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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

E Bruno Forte fa marcia indietro. Leggi l’intervista alla Stampa

Il Sinodo ha rilanciato la misericordia non il buonismo

intervista a Bruno Forte, a cura di Andrea Tornielli – La Stampa 21 ottobre 2014

«Misericordia non significa buonismo o essere deboli». Lo dice il segretario speciale del Sinodo
appena concluso, l’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, noto teologo, che nelle scorse settimane ha
giocato un ruolo chiave coordinando il lavoro di stesura dei testi.
Come valuta il risultato finale del Sinodo?
«Molto positivamente, perché c’è stato un largo consenso su tutti i punti della relazione finale,
anche quelli che non hanno ottenuto i due terzi dei voti sono stati comunque approvati da una
significativa maggioranza, ben più consistente rispetto al 50 per cento più uno».

La Chiesa si è divisa?
«Al contrario. Mi sembra che ci sia stato un convergere dei padri sinodali attorno al Papa. Anche se
il confronto è stato franco, anche se abbiamo molto discusso, tutti hanno cercato di manifestare la
loro vicinanza alle famiglie, specialmente a quelle che vivono in situazioni di difficoltà. Siamo tutti
pastori in contatto con la gente, che avvertono questa priorità: annunciare a tutti l’amore di Dio».
Eppure i paragrafi in cui si parla dei sacramenti ai divorziati risposati e dei gay non hanno
ottenuto i due terzi…

«Nel caso del paragrafo sulle persone omosessuali, venivano riportati due testi del magistero, già
acquisiti dalla Chiesa. Mentre nel caso di quello sui divorziati risposati si riportavano le due
posizioni emerse dal dibattito sinodale. Dunque il voto non può essere letto come un dissenso
contro qualcosa, perché – ripeto – entrambe le posizioni sono citate. Credo che il senso di quel voto
si possa spiegare con il bisogno di riflettere e di maturare ancora. Il Papa vuole che la riflessione
continui, ora tutta la relazione finale confluisce nel testo che sarà inviato alle Chiese locali. Siamo
in cammino, sono lavori in corso».
Lei è stato indicato come l’autore del controverso passaggio sui gay della relazione di lavoro,
poi modificato nel testo finale. Era troppo sbilanciato?

«Devo precisare: non sono certamente io l’autore unico, né l’estensore materiale. Io coordinavo il
lavoro di stesura. Non c’è un autore unico…».
È stato il passaggio più contestato dall’assemblea…
«Mi sembra che non ci fosse alcuna mancanza di fedeltà rispetto a contenuti espressi durante il
dibattito. In ogni caso il testo finale è chiaro: la Chiesa si oppone all’equiparazione fra il
matrimonio e le unioni omosessuali. Al tempo stesso accoglie le persone e non le discrimina».
A molti il nuovo testo è apparso come una marcia indietro. Condivide?
«Vivendo dall’interno il Sinodo, non ho avvertito questo! Ho sentito invece una fondamentale
continuità. Il Sinodo è stato più sereno di quanto apparso sui media. Certo, c’è stata grande libertà
di parola e ci sono stati accenti e posizioni diverse. Ma tutti siamo pastori che cercano il bene delle
persone, sempre tutti siamo preoccupati di coniugare la dottrina con la misericordia, senza cadere
negli irrigidimenti o nel buonismo, le tentazioni di cui ha parlato il Papa».
Perché allora neanche la versione corretta sui gay ha ottenuto i due terzi?
«Forse qualcuno ha espresso un dissenso perché voleva che si dicesse di più. O che si lasciasse
cadere il punto. Vorrei però ricordare che il messaggio fondamentale rivolto alle persone
omosessuali è quello centrale nel pontificato di Francesco: l’annuncio della fede e la misericordia
che non significa buonismo o essere deboli».
E i sacramenti ai divorziati risposati?
«La questione dottrinale è chiara: non si tocca l’indissolubilità del matrimonio. La questione
pastorale riguarda la domanda su quali siano le situazioni o le circostanze per accogliere queste
persone al sacramento della penitenza e alla mensa eucaristica. Ci sono situazioni in cui questo
avviene già, per esempio nel caso di grave infermità o di vicinanza alla morte. Vi possono essere
altre occasioni o situazioni specifiche? Dobbiamo ascoltare le Chiese locali e capire quali siano i
casi in cui si avverte di più questo bisogno».
Ci sono preti e anche vescovi che a volte già concedono i sacramenti…
«In effetti padri sinodali hanno detto che a volte questo già avviene. Forse anche per questo è
necessario dare un indirizzo chiaro».
Quale percorso si apre da oggi fino al Sinodo 2015?
«Lo vedo innanzitutto come un cammino sereno. C’è tanta fiducia data alle Chiese locali,
all’ascolto, alle ipotesi, agli approfondimenti e infine alle proposte. C’è bisogno di grande libertà di
parola, e ascolto nella verità e nella carità, continuando quanto avvenuto in questo Sinodo. L’ultima
parola spetta al Papa: e su questo siamo tutti d’accordo, il potere delle chiavi che gli deriva
dall’essere vicario di Cristo e successore di Pietro, è suo!».


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Commenti

9 risposte a “E Bruno Forte fa marcia indietro. Leggi l’intervista alla Stampa”

  1. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Ho trovato molto significative alcune riflessioni apparse in un saggio di Francoise Hèritier
    alla voce –famiglia– per l’ancora attualissima enciclopedia tematica unica nel suo genere
    pubblicata da Giulio Einaudi. Afferma Hèritier: Tutti sanno –o credono di sapere– cos’è la
    famiglia. Questa è iscritta in moda talmente forte nella nostra pratica quotidiana da apparire
    a ciascuno di noi come un fatto naturale e, per estensione,universale. Del resto, nel caso
    specifico, la credenza popolare nel fondamento naturalmente universale della famiglia
    non rinvia ad una entità astratta e suscettibile di assumere delle forme variabili nel tempo
    e nello spazio, ma, in maniera molto precisa, ma ad un modo d’organizzazione che ci è
    famigliare in quanto membri della civiltà occidentale, i cui tratti più significativi sono proprio
    costituiti dalla famiglia coniugale fondata sull’unione socialmente riconosciuta di un uomo e
    di una donna, la monogamia, la residenza virilocale, un certo riconoscimento della filiazione
    e della trasmissione del nome da parte dell’uomo, l’autorità maschile. Se ormai è ben noto
    grazie alla curiosità intellettuale, all’attrazione per l’esotismo e all’istituzionalizzazione dei mezzi
    moderni di conoscenza che esistono altrove usanze differenti dalle nostre, esse sono considerate
    o come dei segni di un mondo selvaggio, o come vestigia arcaiche e, in ogni modo come delle
    aberrazioni in rapporto ad una norma. Se vi è un tratto culturale veramente universale, questo
    è la certezza etnocentrica, condivisa da tutti i membri di un gruppo umano, che le loro istituzioni
    sono delle leggi di natura e dunque quasi automatiche e che di conseguenza, non ve possono essere
    delle altre. La nostra civiltà sfugge tanto meno a questa regola in quanto essa copre una larga parte
    del mondo, ingloba milioni di individui e, spinta dal suo proprio peso, dalla forza delle armi, della
    religione e del commercio, ha saputo imporre le sue certezze ai popoli sui quali la sua ombra è scesa.
    Ritengo che ancora oggi l’archetipo culturale maggioritario che determina non solo l’agire di una parte
    significativa dell’apparato clericale, ma lo stesso –essere– laico quantomeno una parte di esso nei
    confronti della famiglia rientri nell’etnocentrismo cosi ben sintetizzato dallo Hèritier. Veniamo ai
    nostri giorni e alle posizioni riportate sulle due interviste di Bruno Forte e del Cardinale Ruini. Ritengo
    che sia Forte che Ruini Siano ben consapevoli che occorra rivede profondamente l’essere famiglia
    oggi in occidente ma non solo direi. Quindi visto le profonde mutazioni antropologiche avvenute
    nel tessuto sociale e quindi di conseguenza nella famiglia, la chiesa attraverso le sue istituzioni deve
    adoperarsi per dar corso alle nuove esigenze maturate nella società odierna, E’ naturale che occorrerà
    modificare gran parte dell’attuale corpus culturale –teologico- dottrinario– e è ben immaginabile
    quali resistenze vi possono essere, D’altro canto non si tratta che ascrivere nuovi pilastri teologici-dottrinari
    facendoli propri e universalmente condivisi di una condizione e pratica umana oramai irrinunciabile.
    E’ quanto mai augurabile che in un prossimo futuro i membri del sinodo siano armoniosa espressione
    di una –chiesa– rigenerata in Cristo dove a discutere di famiglia, di divorziati,di risposati e di coppie
    omosessuali di celibi, vi siano individui che realmente esprimono: sposati,divorziati risposati e coppie di omosessuali, e celibi.
    Utopia? Provocazione? Nell’una ne l’altra; ritengo che leggendo attentamente il modificare e l’evoluzione
    dei tempi pur tra contrasti e talvolta aspri confronti si arriverà ad elaborare –preziosa– sintesi unitaria.
    Balducci nel definire il divenire delle cose, l’evoluzione continua in cui l’ominide è parte attiva lo paragona
    all’universo in continua espansione, verso spazi infiniti quanto sconosciuti ,e questo per quel che riguarda
    il destino complessivo dell’uomo, la famiglia e le sue molte articolazioni ne è una espressione irrinunciabile.
    Un caro saluto.

  2. Avatar Tobia
    Tobia

    A Vittorio faccio osservare che il “problema famiglia” per la Chiesa Cattolica non è questione di pura antropologia culturale ma di antropologia filosofica legata alla rivelazione biblica. Non è questione di famiglia mononucleare o patriarcale o matriarcale quanto piuttosto di relazione tra uomo e donna: “Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; 7 per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. 8 Sicché non sono più due, ma una sola carne. 9 L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto” (Marco 10, 6-9) Nella visione di Cristo e della Chiesa tra i coniugi si crea un alleanza che è incrollabile, salda, forte come l’unione carnale che li unisce nell’amplesso del talamo. È una donazione reciproca, tra maschio e femmina, totale e profonda quindi indissolubile. Ora ciò può avvenire in qualsivoglia forma familiare anche non mononucleare; restano escluse, giocoforza, seconde nozze e nozze gay. Con buona pace del “divenire delle cose” che spesso non coincide con una “evoluzione” o con una “espansione dell’universo” ma semplicemente rappresenta l’allontanamento da Colui nel quale non c’è “ombra di cambiamento” ( Giacomo 1, 17). Con amicizia

  3. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Caro Tobia le sue precisazioni in materia di famiglia e matrimonio,citando Marco e Giacomo
    mi stimolano a fare delle ulteriori riflessioni. Io purtroppo non posseggo il dono della certezza
    della verità, assoluta quanto dogmatica. Mi sono abbondantemente abbeverato alla fonte delle tavole
    di bronzo, ma anziché trovare certezze ultime e definitive Mi sono ritrovato Turoldiano–sempre sul
    ciglio dei due abissi tu devi camminare e non sapere quale seduzione. se del nulla o del tutto ti abbatterà–.
    Mentre leggevo il suo commento la memoria correva un po a ritroso negli anni alla generazione dei miei
    genitori, due guerre mondiali vissute con tribolazioni e sofferenze indescrivibili. Hanno vissuto l’apogeo
    della civiltà contadina entro la quale io stesso mi sono formato. Si sono conosciuti molto giovani, si sono
    poi sposati ovviamente in chiesa, il successivo rito civile era del tutto secondario, e hanno vissuto assieme
    fino alla morte. Presumo con quasi matematica certezza nella totale fedeltà coniugale sia fisica che
    intellettuale.Chi non sogna un unico ed esclusivo amore?Bene, sempre all’interno della civiltà contadina
    però esistevano anche altre realtà meno –fortunate e assai infelici– la fine di un amore anzitempo cioè
    –prima che la morte non vi separi– sotto la sofferta veste del dogma della indissolubilità del matrimonio
    si consumava tragedie e sofferenze tra ipocrisie e silenzi. A pagare i costi di tutto ciò era quasi esclusivamente
    la donna, che doveva patire la condizione di essere subordinato al dominio spesso totale dell’uomo.Appena
    –fuori dell’uscio della civiltà contadina esisteva la classe colta e agiata depositaria della verità dogmatica
    di cui la chiesa e i suoi chierici ne erano ligi e fedeli custodi.Tuttavia quando un amore finiva anzitempo,
    all’interno delle classi –dominanti– le tragedie erano di molto mitigate, e si passava frequentemente
    a cambiare moglie e marito. Non dimentichiamo poi un piccolo dettaglio strumento ad uso di chi aveva
    prevalentemente privilegi di ceto e soprattutto portafogli particolarmente capaci:–La sacra Rota–.
    Ora la civiltà contadina è stata spazzata via dalla civiltà cosi detta post industriale, in questi ultimi decenni abbiamo assistito a impensabili cambiamenti –economici, culturali, e di costume–. e altri ne verranno
    nel corso dei prossimi decenni. Domanda quando un amore codificato con il matrimonio in chiesa
    per vari motivi termina, e non ci sono più oggettive possibilità di ricomposizione vale sempre e comunque
    il paradigma dogmatico della indissolubilità? Mi chiedo non solo ragionando in termini di razionalità umana
    ma partendo dalla stesse scritture in base alle quali poi l’opera dell’uomo ne ha reso sacrale e inviolabile l’atto
    matrimoniale;abbiamo davvero data giusta interpretazione alle scritture? Quanto realmente per vari motivi
    di potere si è manipolato? Gesù si è espresso prevalentemente in parabole ora alla luce di recentissimi studi
    e approfondimenti ne possiamo ricavare diverse letture, anche laddove il Cristo parla del matrimonio e
    della sua indissolubilità. Caro Tobia la mia citazione di Balducci è rivolta alla irreversibile mutabilità
    e cambiamento delle cose. Tutto è in perenne movimento,–mai la stessa onda si riversa sul mare, e mai
    la stessa luce si alza sulla rosa–. La famiglia sarà oggetto di profondi cambiamenti cosi da come noi l’abbiamo
    conosciuta, è augurabile siano migliorativi. La stessa omosessualità nata con l’uomo deve trovare
    forme famigliari condivise, girare altrove lo sguardo è ipocrita. Un processo evolutivo che non porti ad
    allontanarsi da colui che non c’è ombra di cambiamento;bensì attraverso una rivisitazione del messaggio
    di salvezza universale del Cristo, che passa solo attraverso la lettura sulla –carne viva– di ogni creatura
    umana partendo dalle sue reali condizioni umane ed esistenziali. Le tavole di bronzo spesso sono servite
    come strumento per costruire potere sopraffazione,paura e spesso morte, E questo il disegno di Dio
    per il quale siamo stati creati? Un caro saluto.

  4. Avatar Tobia
    Tobia

    Rifletto sulle varie e sparse osservazioni fatte da Vittorio. In primis mi preme far notare che lungi da ogni letteralismo fondamentalista i vari brani evangelici riguardanti il matrimonio offrono pochissimo spazio all’interpretazione. Anche la nota eccezione del “caso di porneia” è stata, quella si da recenti studi, compresa come unione contraria alle norme ebraiche (incestì di vario grado). Ne risulta definitivamente chiaro il senso di una indicazione per l’indissolubilita pressoché totale, confermata peraltro nei vari Vangeli (senza tirare in ballo San Paolo la cui rigidità in materia è ben nota). Ora, sicuramente, da qualche parte sul pianeta ci sarà lo studioso di turno che inizierà a strologare intorno ai condizionamenti culturali di San Paolo e persino del Cristo ( anche se lo farebbe a sproposito perché proprio in questo caso Cristo va non solo contro l’uso del suo tempo ma addirittura contro la tradizione religiosa di Mosè), ma resterebbe il fatto che ai testi giuntici non si può attribuire altro senso di quello che evidentemente hanno se non offendendo l’intelligenza sia del lettore che dello studioso storico – critico. Poi se dobbiamo distorcere un testo qualunque esso sia perché non ce ne piace il senso allora siamo fuori non dalla fede ma dalla scienza. Riguardo poi al tuo vissuto esistenziale io appartengo ad un’altra generazione, quella che ha vissuto la catastrofe seguita alla rivoluzione sessuale che si è consumata, quella si, sulla carne viva dei figli contesi o abbandonati a loro stessi, come su quella dei figli mai nati perché soppressi nel grembo materno (e qui siamo fuori di metafora, perché di vera carne dilaniata si tratta). Tu parli dell’unione salda come di un sogno, si è il sogno di Dio per gli uomini e le donne, come lo è quello di un mondo di pace e di vero amore (carità) in cui c’è sempre la possibilità di perdonarsi e ricominciare daccapo, anche tra coniugi. Per quanto riguarda il divenire delle cose ti ringrazio per il chiarimento anche se prima di Balducci ci aveva pensato Eraclito ad illustrarmi il concetto, mi pare in terza liceo scientifico.
    Quanto alle tavole di bronzo, termine che usi , pare, per indicare (forse un po sprezzantemente) le S. Scritture, ti faccio presente che i Vangeli non fanno parte di quel tipo di tavole di cui parli. Infatti nella storia chiunque li abbia usati per giustificare la violenza lo ha fatto sempre “interpretandole” ben oltre e contro il loro evidente significato, piegandole allo spirito del tempo. Un po come tenti di fare tu con le parole di Cristo sul matrimonio. Un vero fondamentalista evangelico non potrà mai fare violenza a nessuno! Tu dici che la dottrina della Chiesa volge ipocritamente lo sguardo di fronte ai gay o che non parte dalle concrete condizioni di vita degli uomini, non è così: come faceva Cristo Lei si avvicina ai piagati dal peccato per guarirli ed indicargli la strada stretta della salvezza (cfr. tutti i Vangeli). Da quel che comprendo tu ritieni che dovrebbe avvicinarsi e dire semplicemente: “va bene cosi, resta nelle condizioni in cui sei” Ma c’è già un intera cultura, la nostra, a fare questo è le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti (femminicidio, parricidio, matricidio ecc.). So che queste mie considerazioni incontreranno difficilmente il tuo favore, colgo nella tua visione, come in quella generale di questo sito, una fondamentale impostazione immanentista, in cui il messaggio evangelico della salvezza di Cristo non può che man mano sbiadire fino a morire di inedia. Spero sinceramente di sbagliarmi. Con simpatia

  5. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Caro Tobia con tutto il rispetto del pensiero di Eraclito che conosco bene, ritengo che l’elaborazione
    balducciana esprima vette raramente prima toccate, da nessun altro pensatore. Detto questo vedo
    che si continua a ragionare entro un paradigma culturale, circoscritto ed etnocentrico. Tipico di coloro
    che non sanno –spostare lo sguardo altrove–ritenendo che quello visto sia unica luce e verità indiscutibile.
    Nella terra del tramonto al capitolo 7 possiamo rilevale questa densa e profonda riflessione di Balducci.
    dalla teocrazia alla profezia: Il cristianesimo senza futuro: La forma religiosa che siamo soliti chiamare
    cristianesimo sembra avvantaggiata, al momento, dal venir meno delle ideologie antagoniste che, nella sua
    stessa area, gli hanno sottratto, rivoluzione dopo rivoluzione, quel dominio sulle istituzioni e sulle coscienze
    che era stata la grande impresa della teocrazia medioevale. Ma la sua buona salute è solo apparente. Più di
    quanto non sembri, il destino del cristianesimo si identifica nella buona e nella mala sorte, con quello
    dell’ordine planetario creato e gestito dall’occidente. Ebbene, se è vera l’ipotesi che sto sviluppando,
    quest’ordine non ha più futuro anche perché comporta, di sua natura, una gerarchia tra le culture,
    e quindi tra le religioni, destinata a finire sia sul piano delle cose che su quello delle idee.
    Sul piano delle cose, è fin troppo evidente che la laicità delle istituzioni internazionali e l’ingresso
    delle dialettiche storiche di popoli estranei alle influenze delle chiese cristiane demoliscono il presupposto
    della pretesa universalistica del cristianesimo, che si poneva come –religio societatis– destinata a
    estendersi fino ai confini della terra.E di fatto la sua diffusione si è intrecciata on l’espansione
    colonialistica dell’Occidente. Sul piano delle idee, il cristianesimo rivendicava a se stesso la qualità
    di religione perfetta, destinata prima o poi tutte le altre religioni fondate sull’errore o gravate da
    superstizioni. In questa rivendicazione, esso trovava sostegno perfino nelle filosofie laiche che
    consideravano la religione come una fase prerazionale dello spirito.Nella sua lotta contro la modernità
    il cristianesimo immemore della sua natura di profezia antimondana, difendeva sostanzialmente
    il ruolo premoderno –conquistato nel IV secolo–della religione nella società appunto perché la coscienza
    che aveva di se stesso era rimasta imprigionata dentro i confini e i modi della categoria –.religione–.
    Simmetricamente sia Marx che Freud, tanto per riferirmi alle due svolte antropologiche fondamentali nella cultura dell’occidente, nella loro critica all’illusione religiosa prendevano di mira sostanzialmente il
    cristianesimo ritenuto la religione per eccellenza. A causa dell’immanenza dell’esperienza cristiana
    dentro l’universo culturale che ha dato origine all’Occidente e che ha avuto le sue tappe genetiche
    nell’ebraismo, nell’ellenismo, e nella romanità., la pratica identificazione tra l’evento fondativo del
    cristianesimo e la mediazione antropologica occidentale è avvenuta senza contrasti risolutivi: La
    polemica antiaristotelica di un Erasmo o di un Lutero, ad esempio, non metteva in questione, nei
    punti cardine, il nesso tra l’evento cristiano e l’antropologia che aveva fornito le sue categorie razionali
    ai grandi Concili dell’antichità e prima ancora alla comprensione che di Gesù Cristo ebbero gli scrittori
    del nuovo Testamento. L’ipotesi che oggi molti fanno di che cosa sarebbe avvenuto del messaggio cristiano
    se esso si fosse diffuso, poniamo, invece che nel Mediterraneo, al di là della Mesopotamia fino nell’India
    dei veda non si affacciava nemmeno alla loro mente. Fin dai primi secoli la storiografia cristiana, ricalcata
    su quella dei grandi storici dell’antichità come Polibio, riscattava la sua contingenza la diffusione del
    messaggio di Cristo nell’area ellenistica-romana attribuendola a una predisposizione eterna della
    Provvidenza, Roma –caput-mundi–bagnata dal sangue degli apostoli Pietro e Paolo, anzi artefice tramite
    il governatore Ponzio Pilato del sacrificio di Gesù doveva essere l’anello di congiunzione delle due universalità,
    quella effimera dell’Impero e quella perenne della religione di Cristo. Non scrive Dante che –Cristo è Romano–?
    Solo oggi siamo costretti a chiederci se la figura storica che chiamiamo cristianesimo non sia in procinto di
    riconoscersi come provvisoria, alla pari di tutte le figure storiche a cui ha dato vita l’umanità nel suo lungo
    cammino. Di più: siamo nelle condizioni di doverci domandare, senza provare e senza provocare scandalo,
    se il nesso tra evento cristiano e religione non stia orma per disciogliersi. A porsi il problema in anticipo sui tempi fu , nel 1944 alla vigilia del suo martirio in un lager nazista il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer.
    –Se dovessimo giudicare la forma occidentale del cristianesimo nient’altro che il preambolo a una totale non
    religiosità quale situazione risulterebbe per noi per la Chiesa?Come può Cristo diventare Signore anche dei
    non religiosi? Se la religione è soltanto un abito del cristianesimo –e anche quest’abito ha assunto aspetti molto
    diversi in tempi diversi– che significa allora un cristianesimo senza religione?–Resistenza e resa–
    Bonhoeffer era convinto, erede in questo della cultura illuministica, che la dimensione religiosa fosse in via
    di estinzione. Restava insomma nella prospettiva della modernità. Ma la su tesi sul cristianesimo non religioso
    mantiene un grande valore euristico in quanto svincola l’evento cristiano dall’apriori religioso che lo riduceva
    com’egli dice, a una forma –forse la vera forma– della religione. A suo giudizio l’apriori religioso è, in rapporto
    alla universalità della salvezza annunciata da Cristo, analogo a quello della circoncisione nelle comunità
    dei cristiani giudaizzanti. Al modo stesso che paolo annunciò Cristo come signore anche dei non circoncisi,
    cosi noi, secondo Bonhoeffer, dovremmo annunciare cristo come signore anche degli uomini non religiosi.
    Ma se si sveste il cristianesimo del suo abito religioso che ne resta? Una nuova Memoria storica allora.
    La risposta a questa domanda presuppone una riforma della memoria cristiana in modo che, al di là delle
    formule dogmatiche e delle istituzioni sacre formatisi in questi due millenni , riemerga il profilo del fatto
    che sta a fondamento della fede. A differenza delle religioni che riconoscono alla loro origine dei libri sacri,
    la fede cristiana ha sempre professato come termine assoluto di riferimento una persone , Gesù Cristo, e
    ancora più concretamente, un fatto, l’Evento pasquale, che non può identificarsi con la memoria che ne è stata
    tramandata,necessariamente intrisa della cultura dei primi testimoni.L’evento è per un verso, storico,
    in quanto è accaduto secondo le forme e le determinazioni spaziotemporali degli avvenimenti, e , per un
    altro verso, è metastorico, nel senso che il suo significatosi dischiude nel punto di incontro tra l’intenzionalità
    che lo attraversa e la coscienza che l’accoglie con docilità. Per comprendere questa specificità della struttura della fede è utile rievocare i momenti genetici dell’evento cristiano. Poniamoci oggi alla luce delle molteplici tragedie che travagliano l’umanità e che mai nel corso della sua oltre che millenaria storia l’ominide si è trovato
    a dover dare risposte a interrogativi i quali richiedono urgenti quanto concrete risposte pena la catastrofe, o la salvezza, una domanda: cosa si è realmente capito della tragedia della croce? del suo assoluto e universale
    sacrificio? Non si è ucciso un innocente ma –L’Innocenza–. noi ligi custodi del dogma questa angosciante
    domanda ce la siamo mai posta?E poniamoci un’altra domanda che è parimenti una risposta; è per effetto
    dell’aver –Ucciso– l’Innocenza– che quando Colombo con tutto l’armamentario dell’allora cultura
    occidentale, croce in mano difronte agli indio nativi si è consumata una tragedia che ha condizionato il corso
    della storia fino ai nostri giorni, per il fatto che il bianco ha visto nell’indio un selvaggio un animale,
    e l’indio ha visto nell’Europeo un semi dio, una divinità. L’uomo non ha riconosciuto se stesso. Proviamo ha riflettere su queste breve note e percepirne i tratti che tutti uniscono nel segno del sacrificio salvifico e universale della croce. Salvezza per tutta l’umanità martoriata e sofferente. Cristo con il suo sacrificio tutti ci ha redenti
    senza alcuna distinzione di religione e di appartenenza culturale. oltre il dogma e le tavole di bronzo.
    Un caro saluto.

    ,

  6. Avatar Tobia
    Tobia

    La narrazione che i primi testimoni fanno del Cristo è inestricabile dal Cristo stesso. È quantomeno velleitario cercare di ottenere dal cristianesimo in quanto evento storicamente determinato quello che ti illudi di ottenere tu, ovvero una sorta di precipitato consistente in un messaggio universalistico di indefinita natura Cristica. Molti ci hanno provato per il passato finendo sempre e fatalmente per delineare un “originale messaggio cristiano” puntualmente rispondente alle istanze del loro zeitgeist. In tutto ciò c’è qualcosa di tragicamente comico… Nella foga di far saltare il banco di una Tradizione sofferta come insopportabile si fa il giro su se stessi (decontestualizzazione, relativizzazione etnologica ecc.) per finire con lo scoprire che il nucleo vero delle tavole di bronzo è proprio quello che voglio io, quello che vuole la filosofia di turno. Puro narcisismo!
    La religio non è la forma del cristianesimo ma ne è la sostanza se è vero quanto le tavole di bronzo ci dicono del Cristo è cioè che sarebbe venuto a riconciliare le cose celesti con quelle terrestri, il Padre coi figli ed i figli tra loro. Ma ti do ragione in questo è cioè nel fatto che la postmodernità sta soffocando la religio, non tanto come la intendi tu ovvero il bagaglio dei dogmi (che pure ha il pregio di rendere comunicabile e condivisibile ciò che per sua natura è ineffabile) ma piuttosto come capacità di essere in relazione con gli altri e l’altro. Ciao

  7. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Caro Tobia noto che non si decide –ma ognuno è una costruzione culturale–e da la luce che puo.
    a guardare oltre –la siepe e il ginepraio della religio come lei la definisce–. Difronte alla sintesi che io
    pur nei limiti di un commento ho fatto in cui non solo c’è il pensiero profondo di un uomo di fede
    come Padre Ernesto Balducci, ma è condensata lei non lo ha saputo cogliere l’essenza del pensiero
    teologico contemporaneo. Alla luci di escavazione ermeneutiche che pongono all’uomo di fede,
    e all’umanità tutta una profonda rivisitazione dell’essere –cristiani– ma sopratutto dell’uomo di fede,
    e del credente.Nel secondo capitolo di Osea paragonando Dio allo sposo ed Israele alla sposa, grida il
    profeta: –Giudicatela la vostra madre, giudicatela: perché essa non è più la mia sposa, ed io no sono
    il suo sposo. Si tolga dalla sua faccia le sue fornicazioni e di mezzo al senno i suoi adulteri…Essa ha detto:
    Io correrò dietro ai miei ammanti, perché essi mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana il mio lino
    il mio olio la mia bevanda… Essa non ha voluto riconoscere che ero io che le davo il grano il vino e l’olio.
    La punirò per i giorni nei quali bruciava l’incenso–agli idoli–, si adornava di orecchini e di collane,
    e andava dietro ai suoi ammanti dimentica di me, dice il Signore… Ma ecco io l’attirerò dolcemente,
    la condurrò nel deserto e là parlerò al suo cuore; ivi essa canterà come ai giorni della sua giovinezza
    e come quando usci dalla terra di Egitto. Allora in quel giorno, dice il Signore, essa mi chiamerà suo sposo
    ed io toglierò dalla sua bocca i nomi –degli dei–, ed essa non ricorderà più il loro nome… E ti farò mia
    sposa in eterno, ti farò mia sposa nella giustizia, nella misericordia, nella tenerezza. Queste parole sono
    state applicate alla Chiesa,nuovo Israele. Oggi come allora, il popolo di Dio continuamente tende a correre
    dietro a mille idoli dimentico del suo Dio. Una fedeltà costante esigerebbe dalla Chiesa fede profonda
    coraggio indomito per seguire il suo sposo per strade non battute, lontane dalla logica corrente e dal
    buon senso conformista. Invece, tranquillizzata più da concreti appoggi visibili che non dalla nuda fede,
    la Chiesa corre spesso ad appoggiarsi a strumenti di potenza, di privilegio, di ricchezza, di efficienza, sempre
    nell’intento di realizzare il bene delle anime ma, in realtà, come surrogato di una fede che si va attenuandosi.
    Sentirci nell’adulterio ci addolora ma non ci scandalizza, lo Spirito ci è dato proprio perché noi Chiesa
    instancabilmente, usciamo dalla tentazione o dalla realtà dell’infedeltà, per tornare all’unico amore
    della nostra vita, che deve essere Gesù Cristo, crocifisso, e resuscitato, che ha detto: –Ciò che avrete fatto
    al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me. –Mt. 25-40–Caro Tobia togliamoci se vogliamo reciprocamente i paraocchi che continuano a non vedere ciò che è luce viva di verità assoluta, quanto incontestabile nell’ottica della fede profonda in Cristo, I tempi forse sono ancora immaturi ma vedrà:
    e Papa Francesco la intuito l’evoluzione profetica di uomini di fede assoluta come Balducci e molti altri
    porterà l’umanità tutta finalmente ad abbeverarsi seppur con –ciotole– diverse alla unica fonte salvifica del Cristo Un caro saluto.

  8. Avatar Tobia
    Tobia

    Con soddisfazione noto che ogni tanto le bronzee tavole le tornano utili (mi scusi per averle dato del tu nei precedenti post). Chiedo perdono per la poca luce che la costruzione culturale che io sono riesce a dare. Faccio ammenda per non saper cogliere “l’essenza del pensiero
    teologico contemporaneo” che si esprimerebbe nella sua sintesi, se teologia contemporanea si può definire la vecchia dialettica fede – religione di un Barth o il post – religioso di un Bonhoeffer.
    Ma il vero problema sta nel suo argomentare fatto di affermazioni apodittiche, un argomentare elusivo delle osservazioni che le vengono fatte, abbagliato com’è dalla ingenua prospettiva delle magnifiche sorti e progressive di un messaggio cristiano depurato dalle incrostazioni “culturali” (come distinguerle dal messaggio profondo?). Quanto alla Chiesa essa ha davvero bisogno di una fede profonda per andare contro il conformismo contemporaneo dell’edonismo materialista, dell’abortismo, del genderismo, della mercificazione dell’uomo e del suo patrimonio genetico. Qui termina il mio disperato tentativo di dialogare con lei.

  9. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Caro Tobia noto che lei confonde la fede con altre cose. Sui grandi temi che seppur nella brevità e sintesi di
    un commento lei non si è soffermato. Lei non crede che per quello che lungamente nel corso della sua
    storia la Chiesa è stata non abbia prodotto quel materialismo che lei condanna? Mettiamola cosi allora mantenendomi fedele al mio essere apodittico e aldilà di naturali quanto –umane–ingenuità possiamo
    dire sensa ombra si essere smentiti–uso il plurale– che la storia è nel peccato– e che la Chiesa stessa
    ne è espressione per larga parte? E questo non è forse attribuibile a quel pensiero che si ipotizza profondo? La Chiesa deve svestirsi dei panni della idolatria, e della manipolazione della figura del Cristo. Il Cristo è universalità
    La Chiesa quanto meno le sue istituzioni e la sua organizzazione gerarchica è rimasta imprigionata in un
    etnocentrismo tutto all’interno di una costruzione dogmatica creatrice di potere e asservita spesso al potete
    materiale e disumanizzante. I grandi profeti contemporanei che si sono richiamati al Cristo hanno delineato
    con le loro opere la via per portare la Chiesa stessa ad essere finalmente Universale. Francesco va in quella direzione. e prima di lui successori di Pietro come papa Roncalli, e Montini. Non usi il termine –Disperato–
    fra persone in cammino si dialoga per finalmente incontrarsi. Il –Lei– è per profondo rispetto del mio interlocutore. Mi auguro di risentirci
    Un caro saluto

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