Logo Noi Siamo Chiesa

Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

I dieci anni di Francesco: una svolta molto importante (e prudente)

Papa Francesco si trovò a gestire una Chiesa che si era consolidata per quasi  trent’anni sulla base di una propria identità statica, Il Concilio appariva solo sullo sfondo come richiamo rituale. Il Conclave del 2013 si è riscosso dopo l’appiattimento di quello del 2005 che aveva avuto solo prudenze e voluto continuità; ora esso ha deciso finalmente cambiamenti imposti dalla situazione con un uomo che veniva “dalla fine del mondo”..

Intanto nel mondo nel nuovo millennio la guerra riprendeva una presenza diffusa, le disuguaglianze si estendevano ed il multilateralismo era in gravi difficoltà. La Chiesa di Roma doveva liberasi dalla passività filoccidentale della sua voce sulla scenario globale. Papa Francesco subito volle uscire dall’ordinaria amministrazione. La prima “parola d’ordine” quella della “Chiesa in uscita” ha significato  superamento delle rigidità e dei clericalismi, del “si è sempre fatto così”, della fede senza le opere perché la fede è considerata soprattutto o solo pratica religiosa (messa, battesimi, funerali) e perché l’impegno politico o il qualunquismo politico vengono considerati di impatto neutro rispetto alla fede. Invece  i credenti nel mondo devono essere i protagonisti della pace che Francesco predica con grande forza contro i mercanti delle armi, contro chi cinicamente ha ed esibisce l’arma nucleare, contro la “guerra mondiale a pezzi” che subiscono sempre i popoli più dimenticati, contro le guerre di aggressione. Una pace, quella di papa Francesco, che deve essere fondata sulla giustizia. Nel suo messaggio alla Chiesa e al mondo hanno avuto un ruolo particolare le sue parole a tutela della creazione che l’umanità usa e non conserva.

Il papa, a cui permangono tutti i poteri, ha dovuto poi fare i conti con la gestione del grande apparato centralizzato e diffuso della Chiesa di Roma, dalla pedofilia del clero alla gestione dei beni, dalle cause dei santi alla riforma della Curia, dalla Messa in latino alle nomine dei vescovi e a grandi questioni etiche (aborto, fine vita, omosessuali..…).Sulla condizione della donna nella Chiesa Bergoglio non ha potuto/voluto intervenire veramente. I suoi interventi, animati da una forte volontà di capire e di cambiare, hanno avuto a oggi  esiti alterni, contro una struttura centrale quasi sempre diffidente od ostile. Ma il vasto consenso di una gran parte del popolo cristiano non gli è mai mancato e si è manifestato con riferimento alla sua pastorale evangelica e semplificatrice di questioni sorte soprattutto dal sistema ecclesiastico che si oppone a forme di democratizzazione che il papa non può o non riesce a mettere veramente in discussione.

 La sua predicazione si è estesa la di là della Chiesa cattolica, superando la stasi dell’ecumenismo. Ha  dialogato con l’Islam firmando testi di grande impatto nella storia della spiritualità.

L’azione di papa Francesco deve continuare e finire di creare le condizioni perché non si torni mai più indietro.

Roma, 12 marzo 2023                                        NOI SIAMO CHIESA

Allegato

Le riflessioni e i sentimenti di Noi Siamo Chiesa dopo dieci anni di papa Francesco.

Il Concilio riprende la sua marcia!

La situazione nella Chiesa

I dieci anni di pontificato di papa Francesco – tutti l’hanno percepito- hanno

segnato una svolta. Si tratta di una situazione ben differente da quella del 2005

quando l’avvicendamento tra Wojtyla e Ratzinger avvenne all’insegna di una

sostanziale continuità. Il cambiamento fu subito compreso. Si trattava di ritornare al

Concilio ed al suo spirito, che erano stati messi in second’ordine e, poi, anche

dimenticati. Quindi per riflettere su questi dieci anni bisogna avere ben presente la

situazione all’inizio: a due papi, dalla storia ecclesiale e personale eurocentrica,

subentrava il papa  “dalla fine del mondo”. Bergoglio arrivava, dunque, dopo

trentacinque anni di sostanziale stabilità della Chiesa al vertice nel suo consolidato

assestamento davanti ai cambiamenti nel mondo (pur con alcuni momenti importanti

di presenza credibile). Si poteva, dunque, rovesciare la linea prevalente

che era sempre stata tesa a consolidare la sua identità, in controtendenza rispetto

alle indicazioni dei confini che il Concilio aveva aperto. Papa Bergoglio, ovviamente,

si trovò di fronte a una situazione difficile; da questa bisognava partire per riflettere

 su quanto era stato fatto e detto in dieci anni e sulle prospettive future.

La gestione dei beni del centro della Chiesa era alla deriva

e ben lontana dalla riflessione sul problema della povertà della Chiesa e nella Chiesa;

a ciò si aggiungeva la cattiva (ed anche disonesta) amministrazione, ben dura da estirpare.

E poi il potere delle strutture di curia dominava, grazie alla malattia di papa Wojtyla (che rifiutò di

rinunciare al papato), a ruoli in curia che erano parte intrinseca da sempre della

destra conservatrice ed alla arroganza del cardinale Tarcisio Bertone, il peggiore dei segretari

di Stato. In questo modo la teologia della liberazione era stata messa in grave difficoltà,

ed erano stati emarginati i teologi e le teologhe diispirazione conciliare.

 Poi il problema della pedofilianel clero, già postosi all’inizio del secolo, esplose in modo anche inaspettato perché

riguardò un vasto numero di diocesi, tanto che perfino l’ONU intervenne a tutela delle

vittime, accusando la Santa Sede delle passività e delle reticenze.

Bergoglio si trovò inoltre a convivere con il papa dichiaratosi “emerito”,

rimasto contro logica e buonsenso in Vaticano e punto di riferimento

per chi non capiva il nuovo corso (tutto ciò aldilà delle attestazioni formali). In Italia la Chiesa italiana

 sembrava addormentata con i vescovi ossequiosi nei confronti delle loro gerarchie dominate da Ruini/Bagnasco,

impegnati a intervenire nello spazio pubblico e a difendere a oltranza “valori non

negoziabili” (parola d’ordine poi cancellata da un intervento di papa Bergoglio).

La situazione nel mondo

La condizione del mondo, già difficile dopo l’11 settembre, è peggioratacon le invasioni statunitensi

(e di altri Paesi occidentali) dell’Afghanistan nel 2001

e dell’Iraq nel 2003, con l’intervento in Libia nel 2011 (e prima in Kossovo nel 1999).

Poi ci sono stati la crisi economica, l’aumento delle diseguaglianze, la crisi del

multilateralismo. In questa situazione i cattolici, espressione di energie vitali e ovunque

presenti (anche in combattive minoranze) avevano bisogno di un punto di riferimento che

fosse espressione di spiritualità per tutti, che parlasse con le parole di Gesù, senza farsi

coinvolgere nel potere della finanza e dell’economia o in ruoli diplomatici o senza farsi

catturare in logiche sovraniste od etniche. Papa Francesco ha cercato di essere questa

voce nel disordine mondiale, senza le compiacenze di prima (con l’Occidente, con la

presidenza Bush, per esempio) e occupando, in nome delle tante situazioni di sofferenza e

delle periferie di tutto il mondo, uno spazio che nessun altro ha nella storia di questi

anni. Francesco ha ritenuto importante percorrere il mondo con viaggi ben

selezionati ed organizzati che gli hanno permesso di essere ascoltato e di essere il

capo di un sentimento religioso veramente universale. I viaggi sono stati 40 equamente

distribuiti sui vari continenti.

Jorge Mario Bergoglio

Egli rappresentava una corrente di opinione, interna alla struttura ed alla sua

gerarchia ma era  ormai consapevole che, nello spirito e nella forma, bisognasse cambiare. Ci

vengono alla mente le tensioni che percorsero i primi discepoli di Gesù quando si

trattava di aprire verso chi non proveniva dalla fede dell’antico Testamento,

proclamata da Mosè e dai profeti di Israele. L’argentino Bergoglio era sostanzialmente

isolato dal centro vaticano, si recava a Roma malvolentieri, non parlava l’inglese: venne

dunque eletto in controtendenza rispetto al Conclave del 2005. Era nato in una grande

metropoli, di famiglia di emigranti italiani, aveva vissuto anni in una feroce dittatura,

sapeva cosa fosse la violenza del potere politico (senza esservisi piegato, come è ormai

definitivamente accertato). È stato parte del rigido e lungo cursus di studi dei gesuiti.

Bergoglio era stato così presente in movimenti e situazioni, anche drammatiche, che hanno

percorso il secolo scorso, una esperienza umana di grande importanza.

La necessità di rovesciare  le logiche dell’ordinaria amministrazione

La prima “parola d’ordine” attribuibile a papa Francesco è quella della “Chiesa

in uscita”. E’ stata ripetuta tante volte fino a diventare messaggio comune per la

generalità del mondo cattolico. Significa superamento delle rigidità e dei clericalismi,

del “si è sempre fatto così”, della fede senza le opere perché la fede è considerata

soprattutto o solo pratica religiosa (messa, battesimi, funerali) e perché l’impegno

politico o il qualunquismo politico vengono considerati di impatto neutro rispetto

alla fede, le scelte etiche sono spesso recintate in decisioni individuali. La Chiesa afferma

Bergoglio –deve invece uscire verso il mondo, bisogna rilanciare il primo brano della

Gaudium et spes di apertura al mondo. Il credente deve essere e sentirsi parte di un gruppo,

 di una comunità: da qui nasce la proposta della sinodalità, dell’ascolto, dell’aiuto reciproco,

della fraternità. I cosi detti “movimenti” non hanno più nella Chiesa il ruolo privilegiato di prima,

 alcuni di questi erano diventati delle “Chiese” settarie rette da una visione escludente, fortemente

gerarchica ed anche oppressiva della religione. Negli ultimi anni del pontificato,

alcuni di questi movimentinon hanno incontrato più  protezione in Vaticano, sono

stati necessari provvedimenti disciplinari; i fondatori e i presidenti devono perdere i loro

ruoli carismatici. La secolarizzazione non è demonizzata, può essere affrontata escavalcata con

un atteggiamento di dialogo non remissivo. Siamo ben lontani dalle asprezze e dai conflitti

che si verificarono nel ‘700 verso l’Illuminismoe poi nell’800 verso i poteri politici.

La collocazione nel mondo

La Chiesa non deve più essere il Vaticano o la politica italiana. La sua struttura

accentrata e presente ovunque le conferisce una autorità che, se gestita bene, come

nel caso di papa Francesco, è unica sullo scenario mondiale e tale da trovare ascolto

ben aldilà di quello stesso che riesce ad ottenere l’ONU. La “guerra mondiale a

pezzi” e la “globalizzazione dell’indifferenza” sono messaggi efficaci che si

intrecciano con la protesta della condizione delle periferie del mondo. Allora la

voce della Chiesa diventa forte, continuata, si allarga alla questione generale delle

disuguaglianze, a quella delle migrazioni, a quella della crisi climatica e

dell’ambiente ed interviene in modo più specifico con denunce e con l’offerta di

interventi di pacificazione (come ora in Ucraina). I “potenti” della terra, con cui

Francesco dialoga di persona, non lo ascoltano. Le sue denunce sulla produzione e

sul commercio delle armi, sulle guerre, quelle dimenticate e quelle invece ben visibili sui

nostri teleschermi, esprimono la voce della coscienza migliore dell’umanità. E’ una

coscienza a cui viene reso solo omaggio verbale per motivi pubblicitari e

d’immagine. In particolare le parole di Francesco, per quanto riguarda la

produzione, la detenzione e la minaccia di uso delle armi nucleari sono le più radicali tra

tutte. Il possesso stesso di queste armi – egli afferma– è il peccato di maggiore grandezza,

sono violenza contro Dio, contro l’umanità, contro ogni cittadino del mondo.

La pedofilia del clero che incombe

L’emergere del problema nel 2002 a Boston è stata la premessa di una

vicenda inaspettata. Non ci aspettavamo che sarebbe continuata e che continui in

modo così diffuso e grave (di questi giorni sono le notizie dal Portogallo). Non

poteva che essere il vertice della Chiesa ad intervenire. Con papa Wojtyla si fece

ben poco, ci furono soprattutto protezioni clamorose (il caso Maciel tra tutti), con

papa Ratzinger si iniziò a fare qualcosa ma è papa Francesco che ha dovuto

continuare, trovandosi di fronte a resistenze diffuse e spesso omertose.

Francesco ha istituito la “Commissione per la protezione dei fanciulli” ma non è

riuscito a darle vera autorità presso la Curia (che si oppose ad un intervento sui

vescovi e l’episcopato). Le resistenze maggiori sono venute dall’ex Sant’Uffizio. Nel

2014 c’è stato l’intervento dell’ONU (da parte della “Commissione sui diritti

dell’infanzia”), poi due Cardinali (O’Brien scozzese e Mc Carrick di Washington)

sono stati destituiti, due commissioni inquirenti indipendenti in Francia e Germania

hanno messo sottosopra queste due Chiese. Il papa ha convocato i presidenti delle

Conferenze episcopali a Roma nel febbraio del 2019, ha poi emanato una Lettera

apostolica Vos estis lux mundi e altro ancora. L’efficacia dei suoi interventi ci

sembra però del tuttoinsufficiente oppure, per certi versi, impotente rispetto alla

situazione. In Cile papa Francesco ha coperto i preti pedofili, poi ha fatto atto di pentimento

riconoscendo di essere stato male informato. La situazione in Italia è la peggiore. I

vescovi hanno reagito con belle parole di rammaricodavanti agli scandali ed alle vittime,

istituendo solo strutture diocesane di formazione del clero. Ma resta un silenzio

pesante sulla necessità di indagare sul passato e di occuparsi delle vittime in modo separato

e indipendente dal sistema ecclesiastico. Papa Francesco, primate d’Italia e vescovo di Roma,

 non ha voluto/potuto intervenire come la grave situazione avrebbe richiesto.

 È questo uno degli aspetti per cui i rapporti con l’episcopato italiano sono sempre stati faticosi.

I documenti importanti

Papa Francesco, nonostante alcuni suoi interventi sulla struttura gerarchica

della Chiesa come piramide rovesciata (in alto ci dovrebbe essere la base cattolica

in basso i vertici), ha poi usato i tradizionali poteri che gli attribuiva l’autorità

pontificia come consolidatasi nei secoli per indirizzare alla Chiesa  tanti

documenti: tre encicliche, tante Lettere apostoliche e cinque Esortazioni

apostoliche. Il primo testo che indica i binari del pontificato è l’Esortazione

apostolica Evangelii Gaudium . In essa ci si propone anzitutto un obiettivo che

sarà poi completamente disatteso. Essa afferma “c’è una necessità assoluta. In

sostanza si tratta di ridimensionare il ruolo del centro della Chiesa a favore in

particolare delle conferenze episcopali, anche di quelle regionali e non solo di

quelle nazionali”.

La seconda enciclica è la Laudato SI del maggio del 2015. Papa Francesco

è riuscito a intrecciare la riflessione evangelica con la situazione della terra

come viene analizzata dagli esperti della condizione della natura nel mondo. Il

papa ha anticipato la nuova consapevolezza, diffusasi recentemente, sul

peggioramento della situazione, su catastrofi, siccità, cambiamento del clima,

previsioni nere per il futuro. I cattolici sono particolarmente partecipi di un

impegno relativamente nuovo per salvare il creato dagli interventi dell’uomo.

Nella Esortazione apostolica Amoris laetitia Francesco tira le fila dei

sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015. Il lungo testo tratta con parole di

particolare efficacia ed empatia del vissuto della famiglia, della necessità di

rapporti di tenerezza e non di dominio al suo interno ma non risolve il nodo che

pesava sui due sinodi ed è stato oggetto di infinite discussioni. Solo in una nota a piè di

pagina si fa si accetta un secondo matrimonio sacramentale, quello del

divorziato/a dopo una fase di accompagnamento spirituale. Una contraddizione

interna alla Chiesa che non è stata risolta nostro parere, in modo esplicito (ed evangelico).

L’enciclica “Fratelli tutti” é una sintesi completa del messaggio

di Francesco sulle questioni della pace, delle disuguaglianze, delle sofferenze. Ci pare

che essa esprima il filone migliore e più universale del pontificato. L’enciclica è

quindi “la voce di chi non ha voce” e sfugge anche a un certo dottrinarismo delle

precedenti encicliche sociali perché “morde” nella storia.

L’Esortazione apostolica Querida Amazonia è bella nella sua gran parte

dove raccoglie le analisi fatte sulla situazione difficile dell’Amazzonia e sulle

sue culture nelle assemblee e nei  sinodi tenuti nel 2019. E’ una cristianità in difficoltà ma vivace.

Ha chiesto, per esempio, di elaborare un rito solo amazzonico per l’Eucaristia.

Le decisioni dell’Esortazione, però, purtroppo non sono state accolte da Francesco

per quanto riguarda l’avvio del diaconato femminile e l’accettazione dei viri probati.

Questo stop del Vaticano incrina la qualità dell’Esortazione  ed è giudicato da

molti come conseguenza dell’intervento di papa Benedetto (in modo diretto o

indiretto) pressato dalla destra curiale che temeva e teme le prese di posizione

in materia del Sinodo tedesco. Il via libera in Amazzonia avrebbe reso ben

difficile dire di no al Sinodo tedesco su una simile proposta.

Il senso del Giubileo straordinario del 2016 viene raccontato nella

Lettera apostolica Misericordia et misera che “viene proposta come messaggio

permanente per i cristiani e per la Chiesa. Essa deve avere “carattere sociale” .

Viene istituita la “Giornata mondiale dei poveri” da tenersi ogni anno a metà

novembre. Viene ampliata la possibilità di perdono per chi ha abortito o ha

collaborato all’aborto. È un passo importante in avanti nella pratica della

misericordia che non esprime  la precettistica e le norme rigide del codice

che non tengono conto del vissuto del credente.

La gestione del centro della Chiesa

Ci sono poteri che competono al papa e che Francesco si è ben guardato

dall’attenuare o, almeno, dal condividere con vere strutture consultive. Il papa

non motiva le sue decisioni se non episodicamente ed in modo estemporaneo.

D’altronde questi poteri vengono da norme e prassi che hanno secoli di storia e

sono quasi non abrogabili, anche se il loro fondamento teologico rimane ben

scarso o inesistente. Francesco ha tenuto cinque Concistori per la nomina di

Cardinali ed vi ha usato una grande discrezionalità. Tutti sanno che sono stati

nominati nel sacro Collegio vescovi delle estreme periferie, magari di Chiese del tutto minoritarie.

Decisioni che sono state viste come segno dello Spirito che circola dove e

come vuole! E così in Italia sono senza cardinale alcune delle principali diocesi (

a parte Firenze, nomina “vecchia” ed ormai arrivata al termine).

Il papa ha discrezionalità assoluta ma è costretto a rifarsi alle istruttorie che

vengono fatte dalla curia (Dicastero dei vescovi). A quanto si capisce

nei momenti di strapotere della curia prevalgono le cosidette  cordate

(amicizie, legami personali e territoriali.., ) od anche i diversi orientamenti pastorali.

Papa Francesco non ha mai fatto ragionamenti per parlare dei criteri delle sue scelte

né tantomeno sulla loro modifica  e ciò non è cosa apprezzabile. Certamente non ci sono

più nuovi vescovi che sono schierati su posizioni di immobilismo.

Grandi questioni etiche

L’evolvere dei modi della convivenza umana (la gerarchia nella famiglia, il protagonismo dei figli ecc…)

anche in gran parte   nel mondo cattolico e una nuova cultura “laica”diffusa, lo straordinario progresso della medicina,

un controllo sociale modificato (per esempio per quanto riguarda gli omosessuali…), un ruolo dei media cresciuto

in modo esponenziale negli ultimi vent’anni, la diffusione dell’uso delle droghe ed altro ancora hanno posto

domande etiche a cui non più è possibile dare risposte uniformi e rigide senza una considerazione adeguata del vissuto delle persone,

del contesto in cui si trova a fare i conti il comportamento morale di ogni credente. La ricerca, le proposte, le prassi, lontane da un’ottica lassista,

 sono state esplorate da tanti teologi e moralisti che non accettano soluzioni di comodo e che, in particolare, allargano,

secondo logica e buon senso, indicazioni  che intreccino il comportamento individuale con quello del buon samaritano e

con quello   per una società giusta e democratica. La posizione di papa Francesco su queste  questioni che hanno questa nuova emergenza

(unioni civili, aborto, fine vita….) è stata tradizionale, si richiama al catechismo. Solo sugli omosessuale ha fatto un passo in avanti,

ha aperto alla loro presenza nella comunità cristiana ma senza accettare anche la loro pratica sessuale. Una evidente contraddizione.

  Anche sull’aborto la sua posizione è tradizionale e così sul fine vita non ha mai espresso posizioni di attenzione

 al vissuto della persona  gravemente sofferente, aprendo almeno a una riflessione possibile su una “morte buona”.

Su tutte queste questioni etiche Francesco si può dire sia disattento e lontano dal prendere atto che si tratta

di situazioni nuove e che nelle Scritture non ci sono indicazioni precise tanto che le rigide norme etiche che vengono ora

vivacemente proposte sono tutte di provenienza ecclesiastica. E’ un terreno questo molto delicato

che, più di altri, vede protagonista  la destra fondamentalista. Bergoglio non ha però

 mai fatto delle guerre di religione su queste questioni come è avvenuto in altri tempi recenti.

I santi

Per quanto riguarda  le proclamazione dei santi Francesco

ha gestito pazientemente l’ordinaria amministrazione dando fiato

così ad un aspetto della religiosità popolare non dei migliori. 911 sono stati in

dieci anni i nuovi santi. Abbiamo dato un giudizio negativo sulla canonizzazione

dei due papi, Roncalli e Wojtyla e poi di Montini. Questa era anche l’opinione del Card. Martini :

non è opportuno canonizzarei papi, di qualsiasi orientamento. Francesco ha accettato, convinto o meno convinto,

 una situazione che trovava molti consensi, che accontentava tanti ordini religiosi e che non avrebbe

dovuto frenare la riforma della Chiesa.

Ci fu un’eccezione al ritmo tradizionale, quella del vescovo Romero, santo per decisione

personale del papa. Ma era già santo nel cuore del  popolo. Francesco invece ha lasciato il

segno del suo messaggio, al di fuori del diritto canonico e delle celebrazioni in San Pietro,

 recandosi a pregare sulle tombe di don Mazzolari, di don Milani, di Tonino Bello e poi dando

via libera alla beatificazione di don Puglisi.

Riforma della Curia

La riforma della Curia fu ritenuta dai cardinali nel 2013 un passo

importante per cambiare l’aria a Roma. Fuori gioco il Card. Scola, italiano e

non omogeneo con la volontà di rinnovamento del Conclave, Francesco

costituì una Commissione di otto cardinali dai diversi continenti per stendere

un progetto di riforma. Papa Francesco forse pensava di trovare terreno facile.

Le discussioni sono continuate per anni. Un progetto di riforma fu distribuito

alle Facoltà teologiche ma non reso pubblico. Probabilmente ci furono contrasti

forti, tutti colpevolmente all’insaputa del Popolo di Dio. Francesco si trovò imbrigliato in circuiti

che non voleva risolvere in modo autoritario. Aspettando la riforma

generale, ha fatto scelte concrete e positive come l’istituzione del “Dicastero per

lo sviluppo umano integrale” oppure con l’istituzione della segreteria per la

Comunicazione. Con la Lettera apostolica Mitis Judex Dominus Jesus

al vescovo è stato attribuito il ruolo di giudice nei processi di nullità matrimoniale. È una

innovazione importante di cui non conosciamo ancora l’efficacia. Forse era

meglio continuare la riforma della Curia con interventi parziali.

 Invece dopo nove anni distandby nel marzo dell’anno scorso è intervenuto

papa Francesco a sorpresa licenziando d’autorità la Costituzione Praedicate Evangelium con il solo testo italiano!

 Abbiamo scritto una riflessione documentata su come potrebbe organizzarsi il

centro della Chiesa secondo principi di sinodalità e di comunione. Abbiamo constatato che

con questa riforma invece si riorganizza e si consolida molto la struttura esistente. La

collegialità e una vera sinodalità non ci sono.  Alcuni buoni principi che vi sono

affermati all’inizio sono a grande rischio di essere disattesi. La distribuzione delle

competenze o le fusioni o separazioni tra i vari dicasteri e le nuove denominazioni sono

solo, ci sembra, una riorganizzazione efficientista di un apparato, non una riforma. L’anima

ispiratrice, che pure è di papa Francesco, non la si vede o, meglio, è indicata a

parole, vedremo cosa potrà cambiare.

E la presenza femminile nella Chiesa?

Quello che per ora non cambia è l’assenza

 effettivo della donna nella gestione del vertice della Chiesa. Qualche

nomina in posizione di collaborazione, l’accolitato, il lettorato significano ben

poco. Si tratta di poco più di una immagine a fronte di quanta invece è nella

Chiesa la presenza femminile nelle parrocchie, nella catechesi, nelle opere

sociali. In questo il pontificato di Francesco presenta ben pochi meriti. Neanche

il diaconato, che sembrava la cosa più facile, è stato accettato! Uno degli aspetti deboli del

pontificato, forse il maggiore, consiste  in questa passività nel collocare presenze femminili ad

ogni livello e non come eccezioni della normalità nella vita della Chiesa.

I ministeri attribuiti alla  donna restano ancora congelati. I passi di Francesco

 sono sostanzialmente  intrisi di tradizione ecclesiastica.

L’amministrazione dei beni

Tutti sanno che la gestione del grande patrimonio della Chiesa sia una delle questioni

assillanti e difficili in Vaticano. Quanti sono gli interventi fatti per mettere

ordine, per fare nomine, per intervenire in pasticci aventi anche carattere

penale!! Con la segreteria per l’Economia Francesco è intervenuto

per impedire che ci fossero aree fuori controllo, a partire dallo IOR dove è

avvenuto di tutto in passato. Ha cercato di centralizzare le sedi di

amministrazione e di spesa e le funzioni di controllo. Si può pretendere da un uomo di Chiesa che si è

sempre occupato di pastorale di saperci fare in centri di potere consolidatesi

nel tempo con intrecci con la finanza e con le tante congregazione ed associazioni e fondazioni

che fanno capo a Roma, alcune delle quali preoccupate soprattutto di business?

E tutte dotate di risorse anche considerevoli e lontane da una riflessione

evangelica su come usare dei beni.

La Messa in latino

Nell’area della destra fondamentalista la Messa in latino, seppur non

difendibile dal punto di vista teologico e pastorale, è assurta a simbolo e a

 strumento per aggregare fedeli pronti ad ogni denuncia e ad ogni riconoscimento

 a sé stessi di godere della unica e vera  ortodossia nella Chiesa. Francesco finalmente,

dopo anni di prudenza ed anche perché  accortosi dello scarso  seguito dei fedeli

 a questa liturgia (e a quello che la circonda) ha firmato la

Traditionis custodes in cui praticamente rimette alla decisione del vescovo

l’autorizzazione alla celebrazione. Una decisione necessaria arrivata troppo in

ritardo (nel 2021) e che, comunque, cancella la Summorum Pontificum con cui

papa Ratzinger aveva dato il via libera al rito tridentino.

Le Chiese cristiane

In modo coerente col discorso sulla Chiesa in uscita si è posto il rapporto

con le altre Chiese cristiane e con l’Islam. Alla Messa di avvio del pontificato fu

presente per la prima volta nella storia il patriarca di Costantinopoli

Bartolomeo, a Cuba nel 2016 Francesco incontrò Kirill, patriarca della

Chiesa ortodossa russa. Il 31 ottobre del 2016 papa Francesco, andando a Lund

in Svezia per una preghiera ecumenica con i luterani (per i 500 anni dall’inizio

della Riforma protestante) ha firmato una “Dichiarazione congiunta in

occasione della commemorazione cattolico- luterana della Riforma.” Il

movimento ecumenico ha ripreso a marciare con convinzione dopo anni di

stallo. In quanto all’Ortodossia, le gravi difficoltà sopraggiunte a causa in particolare

del contrasto tra Costantinopoli e Mosca, sono vissute da Francesco con

sofferenza. Ma cosa può fare il papa di Roma, per sanare quel dissidio?

Islam

Altra storia è stata quella con l’islam in un momento storico in cui delle

frange di esso hanno assunto grande importanza per la violenza diffusa di cui

fanno uso . La più importante voce di dialogo e di riconciliazione è quella

contenuta nella solenne “Dichiarazione congiunta” di papa Francesco e del

grande Imam sunnita Ahmed El-Tayeb dell’Università di al-Azhar, del febbraio

del 2019 ad Abu Dhabi. Questo rapporto riesce in parte a impedire la

demonizzazione reciproca tra cristiani e fedeli nel Corano. È una delle partite

aperte. Il rispetto della libertà religiosa ovunque è una delle conquiste possibili.

In certe aree islamiche (Pakistan, per esempio, e nell’Africa sub sahariana)

l’integralismo è fenomeno che colpisce i cristiani. È opinione diffusa che papa

Francesco abbia fatto molto per assorbire le tensioni, cercando di cancellare ogni

precomprensione presente nei credenti  che sia ostile  a credere nell’unico Dio

 comune alle due religioni.

Che Francesco porti avanti l’ispirazione fondamentale del suo messaggio

Lo scorrere della vita della Chiesa in questi dieci anni non ha avuto grandi

strappi come in un recente passato. In una situazione del mondo in reali

difficoltà il messaggio centrale, quello evangelico, di papa Francesco, il

messaggio della misericordia, della pace, della fraternità, della giustizia da molti

è stato considerato credibile ed ascoltato. È stato un contributo per tutta

l’umanità al quale noi vogliamo contribuire come piccola porzione della Chiesa

di base.


Pubblicato

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *