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Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Il vescovo di Imola sulla pedofilia nella Chiesa

Intervista a monsignor Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola

“Anche la comunità ecclesiale è fatta di peccatori. Ma non si deve dare l’idea che sia il solo, unico ambiente in cui si nascondono i pedofili”
 di Giovanni Panettiere

Imola, 8 marzo 2012 – Stati Uniti, Irlanda, Germania, Belgio, Olanda. Paese su Paese, scandalo dopo scandalo, non si spengono i riflettori sulla pedofilia nella Chiesa. A maggio la Conferenza episcopale italiana approverà le linee guida per contrastare un fenomeno che lacera e indigna la comunità. Ma nell’episcopato non manca chi denuncia una campagna denigratoria ai danni della Chiesa. Sguardo obliquo, voce decisa, monsignor Tommaso Ghirelli, classe 1944, vescovo di Imola, abbozza un sorriso prima di affondare il colpo. «Non nascondo la mia vergogna per quanto è emerso, la mia profonda solidarietà con le povere vittime, ma neanche il mio sdegno per le speculazioni – incalza il presule, cresciuto alla scuola del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna— ordite da certa stampa, da avvocati americani, che definirei piuttosto avvoltoi, e dai tanti avversari della Chiesa».

Vescovo Ghirelli, la comunità cattolica è sotto assedio?
«In certi ambienti ogni infamia può essere impunemente attribuita ad uomini di Chiesa, mentre con altre persone si è più cauti. Recentemente un giornalista, Francesco Agnoli, ha riferito di gravi condanne inferte negli Usa ad educatori di un’altra religione senza che la stampa ne facesse parola. Quando ha fatto rilevare ad altri colleghi questa disparità di atteggiamento, gli è stato risposto che quelle condanne non facevano notizia. Eppure, dati alla mano, il 97% delle violenze sono commesse in famiglia».

Basta un numero per scagionare la Chiesa?
«L’umanità è peccatrice, anche la comunità ecclesiale è fatta di peccatori. Ma non si deve dare l’idea che sia il solo, unico ambiente in cui si nascondono i pedofili».

Generalizzare è scorretto, resta il fatto, però, che in Olanda la commissione indipendente, voluta dallo stesso episcopato locale per far luce sulla piaga degli abusi, ha riscontrato, tra il 1945 e il 2010, ben 800 chierici o religiosi autori di violenze. Non trova normale lo smarrimento dell’opinione pubblica?
«Sì, ma il discorso va completato. Non sono solo i cattolici ad avere questo tipo di problema. Perché non andiamo a vedere cosa accade nelle altre Chiese cristiane?».

Negli ultimi anni i vescovi belgi, tedeschi ed olandesi hanno istituito delle commissioni ad hoc per raccogliere e sondare le varie denunce di abusi sul loro territorio. Può essere una strada applicabile anche in Italia?
«Non credo, i contesti sono completamente diversi. Nel nostro Paese non sarebbe facilmente pensabile quello che è successo due anni fa in Belgio, dove la polizia ha fatto irruzione nella sala nella quale si stava svolgendo l’assemblea dei vescovi e li ha tenuti segregati per ore».

Fino a qualche tempo fa, in alcuni casi, i parroci sospettati di abusi venivano spostati da una parrocchia all’altra. Era un sistema valido per fronteggiare la pedofilia?
«Stando a quanto si racconta del passato, mi sembra che potesse essere utile nel caso di un prete autore incidentalmente di una violenza. In questo modo lo si distoglieva dalla grave situazione che aveva creato, salvo il corso della giustizia. Nell’ipotesi, invece, di un sacerdote affetto da vizio conclamato di pedofilia questo ipotetico sistema non faceva altro che trasferire il danno».

Il diritto canonico non prevede un obbligo esplicito di denuncia, da parte di un vescovo, del prete sospettato di abusi. Come mai?
«Semplicemente, perché il vescovo non è un ufficiale civile. Inoltre, trovandosi a raccogliere informazioni strettamente personali, è tenuto al segreto. Bisogna, però, chiarire un punto».

Prego.
«Quando al vescovo giungesse notizia di qualche sospetto su un prete, significherebbe che il fatto è conosciuto e normalmente in questo caso la magistratura è già stata informata. Se non fosse così, il pastore cercherebbe comunque di convincere in tutti i modi il sacerdote a costituirsi».

E secondo lei un pedofilo va dalla polizia?
«Lo si spera, anche per non aggravare la sua posizione».

Giovanni Panettiere

(da “Il Resto del Carlino”, 8 marzo 2012)


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