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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Il messaggio per il mondo di papa Francesco al Cairo

Il Dio nonviolento annunciato alle religioni

2 maggio 2017 /

La redazione di www.Chiesadituttichiesadeipoveri.it

Non a caso il viaggio di papa Francesco al Cairo del 28 e 29 aprile 2017 è avvenuto su invito non solo del Presidente della Repubblica, ma dei Patriarchi copti e del Grande Imam musulmano. In esso certamente si è celebrato un momento forte dell’ecumenismo tra Chiesa cattolica e Chiesa copto-ortodossa, consacrato dalla decisione di riconoscere un solo battesimo per le due Chiese, per cui non debba ripetersi il battesimo di chi da una Chiesa si ascriva all’altra. Tuttavia questo viaggio si può interpretare soprattutto come una missione “Ad gentes”, ovvero ai musulmani e agli altri credenti di ogni religione. Davvero qui Francesco non è stato il papa dei cattolici, ma il profeta mandato alle nazioni. Il tema del viaggio è stato infatti quello della relazione degli esseri umani con Dio, e con quale Dio: un Dio nonviolento è quello annunciato da papa Francesco, onde ogni religione – non solo la cristiana – è incompatibile con la violenza.

Si possono considerare alcuni punti preminenti di questa missione di Francesco:

1).  Il papa non è “andato” in Egitto, ma vi è “ritornato” perché dell’Egitto ha fatto quasi un compendio della storia religiosa almeno di questa parte del mondo, a cominciare da Mosè a cui Dio si è rivelato sul monte Sinai. Il papa ha ripreso l’autodefinizione dell’ Egitto come “Madre dell’universo” (“Umm il Dugna”!), l’ha  evocato come terra di faraoni e di profeti, culla di tre grandi religioni e vi ha rintracciato quasi un riassunto della storia della salvezza, da Mosè che incontra il Dio glorioso sul Sinai, alla Santa Famiglia di Nazaret con la quale Dio, umile, in Egitto trovò rifugio da bambino, ai “santi Padri del deserto” che diedero inizio al monachesimo, a san Francesco d’Assisi che otto secoli fa andò in Egitto ad incontrare il Sultano Malik al Kamil, al “prestigioso passato storico” copto e musulmano, fino allo struggente abbraccio di venerdì con Ahmad Al-Tayeb,  il Grande Imam  della Moschea Al Azhar (fabbrica di guide religiose per tutto l’Islam).

2). La proposta e la richiesta del papa lungo tutto il suo viaggio è stata quella del dialogo, specialmente interreligioso, non per una ragione puramente interna al destino delle fedi, ma perché “l’avvenire di tutti dipende anche dall’incontro tra le religioni e le culture”; e deve essere un dialogo non volto a realizzare “secondi fini”  (come sarebbe ad esempio il proselitismo), ma una via di verità intesa a trasformare la competizione in collaborazione. Infatti, ha detto Francesco, l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è la inciviltà dello scontro. In questa sfida di civiltà, cristiani e musulmani e tutti i credenti sono chiamati a dare il loro contributo, perché “viviamo sotto il sole di un unico Dio misericordioso”. Proprio in Egitto “fedi diverse si sono incontrate e varie culture si sono mescolate senza confondersi ma riconoscendo l’importanza di allearsi per il bene comune”.

3). Ma qual è l’annuncio sul quale dovrebbe realizzarsi il nuovo incontro tra le religioni e le culture? Nel cuore della Umma islamica, il papa sostiene  che la chiave di volta di questo dialogo e di questo comune impegno è il comando divino di “non uccidere”, cui corrisponde la nozione di un Dio nonviolento e l’identificazione della violenza come negazione della stessa religione. Anzi proprio i responsabili delle religioni hanno il compito, essendo a ciò specificamente chiamati, di smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità. Questa, ha detto duramente papa Francesco, è una falsificazione idolatrica di Dio: il suo nome è Santo, Egli è Dio di pace, Dio salam (in arabo). Perciò solo la pace è santa, e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio. Con queste parole il papa non solo ha tolto ogni legittimazione a una guerra santa, quale che sia la religione cui si riferisca tale santità, ma ha anche cercato di separare le religioni dal sacro (che, se non convertito a Dio, è idolatria) e perfino di indurle – come ha fatto nella solenne cornice dell’incontro col presidente Al Sisi – a “smascherare i venditori di illusioni circa l’aldilà, che predicano l’odio per rubare ai semplici la loro vita presente e il loro diritto di vivere con dignità, trasformandoli in legna da ardere e privandoli della capacità di scegliere con libertà e di credere con responsabilità. Signor Presidente, Lei, alcuni minuti fa, mi ha detto che Dio è il Dio della libertà, e questo è vero. Abbiamo il dovere di smontare le idee omicide e le ideologie estremiste, affermando l’incompatibilità tra la vera fede e la violenza, tra Dio e gli atti di morte”.

4). Il programma d’azione dunque è chiaro: le religioni stesse devono convertirsi; esse devono rifuggire da ogni estremismo perché il solo estremismo ammesso per i credenti è quello della carità; e la compagine civile – gli Stati, i responsabili delle nazioni, delle istituzioni e dell’informazione –  devono condannare e sconfiggere ogni violenza e ogni terrorismo. “A poco o nulla serve – ha detto il papa nell’aula dell’università Al-Azhar – alzare la voce e correre a riarmarsi per proteggersi: oggi c’è bisogno di costruttori di pace, non di armi; oggi c’è bisogno di costruttori di pace, non di provocatori di conflitti; di pompieri e non di incendiari; di predicatori di riconciliazione e non di banditori di distruzione”. E con lo sguardo rivolto anche ai Paesi dell’Occidente, papa Francesco ha ammonito: “Si assiste con sconcerto al fatto che, mentre da una parte ci si allontana dalla realtà dei popoli, in nome di obiettivi che non guardano in faccia a nessuno, dall’altra, per reazione, insorgono populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità: nessun incitamento violento garantirà la pace, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza. Per prevenire i conflitti ed edificare la pace è fondamentale adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza. Ancora più alla radice, è necessario arrestare la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali”.

I siti dell’integralismo pagano che braccano papa Francesco, lo accusano di banalizzare le cause di guerra, riducendole all’interesse materialistico di chi fabbrica e commercia le armi. La catechesi egiziana di papa Francesco che è giunto fino a denunciare nella falsificazione idolatrica di Dio la radice dell’assolutizzazione della violenza e dell’odio, ha mostrato invece una coscienza dell’abominio e delle inesauribili ragioni della guerra quale la Chiesa cattolica non ha mai avuto fin qui.

 


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