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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Francesco,nella conferenza stampa in aereo, sblocca finalmente la questione della contraccezione. Grande novità ma nessuno se ne è accorto

Reconoce que “la moral de la Iglesia se encuentra, en este punto, frente a una perplejidad”
Francisco admite que el preservativo “es un método para prevenir el Sida”

Matiza que hay otros problemas “grandes” más prioritarios como la malnutrición o el tráfico de armas
El Papa Francisco ha vuelto a sorprender a los periodistas y ha admitido que el preservativo es «un método» para prevenir el Sida, pero ha insistido en que hay otros problemas «más grandes» que hay que resolver antes. Así lo indicó durante la rueda de prensa en el avión que le transportaba de República Centroafricana a Roma.
«Sí, es uno de los métodos. La moral de la Iglesia se encuentra, pienso, en este punto, frente a una perplejidad. O el quinto o el sexto mandamiento: la vida o que la relación sexual esté abierta a la vida. Pero este no es el problema. El problema es más grande», ha respondido el Papa a la pregunta de un periodista sobre si cree que es el momento de que la Iglesia cambie su opinión sobre el preservativo para evitar nuevas infecciones.
En este sentido, ha indicado que no hablará del uso del preservativo hasta que no estén resueltos los «grandes» problemas: Malnutrición, trabajo esclavo, explotación, falta de agua potable o tráfico de armas.
Francisco ha pedido que «no hablemos de si se puede usar esta tirita o no para esa herida. A mí no me gusta bajar a reflexiones tan casuísticas cuando la gente muere por falta de agua, de pan, de hábitat».
En este sentido, el Papa ha apuntado que «pienso en la pregunta que le hicieron a Jesús una vez: ‘Dime, maestro, ¿es lícito curar el sábado?’. Es obligatorio curar». De esta forma, ha hecho una similitud con la pregunta sobre el anticonceptivo, indicando que hay que hablar de los problemas grandes –curar– y cuando estén solucionados, entonces bajar a los casos concretos –si se puede hacer o no el sábado: «Cuando no haya injusticias en este mundo podremos hablar del sábado”, ha subrayado.
(da Religion digital on line)


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Commenti

6 risposte a “Francesco,nella conferenza stampa in aereo, sblocca finalmente la questione della contraccezione. Grande novità ma nessuno se ne è accorto”

  1. Avatar ivano sonzogni
    ivano sonzogni

    Apprezzo sinceramente l’impegno ecclesiale di Noi Siamo Chiesa, ma esultare perché un papa concede ai fedeli il permesso di usare il contraccettivo mi pare esprima appieno il problema dell’infantilismo di base del fedele cattolico

  2. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Insomma quanta fatica per diventare popolo adulto e un po, meno ipocrita.
    Siamo seri una volta tanto. Per fortuna che una buona parte di coloro che operano
    nel continente Africano da noi criminalmente devastato <> come
    missionari distribuiscono da tempo sistemi contraccettivi non solo per prevenire l’AIDS
    ma pure per una maternità e paternità responsabile.
    Un caro saluto.

  3. Avatar bob
    bob

    L’Educazione sanitaria rappresenta il più formidabile strumento di lotta all’AIDS e , più generalmente, alla diffusione dell’HIV nel mondo; questo strumento è legato alla Persona, alla sua capacità di relazione e ai suoi comportamenti nel contesto sociale e privato, soprattutto se si considera che più della metà delle persone con AIDS ha un’età compresa tra i 25 e i 35 anni e che il periodo di latenza tra il momento del contagio e la diagnosi di AIDS conclamata oscilla in media tra gli otto e i dieci anni, appare evidente che il problema coinvolge la popolazione giovanile ed è facile dedurre che tra i milioni di siero positivi presenti in Italia, molti si siano contagiati in età adolescenziale.

    La cura dell’AIDS ha costi sociali elevatissimi sia in termini di vite umane che economici, perciò se si vi vuole evitare conseguenze così drammatiche bisogna far in modo che i nostri giovani attuino comportamenti a ridurre il rischio di contagio: Prevenzione e educazione sanitaria sono la risposta e, considerando l’abbassamento quali-quantitativo presente del nostro SSN, non c’è da essere molto ottimisti!

    L’AIDS è una malattia a trasmissione sessuale. A fronte di questa semplice considerazione e della tendenza all’aumento dei rapporti occasionali non protetti, a cambiare con facilità partner, all’ignoranza del rischio, alla maggiore autonomia e ai lunghi intervalli di tempo lontano dalla famiglia, alle peggiorate condizioni socio-economiche, alla prostituzione diffusa tra i minorenni, all’uso di droghe e all’alcolismo… le agenzie determinanti per l’Educazione sanitaria (oggi scomparsa dai programmi di politica sanitaria) hanno considerato marginale la STRATEGIA (riduzione della promiscuità sessuale) ed hanno puntato quasi esclusivamente sulla TATTICA (preservativo) disattendendo i principi che sono alla base di ogni intervento educativo: la consapevolezza, la razionalità, la partecipazione e l’eticità.

    Ma il preservativo preserva dall’AIDS (dalle altre malattie sessualmente trasmissibili)?

    Il profilattico è essenzialmente un metodo contraccettivo che normalmente riduce la possibilità di una gravidanza di 10 volte, ma questo dato non può essere trasferito pari pari dalla prevenzione della gravidanza alla prevenzione dell’AIDS, la Letteratura internazionale è concorde nell’attribuire anche nei confronti dell’infezione da HIV un fattore protettivo di 10 volte (sono disposto a pensare ad un fattore protettivo anche di 20 volte); ma non è questo il punto che ci interessa, quanto il fatto che abbondano coloro che pretendono di spacciare il profilattico per una corazza di titanio, le dimostrazioni tecniche sulla resistenza dell’oggetto in questione non impressionano granché il virus, come non impressionano a volte nemmeno gli spermatozoi (che pure sono 100 volte più grandi) eppure recenti statistiche dimostrano che il 15% delle persone che hanno rapporti protetti può contrarre l’infezione. Altra riflessione, le campagne governative (del passato) hanno colpito, oltre che i giovani, anche la popolazione generale con spot che recitavano:”il preservativo riduce considerevolmente il rischio di infezione”, una informazione di questa portata non può essere formulata in termini cosi approssimativi, soprattutto se confrontiamo le due coppie di messaggi che è possibile evidenziare:

    •il preservativo non è efficace nel 10% dei casi

    •il preservativo non è sicuro al 100%

    •il preservativo riduce il rischio di contagio del 90%

    •il preservativo riduce considerevolmente il rischio di infezione

    Tutte queste affermazioni sono inconfutabili e matematicamente equivalenti, ma gli Italiani recepirono allora correttamente il messaggio dello spot? O furono piuttosto indotti a sopravalutare l’efficacia del preservativo inducendoli ad aumentare la quantità dei rapporti sessuali a rischio?

    Inoltre sorprende come i giovani sessualmente attivi usino molto poco il preservativo: su 100 ragazzi italiani solo il 30% fa uso del profilattico, il 23% lo usa saltuariamente, il 48% non lo usa mai e chi lo usa lo fa maldestramente e/o intempestivamente diminuendone decisivamente la capacità protettiva che scende fino al 70%.

    Ma esiste solo il preservativo?

    Se una persona conduce un tenore di attività sessuale altamente promiscuo tale da comportare un rischio di infezione, è necessario metterla in condizione di fare una scelta razionale, non basta dunque descrivere solo i vantaggi del preservativo; bisogna dire quali vantaggi offra l’alternativa raccomandata dagli epidemiologi, cioè l’instaurazione di rapporti stabili con una partner che sia esente da rischio ( per quanto è dato saperne). Si può dire che chi adotti questa strategia si pone in prossimità del rischio zero, cioè il rischio sarebbe ridotto di 10.000 volte rispetto ad un rapporto non protetto e di 1000 volte rispetto all’uso del preservativo.

    I casi perciò sono due:

    •la promiscuità sessuale è bassa, allora il preservativo non serve

    •la promiscuità sessuale è alta, allora il preservativo non basta

    Tale conclusione di certo non è banale e, comunque non vuole banalizzare il problema.

    E mentre il preservativo non basta, in una società così povera di valori, sempre più degradata e degradante, l’AIDS torna a fare paura.

    E’ recente l’allarme lanciato da OMS ed UNAIDS che rileva l’aumentata percentuale di “Adolescenti a rischio”: numerosi giovani tra i 10 e i 19 anni soffrono di disturbi psichiatrici, abuso di sostanze, cattiva alimentazione e malattie croniche, tra cui figura come attore principale l’AIDS, ritenuto oggi la seconda causa di morte tra gli adolescenti e la quarta causa di malattia e disabilità.

    E ’risaputo che molti comportamenti che si manifestano durante l’adolescenza hanno poi un impatto sulla salute per tutta la vita, ne consegue che l’unico intervento possibile atto a prevenire conseguenze irreversibili in età adulta è l’ EDUCAZIONE SANITARIA che si rivolga proprio agli adolescenti, adolescenti che ad oggi non hanno alcun accesso a percorsi di prevenzione e cura.

    Al fine di svilupparli ed implementarli l’OMS e l’UNAIDS hanno elaborato otto standard a cui fare riferimento:

    •Alfabetizzazione sanitaria: le strutture sanitarie devono poter sviluppare percorsi che permettano all’adolescente di essere costantemente informato sul suo stato di salute e di sapere come accedere a determinati servizi;

    •Supporto da parte di tutti gli attori del sistema: le strutture sanitarie devono mettere a punto dei sistemi affinché le strutture preposte diventino consapevoli dell’importanza di fornire adeguati servizi agli adolescenti.

    •Appropriata rete di servizi: le strutture devono assicurare informazioni, consulenze, diagnosi, cure e trattamenti in grado di soddisfare tutte le esigenze dei giovani;

    •Garantire adeguate competenze agli operatori sanitari;

    •Facilitare l’erogazione di appositi servizi;

    •Inclusione e lotta alle discriminazione, i servizi devono essere erogati a tutti a prescindere dalla possibilità di pagare, dall’età, dall’orientamento sessuale, dal livello di istruzione;

    •Miglioramento dell’analisi dei dati: tutte le strutture sanitarie devono essere in grado di raccogliere ed utilizzare i dati disaggregati per sesso e per età;

    •Inclusione dei giovani nei processi di pianificazione e monitoraggio;

    Il rispetto di questi standard richiedono lo sviluppo di pacchetti che includano Informazione, Consulenza, Diagnosi, Trattamento e Cura.(tratto da A standard – Driven to improve the quality of healt care service for adolescent- QS allegati)

    In merito all’ Aids, di questi otto standard individuati, sarebbe opportuno soffermarsi sulle “Adeguate competenze degli operatori” e sul ruolo centrale che questi occupano in tutto il processo Preventivo.

    Nel 1973 l’Internetional Council of Nurses affermava che l’infermiere è qualificato ad autorizzato nel suo Paese a dare un servizio responsabile e competente per la PROMOZIONE della salute e la PREVENZIONE della malattia, nonché nella cura e nella riabilitazione.

    Tale affermazione mette in luce chiaramente lo stretto legame tra infermiere ed educazione sanitaria; educazione sanitaria intesa come trasmissione di valori e contenuti culturali, cognitivi, etici e comportamentali a valenza positiva, finalizzati al mantenimento e miglioramento dello stato di salute, a partire dall’adolescenza in un processo che coinvolge l’intera esistenza con una educazione continua e permanente.

    E’ noto come già esposto precedentemente, quanto l’impatto economico delle cure dell’ Aids sia elevato, fermo restando la cronicizzazione della malattia e l’impatto sociale e personale che questa ancora detiene, l’ unica soluzione è la PREVENZIONE e L’INFORMAZIONE.

    Ma l’ Infermiere come è percepito dalla società? E’ davvero visto come educatore?

    La considerazione che i cittadini hanno degli infermieri è quella di una figura che assiste l’ammalato, ma difficilmente riusciamo ad capire quale ruolo possa assumere in uno stato di salute, nella prevenzione e nella sua promozione, nel suo ruolo educativo.

    Oggi l’infermiere difficilmente è un educatore sanitario, diventando così complice della disinformazione che è responsabile della diffusione dell’Aids.

    Una disinformazione che sembra dilagare tra gli adolescenti, paradossalmente gli adolescenti di ne sanno meno degli adolescenti di venti anni fa. Erano i primi anni novanta e la Campagna sull’Aids invadeva i media, dalla televisione ai giornali, dalla famiglia alla scuola, un bombardamento di informazioni, l’Aids metteva paura. Poi si sa, si spengono i riflettori, e quando cala il sipario, il silenzio crea oblio; l’Aids è stato rilegato in un angolo, giungendo oggi quasi sconosciuto alle nuove generazioni.

    In uno dei tanti sondaggi condotti, un campione di 945 studenti delle classi quarta e quinta superiori di Milano è stato sottoposto ad un questionario anonimo di 15 domande chiuse, ed una parte in cui l’intervistato poteva rispondere esprimendo opinioni, paure e suggerimenti. Dall’analisi dei risultati è emersa la scarsità di conoscenze che vanno, dal significato di malattia e sieropositività, dalla modalità di contagio ai veicoli di trasmissione, i soggetti ed i rapporti a rischio, il preservativo, il significato di un test HIV. Dalle risposte emerge quindi una grande confusione, ma anche, una denuncia d’assenza di figure e istituzioni che facciano educazione sanitaria direttamente nelle scuole.

    Perché non attribuire all’Infermiere il ruolo di Informatore? Di educatore sanitario? Riaccendere i riflettori nelle scuole. La presenza di una figura professionale, potrebbe influire positivamente sull’andamento della malattia e del suo dilagare.

    L’infermiere Italiano è davvero pronto al ruolo di Educatore?

    Oggi la realtà italiana, ci suggerisce l’idea di una concentrazione dell’infermiere nelle strutture pubbliche o private , rilegato al ruolo della “corsia”, in fondo perché, se analizziamo tutto il percorso di studi, quello ad essere esaltato è l’aspetto assistenziale, meno quello educativo. Questo evidenzia che difficilmente l’infermiere riesce ad uscire dal suo ruolo assistenziale e parallelamente anche la società fatica ad inquadrarlo come Educatore, in un sistema istituzionale che non ne prevede l’esistenza nel territorio e nelle scuole.

    Quella che sembrava una malattia sconfitta, un demone del passato, è ancora presente, anzi più pericolosa che mai, forte di quei riflettori spenti, che accendiamo solo oggi primo dicembre, perché una ricorrenza ci costringe a ricordare che l’AIDS esiste e sta flagellando la nuova generazione, come un killer silenzioso uccide perché un sistema complice e disinformato lo permette. Quel sipario non dovrebbe calare mai sull’Informazione e sulla conoscenza, sono le uniche vie di Salvezza

  4. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Dando seguito alle riflessioni fatte da –Bob–Su L’AIDS ho trovato assai
    stimolanti queste considerazioni fatte da Vittorio Colizzi al libro di Giovanni Maga
    DS: la verità negata.
    Come l’HIV causa l’AIDS e perché dall’AIDS si potrà guarire

    Giovanni Maga
    Il Pensiero Scientifico Editore – collana Informa
    pagine 132, euro 16,00

    AIDS: la verità negataLa domanda che un lettore del libro del Dott. Giovanni Maga si pone sicuramente alla fine della lettura, è il perché ci sono ancora persone (anche di scienza) che negano l’eziologia virale dell’AIDS (ormai strettamente associato anche nella sua forma letteraria come HIV/AIDS). Il Dott. Maga dedica un po’ meno del 50% del suo libro a riportare e confutare le numerose teorie negazioniste della causa virale dell’AIDS. E il titolo del libro evidenzia bene l’importanza di confutare queste cosiddette teorie negazioniste proprio per non compromettere un buon trattamento della malattia HIV/AIDS e l’efficacia della terapia antiretrovirale. Nell’altro 50% del libro, il Dott. Maga riporta, con dovizia di particolari e di notizie, la storia del virus HIV che ai primi anni del secolo scorso passa dallo scimpanzé all’uomo ed esce dalla grande foresta equatoriale dell’Africa Centrale (Congo-Camerun-Gabon), il secondo polmone del nostro pianeta dopo l’Amazzonia. Così comincia il suo percorso verso tutti continenti del nostro pianeta, prima con i marinai che univano le coste dell’Africa occidentale con l’Inghilterra, e poi con il personale di volo che univa l’Europa con gli Stati Uniti, il famoso paziente Zero. Il libro quindi racconta come HIV/AIDS è riconosciuta come malattia negli Stati Uniti, grazie allo sviluppo di una tecnologia che permetteva di quantizzare il numero dei linfociti T CD4 e dove il primo paziente Zero e tanti altri giovani americani sono associati alla comunità omosessuale. Forse è da questa prima fase di riconoscimento e associazione che l’AIDS si porta addosso il marchio sociale che ancora oggi caratterizza la difficoltà ad accettare questa infezione. E quindi è forse meglio negarla! Anche per il virus dell’Ebola (anche lui uscito dalla foresta equatoriale e passato all’uomo dallo scimpanzé) ci sono dei negazionisti e complottisti. Qualche giorno fa, la scrittrice americana e femminista Noemi Wolf, una volta consigliera politica di Clinton, ha sostenuto con un post su Facebook che l’epidemia di Ebola in Africa Occidentale non esiste, ma è utilizzata dai militari USA per destabilizzare, così come non esiste il Califfato Isis, e gli ostaggi decapitati sono degli attori! La mia esperienza in Africa mi porta a dire che le teorie negazioniste sono state ampiamente superate in questo continente che ha oltre l’80% dei malati di HIV/AIDS. E questo nonostante che in alcuni paesi dell’Africa, e il Dott. Maga riporta nel suo libro il Sud-Africa come esempio di negazionismo di stato, per molto tempo si è cercata di negare l’origine virale dell’AIDS. Tuttavia, posso dire che oggi nessun malato africano non prende la terapia perché nega l’esistenza del virus HIV. Non la prende o perché non sono a disposizione i farmaci, o perché la medicina occidentale non è ancora fatta propria dalla cultura africana. Per esempio, il livello di accettazione della terapia dalle madri africane per i loro bambini è quasi del 100%, dimostrando che le madri africane hanno ben compreso la causa virale e quindi pronte a modificare l’atavica avversione a qualsiasi terapia che non sia quella tradizionale.

    A parer mio, la parte più interessante del Libro è quando sono presentati i numerosi farmaci sviluppati contro HIV, l’importanza della diagnosi precoce e la possibilità di guarire. Bello il racconto del Paziente di Berlino, non solo per la particolarità del caso (trapianto cellulare) ma per il messaggio di speranza che porta con sé: dall’HIV/AIDS si può guarire! Il caso che nel 2013 (anno di scrittura del libro) ha fatto scalpore nella comunità scientifica (e non solo) è stato il “Mississippi Baby”, una bambina nata da madre sieropositiva, diagnosticata alla nascita e subito trattata con i farmaci antiretrovirali, e che per un periodo di un anno in assenza di terapia, non aveva permesso la replicazione del virus e addirittura era siero-negativa, cioè non aveva anticorpi contro HIV nel sangue. Purtroppo nel gennaio 2014 sono state pubblicate le evidenze di un ritorno di replicazione virale nel Mississippi Baby, smorzando gli entusiasmi legati alla possibilità di eradicazione virale, almeno in casi di neonati trattati precocemente. Una successiva evidenza che il trattamento antiretrovirale, anche se precoce non sia in grado di eradicare il virus è stato riportato in questo mese sull’importante rivista medica britannica Lancet e descritto come il “Milan Baby”, un neonato di Milano anche lui diagnosticato e trattato con farmaci virali alla nascita, siero-negativo, ma che col tempo ha di nuovo permesso al virus di replicarsi. Tuttavia, questi casi di neonati trattati precocemente hanno permesso di sensibilizzare i governi di molti stati africani a potenziare i programmi di diagnosi neonatale d’infezione da HIV e di cominciare subito il trattamento con farmaci antiretrovirali.

    Il trattamento precoce con farmaci antiretrovirale è ormai considerato importante dalla maggior parte dei clinici. Questa “ovvietà” di trattare con farmaci antiretrovirali soggetti con replicazione virale corrisponde alla prassi ormai ben consolidata dell’uso di antibiotici in caso d’infezione batterica. Tuttavia, questa prassi non è stata applicata per quasi trenta anni per l’AIDS. In questo lungo periodo, le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e quelle di tutti i paesi europei e americani, indicavano di iniziare il trattamento solo quando il paziente mostrava chiari segni di Immunodeficienza (i linfociti Cd4 sotto 200-500/μl). Ora le nuove linee guida hanno chiarito che bisogna avere come parametro la carica virale, più che il numero di linfociti T CD4, e iniziare e proseguire il trattamento finché il virus non scompare dal sangue (ma probabilmente non in alcuni tessuti dove rimane come riserva). Il libro del Dott. Maga spiega bene questo limite dell’attuale terapia antiretrovirale. Questo ritardo di anni nell’applicare la terapia sulla causa (la replicazione virale) e non solo sull’effetto (diminuzione dei linfociti CD4) è in gran parte dovuta ad aspetti tecnologici, in particolare il precoce sviluppo di tecniche d’identificazione di linfociti T CD4 (che al tempo dell’identificazione dell’AIDS era già sviluppato), e dal tardivo sviluppo di tecniche di amplificazione molecolare che oggi permettono di evidenziare la quantità di HIV presenti nel sangue di un paziente, e quindi modulare meglio il trattamento con farmaci antiretrovirali.

    Il Libro del Dott. Maga affronta anche il problema del vaccino contro l’HIV/AIDS, la grande speranza che al momento della scoperta del virus faceva dire agli scienziati che nel giro di pochi anni si sarebbe trovata un vaccino efficace. Purtroppo si è sottovalutato che il virus infetta proprio i linfociti T CD4 che sono essenziali per sviluppare una buona risposta anticorpale e citotossica protettiva. Oltre trenta vaccini sviluppati e saggiati clinicamente hanno dato pochissimi risultati convincenti di protezione. E’ stata la più grande delusione della storia dell’HIV/AIDS, specialmente se messa a confronto con il grande successo della scoperta di farmaci antiretrovirali. Sarà l’infezione da Ebola a riscattare gli immunologi nella preparazione di un vaccino efficace? Nei prossimi mesi avremo questa risposta, che potrebbe quindi dare un nuovo impulso alla ricerca, vaccinale per HIV/AIDS, anche se per HIV la difficoltà è sicuramente maggiore che per Ebola.

    In conclusione Maga ci offre un testo a carattere anche divulgativo su un tema, nonostante i tentativi negazionisti, ancora attuale e cruciale per la salute di molti. Un libro pertanto di vivo interesse per i diversi professionisti della salute che a vario titolo, compresi quindi anche gli infermieri, possono intervenire, sia nel contesto della salute pubblica e preventiva (l’educazione innanzitutto!), che in quello della diagnosi precoce e cura, al fine di migliorare l’aderenza alla terapia, ridurre la trasmissione verticale e prevenire la malattia conclamata.

    Vittorio Colizzi
    MD, Ph.D.
    Professore ordinario di Immunologia,
    Direttore della Cattedra UNESCO di Biotecnologia
    Università di Roma Tor Vergata.

    Fondatore, direttore scientifico e attuale membro del Consiglio Scientifico
    del Centro Internazionale di Riferimento per l’AIDS, Yaoundé, Camerun, Africa Centrale

  5. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    E come non inquietarci inanzi a questa ricostruzione della epidemia fatta da Cosco
    Non il solo in effetti a sostenere questa teoria

    di Giuseppe Cosco

    Dopo che per anni siamo stati terrorizzati dallo spettro terrificante dell’AIDS, oggi non se ne parla quasi. Forse per questo è venuto il momento di riscrivere la storia di questa misteriosa sindrome, che colpisce selettivamente omosessuali e drogati. C’è chi sostiene che questa terribile malattia è stata creata in laboratorio come arma di sterminio controllato (1).

    In vero, assistiamo al propagarsi di nuovi razzismi, culminanti in “programmi di controllo” che celano genocidi e stermini accuratamente programmati in ambienti militari e asettici laboratori, dove si studiano nuovi tipi di morte. In certi ambienti scientifici, si svolgono esperimenti, capaci di suscitare veri e propri flagelli. La nostra, in fondo, è un’Era di pericolosi angeli sterminatori o, se preferite, anticristi.

    Un documento del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, gli Atti del 91° Congresso – Sottocomitato del Dipartimento della Difesa, 1 Luglio 1969, dice testualmente: “Gli studi sulla biologia molecolare progrediscono con straordinaria velocità. (…). Entro cinque o dieci anni sarebbe possibile produrre un nuovo agente biologico che non esiste in natura, e contro cui non è stata acquisita nessuna immunizzazione naturale”. Nel periodo di tempo previsto, “cinque o dieci anni”, scoppia l’epidemia denominata AIDS.

    La storia dell’AIDS, dunque, sarebbe molto diversa da come fino ad ora è stata raccontata. La verità sarebbe ben altra e nel mio libro (2) documento cosa si nasconderebbe dietro la cosiddetta “peste del XX secolo”.
    Nel 1981, presso il “Centers for Disease Control” di Atlanta, in Georgia, si cominciò a parlare di una nuova malattia molto contagiosa denominata: “Sindrome di immunodeficienza acquisita” provocata, a quanto dicevano e dicono, da un virus. Robert C. Gallo e Luc Montagnier, gli scopritori spiegarono che l’AIDS è: “…una malattia devastante causata da una classe di agenti infettivi – i retrovirus – che erano stati individuati per la prima volta in esseri umani solo qualche anno prima. …fu isolato un nuovo virus – il virus dell’immunodeficienza acquisita dell’uomo (HIV, da human immunodeficiency virus) – e si dimostrò che esso era la causa della malattia…” (3). E solo nel 1984, l’allora Ministro della Sanità statunitense Margaret Heckler ed il virologo Robert Gallo, dell’Istituto Superiore di Sanità, annunciarono al mondo, nel corso di una conferenza stampa, che era stata individuata una nuova malattia virale, trasmessa attraverso il sangue o i rapporti sessuali.

    Si disse e ancora si dice che esso opera sulla cellula a livello genetico in maniera tale che il DNA delle cellule infettate riceve “comandi” direttamente dall’RNA virale, differentemente di come solitamente avviene nelle cellule, dove i “comandi” sono trasmessi dal DNA, mentre l’RNA si comporta soltanto da messaggero. Questo modus operandi gli deriva da un particolare enzima, la trascrittasi inversa, che costruisce una coppia di DNA a partire dall’RNA virale, che poi va ad integrarsi nel patrimonio genetico (DNA) della cellula ospite. Il “virus dell’immunodeficienza acquisita” infetterebbe i linfociti T (helper), adibiti alla produzione di anticorpi da parte del sistema immunitario.

    Diversi scienziati sono convinti che non sia, com’è sancito dall’ortodossia medica, il virus HIV a causare l’AIDS e, tra questi, il famoso scienziato Peter Duesberg (http://www.duesberg.com/), esperto, a livello mondiale, di retrovirus e professore di biologia molecolare alla University of California di Berkeley, scopritore, nel 1970, del primo gene collegato al cancro, che, tra l’altro, afferma: “Il virus di Gallo non è la causa dell’AIDS perché non rispetta i postulati di Koch e Henle di malattia contagiosa e perché non rispetta sei regole cardinali della virologia” (4). In sostanza Koch ha affermato che si può parlare di malattia contagiosa solo quando l’agente infettante, oltre a causare la stessa affezione in tutti quegli individui coi quali viene a contatto, è anche sempre presente in ogni stadio della malattia.

    Con l’AIDS tutto ciò non avviene, infatti, “ci sono molti casi di persone con tutti i sintomi dell’AIDS ma che non presentano alcuna infezione da Hiv, così come ci sono soggetti che sono stati infettati dall’Hiv da oltre 10 anni e che non mostrano alcun segno di malattia” (5).

    E’da sottolineare, invece, che il modello dell’HIV (nome attuale del virus di Robert Gallo deciso da un apposito comitato scientifico al posto dei nomi LAV e HTLV-III) sta miseramente fallendo ad ogni test scientifico. La ricerca basata su di esso non è stata in grado di fornire non soltanto una cura efficace o un vaccino, ma neanche una spiegazione teorica per il meccanismo che causa lo stato patologico. Che l’HIV non sia la causa dell’AIDS sono ormai diversi scienziati a crederlo, tra i quali, oltre al prof. Duesberg, i premi Nobel Walter Gilbert e Kary B. Mullis, ecc.. Quest’ultimo è stato insignito del prestigioso riconoscimento per la Chimica nel 1993, per aver scoperto la Polimerase Chain Reaction (PCR), metodo per amplificare il DNA applicato pure nello studio dell’HIV. Neppure Eleni Papadopulos-Eleopulos ci crede.

    Gli scienziati, sulla causa dell’Immunodeficenza acquisita (AIDS), propendono per spiegazioni diverse, che possono essere suddivise in due correnti: la prima attesta che l’HIV è necessario ma insufficiente, perché asserisce che devono essere presenti altri cofattori per far esplodere la malattia. La seconda corrente, invece, attesta che questo virus sarebbe niente più che il segno di una immunodeficienza già preesistente, provocata da agenti non per forza di cose infettivi, che potrebbero essere anche chimici, comportamentali e/o ambientali. Il prof. Duesberg ha precisato inoltre: “promuovo le mie idee per integrità scientifica, perché quando scopri che una strada non funziona è giusto cercarne altre”, aggiungendo che “chi sostiene che l’Aids è provocato dal virus Hiv spinge migliaia di persone a prendere una medicina dannosa come l’Azt e convince i sieropositivi che la loro vita è di fatto finita, terrorizza il mondo intero riguardo ai rapporti sessuali, e specula sull’esistenza di persone malate”.

    Ci stanno ancora altre teorie, molto inquietanti, sull’Aids e chi le diffonde viene tacciato di cospirazionismo, di paranoia e ridicolizzato. Alcune di queste gravi accuse meritano, per lo meno, di essere conosciute dall’opinione pubblica, visto che non trovano spazi sui mass media che diffondono soltanto le teorie “ufficiali”. Ecco di seguito un breve sunto di queste gravissime accuse. Taluni studiosi hanno sostenuto che questa terribile malattia è stata creata in laboratorio come arma di sterminio controllato.

    Sorprende, inoltre, sapere che il virus responsabile dell’immunodeficienza acquisita è stato scoperto da Gallo, addirittura, un anno prima che si manifestasse la malattia! “Nessun altro ricercatore, mai, nella storia della medicina, è riuscito a scoprire l’agente patogeno di una epidemia l’anno prima che l’epidemia scoppiasse. Solo Robert C. Gallo c’è riuscito”(6), hanno denunciato i giornalisti Francesco Romano e Elizabeth Vogel. Come si spiega questo anacronismo? La storia “ufficiale” dell’AIDS racconta che il dott. Robert Gallo ipotizzò un virus come causa dell’Immunodeficienza acquisita, a febbraio 1983, tuttavia, Jerome Groopman, sulla rivista “Nature”, già cinque mesi prima, a settembre dell’82, aveva scritto: “Robert Gallo del National Cancer Institute sta studiando i pazienti di AIDS in funzione del virus HTLV perché il virus HTLV ha una simpatia per i T-linfociti, e perché è endemico dei Caraibi” (“Nature”, 9 settembre 1982).

    La storia della “sindrome di immunodeficienza acquisita” è del resto un vero e proprio maledetto puzzle con risvolti e sorprese, così inquietanti, da sembrare incredibili e guai a chi denuncia il misfatto. Ci ha provato il professor Duesberg pubblicando assieme a Bryan Ellison il libro: “Why We Will Never Win the on AIDS”, ebbene, una Corte Federale Di New York, il 29 dicembre del 1995, ha ordinato che tutte le copie del libro venissero ritirate e distrutte. Una precedente ordinanza dello stesso giudice vietava la distribuzione del libro ovunque in America, anche gratuitamente (7). Come interpretare questa congiura del silenzio?

    E se davvero Duesberg avesse ragione a sostenere che l’Hiv non è la causa dell’AIDS? Allora sarebbe davvero tremendo per l’ortodossia sull’AIDS, perché: “dal 1987 sta prescrivendo a più di 200.000 sieropositivi, non importa se colpiti o meno dall’AIDS, una micidiale accozzaglia di farmaci venefici, come la pentamidina e i chemioterapici (tipo l’AZT, il ddl e il ddc); …sta infliggendo mortifere prognosi di AIDS a centinaia di migliaia di persone risultate sieropositive al test dell’HIV” (8).

    Ma se non è l’HIV, cos’è?

    Il “Sunday Express” (26 ottobre 1986), scrisse che, secondo tre studiosi, “l’AIDS, la patologia mortale apparsa nel 1979 negli USA e che miete vittime in tutti i continenti, è stata ‘inventata’ in laboratorio”. Nel frattempo si levano, da più parti, accuse gravissime mentre le bugie dette sull’AIDS “…ancora oggi si ripetono per coprire lo sterminio dei negri, dei drogati e degli omosessuali…” (9).

    E’, infatti, ormai evidente che ben lontana “dal minacciare la popolazione eterosessuale in generale, l’AIDS resta confinato, principalmente, ai tossicodipendenti ed agli omosessuali maschi di particolari zone urbane” (10).

    Cosa si cela dietro l’AIDS?

    C’è chi ha parlato di sterminio, di congiura contro una parte dell’umanità. La popolazione nera degli Stati Uniti crede che “l’unico dato in comune tra le vittime dell’AIDS… non è né il sesso né la droga, ma sono le manipolazioni dell’uomo bianco. Secondo queste storie ai drogati viene fornita eroina opportunamente tagliata con sostanze che danneggiano il sistema immunitario, mentre gli omosessuali e gli africani vengono infettati mediante vaccinazioni di massa, col pretesto di proteggerli da altre malattie. Oppure accusano il governo di praticare la guerra batteriologica contro i propri cittadini omosessuali mettendo in giro un virus (!) che contagia a preferenza gli omosessuali” (11).

    Leggiamo ancora, nel dossier inchiesta di Romano e Vogel, che “la rivista gay New York Native, nell’83 pubblicò la lettera di un dipendente del laboratorio di guerra biologica di Fort Detrick il quale assicurava di aver partecipato all’operazione, che era iniziata nel ‘78. La lettera era anonima ma è stata pubblicata anche in Unione Sovietica dalla Literaturnaya Gazeta (il 30.10.85 secondo Covert Action)… Secondo un articolo apparso con rilievo nel Times di Londra l’epidemia di AIDS in Africa ed in Sud America segue la vaccinazione in massa contro il vaiolo, effettuata nei primi anni ‘80. Per estirpare il vaiolo dalla faccia della terra l’OMS avrebbe vaccinato almeno 70 milioni di negri dell’Africa Centrale” (12).

    La gravissima accusa fu pubblicata prima da un giornale di New Delhi “The Patriot” (ottobre 1985), e poi ripresa e stigmatizzata dalla sovietica “Literaturnaya Gazeta” il 30 ottobre dello stesso anno. In Brasile, la notizia che il virus dell’AIDS era un prodotto dell’ingegneria genetica, messo appunto come terribile arma biologica, fu pubblicata dal giornale “L’Estado de Sao Paulo”. In Inghilterra, il 26 ottobre 1986, il quotidiano londinese “Sunday Express” ripubblicò la terribile accusa.

    La “Pravda”, nell’ex Unione Sovietica, il 31 ottobre 1986, corredò una vignetta, che raffigurava un militare che dava un pacchetto di dollari ad un medico che aveva una provetta con dentro il mortale virus con una didascalia che ribadiva l’accusa della creazione del virus nei laboratori del Pentagono. La rivista francese “Eléments” (n. 63, 1988) rilanciò l’accusa con un articolo titolato “AIDS, il Pentagono sotto accusa”. Tutto ciò sembra essere però passato sotto silenzio.

    E se l’AIDS fosse, davvero, una vera e propria strage programmata di omosessuali, drogati, gente di colore e poveri del mondo?

    Proviamo a prendere sul serio queste gravissime accuse. Non c’è dubbio che un certo razzismo considera i gay e i drogati delle minoranze moleste, di cui se ne potrebbe benissimo fare a meno. Quanto alle sterminate masse di poveri del Terzo Mondo, che non producono e coi loro bisogni pongono problemi alle nazioni più ricche, un loro sterminio si concilierebbe molto bene con il modello di una società basata sul mercato, la produzione e il consumo. Secondo una filosofia alquanto cinica, occorre qualcosa che sostituisca le guerre e le grandi epidemie che in passato avevano la funzione di calmierare e selezionare la popolazione del pianeta.

    E’atroce pensare che scienziati e studiosi possano mettersi al servizio di un tale disegno, ma d’altra parte non si può negare che in certi santuari della scienza medica si agisca contravvenendo al giuramento di Ippocrate e, invece, si sacrifichino vittime umane per teoremi di morte. Lo ha denunciato il dott. Robert Newman, presidente di un grande ospedale di New York, il “Beth Israel Medical Center”. Parlando dei tossicodipendenti ha dichiarato: “Nessuno lo ha ancora detto apertamente, ma sono sicuro che molti sono d’accordo che dovremmo lasciarli morire tutti” (13). Questa logica di morte è confermata anche dalle parole di Julian Huxley, fondatore della Società Eugenetica Britannica, il quale ha asserito che: “L’intelligenza di un nero è differente da quella di un bianco, come lo è il corpo (…). Del resto è sufficiente vedere il comportamento religioso dei negri per comprendere le differenze: urlano, danzano, si abbandonano alle emozioni più violente (…). Negri e bianchi presentano differenze organiche inarmonizzabili”. E’ in base a queste convinzioni che l’uomo arriva a sterminare i propri simili. Ma poi, dovremmo forse stupirci che si possano organizzare simili crudeli stermini al termine di un secolo segnato dal nazismo e dallo stalinismo? Questo abominio, d’altronde, è stato denunciato, soprattutto nei primi anni ’80, da alcuni studiosi e ricercatori che la pensano proprio cosi e, a supporto delle loro gravissime accuse, indicano alcuni documenti del governo degli Stati Uniti.

    Tra questi, il Memorandum 200 per la Sicurezza nazionale è uno dei primi e forse il più importante. Fu “redatto nell’aprile del 1974 dall’allora Consigliere americano per la Sicurezza nazionale, Henry Kissinger. Il documento, a lungo tenuto segreto, fu reso di dominio pubblico nel 1990 grazie alla legge per la libertà d’informazione, e collocato negli Archivi nazionali americani. Si tratta di un documento agghiacciante, che denota il cinismo di un governo quando afferma: “Lo spopolamento, dovrebbe essere la principale priorità della politica estera americana verso i Paesi del Terzo mondo” (14).

    Un altro documento terribile è il “Global 2000 Report to the President” presentato dal Dipartimento di Stato americano. Il giornalista Rogelio Maduro nel suo libro “The Ozone Scare” scrive: “Questo dossier fu elaborato dal Consiglio della Casa Bianca per l’Ambiente e dal Dipartimento di Stato a partire dai primi giorni della presidenza Carter. Decine di alti funzionari e centinaia di consulenti hanno lavorato a questo rapporto che proponeva di fare del ‘controllo demografico’ la pietra angolare delle politiche di tutti i futuri presidenti americani. Nel rapporto e nei documenti che lo accompagnano, si trovano tutta una serie di profezie terrorizzanti: crisi delle risorse idriche, penuria di energia, carenza di materie prime strategiche. La causa di tutto ciò? La crescita demografica. (…). E’ dunque necessario, concludeva il documento, che il governo faccia convergere politica estera ed interna con l’obiettivo di eliminare questi uomini di troppo. (…). Dal momento in cui questo documento è stato reso di pubblico dominio, sezioni intere del governo americano non lavorano che per mettere in pratica le sue raccomandazioni: il genocidio” (15).

    Questo programma non è condiviso solo dagli americani. Il celebre documentarista Jacques Cousteau, che fu un accanito propugnatore del programma xenofobo in Francia, scrisse: “Noi vogliamo eliminare le sofferenze, le malattie? L’idea è bella ma non può rivelarsi positiva nel lungo termine. C’è da temere di compromettere così l’avvenire della nostra specie. E’ terribile da dirsi. E’ necessario che la popolazione mondiale si stabilizzi e perciò è necessario eliminare 350 mila uomini al giorno” (16). E Filippo duca di Edimburgo, marito della Regina Elisabetta II presidente del WWF internazionale, affermò: “Nel caso che io rinasca, mi piacerebbe essere un virus letale così da contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione”. (Deutsche Press Agentur, DPA, 8 agosto 1988).

    Ecco un altro esempio del disprezzo verso le popolazioni del Terzo mondo. Il patologo dr. Cornelius Rhoades, che qualche anno dopo avrebbe diretto il reparto di patologia del Rockefeller Institute, nel 1932, diede inizio ad una vasta ricerca sul cancro. In definitiva effettuava orribili esperimenti, tra cui far insorgere deliberatamente delle infezioni sui malati. Trenta portoricani, morirono a causa di questi orribili esperimenti.

    Rhoades come giustificazione sostenne che: “I portoricani sono la più sporca, la più fannullona, degenerata e ladra razza sulla faccia della terra… e che perciò tutti i medici potevano deliziarsi nell’abuso e nella tortura di questi sciagurati”.

    Alla luce di considerazioni così sinistre non è più fantascienza credere a quanto sostengono alcuni scienziati, e cioè che “l’AIDS fu in effetti il risultato di un programma di ricerca a lungo termine”. Qualcuno afferma addirittura di averne le prove, come il russo Jakob Segal, docente di biologia all’Università di Humboldt, nella ex Germania orientale. Il professor Segal è certo che l’AIDS è stato messo a punto nel laboratorio di Fort Detrick, nel Maryland, un centro di ricerca su armi chimiche e biologiche. Segal per dimostrare la gravissima accusa pubblicò tutti i dati, che aveva raccolto nel 1986, in un libro dal titolo: “AIDS: una malattia prodotta in America”.

    In esso lo studioso sostiene che: “il virus della immunodeficienza (Hiv), che molti scienziati ritengono evolva in AIDS, è quasi identico ad altri due virus: il Visna, una malattia mortale che colpisce le pecore, il BVL (Bovine Leukemia Virus), ma non l’uomo, e il virus della leucemia delle cellule T: Htlv-1 (Human T Cell Leukemia Virus). Il Laboratorio di alta sicurezza di Fort Detrick realizzò l’unione dei virus Visna e Htlv-1. Il risultato fu l’Hiv messo a punto tra la fine del 1977 e la primavera del 1978. Il ‘cocktail’ di Fort Detrick venne testato su carcerati che decidevano volontariamente di partecipare all’esperimento in cambio della libertà anticipata. Siccome i sintomi non si manifestano prima di 6 mesi, i test furono giudicati fallimentari e i carcerati vennero rilasciati”.

    “Alcuni di loro erano omosessuali, – continua Segal – e una volta arrivati a New York, ignari delle loro condizioni, cominciarono a trasmettere il contagio a persone del giro dei gay newyorckesi. E qui, nel 1979, si manifestò il primo caso conclamato di AIDS, e la malattia cominciò a diffondersi rapidamente”.

    Un altro ricercatore Robert Strecker, confermò le accuse fatte da Segal. Egli affermò: “Quando si studia la natura del virus dell’AIDS si scopre qualcosa di estremamente interessante. I geni del virus dell’AIDS non esistono nei primati o nell’uomo. Se si prende il materiale genetico di primati, scimpanzé, esseri umani e lo si riordina, non si può ottenere l’AIDS”. Per Segal l’AIDS si sarebbe diffuso a causa di un incidente; per Strecker, invece, sarebbe stato iniettato volutamente ai membri della comunità omosessuale americana durante il programma per la vaccinazione contro l’epatite B.

    Nel frattempo si continua a morire di AIDS specialmente tra le categorie a rischio (omosessuali e drogati) e nel Terzo mondo. Tra i Paesi dove vi sono più persone colpite dall’AIDS vi è l’India “che conta già quattro milioni di abitanti sieropositivi e rischia di diventare il Paese più colpito dall’epidemia dell’AIDS. Lo ha denunciato a Manila il ministro della sanità indiano, signora Renu Ka Chowdury…”(Rai-Televideo del 26 ottobre 1997). Dopo quanto esposto il fatto che segue fa venire la pelle d’oca. Il 19 gennaio 1989 “‘Nature’ esce con una serie di articoli sconcertanti sull’India. “Saranno sterilizzate tutte le mucche improduttive” scrive ‘Nature’. Poi c’è la notizia che riguarda direttamente la nostra storia: “entro il ‘92, dice ‘Nature’, tutti i bambini indiani saranno vaccinati contro una serie di malattie”. (…). Tutti i bambini indiani dovranno essere immunizzati entro il 1992.

    “Chiaramente qualcosa non funziona nella redazione di ‘Nature’. In India ci sono più di 200.000.000 di bambini, e il 92 inteso come anno non è una scadenza realistica. (…). Alla fine del 1988 in India si contavano 9 casi di AIDS”(17). Traete da soli le conclusioni. Sulla base di questi fatti esposti c’è da chiedersi con inquietudine che cosa ci riserva il futuro. Che sia davvero in atto una mortale congiura? Come si è visto non sono in pochi a crederlo. Alcune delle tesi riportate in questo studio ricevono, oggi, numerose conferme, anche molto autorevoli.

    Un altro fatto, alquanto enigmatico, fa notare “Nexus. New Time” (edizione italiana, anno IV, n. 29, 2000) è quanto scrisse, il 30 aprile scorso, il Washington Post che, tra l’altro: annunciava un’iniziativa della National Security Agency (NSA) volta a collocare lo studio dell’Aids e tutti gli istituti pubblici della sanità, che lo stanno conducendo, sotto il controllo della Central Intelligence Agency (CIA)… Il Presidente Clinton, consigliato dal National Intelligence Council (NIC) di dichiare formalmente l’epidemia globale di AidS una ‘minaccia alla sicurezza nazionale’ degli Stati Uniti, ha trasformato questa politica in legge. L’azione prefigura la probabile persecuzione, se non l’incarcerazione o l’assassinio, degli scienziati ‘dissidenti’ che si occupano dell’AIDS… (Fonte: dr. Leonard Horowitz, Idaho Observer, USA, luglio 2000)”.

    Note bibliografiche:

    1 G. Cosco, “Storia segreta dell’AIDS”, Ediz. Segno, Udine 1996.
    2 Ibid.
    3 R. C. Gallo e L. Montagnier, L’AIDS nel 1998, in “Le Scienze”, n. 44, dicembre 1988, pag. 19.
    4 “Science”, 29 luglio 1988.
    5 C. Thomas Jr., Kary B. Mullis e Philip E. Johnson, What cause AIDS?. L’articolo pubblicato sulla rivista “Reason” (giugno 1994) è riportato in “AIDS una questione aperta”, a cura di Raul Vergini, GUIDE ALLA SALUTE di CARTAduemila, Andromeda, Bologna 1995, pag. 10.
    6 Francesco Romano e Elizabeth Vogel, Le carte dell’AIDS, Cesco Ciapanna Editore, Roma, marzo 1989, pag. 118.
    7 “Nexus New Time”, Edizione italiana, n. 6, luglio-agosto 1996, pag. 7.
    8 Dalla lettera di Peter Duesberg pubblicata in “La rivista dei libri”, novembre 1996, pag. 42.
    9 Francesco Romano e Elizabeth Vogel, Le carte dell’AIDS, cit., pag. 134.
    10 C. Thomas Jr., Kary B. Mullis e Philip E. Johnson, What cause AIDS?, cit., pag. 12.
    11 Francesco Romano e Elizabeth Vogel, Le carte dell’AIDS, cit., pagg. 96-97.
    12 Ibid., pag. 97.
    13 “Science”, 12 febbraio 1988.
    14 “XFACTOR”, pubblicazione edita dall’Istituto Geografico De Agostini, n. 14, 1997, pagg. 16-17.
    15 “L’Italia”, settimanale, 22 marzo 1995.
    16 “Corriere dell’Unesco”, novembre 1991.
    17 Francesco Romano e Elizabeth Vogel, Le carte dell’AIDS, cit., pag. 153.

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