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Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

I candidati alle primarie di Milano rispondono sui problemi della laicità

I candidati alle primarie per il sindaco di Milano e la laicità

 

La Consulta milanese per la laicità delle Istituzioni ha inviato una lettera aperta a Stefano Boeri, Valerio Onida, Giuliano Pisapia, Michele Sacerdoti per conoscere la visione dei candidati alle primarie per la corsa a sindaco di Milano sul tema generale della laicità delle Istituzioni  e, in particolare, per quanto concerne l’azione amministrativa degli enti locali su questo  importante fondamento della democrazia e della convivenza civile.

4 sono stati i gli argomenti sottoposti dalla Consulta ai candidati:

i luoghi di culto per i credenti di fede islamica per un reale dialogo positivo con le sedi di organizzazione dell’islam a Milano, della qual cosa dovrebbe farsi carico l’amministrazione comunale;

le volontà di fine vita. Molti comuni italiani, piccoli e grandi, hanno raccolto le dichiarazioni  dei cittadini che pure se non  legalmente vincolanti, rappresentano una chiara e rassicurante indicazione per sanitari e famigliari. Milano non può essere da meno, contribuendo così a creare un clima culturale di dibattito profondo , peraltro già presente nell’opinione pubblica, efficace  anche per   le decisioni di competenza del Parlamento;

la registrazione da parte dell’amministrazione comunale, su base volontaria, delle coppie di fatto, senza alcuna discriminazione al fine di evitare ogni tipo di penalizzazione e rendere omogenea l’offerta culturale che deve essere improntata su criteri di laicità;

un atteggiamento da parte del Comune di Milano coerente con i principi costituzionali per quanto riguarda l’esposizione dei simboli religiosi . (La Consulta milanese ha dato  il completo consenso alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 3 novembre 2009.)

I 4 candidati con chiarezza e onestà intellettuale hanno risposto con 4 intense comunicazioni.

 

 

 Risposta di Giuliano PISAPIA

Cari amici,

rispondo volentieri alla vostra lettera proprio perché fate richiamo a valori dei quali sono profondamente convinto e che hanno improntato l’insieme delle mie esperienze, azioni, idee come avvocato, come parlamentare ma, soprattutto, come cittadino di questa Repubblica.

Non mi sono limitato, quando mi è stato richiesto, a giurare sulla Costituzione ma ho sempre cercato di fare sì che i suoi principi fossero guida, valore fondativo, ancoraggio sicuro per orientarsi nel mondo che cambia.

In questo incessante cambiamento, i valori costituzionali e prima di ogni altro la laicità delle istituzioni e della politica ci permettono di costruire un Paese capace di accogliere e di innovarsi, di riconoscere le differenze ma costruire non indistinti aggregati ma una società, di affermare diritti e di accettare i doveri della convivenza.

Questo è possibile se non si pensa che ci sia una morale, un comportamento, una filosofia o una religione che pensino sé come superiore o, peggio, unica.

Ci sono guida i principi della Carta del 1948, il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, lo sviluppo culturale, l’incivilimento – come lo avrebbe chiamato il nostro grande, laico, democratico concittadino Carlo Cattaneo.

Venerdì sono stato ospite della Casa della Cultura Islamica, in via Padova, e ho visto con i miei occhi cosa significhi praticare il proprio culto in un luogo adattato con fatica e difficoltà. Un luogo – peraltro – vivo, pieno di iniziative, in cui dalla fondazione nel 1993 il sermone è in arabo e in italiano, da cui partono decine di iniziative che, tra l’altro, hanno portato a lavorare con tante associazioni italiane per un progetto di rilancio della lunga via che ospita davvero gran parte del mondo. E ho trovato lì le ragioni materiali della proposta che ho fatto – sulla base della mia sensibilità e delle mie convinzioni profonde – a proposito della rapida soluzione della disponibilità a Milano di luoghi adatti alla celebrazione del culto islamico. A Milano tutti devono poter pregare in condizioni dignitose e in sedi adeguate, non nei garages o nelle palestre.

Non ho dubbi sulla normativa di fine-vita, sul testamento biologico e le altre forme di espressione della libertà delle persone. Non si tratta di stabilire obblighi ma di riconoscere un diritto, come ha detto qualche anno fa – e mi colpì moltissimo il contrasto con la situazione del nostro Paese – la Conferenza Episcopale della Spagna.

Non sono certo che il comune, come istituzione, debba pronunciarsi in materia e non sono convinto che debba organizzare un diritto individuale, perché l’azione pubblica trova un limite – così penso – dinanzi a scelte così fondamentali e così intimamente legate ad un universo di senso e di sentimenti in cui entrare è di per sé un danno. Se ci pensiamo bene, è proprio la stessa ragione per cui va contrastato il fondamentalismo “tridentino” dei difficili anni che abbiamo passato e che vorremmo non tornassero.

E’ certo, invece, che il sindaco, uomo come chiunque altro, può e deve – credo – esprimere il suo punto di vista e se la sua autorevolezza può spingere verso un approccio laico questo è quanto serve, con la misura necessaria ed inevitabile, doverosa, in questi campi delicatissimi. Laico è contrapposto a ideologico, non a cattolico.

Ho detto dai primi di luglio, quando ho reso pubblica la mia decisone di candidarmi alle primarie del centrosinistra, quando molti dicevano che era troppo presto (quando è troppo presto per dire ciò che si pensa e per preparare ciò che si deve fare per cambiare una città mal governata da quasi vent’anni?) che due sarebbero stati i primi atti da sindaco: la revoca delle ordinanze coprifuoco e la istituzione del registro delle coppie di fatto. Tutte le coppie di fatto, frutto delle scelte di vita e di convivenza dovute alle ragioni più diverse ma comunemente fondate su caratteri di solidarietà, di affetto, di amore: chi può giudicare il “grado” di questi rapporti, chi può dichiararne l’esistenza solo in base a requisiti formali o a tradizioni, per quanto annose possano essere?

E, naturale corollario, su questa base riconoscere diritti alle persone che nascono proprio dalla condivisione di affetto e destino.

L’ultima vostra proposta presenta un problema di non facile soluzione: non siamo in Francia. Come tanti della mia generazione sono stato affascinato da Robespierre e da Napoleone, dal codice amministrativo e da quello civile, dalla laicità intransigente dello Stato e dalla potenza e dalla efficacia della sua amministrazione pubblica. Posso lavorare per raggiungere quei livelli ma sono anche consapevole che per ora ne siamo abbastanza lontani. Peraltro, dobbiamo essere consapevoli che quel modello mostra qualche punto di fatica e di usura.

Mi pongo un obiettivo (forse, non sono poi così certo) più modesto: mi voglio ispirare alla “triade repubblicana”, in cui libertà e uguaglianza possono essere raggiunte tenendo presente il metodo della fratellanza.

Credo che faremo molte cose insieme.

Con i saluti più cordiali

Giuliano Pisapia

Milano 5 novembre 2010

 Risposta di Valerio ONIDA 

Con riferimento alla vostra richiesta indirizzata ai candidati alle primarie del centrosinistra a Milano, vorrei anzitutto dirvi che le mie idee e le mie posizioni sul tema della laicità delle istituzioni risultano da vari scritti pubblici, fra i quali mi permetto di ricordarvi il saggio “Le premesse storiche della laicità all’italiana”, comparso nella rivista “Filosofia e Teologia”, n. 2 del 2007, pagg. 266-272.

Quanto ai punti specifici che interessano l’amministrazione del Comune di Milano:

1.      La realizzazione e l’utilizzo dei luoghi di culto, e quindi delle moschee per gli islamici, non riguardano compiti diretti degli enti pubblici (onde è del tutto improprio che esponenti delle istituzioni si esprimano sulla necessità o meno, sulla possibilità o meno di realizzare, o sulle caratteristiche che dovrebbero o non dovrebbero avere le moschee), ma le comunità religiose interessate. Nell’esercizio della libertà di culto garantita a tutte le confessioni dalla Costituzione anche le comunità islamiche hanno diritto di realizzare e usare, ovviamente in conformità alle leggi e alle norme urbanistiche, i loro luoghi di culto. Se si adotta una legislazione che prevede contributi pubblici per la realizzazione di edifici di culto, ad essa debbono potere accedere in condizioni di eguaglianza tutte le confessioni, indipendentemente dal fatto che esse
abbiano o meno un’intesa con lo Stato, come è stato chiarito ripetutamente dalla Corte costituzionale (sentenze n. 195 del 1993; n. 346 del 2002: di quest’ultima pronuncia sono stato relatore e redattore io stesso). Il Comune deve garantire i diritti di tutti.

2.      La questione del testamento biologico è questione di pertinenza della legislazione nazionale, di cui è auspicabile l’intervento; non sarebbe opportuna, penso, una regolamentazione differenziata per Regioni o addirittura per Comuni di un aspetto così delicato che tocca diritti fondamentali della persona.

3.      La tutela delle coppie di fatto di ogni tipo rientra nell’ambito della tutela costituzionalmente dovuta alle formazioni sociali di cui è parola nell’art. 2 della Costituzione, come ha ricordato da ultimo anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 138 del 2010 (“Per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.”). Le forme e i modi della tutela vanno definiti con riferimento ai singoli temi.

4.      Anche l’eventuale esposizione di simboli religiosi in luoghi di pertinenza del Comune deve seguire le regole della laicità, intesa come divieto di identificazione delle istituzioni politiche con una confessione religiosa

            Cordialmente  Valerio Onida

Milano, 12 novembre 2010

 Risposta di Stefano BOERI 

Cari membri della Consulta, gentilissima Coordinatrice,

ho ricevuto la vostra bella lettera alla quale rispondo con grande piacere, perché mi permette di chiarire un punto di vista fondamentale della politica, che sembra messo quotidianamente in discussione: il rispetto del principio di laicità dello Stato.

Conosco la vostra associazione e ho apprezzato le vostre iniziative, a cominciare dalla prima bella e partecipata presentazione nella sala Alessi del Comune, l’anno scorso.

Un’associazione come la vostra svolge un importantissimo ruolo nella società milanese, dove la politica della maggioranza ha perso la bussola e, anche rispetto a vicende amministrative, tenta di orientare scelte e indirizzi dei cittadini sulla base dei propri valori, che vorrebbe imporre. Penso ad alcuni provvedimenti della Regione, seguiti a livello comunale, che hanno tentato di modificare la legge sull’aborto, immaginando in questo modo di difendere il valore “della vita”.

Io ritengo che sia profondamente sbagliata la concezione che contrappone laicità a religione: il principio di laicità, fondato sui principi costituzionali, non esclude la religione. Esso esige una sfera di separazione e di autonomia fra la dimensione temporale e quella religiosa, ma in uno Stato laico tutti i cittadini, credenti e non credenti, devono sentirsi liberi di orientare le proprie scelte personali, senza che ci siano regole che le vogliano orientare o strumentalizzare. Non c’è nulla di più sbagliato nel credere, come ha fatto il nostro Stato per esempio in tema di fecondazione assistita, con la legge n. 40, di poter imporre una visione morale con la legge.

Ma veniamo alle vostre domande su alcuni punti cruciali, non tanto perché un sindaco possa risolverli, ma piuttosto perché una scelta, anche simbolica, di un sindaco darebbe un segnale di apertura alla politica, anche nazionale.

1.      Sulla necessità di un dialogo fra le religioni e l’urgenza che anche l’amministrazione comunale si faccia carico di un rapporto attivo con tutte le fedi religiose, comprese quelle islamiche, mi sono espresso fin dalle prime battute della mia campagna elettorale. Ribadisco l’importanza di trovare uno spazio per il culto di tutti i fedeli. Gli spazi per la preghiera sono un problema per i musulmani a Milano, che sono circa 100.000. A settembre ho proposto un centro della cultura islamica che comprenda, oltre a un luogo di preghiera, anche spazi di incontro e aggregazione. La dimensione della sacralità è fondamentale in una città moderna e aperta come deve tornare a essere Milano: non si può soffocare la sacralità, che deve essere ospitata in luoghi adeguati, pubblici, trasparenti e vissuti dalla gente in modo aperto. L’idea di un centro della cultura islamica, peraltro, ha precedenti straordinari in Europa, come l’Institut du monde arabe di Parigi o l’Islamic Center di Londra. È questo che dobbiamo costruire: spazi dedicati alla preghiera e spazi di conoscenza, luoghi frequentati da tutti i cittadini, non soltanto da quelli di fede islamica. Lo dobbiamo anche agli uomini d’affari che vengono a Milano per lavoro, e che si lamentano perché non trovano luoghi dignitosi di preghiera. Il rispetto delle diverse fedi è parte di un processo di integrazione senza il quale non è possibile dare una risposta in termini concreti anche a gravi problemi dei cittadini, come quello della sicurezza e dell’integralismo.

2.      Anch’io, come cittadino, soffro all’idea che in Italia si voglia approvare una legge che non ci permetterà di scegliere come morire. Mio padre Renato Boeri è stato un promotore del testamento biologico. È diritto di ciascuno prevedere i momenti finali della propria vita, è importante che ci sia un diritto al governo del proprio futuro. Milano deve essere in grado di accogliere questi diritti e farli abitare. Il Comune potrebbe certamente promuovere la raccolta delle dichiarazioni di fine-vita dei propri cittadini, come già la comunità valdese sta facendo in modo egregio. Questo, naturalmente, non significa imporre a chi desidera che “la propria spina” non sia mai staccata, né quella del proprio caro, una fine diversa “per legge”.

3.      Sul registro delle coppie di fatto, ritengo che il Comune possa e debba dare un segnale, che però, allo stato attuale, non può che rimanere simbolico. Le coppie di fatto eterosessuali godono di alcuni riconoscimenti dal punto di vista giuridico, ottenuti per via giudiziaria (come la successione nel contratto di locazione). Per le coppie omosessuali, che sono le più discriminate dall’assenza della legge, non avendo la possibilità di sposarsi, la Corte costituzionale, di recente, nella sent. n. 138 del 2010, ne ha riconosciuto il valore fondamentale per la collettività, ma ha affermato che è il legislatore a dover intervenire con una disciplina generale.

4.      L’ultimo punto è il più emblematico: l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, condannata dalla Corte Europea come contraria al principio di laicità dello Stato e contestata dal Governo. La mia opinione personale è che affermare che il crocifisso in Italia è solo un simbolo culturale offende non solo il non credente o il credente di un’altra religione, ma soprattutto il cattolico, che vede degradato il suo simbolo religioso a qualcos’altro. Come Sindaco promuoverò l’idea che i luoghi pubblici, perché pubblici, non debbano comportare la presenza di simboli religiosi, proprio nel rispetto profondo dell’autonomia e del valore di quel simbolo per chi ci crede.

Vi ringrazio ancora di questa occasione e spero di avere presto occasione di incontrarvi di persona.

Stefano Boeri

Milano, novembre 2010

   Risposta di Michele SACERDOTI

Gentile Signora De Gaetano,

ho ricevuto ieri sera da Margherita Franchetti la sua lettera ai candidati alle primarie.

La sottoscrivo pienamente e le comunico di aver aggiornato il mio programma elettorale sul sito www.sacerdotiamamilano.it/progrsac2010.pdf con un capitolo specifico sulla laicità dell’amministrazione comunale.

Il tema della moschea e del registro delle unioni di fatto erano già presenti nel programma.

La prego di inviarmi una versione digitale della lettera perché la possa caricare sul mio sito.

Appena ricevuta le segnalo che la mia adesione sarà oggetto di un mio specifico comunicato stampa.

Cordialmente

Michele Sacerdoti

    

 


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