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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

IL nostro maestro di politica è papa Francesco . Leggi i testi del suo viaggio a Lesbo da dove è tornato con dodici profughi sul suo aereo. Leggi anche la Dichiarazione congiunta con il patriarca ecumenico Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene Jeronimos

Santo Padre sull’aereo:

Prima di tutto, buongiorno! Vi auguro una buona giornata. Vi ringrazio di questa compagnia. E’ un viaggio un po’ diverso dagli altri. Nei viaggi apostolici noi andiamo a fare tante cose: vedere la gente, parlare… c’è anche la gioia dell’incontro. Questo è un viaggio segnato dalla tristezza, questo è importante. E’ un viaggio triste. Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra Mondiale. Andiamo – e lo vedremo – da tanta gente che soffre, che non sa dove andare, che è dovuta fuggire. E andremo anche ad un cimitero: il mare. Tanta gente lì è annegata. Lo dico non per amareggiare, non per amarezza, ma perché anche il vostro lavoro di oggi possa trasmettere nei vostri media lo stato d’animo con cui io faccio questo viaggio. Grazie di accompagnarmi. Grazie tante!
Un’ultima parola. Vorrei ricordarvi che oggi Papa Benedetto XVI fa l’89° compleanno. Una preghiera per lui!

Dichiarazione di P. Federico Lombardi, S.I

Il Papa ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone che erano già presenti nei campi di accoglienza di Lesvos prima dell’accordo fra Unione Europea e Turchia.
L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità competenti greche e italiane.
Tutti i membri delle tre famiglie sono musulmani. Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor (nella zona occupata dal Daesh). Le loro case sono state bombardate.
L’accoglienza e il mantenimento delle tre famiglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio.

Discorso del Santo Padre Francesco al campo profughi di Moria
Cari fratelli e sorelle,
oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli. In questi mesi e settimane, avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore. Molti di voi si sono sentiti costretti a fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione, soprattutto per i vostri figli, per i vostri piccoli. Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto ciò che vi era caro e – quel che è forse più difficile – senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con sé. Anche molti altri, come voi, si trovano in campi di rifugio o in città, nell’attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente.
Sono venuto qui con i miei fratelli, il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos, semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità.
Dio ha creato il genere umano perché formi una sola famiglia; quando qualche nostro fratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per esperienza quanto è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilità. Ma sappiamo anche che queste crisi possono far emergere il meglio di noi. Lo avete visto in voi stessi e nel popolo greco, che ha generosamente risposto ai vostri bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficoltà. Lo avete visto anche nelle molte persone, specialmente giovani provenienti da tutta l’Europa e dal mondo, che sono venute per aiutarvi. Sì, moltissimo resta ancora da fare. Ma ringraziamo Dio che nelle nostre sofferenze non ci lascia mai soli. C’è sempre qualcuno che può tendere la mano e aiutarci.
Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri. Noi cristiani amiamo narrare l’episodio del Buon Samaritano, uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermò per soccorrerlo. Per noi è una parabola che si riferisce alla misericordia di Dio, la quale si rivolge a tutti. Lui è il Misericordioso. È anche un appello a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno. Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternità, solidarietà e rispetto per la dignità umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia.
Cari fratelli e sorelle, Dio benedica tutti voi, in modo speciale i vostri bambini, gli anziani e coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Vi abbraccio tutti con affetto. Su di voi e su chi vi accompagna invoco i doni divini di fortezza e di pace.

Discorso di Sua Santità Bartolomeo al campo profughi di Moria

Traduzione in lingua italiana
Carissimi fratelli e sorelle,
Adorati giovani e bambini,
Abbiamo viaggiato fin qui per guardar nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani nelle nostre. Abbiamo viaggiato fin qui per dirvi che ci preoccupiamo di voi. Abbiamo viaggiato fin qui perché il mondo non vi ha dimenticato.
Con i nostri fratelli, Papa Francesco e l’Arcivescovo Ieronymos, oggi siamo qui per esprimere la nostra solidarietà e il sostegno al popolo greco che vi ha accolto e si è preso cura di voi. E noi siamo qui per ricordarvi che – anche quando le persone ci voltano le spalle – “Dio è per noi rifugio e fortezza, nostro aiuto nelle angosce. E perciò non dobbiamo avere paura “(Sal 45, 2-3).
Sappiamo che siete venuti da aree di guerra, fame e sofferenza. Sappiamo che i vostri cuori sono pieni di ansia per le vostre famiglie. Sappiamo che siete alla ricerca di un futuro più sicuro e più luminoso.
Abbiamo pianto mentre vedevamo il Mediterraneo diventare una tomba per i vostri cari. Abbiamo pianto vedendo la simpatia e la sensibilità del popolo di Lesbo e delle altre isole. Ma abbiamo pianto anche quando abbiamo visto la durezza dei cuori dei nostri fratelli e sorelle – i vostri fratelli e sorelle – chiudere le frontiere e voltare le spalle.
Coloro che hanno paura di voi non hanno guardato nei vostri occhi. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri volti. Coloro che hanno paura di voi non vedono i vostri figli.
Essi dimenticano che la dignità e la libertà vanno aldilà della paura e della divisione. Dimenticano che l’emigrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, dell’Europa e della Grecia. E’ un problema del mondo.
Il mondo sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato. E saremo tutti responsabili per il modo in cui rispondiamo alla crisi e al conflitto nelle vostre regioni di origine.
Il Mediterraneo non deve essere una tomba. Si tratta di un luogo di vita, di un crocevia di culture e civiltà, di un luogo di scambio e di dialogo. Per riscoprire la sua vocazione originaria, il Mare Nostrum, e più precisamente il Mar Egeo, dove ci riuniamo oggi, deve diventare un mare di pace. Preghiamo perché i conflitti in Medio Oriente, che sono alla radice della crisi migranti, cessino rapidamente e che sia ripristinata la pace. Preghiamo per tutti i popoli di questa regione. In particolare vorremmo sottolineare la drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente, così come quella delle altre minoranze etniche e religiose della regione, che hanno bisogno di interventi urgenti, se non vogliamo vederli scomparire.
Vi promettiamo che non vi dimenticheremo mai. Non smetteremo mai di parlare per voi. E vi assicuriamo che faremo di tutto per aprire gli occhi e il cuore del mondo.
La pace non è la fine della storia. La pace è l’inizio di una storia legata al futuro. L’Europa dovrebbe saperlo meglio di qualsiasi altro continente.
Questa bellissima isola in cui ci troviamo in questo momento è solo un punto nella carta geografica.
Per dominare il vento e il mare in burrasca, Gesù, come racconta Luca, intimò al vento di arrestarsi, quando la barca sulla quale si trovava insieme ai suoi discepoli era in pericolo. Alla fine, dopo la tempesta, tornò la calma.
Dio ti benedica. Dio vi protegga. E Dio vi doni forza.
[00598-IT.01] [Testo originale: Inglese – Traduzione di lavoro]

Dichiarazione congiunta di Bartolomeo, patriarca ecumenico di Costantinopoli, di Ieronymos, arcivescovo di Atene e della Grecia e del santo Padre Francesco – Moria refugee camp, Lesvos Sabato, 16 aprile 2016

Dichiarazione congiunta
Noi, Papa Francesco, Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia Ieronymos, ci siamo incontrati sull’isola greca di Lesbo per manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza. L’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.
La tragedia della migrazione e del dislocamento forzati si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse. Da Lesbo facciamo appello alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa.
Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono. In particolare, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo greco che, nonostante le proprie difficoltà economiche, ha risposto con generosità a questa crisi.
Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Chiediamo alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi e affinché i servizi di soccorso, religiosi e civili, operino per coordinare le loro iniziative. Esortiamo tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso.
L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40).
Da parte nostra, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani. Riaffermiamo con convinzione che «riconciliazione [per i cristiani] significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli […]. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa» (Charta Oecumenica, 2001). Difendendo i diritti umani fondamentali dei rifugiati, di coloro che cercano asilo, dei migranti e di molte persone che vivono ai margini nelle nostre società, intendiamo compiere la missione di servizio delle Chiese nel mondo.
Il nostro incontrarci oggi si propone di contribuire a infondere coraggio e speranza a coloro che cercano rifugio e a tutti coloro che li accolgono e li assistono. Esortiamo la comunità internazionale a fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall’attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera.
Lesbo, 16 aprile 2016
Ieronymos II Francesco Bartolomeo I

Incontro con la cittadinanza e la comunità cattolica.
Memoria delle vittime delle migrazioni
Presidio della Guardia Costiera Sabato, 16 aprile 2016

Signor Capo del Governo, Distinte Autorità, cari fratelli e sorelle,
da quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui. Oggi ringrazio Dio che me lo ha concesso. E ringrazio il Signor Presidente Pavlopoulos di avermi invitato, insieme con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos.
Vorrei esprimere la mia ammirazione al popolo greco che, nonostante le gravi difficoltà da affrontare, ha saputo tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto. Dio saprà ricompensare questa generosità, come quella di altre nazioni circostanti, che fin dai primi momenti hanno accolto con grande disponibilità moltissimi migranti forzati.
E’ pure benedetta la presenza generosa di tanti volontari e di numerose associazioni, che, insieme alle diverse istituzioni pubbliche, hanno portato e stanno portando il loro aiuto, esprimendo nel concreto una vicinanza fraterna.
Oggi vorrei rinnovare un accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest’isola e in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l’incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere. Purtroppo alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini.
Voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un’umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri.
Per essere veramente solidali con chi è costretto a fuggire dalla propria terra, bisogna lavorare per rimuovere le cause di questa drammatica realtà: non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento, ma occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali. Prima di tutto è necessario costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove. Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza. Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l’emergenza. In questa prospettiva rinnovo l’auspicio che abbia successo il Primo Vertice Umanitario Mondiale che avrà luogo a Istanbul il mese prossimo.
Tutto questo si può fare solo insieme: insieme si possono e si devono cercare soluzioni degne dell’uomo alla complessa questione dei profughi. E in questo è indispensabile anche il contributo delle Chiese e delle Comunità religiose. La mia presenza qui insieme al Patriarca Bartolomeo e all’Arcivescovo Ieronymos sta a testimoniare la nostra volontà di continuare a collaborare perché questa sfida epocale diventi occasione non di scontro, ma di crescita della civiltà dell’amore.
Cari fratelli e sorelle, di fronte alle tragedie che feriscono l’umanità, Dio non è indifferente, non è distante. Egli è il nostro Padre, che ci sostiene nel costruire il bene e respingere il male. Non solo ci sostiene, ma in Gesù ci ha mostrato la via della pace. Di fronte al male del mondo, Egli si è fatto nostro servo, e col suo servizio di amore ha salvato il mondo. Questo è il vero potere che genera la pace. Solo chi serve con amore costruisce la pace. Il servizio fa uscire da sé stessi e si prende cura degli altri, non lascia che le persone e le cose vadano in rovina, ma sa custodirle, superando la spessa coltre dell’indifferenza che annebbia le menti e i cuori.
Grazie a voi, perché siete custodi di umanità, perché vi prendete teneramente cura della carne di Cristo, che soffre nel più piccolo fratello affamato e forestiero, e che voi avete accolto (cfr Mt 25,35).
Συχαριστώ!

CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DA LESBO (GRECIA)
Volo Papale
Sabato, 16 aprile 2016

(Padre Lombardi)

Allora, diamo il benvenuto tra noi al Santo Padre, per una conversazione dopo questo viaggio breve ma estremamente intenso. Io rileggo il comunicato che avete ricevuto, in modo che se qualcuno non l’ha potuto sentire o ricevere sul suo telefono, ne abbia il testo completo. Il Papa desidera che sia chiaro tutto il contenuto.

“Il Papa ha voluto fare un gesto di accoglienza nei confronti dei rifugiati accompagnando a Roma con il suo stesso aereo tre famiglie di rifugiati dalla Siria, 12 persone in tutto, di cui 6 minori. Si tratta di persone già presenti nei campi di Lesbo prima dell’accordo fra l’Unione Europea e la Turchia. L’iniziativa del Papa è stata realizzata tramite una trattativa della Segreteria di Stato con le autorità competenti greche e italiane. I membri delle famiglie sono tutti musulmani. Due famiglie vengono da Damasco e una da Deir Azzor, che è nella zona occupata dal Daesh. Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle famiglie saranno a carico del Vaticano. L’ospitalità iniziale sarà garantita dalla Comunità di Sant’Egidio”.

Ora diamo subito la parola ai nostri colleghi, chiedendo che facciano anzitutto domande sul viaggio, anche se poi il Papa, come sappiamo, è disponibile sempre con noi. Ines San Martin di “Crux” è la prima.

(Papa Francesco)

Prima di tutto, voglio ringraziarvi per questa giornata di lavoro che è stato per me troppo forte, troppo forte… anche per voi, sicuramente. Prego, Signora…

(Ines San Martin, “Crux” – La domanda originale è in spagnolo, se ne dà la traduzione)

Santo Padre, spero di non disturbarla ma le farò due domande su due argomenti distinti. La prima è specifica riguardo al viaggio. Questo viaggio viene dopo l’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia nel tentativo di risolvere la questione dei rifugiati in Grecia. Le sembra che questo piano possa funzionare, o che sia una questione politica per cercare di guadagnare tempo e vedere cosa succede? E la seconda domanda, se posso. Questa mattina Lei ha incontrato il candidato presidenziale degli Stati Uniti Bernie Sanders a Santa Marta. Le vorrei chiedere un commento su questo incontro e se questo è il suo modo di inserirsi nella politica nordamericana.

(Papa Francesco)

No, prima di tutto non c’è alcuna speculazione politica, perché questi accordi tra la Turchia e la Grecia io non li conoscevo bene. Ho visto sui giornal, ma questa è una cosa puramente umana [si riferisce all’iniziativa di accogliere un gruppo di profughi]. E’ un fatto umanitario. E’ stata un’ispirazione di una settimana fa che propriamente è venuta a un mio collaboratore, e io ho accettato subito, subito, perché ho visto che era lo Spirito che parlava. Tutte le cose sono state fatte in regola: loro vengono con i documenti, i tre governi – lo Stato della Città del Vaticano, il Governo italiano e il Governo greco – tutto, hanno ispezionato tutto, hanno visto tutto e hanno dato il visto. Sono accolti dal Vaticano: sarà il Vaticano, con la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio, a cercare loro un posto di lavoro, se c’è, o il mantenimento…. Sono ospiti del Vaticano, e si aggiungono alle due famiglie siriane che sono accolte già nelle due parrocchie vaticane. Secondo. Questa mattina, quando uscivo, c’era lì il senatore Sanders che era venuto al convegno della Fondazione Centesimus Annus. Lui sapeva che io uscivo a quell’ora e ha avuto la gentilezza di salutarmi. L’ho salutato, ho stretto la mano a lui, alla moglie e a un’altra coppia che era con lui, che alloggiavano a Santa Marta, perché tutti i membri, eccetto i due presidenti partecipanti che credo alloggiassero nelle loro ambasciate, tutti alloggiavano a Santa Marta. E quando io sono sceso, lui si è presentato, ha salutato, una stretta di mano e niente di più. E’ educazione, questa; si chiama educazione e non immischiarsi in politica. E se qualcuno pensa che dare un saluto sia immischiarsi in politica, gli raccomando di trovarsi uno psichiatra! (ride)

(Padre Lombardi)

Allora, la seconda domanda la fa Franca Giansoldati che conosce bene il Papa e il Papa la conosce bene.

(Papa Francesco)

Ma deve prepararsi per l’Armenia lei… (ride)

(Franca Giansoldati)

Grazie, Santità. Lei parla molto di “accoglienza”, ma forse parla troppo poco di “integrazione”. Vedendo quello che sta accadendo in Europa, specie sotto questo massiccio afflusso di immigrati, vediamo che ci sono parecchie città che soffrono di quartieri-ghetto … In tutto questo emerge chiaramente che gli immigrati musulmani sono quelli che fanno più fatica a integrarsi con i valori nostri, con i valori occidentali. Le volevo chiedere: non sarebbe forse più utile per l’integrazione privilegiare l’arrivo di immigrati non musulmani? E poi, perché lei oggi, con questo gesto molto bello, molto nobile, ha privilegiato tre famiglie interamente musulmane?

(Papa Francesco)

Non ho fatto la scelta fra cristiani e musulmani. Queste tre famiglie avevano le carte in regola, i documenti in regola e si poteva fare. C’erano, per esempio, due famiglie cristiane nella prima lista che non avevano le carte in regola. Non è un privilegio. Tutti e dodici sono figli di Dio. Il “privilegio” è essere figli di Dio: questo è vero. Sull’integrazione, è molto intelligente quello che lei dice. La ringrazio di averne parlato. Lei ha detto una parola che nella nostra cultura attuale sembra essere dimenticata, dopo la guerra… Oggi esistono i ghetti. E alcuni dei terroristi che hanno fatto atti terroristici – alcuni – sono figli e nipoti di persone nate nel Paese, in Europa. E cosa è successo? Non c’è stata una politica di integrazione e questo per me è fondamentale; a tal punto che lei vede che nella Esortazione postsinodale sulla famiglia – anche se questo è un altro problema – una delle tre dimensioni pastorali per le famiglie in difficoltà è l’integrazione nella vita della Chiesa. Oggi, l’Europa deve riprendere questa capacità, che sempre ha avuto, di integrare. Perché in Europa sono arrivati i nomadi, i Normanni e tante genti, e le ha integrate e ha arricchito la sua cultura. Credo che abbiamo bisogno di un insegnamento e di un’educazione all’integrazione. Grazie.

(Elena Pinardi – European Broadcasting Union)

Santo Padre, si parla di rinforzi alle frontiere di vari Paesi europei, di controlli, addirittura di dispiegamento di battaglioni lungo le frontiere dell’Europa. E’ la fine di Schengen, è la fine del sogno europeo?

(Papa Francesco)

Non lo so. Io capisco i governi, anche i popoli, che hanno una certa paura. Questo lo capisco e dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza. Uno degli aspetti di tale responsabilità è questo: come ci possiamo integrare questa gente e noi. Io ho sempre detto che fare muri non è una soluzione: ne abbiamo visto cadere uno, nel secolo scorso. Non risolve niente. Dobbiamo fare ponti. Ma i ponti si fanno intelligentemente, si fanno con il dialogo, con l’integrazione. E per questo io capisco un certo timore. Ma chiudere le frontiere non risolve niente, perché quella chiusura alla lunga fa male al proprio popolo. L’Europa deve urgentemente fare politiche di accoglienza e integrazione, di crescita, di lavoro, di riforma dell’economia… Tutte queste cose sono i ponti che ci porteranno a non fare muri. La paura ha tutta la mia comprensione; ma dopo quello che ho visto – e cambio il tema, ma voglio dirlo oggi – e che voi stessi avete visto, in quel campo per rifugiati… era da piangere! I bambini… Ho portato con me, per farvi vedere: i bambini mi hanno regalato tanti disegni [il Papa mostra diversi disegni uno dopo l’altro e li commenta] Uno: cosa vogliono i bambini? Pace, perché soffrono. Lì hanno corsi di educazione, nel campo… Ma cosa hanno visto, quei bambini! Guardate questo: hanno visto anche un bambino annegare. Questo i bambini l’hanno nel cuore! Davvero, oggi era da piangere. Era da piangere. Lo stesso tema lo ha fatto questo bambino dell’Afghanistan: si vede che il barcone che viene dall’Afghanistan torna alla Grecia. Questi bambini hanno nella memoria questo! E ci vorrà tempo per elaborarlo. Guardate questo: il sole che vede e piange. Ma se il sole è capace di piangere, anche noi: una lacrima ci farà bene.

(Fanny Carrier, Agence France Presse) Buongiorno. Perché lei non fa la differenza tra quelli che fuggono dalla guerra e quelli che fuggono dalla fame? L’Europa può accogliere tutta la miseria del mondo?

(Papa Francesco)

E’ vero. Ho detto oggi nel discorso: “alcuni che fuggono dalle guerre, altri che fuggono dalla fame”. Tutti e due sono effetto dello sfruttamento, anche della terra. Mi diceva un capo di governo dell’Africa, un mese fa, più o meno, che la prima decisione del suo governo era riforestare, perché la terra era diventata morta per lo sfruttamento della deforestazione. Si devono fare opere buone con tutti e due. Ma qualcuno fugge per fame ed altri dalla guerra. Io inviterei i trafficanti di armi – perché le armi, fino ad un certo punto, ci sono accordi, si fabbricano, ma i trafficanti, quelli che trafficano per fare le guerre in diversi posti, per esempio in Siria: chi dà le armi ai diversi gruppi – io inviterei questi trafficanti a passare una giornata in quel campo. Credo che per loro sarà salutare!

(Néstor Pongutá, W Radio Colombia – Domanda in spagnolo, se ne dà la traduzione)

Santità, buonasera. Questa mattina lei ha detto qualcosa di molto speciale, che ci ha richiamato molto l’attenzione: che questo era un viaggio triste, e lo ha dimostrato attraverso le sue parole che era molto commosso… Però qualcosa deve essere cambiato anche nel suo cuore sapendo che ci sono queste dodici persone e che con questo piccolo gesto ha dato una lezione a coloro che a volte girano la testa davanti a tanto dolore, a questa terza guerra mondiali a pezzi che lei ha denunciato.

(Papa Francesco)

Farò un plagio! Rispondo con una frase che non è mia. La stessa cosa domandarono a Madre Teresa: “Ma lei, tanto sforzo, tanto lavoro, solo per aiutare la gente a morire… Quello che lei fa non serve! E’ tanto grande il mare!”. E lei rispose: “E’ una goccia d’acqua nel mare! Ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso!”. Rispondo così. E’ un piccolo gesto. Ma quei piccoli gesti che dobbiamo fare tutti, gli uomini e le donne, per tendere la mano a chi ha bisogno.

(Joshua Mc Elwee, National Catholic Reporter)

Grazie Santo Padre. Siamo venuti in un Paese di migrazione, ma anche di politica economica di austerità. Vorrei chiedere se lei ha un pensiero sull’economia di austerità? Anche per un’altra isola, Porto Rico. Se ha un pensiero su questa politica di austerità.

(Papa Francesco)

La parola austerità ha un significato diverso a seconda del punto di vista dal quale la prendi: economicamente significa un capitolo di un programma; politicamente significa un’altra cosa; spiritualmente e cristianamente un’altra ancora. Quando io parlo di austerità, parlo di austerità in confronto con lo spreco. Ho sentito dire alla FAO – credo che fosse in una riunione della FAO – che con lo spreco dei pasti si potrebbe saziare tutta la fame nel mondo. E noi, a casa nostra, quanti sprechi, quanti sprechi facciamo senza volerlo! E’ questa cultura dello scarto, dello spreco. Io parlo di austerità in quel senso, nel senso cristiano. Fermiamoci qui e viviamo un po’ austeramente.

(Francisco Romero, Rome Reports)

Santità, le vorrei semplicemente dire che lei ha detto che questa crisi dei rifugiati è la crisi peggiore dopo la Seconda Guerra Mondiale. Io le vorrei chiedere: cosa ne pensa della crisi degli immigrati che arrivano in America, negli Stati Uniti, dal Messico, dall’America Latina?

(Papa Francesco)

E’ lo stesso! E’ lo stesso, perché lì arrivano fuggendo dalla fame, piuttosto. E’ lo stesso problema. A Ciudad Juárez ho celebrato la Messa a 100 metri, forse meno, dal reticolato. Dall’altra parte c’erano una cinquantina di vescovi degli Stati Uniti e uno stadio con 50 mila persone che seguivano la Messa sul maxischermo; di qua, in Messico c’era quel campo pieno di gente… Ma è lo stesso! Arrivano in Messico dal Centro America. Lei si ricorda, due mesi fa, un conflitto con il Nicaragua perché non voleva che i rifugiati transitassero: è stato risolto. Li portavano in aereo nell’altro Paese, senza passare per Nicaragua. E’ un problema mondiale! Io ne ho parlato lì, ai Vescovi messicani; ho chiesto di aver cura dei rifugiati.

(Francis Rocca, Wall Street Journal)

Grazie Santo Padre! Vedo che le domande sull’immigrazione che avevo pensato sono state già fatte, e lei ha risposto molto bene. Quindi se mi permette vorrei fare una domanda su un altro evento degli ultimi giorni, che è stata la sua Esortazione Apostolica. Come lei ben sa, c’è stata molta discussione su uno dei molti punti – lo so che vi ci siamo concentrati molti – dopo la pubblicazione: alcuni sostengono che niente sia cambiato rispetto alla disciplina che governa l’accesso ai Sacramenti per i divorziati e i risposati, e che la legge e la prassi pastorale e ovviamente la dottrina rimangono così; altri sostengono invece che molto sia cambiato e che si sono tante nuove aperture e possibilità. La domanda è per una persona, un cattolico che vuole sapere: ci sono nuove possibilità concrete, che non esistevano prima della pubblicazione dell’Esortazione o no?

(Papa Francesco)

Io potrei dire “si”, e punto. Ma sarebbe una risposta troppo piccola. Raccomando a tutti voi di leggere la presentazione che ha fatto il cardinale Schönborn, che è un grande teologo. Lui è membro della Congregazione per la Dottrina della Fede e conosce bene la dottrina della Chiesa. In quella presentazione la sua domanda avrà la risposta. Grazie!

(Guénois, Le Figaro)

Avevo la stessa domanda, ma è una domanda complementare, perché non si è capito perché lei ha scritto questa famosa nota nella Amoris laetitia sui problemi dei divorziati e risposati – la nota 351. Perché una cosa così importante in una piccola nota? Lei ha previsto delle opposizioni o ha voluto dire che questo punto non è così importante?

(Papa Francesco)

Senta, uno degli ultimi Papi, parlando sul Concilio, ha detto che c’erano due Concili: quello Vaticano II, che si faceva nella Basilica San Pietro, e l’altro il “Concilio dei media”. Quando io convocai il primo Sinodo, la grande preoccupazione della maggioranza dei media era: Potranno fare la comunione i divorziati risposati?. E siccome io non sono santo, questo mi ha dato un po’ di fastidio, e anche un po’ di tristezza. Perché io penso: Ma quel mezzo che dice questo, questo, questo, non si accorge che quello non è il problema importante? Non si accorge che la famiglia, in tutto il mondo, è in crisi? E la famiglia è la base della società! Non si accorge che i giovani non vogliono sposarsi? Non si accorge che il calo di natalità in Europa fa piangere? Non si accorge che la mancanza di lavoro e che le possibilità di lavoro fanno sì che il papà e la mamma prendano due lavori e i bambini crescano da soli e non imparino a crescere in dialogo con il papà e la mamma? Questi sono i grandi problemi! Io non ricordo quella nota, ma sicuramente se una cosa del genere è in nota è perché è stata detta nell’Evangelii gaudium. Sicuro! Dev’essere una citazione dell’Evangelii gaudium. Non ricordo il numero, ma è sicuro.

(Padre Lombardi)

Grazie Santità, ci ha fatto una conversazione ampia su temi di questo viaggio e si è adesso anche allargato sull’Esortazione. Le auguriamo buon viaggio e una buona continuazione del suo lavoro.

(Papa Francesco)

Grazie della vostra compagnia. Davvero io mi sento tranquillo con voi. Grazie tante! Grazie della compagnia.

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Commenti

Una replica a “IL nostro maestro di politica è papa Francesco . Leggi i testi del suo viaggio a Lesbo da dove è tornato con dodici profughi sul suo aereo. Leggi anche la Dichiarazione congiunta con il patriarca ecumenico Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene Jeronimos”

  1. Avatar ivano sonzogni
    ivano sonzogni

    Furbo, Bergoglio, fa un bel gesto in mondovisione, poi scarica alcuni profughi in Italia; se Renzi portasse 80 profughi in piazza San Pietro, cosa pensereste?

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