COMUNICATO STAMPA
Sulla base di questi testi :
–la volontà del paziente, privo in modo permanente di coscienza, qualora essa sia stata preventivamente e adeguatamente espressa, non può essere contraddetta dalla volontà del medico (come prevede invece il ddl Calabrò).
–la nutrizione e l’alimentazione di persona in stato vegetativo permanente possono essere considerate procedure mediche “sproporzionate rispetto ai risultati” (art. 2278 del Catechismo) e, quindi, la loro interruzione legittima.
La gran parte degli operatori sanitari condivide queste posizioni. Nel mondo cattolico italiano iniziano a manifestarsi posizioni diverse rispetto a quelle ufficiali. I vescovi tedeschi hanno da tempo adottato una linea diversa da quella dei vescovi italiani e coerente con la dottrina tradizionale.
“Noi Siamo Chiesa” nel documento allegato motiva quanto sopra.
“Noi Siamo Chiesa” dissente dalla “campagna” della CEI che è ora ripresa in vista del dibattito alla Camera di settimana prossima sul testo Calabrò, che è diventato, di fatto, un disegno di legge Calabrò/Governo/Conferenza Episcopale Italiana. I vescovi lo appoggiano a causa della loro ossessione per una ipotetica “deriva eutanasica”, che non ha fondamenti nella realtà.
“Noi Siamo Chiesa” invita tutti i cattolici a intervenire contro l’aspro bipolarismo etico in corso, che è dannoso alla
La “campagna” ideologica, e dallo sfondo tutto politico, della Conferenza Episcopale, per ottenere questa legge, concentra energie e mobilitazioni che potrebbero essere molto più evangelicamente impegnate sia in trattamenti sanitari per prevenire e lenire le sofferenze dei malati, sia in interventi di ogni tipo a favore di chi, per le più diverse cause materiali o spirituali, soffre durante il corso della vita, sia nel nostro paese che nel mondo.
Riflessioni di “Noi Siamo Chiesa” sul fine vita e sul testamento biologico
(seconda edizione)
Sta riprendendo (inizio marzo 2011) la discussione in Parlamento sul testamento biologico (o Disposizioni Anticipate di Trattamento –DAT-, espressione usata da chi non vuole attribuire alla volontà dichiarata per il proprio fine vita un carattere vincolante). E’ una grande questione perché tocca le cosiddette “questioni al limite” che sono state riproposte negli ultimi anni perché la scienza medica ci permette di vedere meglio “processi per cui una cosa o persona finisce e comincia qualcosa d’altro” e di poter usufruire di “strumenti capaci di spostarli, maneggiarli, utilizzarli per gli scopi che ci sono utili o necessari” (1). Il nostro paese è arrivato in ritardo a questa discussione. Essa si è poi svolta sulla base di ideologismi, di emozioni e contrapposizioni che, in gran parte, hanno avuto origine in altre vicende o “campagne”, tutte con al centro problemi di bioetica nel loro rapporto con
Ciò premesso, per l’importanza che il problema ha in sé, e anche per quella che ha assunto in questi mesi nel nostro paese, cerchiamo di fare alcune riflessioni con particolare attenzione alle posizioni assunte dalla Conferenza Episcopale Italiana. E’ a partire dalla nostra convinta presenza nella Chiesa cattolica che ci permettiamo di esprimere posizioni critiche sulle scelte e sulle argomentazioni che, in questi mesi e su questo problema, sono state espresse dai vertici ecclesiastici del nostro paese. Ci sembra che una assenza di ascolto, all’interno e all’esterno della
Per confutare la confusione concettuale e terminologica diffusasi in questi mesi nelle campagne mediatiche che ci sono state, ci sembra che il rifarsi al paragrafo “Eutanasia” del Catechismo della Chiesa cattolica (CCC, del 1992) sia la cosa più efficace, oltre che la più “ortodossa”. Il numero 2276 scrive del rispetto particolare dovuto alle persone in condizione di minorità; il numero 2277 condanna esplicitamente l’eutanasia diretta che “consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate e prossime alla morte”; il numero 2278 (2) dovrebbe, da sé solo, inquadrare bene il problema di cui ci stiamo occupando, offrendo orientamenti chiari. Ci pare che sia efficace la definizione che vi si dà di accanimento terapeutico: esso esiste qualora comporti “procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi”.
In presenza di una tale situazione si possono interrompere le cure sulla base della decisione del paziente e, qualora egli sia incapace, di coloro che ne hanno legalmente il diritto. Il gesuita Padre Mario Beltrami ha fatto una disamina rigorosa di questo numero (3), sostenendo in particolare che esso trova il “suo fondamento non in motivazioni di fede religiosa, qualunque essa sia, ma in argomenti puramente razionali”. Nell’esame della sproporzione tra le procedure mediche e i risultati attesi, indicata dal numero citato, il Beltrami implicitamente risolve il caso Englaro in modo opposto alla posizione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana (
Prima
Come reazione pacata alla “campagna” dei vertici della CEI è utile ricordare il documento dei proff. Stefano Semplici, Carmelo Vigna e Gianpaolo Azzoni del Centro di Etica Generale e Applicata (CEGA). Essi mettono in guardia dalla “forzata e rischiosa trasposizione del bipolarismo del sistema politico in corrispondente bipolarismo bioetico a sua volta interpretato nei termini della logora contrapposizione tra laici e cattolici”. Essi sostengono che “non esiste “il” problema del fine vita ma un fascio di questioni diversificate e complesse” e che bisogna ricercare “l’equilibrio tra due principi irrinunciabili dal punto di vista costituzionale: la tutela della vita come “interesse della collettività”….e ”la libertà con la quale ogni individuo decide il senso, l’orientamento della sua esistenza”. Il testo conclude sostenendo che “occorre evitare che una sovraesposizione di casi-limite e questioni di forte impatto “simbolico” funzionino da strategia elusiva delle responsabilità e delle urgenze più pressanti in tema di difesa della vita. Il diritto alla vita non è lo stesso nei paesi ricchi e nei paesi poveri. Ma anche nei primi rimangono o si accentuano le differenze” e ancora “bisogna considerare la “necessità di garantire l’equa distribuzione delle risorse indispensabili ad una efficace e “giusta” tutela del diritto alla vita in tutte le fasi e in tutte le condizioni dell’esistenza umana.”
Nei confronti della “svolta” operata dai vertici, non sono mancate parole chiare e forti provenienti dalla base “cattolica”, anche se esse sono poco conosciute. Ricordiamo il documento dell’8 ottobre ’08 (9) che ha raccolto, soprattutto online, quasi duemila firme e quello del 23 marzo del 2009 (9) che è stato sottoscritto da 41 preti (10) e che ha provocato la nervosa reazione della Congregazione per il Clero, che ha chiesto ai vescovi competenti di intervenire presso i firmatari per accertare la loro “ortodossia”.
Risulta poco comprensibile negli interventi di parte ecclesiastica e nel ddl votato dal Senato nel marzo 2009 l’accanita volontà di intervenire sul fine vita da una parte con tecnologie sempre più sofisticate e invasive, dall’altra con interventi autoritari di tipo legislativo. Questi interventi puntano a impedire, in casi estremi, la dignità del morire e soprattutto una vera libertà dell’ammalato nel poter veramente disporre di sé stesso, in particolare nel caso di perdita della conoscenza, attribuendo al personale medico un potere di decisione eccessivo (e non gradito). Ciò ci sembra tanto più inaccettabile quando questa difesa della sopravvivenza ad ogni costo e con ogni mezzo, e lo scarso rispetto di chi vi è coinvolto, viene da quanti dovrebbero avere sulla fine della vita la convinzione che si tratta di un passaggio a una condizione migliore, come conseguenza di un disegno provvidenziale. A questo proposito sono esplicite le parole di Paolo VI indirizzate nel 1970 ai medici cattolici (11). A volte nei sostenitori delle posizioni prolife ad ogni costo sembra quasi di trovarsi di fronte a ragionamenti che riflettono una cultura materialista, quasi ostile al compimento del cammino della creatura umana, attaccati alla prosecuzione a tutti i costi della vita terrena come se, oltre, non ci fosse nulla (12). Ancora Padre Beltrami sostiene che “il problema di fondo sta, in definitiva, nell’educazione sia della classe sanitaria sia dei singoli individui ad accogliere la morte come parte integrante della vita” (13).
Le autorità ecclesiastiche, in Italia oggi, sembrano invece lontane da una riflessione più generale, anche religiosamente ispirata, e sembrano invece ossessionate dalle cosiddette “derive di tipo eutanasico”; esse sarebbero la conseguenza dell’orientamento ormai prevalente nelle sentenze della magistratura e dell’eventuale approvazione di una legge tipo quella proposta dal sen. Ignazio Marino, che noi troviamo invece equilibrata e completa (14). E’ la paura di una società europea secolarizzata che si estenderebbe al nostro paese
I nostri dubbi su questa posizione rigida (16) diventano una forte preoccupazione se estendiamo la riflessione al più generale ruolo evangelizzatrice della
Un’altra questione di lunga data che poniamo alla nostra
In conclusione, siamo convinti che la “campagna” avviata sul caso
Entrando in modo più specifico nella questione più controversa del ddl Calabrò (22), ci sembra che “contra factum non valet argumentum”. Ci meraviglia come si possa sostenere che l’idratazione e l’alimentazione di pazienti in stato vegetativo permanente non debba essere considerato un trattamento sanitario e quindi debba sfuggire alle indicazioni contenute nelle DAT. La descrizione fatta da un clinico tra i tanti (23) non dovrebbe lasciare dubbi, così come le posizioni ufficiali delle società scientifiche (24), il documento della FNOMeO (Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri) (25) e il sondaggio svolto recentemente tra i chirurghi (26).
Ci chiediamo perché mai debba essere necessario continuamente ricorrere a queste autorità per spiegare e convincere su questo punto come se non fosse sufficiente il semplice buonsenso dell’uomo della strada, debitamente informato, per capire che ci si trova di fronte a trattamenti solo sanitari e quindi alla fattispecie ipotizzata dal numero 2278 del CCC in materia di procedure mediche straordinarie. Non a caso i sondaggi d’opinione sul testamento biologico e sul caso Englaro indicano che l’opinione pubblica ha una posizione del tutto diversa da quella che è prevalsa nella discussione al Senato nel marzo 2009 (27). In particolare ci chiediamo il perché di questa ossessionante insistenza dei vescovi e delle associazioni da essi promosse (tipo “Scienza e Vita”) sul fatto che idratazione e alimentazione di persona in stato vegetativo permanente e definitivo sarebbero “sostegno vitale”, che non si devono sospendere e che sono tali quindi da non ricadere nella chiara nozione di accanimento terapeutico. Questa “campagna” ha assunto anche caratteri che si collocano al di fuori di ogni comportamento razionale e di ogni buon gusto. Si pensi solo alla proclamazione da parte del Governo di una “Giornata nazionale degli Stati Vegetativi” per lo scorso 9 febbraio, secondo anniversario della morte di Eluana (
Una terminologia che solitamente viene utilizzata nei documenti del magistero è quella di “morte naturale”: si dice sempre che la vita umana deve essere tutelata “dal concepimento alla morte naturale”. Ma negli ultimi decenni i progressi nel campo della medicina e della farmacologia hanno consentito di interferire pesantemente proprio nel processo della “morte naturale”. L’exitus che fino a poco tempo fa avveniva in termini temporali relativamente brevi, oggi può essere allontanato in maniera indefinita, pur senza alcun miglioramento sostanziale della vita e della sua qualità per il paziente. Ora è possibile ancora utilizzare il termine “morte naturale” a fronte di sistematici e diuturni interventi artificiali, non solo attraverso l’idratazione e l’alimentazione forzate (enterale o parenterale), ma anche attraverso consistenti dosaggi di farmaci, altrettanto necessari, che vengono somministrati per le medesime vie? Insomma vi è un limite o no? Nei salmi si dice “fino a quando Signore?”. In termini cristiani è pensabile che sia volontà del Signore, padrone della
Una legge sul fine vita è necessaria
Per anni la linea dei vescovi è stata quella di ritenere inutile una legge sul fine vita, preferendo una situazione indeterminata in cui non ci fossero diritti e doveri ben definiti e senza procedure certe a cui fossero tenuti i soggetti coinvolti (personale sanitario, famigliari e pazienti). La svolta si è avuta nel luglio del
Al di fuori delle ideologie, con le nuove possibilità terapeutiche in materia di respirazione, idratazione e alimentazione artificiali si è enormemente estesa l’area di discrezionalità (e di responsabilità non gradita), attribuita nei fatti, soprattutto nei reparti di rianimazione, al personale sanitario, spesso in condizione di solitudine (30). Si è così creata “una zona grigia” nel fine vita in cui decisioni fondamentali di vita e di morte non si capisce perché debbano essere affidate, soprattutto in caso di incidenti, a medici e/o a famigliari in modo quasi sempre improvvisato
Nell’attuale vuoto legislativo (che in Europa esiste solo nel nostro paese) e come reazione alla possibile approvazione definitiva del ddl Calabrò, da quasi due anni molti si sono posti il problema di come certificare la propria volontà a futura memoria nel caso di malattia che li privasse in modo permanente della coscienza. La raccolta autorganizzata di testamenti biologici, che vuole avere anche l’intento di influire sull’opinione pubblica, è diventata operativa per iniziativa di molte amministrazioni comunali (tra queste Torino, Firenze, Pisa, Genova, Bologna, Perugia). La Chiesa valdese per prima ha pure lanciato la raccolta dei testamenti dei propri fedeli e di quanti accettano di rivolgersi a lei a questo scopo (32). Questi testamenti non hanno una diretta efficacia giuridica ma “senza altri strumenti previsti dalla legge, ben venga il registro dei testamenti biologici: Esso annota decisioni da rappresentare ai medici in caso di bisogno. Evita complicate ricostruzioni della volontà di persone che hanno perso la capacità psichica, come nel caso di Eluana” (33). Tre ministri (Interno, Salute e Lavoro) hanno cercato di bloccare i Comuni con una apposita circolare (del 19 novembre) che risulta ridicola se si pensa che sono in gioco valori costituzionalmente garantiti. Anche nei confronti di queste iniziative spontanee si è attivata, con la consueta asprezza di toni, la campagna dei vertici ecclesiastici e dell’Avvenire.
Un altro tentativo di affrontare il vuoto legislativo è stato fatto a Firenze (ma anche altrove) dove l’autorità giudiziaria ha concesso a una persona che ne aveva fatto richiesta la nomina di un “amministratore di sostegno” per fare rispettare la sua volontà nel caso perdesse in via definitiva
Oltre a quella di ritenere “sostegno vitale” l’idratazione e l’alimentazione di paziente in coma vegetativo permanente, l’altra condizione sine qua non per accettare una legge sul fine vita posta dal Consiglio Episcopale della
Sulla autodeterminazione del paziente e sull’obbligo di rispetto della sua volontà si fonda la posizione che si è affermata nella gran parte dei paesi europei negli ultimi dieci anni (in Spagna nel 2003 e in Francia nel 2005
Interessante è la situazione nella Repubblica Federale Tedesca, paese dove, per anni, il problema è stato ampiamente dibattuto in organizzazioni di base, dal personale sanitario, in sentenze, nelle Chiese e, infine, nel Parlamento. Pare che siano circa nove milioni le Dichiarazioni di fine vita (Patientenverfugung) già formalizzate. Alla fine il Bundestag ha approvato il 18 giugno 2009 modifiche al codice civile tedesco che sono entrate in vigore il primo settembre successivo. Esse sono il frutto di un’opinione pubblica molto informata che, per il 73% secondo i sondaggi, si è convinta che la decisione del paziente deve avere valore vincolante e che idratazione e alimentazione per pazienti in stato vegetativo permanente sono da considerarsi trattamenti sanitari. La Chiesa cattolica e la Federazione delle Chiese evangeliche sono state protagoniste di questo percorso. Nel 1999 (con alcune correzioni nel 2003) esse proposero congiuntamente a tutti i loro fedeli il Christliche Patientenverfugung (37). Questo testo, tradotto e diffuso nel nostro paese nei giorni del caso Englaro, è stato fondamentale per prendere coscienza che le due condizioni della
Un antico adagio, venuto alla luce nell’ambito della
Fine vita e Costituzione
Infine nel dibattito di questi mesi, con approfondimenti difficilmente contestabili, è stato molte volte detto che il ddl Calabrò contraddice articoli ben definiti della nostra Costituzione, tanto da fare ritenere probabile una futura censura da parte della Corte Costituzionale se non verrà modificato dalla Camera. Sono gli stessi articoli (2, 13 e 22) ai quali si è appellata la citata sentenza della Cassazione sul caso Englaro. Sulla base di questi articoli, progressivamente negli anni “si è attribuito un valore prioritario al consenso informato della persona, si è operata una redistribuzione di poteri, si è individuata un’area intangibile dall’esterno, si è sottratta la vita alla prepotenza del potere politico e alla dipendenza dal potere medico….Ora invece stiamo assistendo alla restaurazione del potere medico nelle forme di una asimmetrica “alleanza terapeutica” dove il morente e i suoi famigliari non sono lasciati soli nel fiducioso dialogo col medico ma consegnati all’esecutore di una impietosa volontà legislativa che cancella la rilevanza della volontà degli interessati” (40).
Oltre all’art. 2 sui diritti inviolabili dell’uomo e all’art. 13 sulla proibizione di ogni violenza su persone sottoposte a restrizione di libertà (come quelle in condizione di stato vegetativo permanente), il testo più esplicito è quello dell’art. 32 che vieta ogni trattamento sanitario obbligatorio “se non per disposizione di legge”. L’ipotesi di questo possibile intervento legislativo di deroga fu previsto all’Assemblea Costituente, per interpretazione unanime, per i casi posti da problemi di sanità pubblica (epidemie) o dalla necessità di prevedere vaccinazioni generalizzate dei bambini, rispetto alle quali ci si trovava, a suo tempo, di fronte a resistenze psicologiche di molte famiglie fondate sull’ignoranza. E comunque (secondo comma) qualsiasi trattamento “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Questo rispetto esige che una persona in coma irreversibile, priva di qualsiasi coscienza e sensibilità, non debba essere trattata come una cosa (41). Anche le convenzioni internazionali sono esplicite in materia. Oltre alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (art.3), in particolare la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, promossa dal Consiglio d’Europa e firmata ad Oviedo nel 1997 (ratificata nel 2001 dal nostro paese dalla legge n. 145 del 28.3.2001) afferma esplicitamente all’art.9: “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione”. Altri documenti internazionali vanno nella stessa direzione.
In definitiva ci chiediamo perché i vescovi non sappiano accettare, con serenità, valutandone i contenuti “umanistici” (e quindi anche cristiani) questi articoli della nostra Costituzione distorcendone il significato, avendo paura -si direbbe- della libertà e della dignità che essi attribuiscono alla persona, ipotizzando, nel caso venga approvata una legge diversa da quella da essi auspicata, scenari di decadimento del senso della vita nella nostra società. Ma questi fantasmi percorrono davvero il mondo cattolico italiano? O sono soprattutto la conseguenza di una fede cristiana, soprattutto dei vertici ecclesiastici, che è debole nella speranza e nella visione generale del percorso dell’uomo dalla vita verso la morte?
Molte altre sono le questioni che riguardano il testamento biologico (o DAT); per esempio quelle relative alle modalità della manifestazione della volontà, al ruolo del fiduciario fino a quelle del ruolo del medico o dei medici coinvolti (42), dei famigliari, dei Comitati etici previsti presso le strutture sanitarie. Ci siamo concentrati sui due punti sui quali lo scontro si è sviluppato fino ad ora in Parlamento e sui quali è stato ed è pesante l’intervento dei vertici della
Vogliamo chiedere ai nostri Pastori un ripensamento su tutta la questione, vorremmo che essi facessero un passo indietro e che assumessero la linea del dialogo con la cultura “laica” e della ricerca di un terreno comune di fronte all’incalzare delle questioni poste dal progresso tecnicoscientifico per arrivare infine a una legge di largo consenso. Siamo convinti che sarebbero ascoltati e che le loro preoccupazioni diventerebbero parte di un sentire comune, pur nel permanere di opinioni ancora diverse. Siamo convinti che, su una questione di così grande importanza, non ci debba essere il sospetto che l’obiettivo di ottenere questa legge sia perseguito mediante compiacenze o silenzi nei confronti di politiche odiose sotto altri profili (legge sulla sicurezza, silenzio sulla moralità pubblica, rottura delle regole della vita democratica, eccessiva remissività nei confronti dei recenti gravi scandali ecc…). Siamo convinti che esista una sproporzione in tutto il mondo cattolico, o almeno in quello italiano, tra questo accanito e assorbente impegno per la difesa della
Alla fine della nostra riflessione critica ci sentiamo in diritto di chiedere – e quasi di pretenderlo come atto dovuto- che nella nostra Chiesa su queste questioni si apra una discussione da subito, a tutto campo, sui
Roma, 1 marzo 2011 NOI SIAMO CHIESA
1) vedi Franca D’Agostini su “Il Manifesto” del 14.3.2009
2) Il comma recita: “L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. Non si vuole così procurare la morte : si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli intereressi legittimi del paziente”.
3) Vedi Padre Mario Beltrami S.J. “Il diritto di morire: un documento disatteso” in “Dolentium Hominum” n.68/2008, rivista del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute). Così argomenta il Beltrami: “Il testo del documento è lucido, stringato, non si perita di scendere in particolari. Ne conseguono alcune chiarificazioni:
1 Si parla di legittimazione, non di semplice liceità, facendo pertanto un preciso riferimento a leggi giuridiche, esistenti o augurabili.
2 Si dichiara la legittimazione, e quindi liceità, non si impone qualsiasi obbligo. Nessuno è in dovere di imporre una simile interruzione. La libertà di coscienza del singolo individuo è totalmente rispettata.
3 L’interruzione eventuale delle cure non è condizionata da sofferenze più o meno gravi del paziente o di terzi. Anche nel caso di mancanza di sofferenze, se si danno le condizioni previste, rimane valida la legittimità dell’interruzioni delle cure. Non vengono prese in considerazione sofferenze di alcun genere.
4 Sono pertanto esclusi moventi emozionali. Solo moventi razionali possono fondare la decisione
5 Non si esige la coscienza o sufficiente lucidità mentale del paziente. Una decisione presa al tempo della lucidità mentale, che abbia validità qualora si verificassero le condizioni per l’interruzione delle cure, anche in assenza in quel momento di coscienza, non può essere disattesa. La decisione del paziente gode della preminenza su qualsiasi contrarietà di terzi, anche se in possesso di legittimi diritti.
6 Le condizioni elencate devono essere prese singolarmente, non cumulativamente. Nell’avverarsi di una qualsiasi delle quattro condizioni previste le legittimità dell’interruzione persiste nella sua efficacia”
Il testo integrale dell’articolo del Beltrami, per il suo rigore e la sua chiarezza, meriterebbe un’ampia diffusione. Esso è invece di difficile accessibilità.
4) Nella quarta parte di questo documento si legge: “E’ importante oggi proteggere, nel momento della morte, la dignità della persona umana e la concezione cristiana della vita contro un tecnicismo che rischia di diventare abusivo. Di fatto, alcuni parlano di “diritto alla morte”, espressione che non designa il diritto di procurarsi o di farsi procurare la morte come si vuole, ma il diritto di morire in tutta serenità, con dignità umana e cristiana. Da questo punto di vista, l’uso dei mezzi terapeutici talvolta può sollevare dei problemi” Ed ancora: “E’ sempre lecito accontentarsi dei mezzi normali che la medicina può offrire. Non si può, quindi, imporre a nessuno l’obbligo di ricorrere ad un tipo di cura che, per quanto già in uso, tuttavia non è ancora esente da pericoli o è troppo oneroso. Il suo rifiuto non equi
5) Vedi il suo articolo “Io, Welby e la morte” su “Il Sole 24 Ore” del 21.1.2007. In un articolo più recente su “La medicina e le mani di Dio. Il giudizio della persona è centrale” (su “Il
6) Questo testo del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari, a proposito della volontà del malato e del rapporto col medico recita: “Per il medico e i suoi collaboratori non si tratta di decidere della vita o della morte di un individuo. Si tratta semplicemente di essere medico, ossia d’interrogarsi e di decidere in scienza e coscienza, sulla cura rispettosa del vivere e del morire dell’ammalato a lui affidato. Questa responsabilità non esige il ricorso sempre e comunque ad ogni mezzo. Può anche richiedere di rinunciare a dei mezzi, per una
7) Ci riferiamo soprattutto al dibattito sul disegno di legge Calabrò approvato dal Senato nel marzo 2009 e ora in discussione alla Camera.
8) Per esempio, il 9 ottobre 2010 la diocesi di Milano ha organizzato un convegno su “Quale cultura per il fine vita” introdotto e concluso dai responsabili ecclesiastici di queste tematiche (
9) Il testo e i firmatari sono leggibili sul sito htpp://appelli.arcoiristv/Eluana_Englaro
10) Il testo e i firmatari sono leggibili sul sito www.cdbitalia.it/attualità
11) La riflessione su queste tematiche era già diventata generale nel mondo cattolico nell’autunno del
12) Vedi quanto scrive
13) Vedi articolo citato pag. 61.
14) Il ddl Marino (firmato da altri 99 senatori) è stato presentato al Senato il 29.4.2008. Esso ha il numero 10 e coincide con il “testo unificato” licenziato al Senato nel marzo del 2008 e decaduto con la fine della legislatura; esso fu elaborato su proposta iniziale dello stesso Marino presentata nel maggio del 2006. Questa proposta prevede una distribuzione delle competenze sul fine vita tra il testamento biologico del malato (che ha l’assoluta pre
15) Vedi l’articolo “Il ricatto della deriva” sul “
16) La paura fobica della “deriva eutanasica” e la paura dell’abbandono terapeutico nei confronti dei soggetti deboli (morenti, malati terminali, anziani, abbandonati…) hanno indotto Francesco D’Agostino (su “Avvenire” del 22.2.2011) a formulare un nuovo fronte contrapposto, non più quello tra laici e cattolici ma quello tra “illuministi” e “realisti” . I primi “ vedono la fine della vita umana posta sotto il segno di un’autodeterminazione lucida, serena, forte, coraggiosa, direi quasi”giovanile” col diritto di avere medici che ne rispettino la volontà, i secondi “sono ben più attenti al dato di realtà per cui la morte è evento senile che si caratterizza per la fragilità , la debolezza, lo stato di paura o di assoluta dipendenza dal morente”Secondo questa posizione degli “illuministi” il malato in queste condizioni –si argomenta- aprirebbe un varco inevitabile all’abbandono terapeutico. E’ una contrapposizione in più di cui non si sentiva
17) Tra i soggetti “laici”
18) Tra gli interventi più pesanti non possiamo non segnalare quello, del tutto intemperante nel linguaggio e nei contenuti, dell’arcivescovo Mons. Giuseppe Betori nei confronti del consiglio comunale di Firenze, il quale ha approvato il 5 ottobre 2009 una delibera che facilita a livello municipale la redazione del testamento biologico da parte dei suoi cittadini (vedi “Avvenire” del 6 ottobre 2009).
19) Citazione contenuta nell’articolo “Giornata nera per la Repubblica” di Stefano Rodotà su “La Repubblica” del 7.2.2009.
20) Nei giorni più caldi del caso Englaro, il 5 febbraio
21) Vedi l’intervista al “
22) Il ddl Calabrò (è l’atto parlamentare n. 2350, leggibile sul sito della Camera dei Deputati) è il risultato dell’accesissimo dibattito svoltosi nel marzo 2009 al Senato che lo votò a maggioranza. L’iter alla Camera nelle diverse commissioni non ne ha modificato l’impianto: E’ stata aggiunta la possibilità di interrompere la nutrizione artificiale, nel caso questa non sia più efficace, ed è stata estesa la normativa, prevista originariamente a chi si trova in stato vegetativo permanente, anche ai soggetti incapaci di comprendere le informazioni sui trattamenti sanitari ipotizzati e quindi di assumere le decisioni o conseguenti che lo riguardano.
23) Vedi l’articolo “Nutrire? E’ una terapia” di Claudio Zanon dell’Ospedale Molinette di Torino su “La Stampa” del 4.3.2009. Egli scrive che nell’alimentazione ed idratazione “l’utilizzo di sacche nutrizionali implica una conoscenza medica del tipo di sacca da prescrivere, la capacità di introdurre invasivamente un sondino nell’intestino o nello stomaco, oppure una cannula infusionale in una vena centrale. Sono procedure non prive di complicanze, descritte in numerosi articoli scientifici, e che necessitano di controlli periodici ed apposite manutenzioni e sostituzioni per prevenire gravi squilibri, come idroelettroliti ematici, infezioni, polmoniti, emorragie gastrointestinali, perforazioni intestinali”.
24) Esse vengono ricordate da Ignazio Marino in una lettera a “Repubblica”del 7.2.’09. Vi si afferma. “la posizione ufficiale delle società scientifiche espressa da Olle Ljungqvist (Presidente della Società europea di Nutrizione Clinica e Metabolismo)
25) Questo testo del 27.3.2009 così recita: “Nutrizione e idratazione artificiale, sono, come da parere quasi unanime della comunità scientifica, trattamenti assicurati da competenze mediche e sanitarie”. Particolarmente astiosa è stata la polemica contro questo documento da parte di Avvenire.
26) I risultati del sondaggio (gennaio 2011) composto di dieci quesiti, sono leggibili sul sito www.collegiochirurghi.it (area Sondaggi). In particolare il 76,06% degli intervistati ritiene che la nutrizione artificiale sia un trattamento medico (il 26,94% invece lo ritengono un sostegno
27) Oltre al sondaggio dell’Eurispes del 2006 e a quello dell’ISPO dell’inizio 2009 ricordiamo quello dell’Osservatorio “Scienza e Società” secondo cui il 73% degli italiani è a favore della possibilità di indicare in anticipo la propria volontà circa il proseguimento o meno delle cure qualora non si fosse più coscienti in una situazione di grave malattia e senza speranza di guarigione. A sostegno del proprio orientamento gli intervistati adducono il riconoscimento del diritto di scelta individuale, motivazione che sta alla base anche del rispetto della volontà del paziente da parte della medicina. Non emergono forti differenze tra credenti di fede cattolica (71% di favorevoli) e non credenti (83%). I dati sono stati diffusi il 30.11.’08 e sono leggibili su www.observa.it.
28) Per l’esattezza il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente del 22.9.’08 auspica una legge “a fronte del rischio di pronunciamenti giurisprudenziali che aprano la strada nel nostro paese all’interruzione legalizzata della vita mediante la sospensione dell’idratazione e del nutrimento”. Il comunicato continua sostenendo che “una eventuale legge sul fine vita sarebbe una cosa ben diversa da una normativa che legittimi la nozione di testamento biologico, espressione di una cultura dell’autodeterminazione” ed ancora auspica che “in questo delicato passaggio non vengano legittimate e favorite forme mascherate di eutanasia, in particolare di abbandono terapeutico e sia invece esaltato ancora una volta quel favor vitae che, a partire dalla Costituzione, contraddistingue l’ordinamento italiano”. La
29) Il problema di una soluzione legislativa era stato posto da tempo. Addirittura
30) Ignazio Marino sul “
31) Di fronte alle perplessità nei confronti del ddl Calabrò di larghi settori dell’opinione pubblica venti deputati, allora del PDL e ora confluiti in FLI (vedi “Il Foglio” del 23.9.’09), hanno proposto che la “zona grigia” del fine vita (tra accanimento e abbandono, tra volontà del malato e ruolo del medico) non sia regolamentata e che una legge (una cosidetta”soft law”) potrebbe “prudentemente fissare solo i confini “esterni” delle situazioni che riguardano la vita e la morte ma non i contenuti “interni”che dovrebbero essere affidati interamente alle relazioni morali e professionali che legano il malato al suo medico e ai suoi congiunti”. La proposta è stata appoggiata da Angelo Panebianco (vedi il “
32) Il testo del testamento biologico proposto dalla Chiesa valdese di Milano si può leggere su www.milanovaldese.it/documenti/2/formulario. La Chiesa valdese ha sempre svolto un ruolo di primo piano nella ricerca sui problemi bioetici. Il documento più importante è quello della Commissione di bioetica del 24.7.’07 su “Direttive anticipate”. La moderatrice della Tavola Valdese Maria Bonafede ha scritto (su “Notizie evangeliche” n.6 del 9.2.2011): “la Chiesa valdese sa da sempre che la vita è un dono che riceviamo da Dio insieme alla libertà e alla responsabilità di farne qualcosa di buono, di metterla al servizio del prossimo, di cercarne il senso insieme agli altri uomini e alle altre donne. Nessuno può frapporsi tra la nostra coscienza e Dio, nessuno può mediare, nessuno ci può togliere il bene prezioso della coscienza individuale e la libertà di decidere e anche eventualmente di sbagliare. Una legge come quella proposta dal ddl Calabrò, che vorrebbe ridurre le persone a minori sotto tutela, è una legge che non rispetta la Costituzione e, ne sono profondamente convinta, nemmeno la libertà dei figli di Dio”. Ancora Maria Bonafede ha scritto su “
33) Vedi Piergiorgio Morosini, segretario generale di Magistratura Democratica, su “Liberazione” del 8.12.2010.
34) Vedi Maurizio Lupi, vicePresidente della Camera, su “Avvenire” del 13.1.2011.
35) In particolare si legga il penetrante contributo di
36) Negli USA (a partire dal Patient Self-Determination Act del 1991) va rispettato, nel caso di paziente incosciente, il rifiuto di qualsiasi trattamento espresso attraverso il living will (testamento biologico); nel caso di assenza di scritti che documentino la volontà del paziente, divenuto incapace, la decisione clinica viene presa dal substituded judgement (fiduciario) che è di solito un famigliare. Leggi analoghe sono state approvate negli ultimi dieci anni nei principali paesi europei, in Canada, in Messico e in Australia.
37) Il testo di questo documento può essere letto su www.ekd.de/patientenverfuegung/cpv_1. La dichiarazione da firmare è la seguente: “Disposizioni assistenziali-sanitarie del paziente cristiano con procura preventiva e istruzioni vincolanti per assistenza e cure mediche. Formulario: “Per il caso in cui io non possa dare forma o esternare la mia volontà, dispongo quanto segue: non mi possono essere messe in atto misure intese a prolungare la vita se viene constatato, secondo scienza e coscienza medica, che ogni provvedimento per il proseguimento della mia vita è privo di prospettiva di miglioramento clinico e solamente ritarderebbe la mia morte. In questo caso assistenza e trattamenti medici, come anche cure premurose, devono essere diretti al lenimento delle conseguenze del male, come, per esempio, dolori, agitazione, ansia, insufficienza respiratoria o nausea, anche se la necessaria terapia del dolore non escluda un accorciamento della vita. Io voglio morire con dignità e in pace, per quanto possibile e a contatto dei miei congiunti e delle persone che mi sono prossime e nel mio ambiente famigliare. Desidero assistenza spirituale. La mia confessione religiosa è ….”. In conseguenza della nuova legge federale la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti hanno concordato un nuovo formulario, presentato a fine gennaio.
38) Dopo la convinta diffusione della loro proposta di testamento biologico le chiese nella RFT, durante il dibattito parlamentare, hanno tenuto un atteggiamento prudente e, a volte, critico nei confronti di un testo esplicitamente teso a sostenere una completa autodeterminazione del paziente. Non hanno però trovato molti consensi al Bundestag, non hanno organizzato nessuna campagna, non hanno lanciato anatemi né minacciato di boicottare
39) In una nota ufficiale del portavoce della Conferenza dei vescovi tedeschi del 17.3.2009 si sostiene che le posizioni di quell’episcopato non sono in contraddizione con quelle del Magistero universale sull’eutanasia, in riferimento ai numeri 2278 e 2279 del CCC. Infatti la contraddizione esiste ma con la posizione della
40) Vedi Stefano Rodotà in “Il bio-testamento e la politica” su “Repubblica” del 27.2.2009
41) Vedi Luigi Ferraioli in “I sovrani del corpo” su “Il Manifesto” del 26.3.2009 che fa anche l’ipotesi del malato che, in condizioni estreme, mantenga, come sostengono molti difensori della vita “qualche barlume di consapevolezza e comprendesse senza possibilità di comunicare in alcun modo di essere condannato per un tempo indefinito a rimanere prigioniero delle macchine che lo nutrono, senza potersi muovere né cambiare posizione, né parlare o sentire o vedere”. In questo caso massima sarebbe la violazione del rispetto della sua persona.
42) E’ interessante il parere della FNOMeO nel documento già citato. Dopo avere affermato che” nutrizione e idratazione artificiale sono, come da parere pressoché unanime della comunità scientifica, trattamenti assicurati da competenze mediche e sanitarie” affrontano il ruolo del medico nel rapporto col paziente: “L’autonomia decisionale del paziente che si esprime nel consenso/dissenso informato, rappresenta l’elemento fondante della moderna alleanza terapeutica al pari dell’autonomia e responsabilità del medico, in questo equilibrio, alla tutela della libertà di scelta del paziente deve corrispondere la tutela della libertà del medico, in ragione di scienza e coscienza (obiezione)”.
Roma, 4 marzo 2011
NOI SIAMO CHIESA
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