Questo vescovo di Roma dà speranza. Finalmente.
Vi immaginate se fosse stato eletto Scola? Un profluvio di affermazioni asseverative, parole in tante lingue, toni paternalistici nei confronti di protestanti ed ortodossi, linguaggio difficile, fumoso e generico, citazioni colte (come nelle omelie milanesi), trionfalismo nelle forme e supponenza nell’indicare il ruolo magisteriale unicoe forte del pontificato petrino. La sponsorizzazione laica di “Corriere “ e “Repubblica” non è passata, le attese della CEI per mantenere nel circuito eurocentrico il papato (con le appendici di sponsorizzazioni politiche nostrane) sono venute meno, la curia della diocesi di Milano è scongelata dopo la grande attesa. La cultura fondamentalista del discorso di Scola alla città di S.Ambrogio 2012 sulla “laicità controllata” ha perso.
E che differenza dall’algido Ratzinger, dalle scarpe rosse, dai discorsi sul relativismo, dalla pesantezza dei discorsi su fede/ragione!! E dalla elitaria e autoritaria gestione del centro della Chiesa con quelle nomine arroganti: Scola a Milano per succedergli, Camisasca e Negri a Reggio Emilia e a Ferrara per ricordare solo le cose più recenti del suo autoritarismo. E su tutto l’ineffabile Bertone.
I cardinali, anche se non rappresentativi dell’universo cattolico, hanno però capito che non si poteva andare avanti così.. Sta venendo meno la sacralità del servizio del papa . La normalità di Bergoglio, la normalità di un uomo che ride, che abbraccia ed esprime sentimenti in modo visibile come quelli che percorrono quotidianamente la vita di chi fa parte del popolo di Dio viene esaltata e commuove perché mette a nudo la separatezza precedente. E le parole sono quelle del discorso alla luna di papa Giovanni.
Papa Francesco parla in italiano da vescovo di Roma, parla della natura, della creazione come Francesco d’Assisi( non è quello di cui noi parlavamo a proposito di “salvaguardia del creato”?), chiede ai potenti di farsi carico dei problemi degli umili e degli indifesi, sa che la Chiesa non è povera e non è ancora dei poveri, soprattutto nel nord del mondo e soprattutto nella città di cui è diventato vescovo La sua omelia all’Eucaristia di inizio dell’episcopato e gli interventi alle rappresentanze delle altre chiese e delle altre religioni e ai diplomatici sono stati tali da mandare messaggi nuovi e tutti positivi.
Il linguaggio è semplice, i sentimenti e le emozioni, parte così importante di ogni nostro vissuto, sono considerati parte integrante della vita di fede. L’atteggiamento è quello del pastore che accompagna e che si fa accompagnare e per cui noi dobbiamo pregare. Nella Chiesa – lo pensiamo da tempo- i movimenti sono sotterranei, le cose cambiano spesso in modo imprevisto e improvviso. Il nostro impegno di cattolici “conciliari” ha sempre guardato ai tempi lunghi per depositare idee, proposte, per mantenere viva la speranza. Forse è la volta buona.
Le ombre su papa Francesco in relazione ai tempi della dittatura sembrano essere cancellate da tante testimonianze di persone in cui poniamo grande fiducia. La nostra speranza quindi c’è. Ma non potremo tacere se le cose si fermeranno. Come sempre in passato diremo che il re è nudo, se sarà nudo. Per ora diciamo che va bene. Le cose che riteniamo debbano essere fatte le abbiamo dette da tempo e in tante occasioni, come movimento internazionale Noi Siamo Chiesa e, in generale, come area dei credenti che si rifanno al Concilio. Nel 2002 stampammo un libro “L’agenda del nuovo papa” (Editori Riuniti) in cui i maggiori teologi nel mondo indicavano la strada su cui incamminarsi. Essa è sempre la stessa. Forse nel 2005 lo Spirito Santo si è addormentato per otto anni.
Vittorio Bellavite, coordinatore di “Noi Siamo Chiesa”
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