“Noi Siamo Chiesa” chiede formalmente che la Conferenza Episcopale apra una ampia e seria consultazione sul documento di applicazione in Italia delle norme vaticane sui preti pedofili
La inevitabile minore attenzione dell’opinione pubblica alla vicenda dei preti pedofili non può e non deve permettere che lo scorrere del tempo finisca per facilitare una “normalizzazione” in senso negativo del problema. Sarebbe un ritorno alla situazione precedente, scossa solo quando la magistratura o la stampa intervengono su casi troppo evidenti e gravi (come quello di don Franco Seppia a Genova) o da campagne faticosamente gestite controcorrente dalle organizzazioni delle vittime in USA, in Europa e anche, recentemente, in Italia.
Il nostro paese non è un’isola a sé stante rispetto alle situazioni degli altri paesi. Una documentazione, analitica e abbondante, è ormai disponibile sulla situazione italiana. Le ripetute minimizzazioni e sottovalutazioni del problema da parte della Conferenza Episcopale Italiana non trovano riscontro nella realtà. Fu lo stesso Mons. Charles J. Scicluna (intervista all’Avvenire del 13 marzo 2010), promotore di giustizia presso la Congregazione per la dottrina della Fede (CDF), ad affermare che in Italia “esisteva una certa cultura del silenzio che vedo ancora diffusa”. Questo atteggiamento della grande maggioranza dei vescovi ha avuto come conseguenza una mancanza assoluta di autocritica, affidandosi essi solo “al rigore e alla trasparenza nell’applicazione delle norme processuali e penali canoniche come strada maestra nella ricerca della verità” (comunicato del Consiglio Episcopale Permanente del 30 marzo 2010). E’ proprio questa strada che invece deve essere radicalmente cambiata.
L’avvenuta emanazione, lo scorso 3 maggio, da parte della CDF di una “Lettera circolare per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici” dovrebbe modificare questa situazione di immobilismo. Questa circolare, che ha parecchi elementi positivi, sembra scritta appositamente per la CEI ma è, ovviamente, indirizzata a tutti i vescovi del mondo. Nell’assemblea generale dei vescovi di maggio non si è parlato del testo vaticano appena emanato. Dopo la sua riunione di settembre, il Consiglio Episcopale Permanente ha invece iniziato a discutere una bozza di documento per preparare le “Linee guida”, parlando, come informa il comunicato conclusivo, del percorso formativo dei seminari, dell’ascolto delle vittime e dell’accompagnamento dei sacerdoti coinvolti. Ma nulla si dice sui due punti centrali che dovrebbero esservi contenuti : l’obbligo di denuncia, in tempi rapidi e con caratteristiche ben definite, del prete pedofilo all’autorità civile (magistratura e polizia) anche se, a tutt’oggi, non vi è in Italia un obbligo giuridico in tal senso, e l’istituzione di una struttura non “clericale” che in ogni diocesi (o insieme di diocesi contigue) costituisca il primo e più importante referente per le vittime. I vescovi non possono ignorare questi due nodi della questione se vogliono impegnarsi sul serio, non possono prescindere da obblighi tassativi e da strutture specifiche e operative (tipo quella messa in opera da tempo nella diocesi di Bolzano, dove il laico Dott. Werner Palla da un anno e mezzo ha un ruolo indipendente di intervento sul problema, su incarico della diocesi ). “Noi Siamo Chiesa” ha già fatto da tempo proposte specifiche che si possono leggere nella parte finale del proprio documento del 31 marzo 2010 (leggibile in calce). Altre se ne possono aggiungere come quella, da più parti avanzata, di istituire una Commissione d’inchiesta sulla pedofilia del clero fornita di procedure certe e a composizione mista (rappresentanti delle vittime, esponenti del clero, esperti, operatori pubblici), come quella, di coinvolgere di più le responsabilità delle gerarchie interne degli ordini religiosi o come le altre, giustamente severe, contenute nel documento del primo ottobre di nove associazioni italiane e internazionali (leggibile sul sito www.ildialogo.org). La CEI dovrebbe poi occuparsi in modo specifico delle vittime, prevedendo, per esse, anche strutture di aiuto psicologico, oltre agli eventuali risarcimenti e dovrebbe pretendere un assoluto rigore da parte dei vescovi per quanto riguarda l’allontanamento dal contatto coi minori dei preti condannati o incriminati.
Questa bozza, ora segreta, è doveroso che sia sottoposta all’opinione di quanti nella Chiesa hanno titolo ad esprimersi, a partire dalle vittime e da altri (rappresentanti dell’associazionismo famigliare, psicologi, educatori, alcune associazioni di base impegnate sul problema….). Per la delicatezza del problema e per il segreto mantenuto troppo a lungo su queste questioni, non è accettabile che questo testo sia discusso ed emanato dagli stessi soggetti ecclesiastici che, per anni e con le dovute eccezioni, sono stati reticenti, hanno “coperto”, in varie forme, casi gravissimi, che, di fatto, troppo spesso si sono collocati a fianco dei colpevoli e non delle vittime e che sono stati, diciamolo apertamente, omertosi. E’ necessario un rovesciamento del sistema. I tempi sono stretti, la CEI dovrà decidere, secondo le indicazioni del Vaticano, entro il prossimo maggio. Chiediamo formalmente che il problema sia discusso apertamente, che la bozza sia conosciuta. Si studino e si decidano subito le procedure per una consultazione efficace, trasparente e non reticente.
E’ necessario, è possibile percorrere strade nuove. La conferenza Episcopale Tedesca , per esempio , prima ancora delle “Linee guida”, nel settembre 2010, ha emanato “Direttive” che ci sembrano affrontare molto seriamente il problema anche dando positiva soluzione ai due punti aperti che abbiamo indicato. Questo testo viene allegato in una ottima traduzione. Il testo tedesco potrebbe essere preso come base per quello italiano.
.Roma, 20 ottobre 2011 NOI SIAMO CHIESA
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Una proposta per l’immediato futuro
(dal documento di “Noi Siamo Chiesa” del 31 marzo 2010)
Non si può stare fermi e dire solo belle parole che vorrebbero essere rassicuranti. In assenza di altri, proviamo ad assumerci la responsabilità di fare una proposta concreta, sperando che sia presa in considerazione. Noi proponiamo che, da subito, le autorità della Chiesa cattolica italiana decidano l’istituzione di strutture indipendenti per occuparsi dei casi di pedofilia che riguardano il clero, i religiosi e tutti i soggetti interni alle strutture che, in vario modo, fanno parte della nostra Chiesa. Si potrebbe istituire in ogni Conferenza episcopale regionale un “Collegio per l’ascolto e la trasparenza”, composto, per esempio, di tre membri, che abbia come proprie caratteristiche fondamentali quello di essere indipendente da ogni autorità ecclesiastica o di altro tipo, di agire con riservatezza e con criteri garantisti, di ricevere le lagnanze e/o le segnalazioni di qualsiasi tipo relativi a questioni che riguardino casi di pedofilia avvenuti in ambito ecclesiastico.
Questo Collegio dovrebbe avere il compito di analizzare le situazioni ad esso sottoposte e, se del caso, deferire i fatti alla magistratura, avvisando l’autorità ecclesiastica. Contemporaneamente il Collegio dovrebbe potersi rivolgere a servizi sociali, educativi e sanitari, ai quali sottoporre situazioni che ne possano richiedere l’intervento; e dovrà pure occuparsi del problema del risarcimento, morale e materiale, nei confronti delle vittime. Questo “luogo” dovrebbe essere fatto conoscere nelle parrocchie e in ogni altra sede frequentata da credenti, attraverso i mass media del mondo cattolico, essere facilmente accessibile (sede, web, posta elettronica, numero verde…) e dotato di strumenti minimi, anche di tipo economico, per operare. Salvo modifiche in futuro, allo stato attuale e per procedere speditamente, non vediamo altre possibilità che sia la stessa autorità ecclesiastica a scegliere chi ne possa fare parte, dopo consultazioni non formali con gli organi esistenti di partecipazione (Consigli pastorali).
Ci permettiamo di indicare dei criteri per la sua composizione: persone senza alcuna responsabilità attuale nella Chiesa e che provengano possibilmente dalla magistratura. Soprattutto, questi Collegi dovranno prevedere obbligatoriamente al proprio interno la presenza femminile. La qualità delle persone scelte sarà testimonianza della reale volontà delle autorità ecclesiastiche di fare sul serio.
Sono proposte che ci permettiamo di sottoporre alla discussione nella nostra Chiesa – in altre Chiese cattoliche locali in questi giorni si è già andati in questa direzione (5) – ci sembrano ragionevoli, facilmente attuabili e tali, soprattutto, da dare credibilità alle persone che chiedono fiducia, e che, in questo modo, possono essere garantite da strutture indipendenti.
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