Sempre niente di niente dai nostri vescovi sulla pedofilia del clero. Solo belle parole. Fino a quando questa difesa dell’istituzione?
Avevamo chiesto cose precise, ragionevoli e di buon senso per la tanto attesa assemblea straordinaria dei vescovi conclusasi oggi, il cui punto veramente più importante all’ordine del giorno era quello della pedofilia del clero, essendo le questioni relative al Messale Romano e alla traduzione del Padre Nostro già praticamente decise. Si trattava di prendere atto della gravità della situazione anche in Italia, di esprimere un pentimento collettivo per la prassi diffusa di proteggere il prete pedofilo, di organizzare atti penitenziali importanti, di istituire una struttura di indagine per il passato e di monitoraggio per l’oggi (come fatto da altri episcopati), di modificare le Linee Guida del 2012 (corrette nel 2014) che i vescovi si erano date, prevedendo l’obbligo di denuncia alla magistratura del prete pedofilo, l’istituzione di un’autorità indipendente in ogni diocesi che accogliesse e ascoltasse le vittime che poi avrebbero dovuto essere supportate in ogni modo.
Il documento conclusivo, diffuso oggi, parla genericamente di “priorità ai ragazzi feriti e alle loro famiglie”. Poi più niente. Nessun intervento di quelli ipotizzabili come urgenti e necessari è stato deciso. Ci sono un po’di buone intenzioni che appaiono solo belle parole alla luce della gravità del problema e della situazione. Il Card. Bassetti aveva detto che sarebbero state modificate le Linee Guida, che fanno acqua da tutte le parti. Invece tutto è stato rinviato alla prossima primavera. La Commissione ad hoc (di cui si sa ben poco), presieduta dal vescovo di Ravenna Mons. Lorenzo Ghizzoni, non ha concluso niente di significativo, a quanto sembra. Ma più si prende tempo, più la situazione peggiora e la credibilità su questa questione dell’episcopato diminuisce. C’è ancora chi pensa che la questione nel nostro paese sia sopravalutata o che sia la conseguenza di un attacco dei “laicisti”? Oppure non c’è accordo se e come rovesciare veramente le prassi che hanno protetto il sistema clericale per troppo tempo? Troppi vescovi si sentono coinvolti direttamente e temono di dover aprire gli archivi? L’esempio di quanto hanno cercato di fare molti altri episcopati è stato ignorato.
E’ stato istituito un “Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” con scopi di formazione, prevenzione e consulenza a disposizione dei vescovi. Si è anche deciso di trovare referenti in ogni diocesi per un percorso di formazione sul problema. Sono interventi d’apparato che potranno forse avere efficacia sui tempi lunghi ma che hanno ben poco a che fare col problema vero, quello dei fatti di ieri e di oggi, quello della confessione collettiva del peccato, quello del venire incontro con azioni concrete di ascolto e di riconoscimento dell’ingiustizia subita nei confronti di chi ha sofferto, magari in un lontano passato, per le violenze subite. E poi chi parteciperà a queste due iniziative? Le vittime saranno ascoltate? Abbiamo detto che senza una determinante partecipazione femminile si può fare del tutto a meno di interventi a livello centrale o diocesano di ogni tipo. Se non si rovescia la mentalità maschilista che trasuda da tutti i pori delle strutture della nostra Chiesa non se ne viene fuori soprattutto su problemi così delicati. E poi i tanti bravi preti, che sono in difficoltà per i comportamenti di certi loro confratelli e di molti dei loro vescovi, dovrebbero alzare la voce.
Roma, 15 novembre 2018 NOI SIAMO CHIESA
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