiscano a inibire lo slancio dell’evangelizzazione mediante
    l’esasperazione degli aspetti negativi"
    (6.3). "Sul
    piano interreligioso …va evitato che simili atti siano equivocati come
    conferme di eventuali pregiudizi
    nei confronti del
    cristianesimo"
    (6.3).

Il succo – implicito o
esplicito – del filo del ragionamento della CTI (emanazione dell’ex
Sant’Offizio), è contenuto i quattro punti:

  1. in assenza di una Tradizione e,
    soprattutto, di un corretto giudizio storico, il Papa e la Chiesa (cattolica)
    non sono tenuti a confessare, oggi, colpe del passato, dato che
    queste non sono state ancora accertate;
  2. pur avendo affermato nell’Introduzione
    che "per Chiesa si intenderà sempre la comunità dei battezzati,
    inseparabilmente invisibile e operante nella storia sotto la guida dei
    Pastori e unificata nella profondità del suo mistero dall’azione dello
    Spirito vivificante"
    , nel testo si continua tenacemente a
    distinguere tra "Chiesa" e "figli della Chiesa", la
    prima innocente a differenza dei secondi;
  3. il Magistero non può aver
    commesso colpe, pertanto non è tenuto ad alcuna confessione e
    riparazione. Esso é dotato del "carisma, assicurato dal Signore
    ai Pastori della Chiesa, e non domanda in conseguenza alcun atto
    magisteriale di riparazione
    ";
  4. anche ammesso che si possa,
    forse nei prossimi secoli, giungere alla certezza morale che "figli
    della Chiesa" hanno commesso colpe riprovevoli e scandalose nel
    passato, papato e Magistero debbono valutare, innanzi tutto, i"costi
    spirituali"
    (6.2) che tale confessione ecclesiale comporta.
    Bisognerebbe, infatti, preventivamente valutare se tale confessione
  • possa far vacillare, invece che
    sostenere, la fede dei "deboli"
  • non si presti a manipolazioni da
    parte dei mass media
  • comporti rischi per
    l’evangelizzazione
  • non si presti ad equivoci che
    confermino pregiudizi anti-cattolici da parte di altre religioni.

 

 

Sono accettabili i
"presupposti" della CTI?

  • Alcuni di essi sono chiaramente
    condivisibili
    :
    è indubbio che la confessione di colpe storiche della Chiesa richieda
    "un corretto giudizio storico". Ma suscita un senso
    di scandalizzato stupore il fatto che la Commissione
    vaticana non abbia preso atto di secoli di accurato lavoro documentativo
    di migliaia di storici di tutto il mondo,
    al punto da non nominarne
    nemmeno uno nelle 102 note del documento (MR), lasciando così intendere
    che il giudizio degli storici non è ancora "corretto".
    I teologi ufficiali del papa, inoltre, non danno nemmeno per scontato
    che esistano colpe. Anche quando passano ad esaminare alcune forme di
    contro-testimonianza nella storia della Chiesa avvertono che ci si
    riferisce a "situazioni in cui il comportamento dei figli della
    Chiesa sembra aver contraddetto il Vangelo di Gesù Cristo in maniera
    rilevante
    (5.1). Agli occhi della Commissione le colpe della Chiesa
    "sembrano" tali, sono "eventuali",
    "possibili": l’Inquisizione, le Crociate, le evangelizzazioni
    cruente, le guerre di religione e simili non è "certo" che
    abbiano contraddetto il Vangelo.
  • Le clausole di tipo
    ermeneutico-pastorale che la
    CTI
    stabilisce per il pentimento appaiono
    pregiudizialmente orientate a renderlo impossibile
    . Infatti, se la comunità
    ecclesiale da un lato è invitata a compiere un lavoro di "purificazione
    della memoria
    , dall’altro essa deve astenersi, di fatto, da tale
    impegno qualora esso minacci la fede dei deboli o incoraggi i pregiudizi
    anticattolici
    .
  • Alcuni requisiti sono
    contraddittori
    :
    parlando della Chiesa, la
    CTI
    precisa con San Tommaso che "la pienezza
    della santità appartiene al tempo escatologico, mentre la Chiesa peregrinante
    non deve ingannarsi affermando di essere senza peccato"
    (3.3);
    contemporaneamente sostiene, con S. Agostino, "che la Chiesa é uguale a
    Maria: essa partorisce ed è vergine"
    (3.3) e che essa
    "è" santa "in quanto resa tale dal Padre mediante il
    sacrificio del Figlio e il dono dello Spirito Santo"
    e solo
    "in un certo senso anche peccatrice, in quanto assume realmente
    su di sé il peccato di coloro che essa stessa ha generato"
    (3).
  • Il testo della CTI sembra
    redatto da due commissioni: una che, con San Tommaso, sta con i piedi
    per terra, prendendo atto che la Chiesa é peccatrice; e un’altra che la
    considera già in volo verso il tempo escatologico, con la sensazione di
    essere addirittura "vergine" oppure "in un
    certo senso peccatrice
    ", ma solo in quanto " assume su
    di sé il peccato dei suoi figli
    ".
  • L’obiettivo del documento non si limita a
    "chiarire i presupposti che rendano fondato il pentimento
    relativo a colpe passate
    " ma stabilisce il quadro
    interpretativo di tali "eventuali" colpe, minimizzandole:

    "le divisioni dei cristiani" e i ripetuti scismi del
    secondo millennio sono da imputare alla "mancanza di amore
    soprannaturale, di agape
    "; i "metodi di intolleranza e
    persino di violenza nel servizio della verità
    " sono dovuti all’acquiescenza
    manifestata
    verso di essi dai figli della Chiesa; alcune forme di
    evangelizzazione si sarebbero avvalse di "strumenti impropri per
    annunciare la verità
    "; nei rapporti con gli ebrei c’è stata
    "l’ostilità o la diffidenza di numerosi cristiani" e la
    "persecuzione del nazismo" sarebbe stata "facilitata
    dai pregiudizi anigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni
    cristiani
    ".

A questo punto ci si
domanda: a cosa servono le avvertenze della CTI e ulteriori studi storici e
teologici, se è chiaro che: 1) tutte le "possibili" colpe passate
ricadono solo su singoli cristiani, senza alcuna responsabilità
dell’Istituzione ecclesiastica; 2) le ragioni di tali colpe sono state già
individuate dagli organi ufficiali dell’autorità ecclesiastica?

  1. Il pentimento del papa

 

Domenica 12 marzo Giovanni
Paolo II, nel corso di una celebrazione eucaristica nella basilica di S.
Pietro, ha voluto mostrare il volto penitente della Chiesa, in ginocchio e
abbracciato al crocefisso, riconoscendo "le infedeltà al Vangelo in
cui sono incorsi certi nostri fratelli"
, e chiedendo parimenti che la Chiesa "si
inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e
presenti dei suoi figli
" (omelia). Dopo di lui, in un coro
penitenziale, sette prelati di Curia hanno chiesto perdono per ben sette tipi
di peccati commessi dai cattolici, comprendenti comportamenti dettati
dall’odio, metodi non evangelici, offese agli ebrei, umiliazioni della donna,
lacerazione dell’unità dei cristiani, violazioni dei diritti della persona.
Ad ognuna di queste confessioni il papa ha associato, a nome di tutta la
comunità cattolica, una richiesta di perdono al Padre misericordioso e il
proposito di non rifare mai più quelle azioni antievangeliche.

Aspetti innovativi

Come hanno rilevato molti
commentatori, non vi é dubbio che Giovanni Paolo II ha iniziato un processo
di auto coscienza ecclesiale mai intentato da nessun altro papa o concilio.
Durante i suoi "pellegrinaggi" aveva avuto modo, in più di cento
occasioni, di consegnare alla storia i peccati di tanti cristiani,
responsabili nella storia passata di azioni scandalosamente antievangeliche.
Ma il 12 marzo del 2000 accadeva qualcosa che apriva un nuovo capitolo nella
storia della Chiesa romana: in quella basilica che aveva visto per secoli
solo papi-re in sedia gestatoria, il primo papa del terzo millennio, tremante
e genuflesso, ammetteva una serie di nequizie di parte cattolica come non era
mai stato esplicitato da nessun precedente pontefice.

Quello che gli studi storici
e le voci evangeliche avevano denunciato, da secoli, come colpe capitali del
cattolicesimo e della "cristianità" emergevano in filigrana – ma,
purtroppo, con clamorose reticenze – nelle confessioni del Papa e della sua
Curia, con la lista delle vittime: gli ebrei, le donne, i cristiani di altre
Chiese, i poveri, i popoli colonizzati, gli evangelizzati con il terrore, gli
eretici torturati.

Il Confiteor del
massimo vertice ecclesiastico cattolico non è rimasto chiuso nel recinto
sacro: il collegamento televisivo in mondovisione ha portato sui teleschermi
di cattolici e credenti di altre confessioni e religioni, nonché del mondo
laico, l’immagine di un papa in stato di penitenza.

Pentimento
"virtuale"

Ha detto papa Wojtyla:
"Siamo tutti invitati a un profondo esame di coscienza…Riconoscere le
deviazioni del passato serve a risvegliare le nostre coscienze di fronte ai
compromessi del presente, aprendo a ciascuno la strada della conversione
".
Dobbiamo convenire che il capo della Chiesa cattolica ha iniziato un percorso
importante che, però, è ben lontano da "un profondo esame di
coscienza
" e da un "risveglio delle coscienze". Se
noi consideriamo, infatti, "virtuale" la confessione, pur
innovativa, del Papa è perché essa può essere considerata solo come
"prefigurazione" di quella ecclesiale. Diamo alcune ragioni del
nostro punto di vista.

F E’ un dato di realtà
che il gesto papale non è stato preceduto, né accompagnato, dall’esame di
coscienza dell’intera Chiesa cattolica:
parrocchie, diocesi, associazioni teologiche e
movimenti laicali sono stati posti di fronte all’evento, senza alcuna
preparazione e senza che la loro parola fosse presa in considerazione da
Wojtyla e dalla CTI. Il "noi" che il Papa usa ripetutamente
nell’invocare il perdono si riferisce ad una Chiesa cattolica romana
penitente decisamente "virtuale", non dinamicamente coinvolta e reale.

F Altro dato di realtà è
che la confessione papale è priva di quelle condizioni poste dal Catechismo
della Chiesa Cattolica
,
secondo il quale, perché una confessione o riconciliazione sia significativa,
occorrono: la "contrizione", cioè "il dolore
dell’animo e la riprovazione del peccato commesso
" (n. 1451);
l’enumerazione nella confessione di "tutti i peccati mortali di cui (i
penitenti) hanno consapevolezza, dopo un diligente esame di coscienza
(1456); la soddisfazione o penitenza, come atto riparatore del danno
provocato. "L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a
tutti i disordini che il peccato ha causato
(1459). Se nelle denunce
autocritiche che il papa ha fatto anche nel corso del suo ministero
"itinerante "è indubbiamente presente la "contrizione",
non si può dire altrettanto della "penitenza", dato che tutte le
ammissioni pubbliche di colpevolezza per peccati storici mancano di quel
passaggio richiesto dalla giustizia, che è la riparazione dei "disordini
provocati dal peccato"
.

F Le ripetute ammissioni
di colpevolezza fatte dal Papa, di solito, non sono precedute da quel "diligente
esame di coscienza"

che si richiede
perché una confessione sia segno di una conversione allo Spirito di Dio.
Quasi tutti i commentatori hanno evidenziato le reticenze, umanamente
comprensibili, di cui è costellato il pentimento papale. L’autocritica di
Giovanni Paolo II riguarda sempre "i figli" e le "figlie"
della Chiesa, mai la Chiesa,
l’Istituzione ecclesiale, la dottrina o la Gerarchia. I primi
sono "peccatori" e sono responsabili degli scandali e dei mali che
hanno sfigurato il volto della Chiesa; le seconde appaiono immacolate, sempre
fedeli al Fondatore, esenti da ogni peccato e possibilità di errore. Ne
consegue che la scissione "santo-peccatore" permette di formulare
un giudizio preventivamente assolutorio sull’istituzione ecclesiastica e le
sue scelte fondamentali, sullo Stato Pontificio del passato, sulla ricerca
antica e recente di Concordati e su molti aspetti del Diritto canonico, tutti
"prodotti" di una "Chiesa Santa" e incorruttibile, che
mai avrebbe potuto indurre "i figli" a commettere quei peccati per
cui, oggi, la Chiesa
deve chiedere perdono. La
Chiesa
, in questa visione, non sta nel mondo ma è quella
escatologica, o "virtuale".

F Rimangono oscure le ragioni e le condizioni
che avrebbero indotto dei "figli della Chiesa" a perpetuare per
secoli odi, inquisizioni, e inimicizie verso altri fratelli
. Il tutto
senza alcuna responsabilità del Magistero e del papato. Anche se tra i "figli
della Chiesa
" peccatori vi sono i Pastori, in quanto persone, rimane
oscuro il ruolo del Magistero. Ma la presunta innocenza o incolpevolezza di
tale Istituzione non fa che aggravare il problema, non solo sul versante
storico, ma anche su quello spirituale e teologico: se sono solo i "figli
della Chiesa" a peccare, la "Madre-Chiesa" non ha bisogno di
conversione, essendo"casta" e non "meretrix" (prostituta).

F Le colpe non hanno un
collegamento evidente con la storia di oggi
. Tale constatazione vale anche per tutte quelle
ammissioni che il papa ha fatto durante i suoi viaggi pastorali. La cosa è
tanto più strana se si pensa che persino da membri del collegio cardinalizio
e della stessa Curia era stata avanzata la proposta che il pentimento
ecclesiale si limitasse o iniziasse con un esame di coscienza centrato
soprattutto sul presente. Ed è la stessa CTI che ne dà conferma
esplicita nel paragrafo 6.1: "Giovanni Paolo II afferma che < un
serio esame di coscienza è stato auspicato da numerosi cardinali e vescovi
soprattutto per la Chiesa
del presente. Alle soglie del nuovo millennio i cristiani devono porsi
umilmente davanti al Signore per interrogarsi sulle responsabilità che
anch’essi hanno nei confronti dei mali del nostro tempo>".

F Destano perplessità
alcuni comportamenti del Papa che non appaiono sintonici con il pentimento,
come: 1) invocare "la
riconciliazione e la comunione di tutti i cristiani",
e poi
ri-aprire le ostilità con i fratelli protestanti, indicendo un Giubileo
fondato su "indulgenze", o facendo un uso mediatico di apparizioni
della Madonna e di segreti che Lei avrebbe rivelato; 2) riconoscere i peccati
"contro il popolo dell’alleanza" e poi proporre (per il 3
settembre) la beatificazione di Pio IX, un pontefice responsabile di scelte
considerate come crimini dagli ebrei; 3) dichiararsi colpevoli di "atteggiamenti
di emarginazione ed esclusione"
, e poi chiedere allo Stato italiano
di impedire la manifestazione del "World Pride" a Roma durante
questo anno giubilare.

Non ci pare, quindi, priva
di fondamento la conclusione di chi, anche tra i cattolici, giudica
insufficiente o ambiguo tale "pentimento": in effetti il papa non
ha operato un discernimento comunitario delle "responsabilità dei
cristiani"
per "i mali del presente"
per quelli del "passato". La conversione e la "purificazione
della memoria
" non vanno al di là di un progetto, di evoluzioni
potenziali, di cambiamenti "virtuali", ma privi di conseguenze
trasformative nella Chiesa di oggi.

Tuttavia, se da un lato
l’operazione vaticana del "mea culpa" è stata influenzata da
elementi mediatico-spettacolari, dall’altro essa ne contiene altri che, per
la logica delle cose e per la crescente sensibilità in materia dell’intera
Chiesa cattolica, potrebbero aprire orizzonti di reale ravvedimento, come
auspicato dal papa stesso, che ha posto un grave e indilazionabile problema:
"riconoscere le deviazioni del passato…per purificare la memoria".

3. Un pentimento
"altro"

In ampi settori della
comunità cattolica, soprattutto dopo il Concilio, si è diffusa la convinzione
che sia necessario un ripensamento complessivo della storia della Chiesa
.

Da parte di alcune Chiese
locali sono stati fatti passi importanti in questa direzione: pensiamo alla
dichiarazione dei Vescovi tedeschi per i silenzi durante il nazismo; e dei
vescovi francesi per le connivenze con il regime di Vichy. Purtroppo, molte
Conferenze episcopali, tra cui quella italiana, finora continuano ad essere
ai margini di questo cammino autocritico di conversione.

Comprendiamo la difficoltà
del passaggio, ma senza Calvario non c’è Resurrezione: e Calvario significa
rinuncia radicale alla violenza, come lo ha fatto Gesù di Nazareth,
riflessione autocritica sul passato, sincero ravvedimento per l’oggi.

Per il Magistero e per noi
cattolici, in particolare seppure non in esclusiva, l’Esodo dalla violenza
dei Faraoni verso la
Terra Promessa
del Regno di Dio chiama in causa secoli
di benedizioni della violenza che, pur riscontrandosi in altre religioni, in
quella cattolica è stata, per secoli, centralizzata, dottrinalmente asserita,
giuridicamente canonizzata e, fino a un secolo fa, militarmente protetta
dallo Stato Pontificio.

Siamo ben consapevoli che il
Magistero ha insegnato nei due millenni anche la non violenza di Gesù, ma non
possiamo tacerne gli errori dottrinali e gli orrori fattuali.

Di fronte alle
"deviazioni dal Vangelo" il nuovo millennio propone a noi,
discepoli-peccatori del Signore, un compito nuovo:

  • l’avvio di un discernimento
    evangelico e di un diligente "esame di coscienza" delle nostre
    colpe,
  • con l’aiuto di tutte le Chiese
    cristiane,
  • nel discernimento delle
    sofferenze e delle speranze del mondo,
  • nell’ascolto di quanti abbiamo
    ferito,
  • senza mercanteggiamenti tra "costi
    e benefici".

Contiamo sull’immensa
misericordia di Dio e delle vittime della violenza ecclesiale. Loro, con William
Shakespeare
, ci suggeriscono la via della conversione:

 

"Eretico non è colui
che brucia nel fuoco

ma colui che accende la
fiamma"

 

Roma, 29 giugno 2000,
Festa dei Santi Pietro e Paolo

 

 

 

 

 


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