Newsletter n. 7 del 13 marzo 2020
IMPARARE DA CIÒ CHE PATIAMO
Caro amico,
la situazione creatasi col virus, che riguarda direttamente tutti gli abitanti della Terra – e per la prima volta noi lo sappiamo – ci consegna dei mandati che a crisi risolta (e alcuni anche subito) occorre mettere a tema delle cose da fare e da pensare, come è nel progetto della nostra scuola.
1. Avvalorandosì l’idea della necessità di istituti di garanzia e attuazione dei dettati costituzionali, si manifesta che il più urgente di tutti è un’autorità mondiale per la sanità con mezzi efficaci e misure omogenee, o comunque decise sulla base di criteri omogenei e globali, a beneficio di tutta la popolazione, nonostante e al di là dei confini statuali. Se c’è un Trump negazionista della pandemia o mezza Europa che pensa a trarne vantaggio politico o finanziario, non si può lasciare che ciò metta a rischio l’intera popolazione della Terra e ne azzeri il diritto alla vita. A differenza dell’attuale Organizzazione Mondiale della Sanità o come suo sviluppo l’autorità sanitaria mondiale dovrà avere, anche grazie a una apposita fiscalità, mezzi adeguati, corrispondenti a una ragionevole quota del PIL mondiale, per assicurare vaccini, farmaci salvavita, e cure essenziali a tutti gli abitanti della Terra, nessuno escluso. Le modalità, i limiti, l’armonizzazione con le autorità nazionali anche ai fini della prevenzione, sono tutti da studiare.
2. In Italia il governo e il suo presidente hanno esercitato poteri eccezionali ma con fondate motivazioni, gradualità e costante cura della persuasione e del consenso, mentre la ministra degli Interni ne cura l’osservanza con moderazione grazie al fatto che non opera pensando a sè o a propri interessi ma ai cittadini. È chiaro tuttavia che questo uso dei poteri nei casi d’eccezione presenta un rischio di infedeltà al dettato costituzionale in assenza di agibili garanzie. Perciò, come ha sottolineato il quotidiano “Avvenire” in un
articolo di Marco Olivetti che riprendiamo sul nostro sito, a crisi conclusa si dovrà prevedere un quadro normativo adeguato anche a fronte di eventi eccezionali e imprevedibili come quello in corso.
3. Nelle condizioni straordinarie in cui è costretta a vivere un’intera comunità è essenziale una corretta informazione e anche la fornitura di contenuti culturali didattici e formativi che possano lenire il danno della chiusura delle scuole, dei teatri, dei musei e delle altre strutture ordinate alla vita intellettuale delle persone, mentre un’accentuata comunicazione, non sempre edificante, corre nei social. Ciò conferma l’importanza e la necessità di un servizio pubblico come quello oggi espletato dalla Rai e da Radio Radicale nelle trasmissioni in convenzione; né tutto si può affidare ai computer e agli altri oggetti telematici perché gran parte della popolazione povera o anziana ne è sprovvista e in questa materia non si possono dare per scontate opzioni di classe o di fasce d’età. Quindi bisogna puntare sul mezzo più tradizionale e più facilmente fruibile. la televisione, di cui dovrebbero essere fornite a spese dello Stato anche le famiglie che ne sono sprovviste, a cominciare dal Sud. Un canale della RAI dovrebbe essere interamente dedicato a questo scopo, visibile in chiaro, senza inquinamenti pubblicitari, con particolare riguardo agli studenti della fascia dell’obbligo scolastico nelle ore del mattino o del primo pomeriggio, con una limpida e non arrogante informazione, con la proposizione di contenuti attinenti al nostro grande patrimonio culturale e ideale e anche con forme di scambio interattivo oggi tecnicamente possibili. Una parziale sopravvivenza di tutto ciò potrebbe venire bene anche a crisi conclusa come riserva di uno spazio comunicativo informativo e dialogico non posseduto e determinato dal mercato.
Queste ed altre cose possono essere suggerite dall’emergenza che stiamo vivendo, nel corso della quale si è prodotto peraltro anche un evento di segno contrario, che conviene registrare per la sua rilevanza anche nel futuro. Si tratta di un documento della Pontificia Commissione Biblica, cioè dei biblisti del papa, che offrono una lettura per certi versi nuova e sorprendente di alcune pagine della Scrittura da cui sono derivati nel tempo stereotipi negativi e scorretti nella cultura comune, soprattutto a partire dal primo libro della Bibbia col racconto delle origini. Nel documento ora proposto si trova ad esempio una critica della legittimazione biblica della cultura patriarcale e della inferiorità della donna fondata sulla sua pretesa estrazione dalla costola dell’uomo inteso come maschio. La novità che ne risulta è che in quel racconto del mito delle origini, in una traduzione più fedele, non c’è né la costola né il maschio ma la donna fianco a fianco dell’uomo a partire da un essere umano non sessualmente connotato; e nello stesso testo viene deposta l’immagine del Dio giudice indiscriminato e violento che la stessa Scrittura critica e rovescia. Si tratta di uno studio, narrativo e non dogmatico, che si è andato sviluppando per anni e che fu sollecitato da papa Francesco fin dall’inizio del suo pontificato “ritenendo egli necessario portare chiarezza su questioni di grande importanza per la cultura contemporanea attingendola dalla Bibbia”, come ha scritto sulla “Civiltà Cattolica” uno dei maggiori protagonisti di questa impresa, il segretario della stessa Commissione Biblica, il gesuita Pietro Bovati. Di tale documento, intitolato “Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica”, riferiamo nel nostro sito nella sezione detta “La conversione del pensiero”, pubblicando
l’ultima newsletter trasmessa dal sito di “chiesadituttichiesadeipoveri”.
Com’è naturale le attività della nostra scuola, che con gli incontri vallicelliani dovevano cominciare in questo mese di marzo, sono sospese; riprogrammeremo le tappe del nostro percorso non appena la tragedia sarà finita e le scelte torneranno nelle nostre mani.
Con i più cordiali saluti
Costituente Terra
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