I cattolici davanti ai 150 anni dell’Unità d’Italia
Il 16 aprile a Milano si è tenuto un incontro su “I cattolici davanti ai 150 anni dell’Unità d’Italia- Una lettura storica che superi la contestazione del Risorgimento e il trionfalismo identitario”. Promotore dell’incontro il circuito milanese di gruppi cattolici che, da nove anni, organizzano momenti di riflessione sui problemi pastorali ed ecclesiali al di fuori di ogni rapporto diretto con le strutture della diocesi. Esso è composto da : il Graal, Gruppo Promozione Donna, Gruppo pace di S.Angelo, “Noi Siamo Chiesa”, preti operai della Lombardia, Centro Helder Camara, il Guado-credenti omosessuali. Ha partecipato un centinaio di persone alla ricerca di un ragionamento non celebrativo tra tante cerimonie e documenti di queste settimane.
Il senso dell’incontro è stato spiegato, introducendo i lavori, da Vittorio Bellavite, di “Noi Siamo Chiesa”. Egli ha sostenuto che la posizione delle gerarchie nei confronti dei 150 anni della storia d’Italia è stato quello di ignorare o ben poco considerare i forti conflitti tra la Chiesa e i cattolici che sono durati decenni.
Per il Papa e i vescovi, il principale ruolo nella costruzione dell’Italia l’hanno avuta la religione cattolica, la lingua e i grandi personaggi della cultura e dell’arte dal 1300 in poi. I cattolici liberali dell’ottocento (oggi si possono definire cattolici democratici) furono sempre osteggiati, ora invece ci si ricorda di loro. Bellavite ha analiticamente documentato queste osservazioni fortemente critiche a partire dal convegno dello scorso dicembre del “Progetto culturale” gestito dal Cardinale Ruini e dal messaggio che Benedetto XVI ha inviato il 17 marzo al Presidente Napolitano. Scopo dell’incontro-ha concluso Bellavite- è quello di conoscere la storia e non fare solo propaganda.
Daniela Saresella, docente di storia contemporanea a Milano, ha raccontato la vera Italia ai tempi dell’unificazione nei suoi dati economici e sociali e la posizione delle gerarchie, ancora ancorate a una realtà quasi medievale : il potere viene da Dio, lo scontro è coi principi della Rivoluzione francese e poi col socialismo, la Chiesa viene usurpata di quanto è suo, lo Stato pontificio. Il non expedit serve a rifiutare la stato risorgimentale. A fine secolo nasce il cattolicesimo democratico con Romolo Murri. Pio X penserà poi a soffocare tutti questi fermenti, combattendo il modernismo e i primi approcci con le istituzioni avvennero col patto Gentiloni del 1913 stipulato con i conservatori, in funzione antisocialista.
Alfonso Botti, docente a Modena, ha condiviso in partenza le reticenze delle celebrazioni ufficiali e ha descritto l’avvicinamento del fascismo alla Chiesa fino ai Patti Lateranensi del ’29. Pio XI puntava ad usare il fascismo per una diretta e forte presenza cattolica. Ciò fa capire i contrasti sull’azione cattolica, superati i quali si ebbe con la guerra in Etiopia il massimo del consenso al regime (si pensava di andare ad evangelizzare un paese che però era in gran parte già cristiano, nella confessione copta). Pio XI si smarcò dal fascismo alla fine ma con testi che non videro la luce e che non furono raccolti dal suo successore.
Giorgio Vecchio, pure docente di storia contemporanea e ora presidente del comitato scientifico della Fondazione Mazzolari, ha ricordato che il conflitto di Pio XI col fascismo fu soprattutto sull’Azione cattolica mentre scarsa fu la preoccupazione per gli ebrei al tempo delle leggi razziali. Allo scoppio della guerra ci fu un patriottismo freddo ma nessuna contestazione diretta, mentre iniziavano a manifestarsi le reazioni di esponenti del clero. Mazzolari formalizza in quel periodo la sua posizione contro la guerra e per l’obiezione di coscienza, che sarà poi raccolta nel suo “Non uccidere”. I cattolici arrivano così impreparati al 25 luglio. Da allora inizia una presenza diversa, inizialmente con gesti di “carità” di aiuto ai prigionieri, agli ebrei. I 650.000 prigionieri deportati in Germania non collaborano e Lazzati indica “il valore di un NO”. Vecchio fa poi una disamina puntuale della presenza dei cattolici nella Resistenza che fu molto diffusa (donne, suore ecc…) e non solo combattente.Tanti furono i preti arrestati (168 solo in Lombardia), i partigiani cattolici non furono solo quelli presenti nelle cosidette formazioni “azzurre” o “verdi”. In Valdossola la Resistenza fu direttamente appoggiata dal clero. Furono aiutati soprattutto i preti in carcere, meno quelli combattenti. La situazione fu comunque diversa da diocesi a diocesi, molti vescovi puntarono all’equidistanza, temevano i comunisti. Nel dopoguerra i vescovi erano per lo più monarchici e alla Costituente le gerarchie si preoccuparono di confermare i Patti Lateranensi e, in genere, gli interessi cattolici. Vecchio conclude ricordando la figura di De Gasperi, cristiano adulto.
Infine Guido Formigoni, docente allo IULM, ha tratteggiato la fase successiva. La Democrazia Cristiana è riuscita a resistere e a difendere l’essenziale della Costituzione nel dopoguerra. Il guelfismo fu lentamente marginalizzato anche grazie alla mediazione del partito cattolico. La Chiesa era nel complesso ostile al centrosinistra, ma Moro riuscì in qualche modo a portarlo avanti. In quel periodo di grandi “universalismi”, prima della caduta del muro di Berlino, fu valorizzata la scelta europea ma la Costituzione fu poco considerata e soprattutto l’etica pubblica fu scarsamente coltivata nel mondo cattolico. Nel centenario dell’Unità Papa Giovanni parlò di “riconoscenza alla Provvidenza del Signore” per la situazione definitiva, posizione che veniva ribadita da Mons. Montini l’anno dopo. Il Concilio pose problemi nuovi alla cattolicità italiana: il principale di questi fu la presa d’atto della secolarizzazione crescente in cui non era più sufficiente l’appello alla difesa delle pratiche tradizionali e alla lotta ideologico-politica contro le ideologie avverse; di qui la riflessione fatta al Convegno “Evangelizzazione e promozione umana” nel 1976 e la successiva “scelta religiosa” per la Chiesa italiana (nata nella sede dell’Azione Cattolica). I due referendum del ’74 e del ’81 (divorzio e aborto) confermarono quanto fosse cambiata la situazione e confortarono quei cattolici, come Moro, che dissero che bisognava prendere atto che si dovevano cercare altri metodi per stare nella società. Come indirizzo principale quello della scelta religiosa fu contraddetto dall’Assemblea di Loreto di tutta la Chiesa italiana in cui il Papa indicò la necessità di un nuovo intervento diretto, di cui fu protagonista la gestione della Cei affidata al Card. Ruini per un ventennio. Siamo all’oggi, i problemi sono tutti sul tappeto e li hanno messi in luce il vivace dibattito seguito alle relazioni.
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