Sulla conversione di
Magdi Allam. Riflessioni e documenti
Il battesimo di Magdi Allam da parte
di Benedetto XVI durante la Veglia pasquale trasmessa in mondovisione ha suscitato un profondo
disagio in molta parte del mondo cattolico. A me ricorda lo sbigottimento
seguito alla proibizione dei funerali religiosi a Piergiorgio Welby.
Le mie riflessioni, e quelle di tanti altri, sono
relative alle modalità mediatiche di questo battesimo, volute e molto bene
organizzate, del tutto lontane dalla riservatezza e dalla profonda spiritualità
richiesta da un atto come quello del battesimo così legato alla coscienza del
catecumeno ed alla comunità locale, la parrocchia, luogo proprio per l’ingresso
nella comunità dei credenti.
La mia sofferenza, e quella di tanti altri, è dovuta al fatto che si è voluto esibire il
messaggio della possibile conversione dall’islam al cristianesimo con persona notissima per le sue posizioni
reazionarie in materia di islam da lui considerato in blocco come
fondamentalista e contro il quale da tempo fa campagna insistente e pesante
dalle pagine del primo quotidiano del nostro paese. Anche la lettera dello
stesso Magdi Allam pubblicata sul “Corriere”, in contemporanea al battesimo,
conferma ed approfondisce le caratteristiche della sua scelta di fede (pur,
ovviamente, in sè più che legittima) ed indica anche che egli si è collegato
agli ambienti cattolici poco simpatizzanti del Concilio Vaticano II ed, in
particolare, a Comunione e Liberazione. E’questo forse un segnale di dialogo nei confronti
dell’islam? O piuttosto non è un pesante dispetto che si intreccia, in modo del
tutto contradditorio, con il dialogo che pure
si vuole stabilire, per esempio, con i 138 saggi dell’islam,
autori della ben nota lettera al Papa ?
E’ mai possibile che il Papa non
fosse consapevole della gravità della sua scelta di amministrare questo
battesimo in questo modo ? Le reazioni potevano essere previste : disagio e
disorientamento , a quanto si capisce, ci sono nella stessa curia vaticana
mentre i media arabi sono stati
esplicitamente critici. E Aref Ali
Nayed, ispiratore della Lettera dei 138, ha diffuso un commento molto
duro. Di qui la necessità di fare in
parte marcia indietro (come testimonia il confronto tra le due dichiarazioni
del direttore della sala stampa della S.Sede del 23 e del 27 marzo).
Al nostro nuovo fratello in Cristo Magdi Cristiano Allam
vorrei proporre di avvicinarsi meglio al
messaggio di pace e di fraternità del Vangelo nei confronti di tutte le
fedi e di tutte le culture e di
praticare la sua fede in modo sommesso e non esibito.
Roma 29 marzo 2008 Vittorio
Bellavite
Per un approfondimento di tutta la vicenda abbiamo raccolto
un piccolo dossier che contiene :
—articolo di Luigi Sandri sull’Adige” del 28 marzo
—lettera aperta di Massimo Ferè di Pax Christi a Magdi
Allam
—riflessioni di don Aldo Antonelli
—intervento di Aref Ali Nayed, promotore della Lettera dei
138 Saggi dell’Islam al popolo cristiano
—testo integrale della lettera di Magdi Allam al “Corriere della sera” del
23 marzo
—Dichiarazioni del Direttore della Sala Stampa del
Vaticano del 23 e del 27 marzo
Sulla conversione
di Magdi Allam
di Luigi Sandri
(dall’Adige del 28 marzo 2008)
Per ragioni di metodo e di merito, la conversione al cattolicesimo
di Magdi Allam nella notte di Pasqua oltrepassa, ci sembra, il caso personale,
aprendo problemi complessi sui quali anche noi vogliamo dire la nostra opinione
(ovviamente… opinabile).
Conquista «non
negoziabile» della modernità è il rispetto della libertà religiosa, in linea di
principio e di fatto; le Chiese hanno impiegato più tempo ad arrivare a questo
approdo:
cattolica romana vi è giunta solo nel 1965, durante il Concilio Vaticano II,
con la dichiarazione «Dignitatis humanae».
Sarà bene
ricordare che per secoli il magistero papale e conciliare rifiutò assolutamente
il principio della libertà religiosa, ritenendo che non si potessero mettere
sullo stesso piano tutte le religioni,
ma, al contrario, che tutti dovessero accogliere la «unica vera religione»,
quella cristiana. Sempre si affermò, anche, che l’atto di fede doveva essere
libero; ma, nel contempo, nella «Societas christiana», si tentò di punire chi
non aderisse a quella fede o, peggio, l’abbandonasse. Il Concilio Lateranense
IV (1215) concesse la stessa indulgenza – remissione della pena legata ai
propri peccati – che si dava ai Crociati anche «a coloro che avessero
sterminato gli eretici»: in quel caso, i catari della Francia meridionale, poi
uccisi a migliaia. Il rogo, spesso usato dall’Inquisizione contro gli «eretici»
(così definiti, si badi, dal potere dominante), rientrava nella stessa logica:
non s’ammetteva che un cattolico avesse idee teologiche difformi dal magistero
ufficiale. Tra il Cinquecento e il Seicento «guerre di religione»
insanguinarono l’Europa: non cristiani contro musulmani, ma cristiani cattolici
contro cristiani protestanti.
Nell’Ottocento,
Gregorio XVI e Pio IX definirono «delirio» la
tesi di chi – seguace dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese –
rivendicava il principio della libertà religiosa: secondo quei papi, sarebbe
stato assurdo porre sullo stesso piano il diritto alla verità e quello
all’errore, la «vera religione» (cattolica) con la «eresia». Invece, il
Vaticano II affermerà: il diritto di seguire le proprie idee religiose è
costitutivo della persona umana; spetterà a Dio, poi, giudicarla se avrà
seguito o no quella che in coscienza pensava essere la verità; e
proclamare quella che ritiene la verità, ma dovrà rispettare chi non la segue.
Tuttavia, anche il nuovo Codice di Diritto canonico, varato da papa Wojtyla nel
1983, persiste nel definire «apostata» chi «ripudia la fede cristiana», e
questi è scomunicato. Una condanna che oggi non ha effetti civili; ma un tempo…
L’Islam – nella
sua concreta attuazione storica – ha faticato anch’esso ad accettare il
principio della libertà religiosa. In realtà, essa è affermata con chiarezza da
alcuni passaggi del Corano, ma messa in ombra da altri. O, meglio, se il Corano
riconosce il diritto di cristiani ed ebrei a seguire la propria religione,
ritiene però inammissibile che un musulmano ripudi l’Islam, la «vera religione»
che corona l’Ebraismo e il Cristianesimo. Dal punto di vista teologico, il suo
atteggiamento è analogo a quello del magistero cattolico; la differenza, oggi,
è nella legislazione civile. Infatti, in alcuni paesi islamici la «apostasia»
può essere punita, per legge, con la morte; e questo perché l’interconnessione
tra legislazione civile e legislazione religiosa è inestricabile, oppure solo
altri paesi musulmani non è la legislazione civile, ma la mentalità diffusa che
pretende perfino l’eliminazione fisica dell’«apostata».
Merito grande
dell’Occidente è aver affermato, erga
omnes, verso tutti, come principio fondante, il diritto alla libertà
religiosa, e dunque il diritto a cambiare religione. La legislazione civile
nulla ha da dire in proposito, se non quello di rispettare, e far rispettare,
tale diritto. Anche come semplici osservatori, dunque – e veniamo alla cronaca
– per Magdi Allam dovremmo solo dire che era un suo pienissimo diritto cambiare
religione, e farsi cattolico. Ma, nel suo caso, vi sono circostanze
«aggiuntive» che fanno problema. A parte le affermazioni del neo-convertito,
che definisce l’Islam «fisiologicamente violento» (generalizzazione che ignora
i milioni di musulmani, uomini e donne, che danno esempi di altruismo e di
rispetto anche per i non musulmani), la questione cruciale è che a battezzarlo
sia stato il papa in persona, in una cerimonia trasmessa per televisione.
In Medio Oriente e
nel Sud-Est asiatico, oggi la religione è pretesto per guerre che in realtà si
combattono per motivi politici e per il petrolio; e certamente vi sono gruppi –
come quelli legati a Bin Laden – disposti a tutto per punire l’Occidente
«cristiano» (il cristiano George W. Bush ha invocato Dio per attaccare l’Iraq),
e per eliminare gli «apostati» dall’Islam. In tale, aspro contesto, se il capo
della Chiesa cattolica pubblicamente battezza un (ex) musulmano, ben noto per
le sue battaglie ideologiche anti-islamiche, compie un gesto gravido di
conseguenze, perché da alcuni (non da tutti) sarà considerato provocatorio.
Al di là delle
smentite ufficiali, e delle intenzioni, nei fatti Benedetto XVI ha lanciato un
guanto di sfida all’Islam, per affermare il diritto alla libertà religiosa e,
ancor più, sottolineare «urbi et orbi» che unico salvatore del mondo è Cristo,
e unica Chiesa pienamente tale quella guidata dal pontefice romano. Tutto si
può fare: ma, dopo il già deplorato incidente di Ratisbona (nel 2006, citando
un imperatore bizantino, Ratzinger aveva detto: il profeta Muhammad ha portato
«solo cose cattive e disumane»), l’affermata volontà papale di voler dialogare
con l’Islam (ribadita dal papa in Turchia; e tema dell’incontro che dovrebbe
esserci a Roma, nel novembre prossimo, tra personalità musulmane e cattoliche)
viene svuotata da gesti come quello della notte di Pasqua. Del resto, se Magdi
Allam voleva il battesimo, perché mai le autorità ecclesiastiche non gli hanno
consigliato di celebrarlo nella sua parrocchia? Non dovrebbe essere la piccola
Chiesa locale in cui abitualmente vive ad accoglierlo, senza clamore? L’eccesso
di visibilità che il Vaticano ha voluto dare a questo battesimo ha oscurato,
agli occhi di molti, il senso stesso del proclamarsi discepolo di Gesù.
Lettera di Massimo Ferè di Pax Christi a Magdi Allam
Milano, 24 marzo
Giornata dei nuovi martiri
missionari
Caro Magdi Allam
fratello nella fede in Gesù di Nazareth
ho assistito con sentimenti
contrastanti al tuo ingresso nel popolo dei battezzati in Cristo avvenuto nella
notte di Pasqua. Per questo ho scelto di scriverti fraternamente, così come la
parresia cristiana mi impone di fare e così come è giusto e importante fare tra
fratelli nella fede.
Non voglio qui entrare nel merito
o polemizzare in alcun modo sulle tue numerose e articolate posizioni
sull’Islam e sul contesto del Medio Oriente espresse in tanti libri, articoli e
interviste; posizioni che mi hanno sempre visto dialetticamente e
diametralmente opposto alla tua visione. Così come non voglio entrare nel
merito del tuo cammino personale di avvicinamento alla fede cristiana, per il quale
c’è e ci deve essere il massimo rispetto mio e, è doveroso chiederlo ad alta
voce, il rispetto di tutti gli uomini e le donne del mondo.
Ti scrivo oggi perché, domenica
mattina – giorno della Pasqua, ho colto una profonda e radicale dicotomia, quasi
uno iato, tra l’annuncio che “Gesù, il crocefisso, è Risorto” e il tono e le
tante espressioni che tu hai usato nella lettera che hai scritto al Corriere
della Sera. Una dicotomia che mi inquieta e mi preoccupa proprio sul terreno
della fede cristiana.
Perché dico questo?
Perché credo che il frutto del
Battesimo dovrebbe essere quello di diventare una “creatura nuova” e il frutto
e l’impegno della vita Sacramentale dovrebbero essere l’”innestarsi” in Cristo,
Uomo-Dio morto e risorto per noi. Volto e presenza del Padre che ha detto al
mondo, a tutto il mondo indistintamente, la sua passione ed il suo amore
infinto per ogni uomo e ogni donna. Volto e presenza del Padre che, come i
giorni della Settimana Santa ci hanno detto, ha scelto e indicato la nonviolenza,
il perdono e la riconciliazione come cifre profetiche e assolute del suo essere
e del suo agire.
Tutti noi allora, se ci diciamo
cristiani battezzati, siamo chiamati a uniformarci a Lui.
Caro Magdi, te lo dico come tra
fratelli: il Battesimo ti chiama ad amare ogni uomo in modo assoluto, infinito,
nonviolento con lo stesso amore di Dio e ti chiama ad essere protagonista di
percorsi di riconciliazione e di pace!
Caro Magdi, la conversione è
autentica solo se spalanca a questo amore, senza sconti, senza riserve, senza
calcoli o considerazioni sociologiche o politiche!
Per l’innesto in questo amore,
tanti uomini e tante donne hanno scelto di amare in profondità i fratelli e le
sorelle mussulmane e ci hanno detto come sia possibile una convivenza pacifica
e la costruzione di un futuro comune: penso a Mons Tessier in Algeria, penso a
Mons Warduni e a Mons Sako in Iraq, penso alla passione e agli sforzi
dell’indimenticabile Chiara Lubich. E quanti altri!
Per l’innesto in questo amore
tanti uomini e tante donne hanno scelto di amare così tanto in profondità i
fratelli e le sorelle mussulmane da mettere la propria vita nelle loro mani
anche scegliendo di vivere nel mezzo di situazioni dove il rischio era
altissimo. E l’esito è stato la morte. Ma una morte donata e rischiarata dalla
luce del perdono. Penso a Fr Charles de Foucauld, penso a Mons Claverie, penso
ai monaci di Tibhirine, penso a don Andrea Santoro.
Vite donate nella condivisione e
nel silenzio, come quella di Gesù. Vite che oggi ricordiamo in questa giornata
dedicata ai nuovi martiri. Eppure è nella loro testimonianza che sentiamo la
forza dirompente e inesauribile della vita nuova che ci chiama … ad amare.
E’ questo amore totale l’unica
Verità che rende liberi e capaci di riconciliazione! Cioè capaci di spezzare la
spirale della violenza e dell’odio, ovunque questi si annidino.
Non la fredda Verità del
ragionamento e delle analisi sociali, culturali e politiche.
I sacramenti che tu hai ricevuto, caro Magdi, ti chiamano
a nulla dimeno di questo amore, anche per i tuoi e nostri fratelli mussulmani!
Certo, in questo amore può
esserci, anzi ci può e ci deve essere
talvolta il rimprovero, la denuncia … ma sempre preceduto dal dire al
fratello: ti amo al punto che sono disposto a morire per te. Ti amo al punto da
starti così vicino e da appassionarmi così tanto a te, alla tua vita … da
togliermi i mie vestiti e da indossare i tuoi, così da vedere il mondo con i
tuoi occhi. Perché solo così, nell’abbracciare la complessità della tua vita, posso capirti e
ascoltarti veramente. Ti amo, e solo in questo amore, ti rimprovero come un
fratello se la tua via è una via di morte.
Come puoi conciliare allora il gesto maturo che hai voluto
vivere nella notte di Pasqua e che ti chiama ad essere simile a questo Padre
d’amore, con le parole e le espressioni che hai voluto usare con una lettera
pubblica, sul Corriere, nel giorno stesso della Pasqua? Espressioni di astio,
di separazione, di durezza violenta, prive della benché minima intenzione di
percorrere strade di riconciliazione. Come è possibile? Certo posso comprendere
la paura e gli stati d’animo che possono generare le parole di “condanna a
morte” che in passato hai ricevuto.
Ma, caro Magdi, colpisce che
nel momento in cui dici di abbracciare la scelta della fede cristiana, tu senta
il bisogno di esprimerti subito e pubblicamente con i toni più duri, enfatici,
brutali … totalmente privi di amore per tutti gli uomini e le donne che vedono
in Allah il Misericordioso il loro Dio. Colpisce l’assolutezza del giudizio che
non fa sconti a nessuno e non coglie per nulla la complessità enorme del mondo
Islamico e la capacità di bene che vi abita e che tantissimi testimoniano.
Un’assolutezza che ha davvero solo il sapore del tentativo di lanciare una
crociata sociale e politica.
Caro Magdi, il Battesimo e i Sacramenti sono cosa seria!
Le analisi sociologiche
lasciamole al tempo e ai luoghi delle analisi sociologiche.
Le battaglie culturali lasciamole
al tempo e ai luoghi delle battaglie culturali
Le prese di posizione politiche
lasciamole al tempo e ai luoghi della battaglie politiche …
Ma non tocchiamo la fede e la
sua purezza!
Sono certo che chi ti ha
preparato a questo grande momento ti abbiamo indicato le vie del Vangelo e
della conversione. Sono certo che ti ha preparato ad immergerti con Cristo
nella morte per risorgere a vita nuova ti ha anche detto che da oggi hai
dignità “regale, sacerdotale e
profetica” ma sul modello di Gesù, umile e povero che si cinge i fianchi
per lavare i piedi ai fratelli e che si lascia ammazzare senza proferire
parola.
Ti faccio un invito allora, che
possa essere di crescita e di conversione vera.
Regalati un viaggio sulle orme dei tanti testimoni della
fede cristiana nel cuore dell’Islam e cerca di aprirti a fondo a comprendere il
significato del gesto che hai vissuto e che ti innesta in Cristo Gesù … E parti
da Tibhirine, in Algeria, il luogo dei martiri monaci, meditando in profondità
sulle parole del loro priore che sotto riporto.
Caro Magdi: non appaia che io
abbia la pretesa di dirti cosa voglia dire essere cristiani o no. Ognuno di noi
vive con fatica questa ricerca quotidianamente. Ma sicuramente posso dirti:
attenzione! Non ti sei convertito a un credo civile di valori, non ti sei
convertito a un pensiero, non ti sei convertito ad una battaglia culturale o ad
una civiltà.
Ti sei convertito alla fede in un
uomo che si è detto Dio, Gesù di Nazareth, scegliendo la sua vita e la sua via.
Possa tutta la sua Chiesa essere
sempre e solo testimone di Lui e della sua luce.
Possa non correre il rischio di
cedere a logiche diverse.
Buon cammino!
SHALOM, SALAAM, PACE
Massimo Ferè
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Testamento spirituale del Padre
Christian de Chergé
aperto la domenica di Pentecoste
26 maggio 1996
Quando si profila un ad-Dio
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere
vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che
vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia
si ricordassero che la mia vita era donata
a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita
non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me:
come potrei essere trovato degno di tale offerta ? Che sapessero associare
questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza
dell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In
ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi
complice del male che sembra, ahimé, prevalere nel mondo, e anche di quello che
potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi
permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in
umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse
colpito.
Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo.
Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che un popolo che amo sia
indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno la
"grazia del martirio", il doverla a un algerino chiunque egli sia,
soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’islam.
So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini
globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo
incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa
via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.
L’Algeria e l’islam, per me, sono un’altra cosa; sono un corpo e
un’anima. L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho
concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo
imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa, proprio in
Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno
rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: "Dica adesso quel che ne
pensa!". Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più
lancinante curiosità.
Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del
Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, totalmente
illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del
dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione
e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo
grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo grazie, in cui
tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e
di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie
sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che
facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie
e questo ad-Dio profilatosi con te. E
che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio,
Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah
Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio
1994
+Christian
Magdi Allam ovvero: L’uso politico della Conversione!
Corrispondenza e riflessioni
di don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano
E così,
dopo l’uso
politico della Religione (vedi Giuliano Ferrara e il fu Marcello Pera)
e
l’uso religioso della politica (vedi Bendetto XVI e il fu Camillo Ruini)
eccoci
all’uso politico della Conversione!
L’amico
Salvatore scrive:
Caro don
Aldo,
Confesso
che la conversione al Cristianesimo di Magdi Allam in mondovisione mi ha dato
piuttosto fastidio.
Naturalmente
non per un fatto di merito, ma per la scelta – che mi pare tutta
politica – di farlo in diretta televisiva davanti a tutto il mondo,
chiaramente voluta sia dall’interessato che dalla gerarchia vaticana.
Mi
sembra che si sia voluto dare una specie di prova di forza, con un
messaggio implicito del tipo "Gli arabi civili, istruiti ed integrati nel
mondo occidentale stanno con noi e non con l’Islam".
In questo
gesto, come in altri simili, tipici dello stile del cardinal Ruini e di papa
Ratzinger, non vedo niente di utile per aumentare la tolleranza ed il rispetto
tra le diverse fedi, che vengono spesso dichiarate e poco praticate.
Qual’è la
tua opinione in merito?
Rispondo.
Caro
Salvatore,
il tuo
disagio è anche mio, mentre la tua impressione per me è molto più che tale.
Ormai
bisogna prendere atto che la gerarchia (grazie a Dio non tutta) che si ritrova
in Ruini ed ha espresso nell’elezione di Benedetto XVI la propria identità
programmatica è affetta da un vero e proprio autismo. Avendo perso il
contatto con le realtà ha finito di rinchiudersi in se stessa, unicamente
ossessionata di propagandare se stessa più che comunicare con l’Altro.
Da tempo in
Vaticano sono scomparse la Parabole della ricezione e si sono potenziate le
antenne per la trasmissione. Da quella parte, ormai, non si ascolta più, non ci
sono più orecchi, ma una sola, enorme bocca che parla, parla, parla.
Già J.B.Metz ebbe a stigmatizzare questo scandalo, denunciando
un unidirezionalismo intraecclesiale nel quale il centro divorava la periferia:
"Le Chiese del Terzo Mondo ci inviano impulsi di rinnovamento che noi non
riceviamo o non accogliamo del tutto, perché li subordiniamo troppo rapidamente
alle nostre concezioni note e spesso logore". Ora questo movimento a senso
unico ha invaso anche i rapporti Chiesa-Mondo. Di qui questa mediatizzazione
sovraespositiva di ogni evento, di ogni parola, di ogni gesto: dai
discorsi del mercoledì agli angelus della domenica, dalle visite del papa alle
parrocchie alle messe in piazza San Pietro, dalle assoluzioni papali ai
battesimi "capitali". Il giorno di Pasqua ho voluto ricordare
ai miei parrocchiani che il luogo proprio della chiesa non sono le piazze
con il loro trambusto bensì la coscienza delle persone, con la
"riservatezza" che le è propria. Lo spunto lo prendevo dal racconto
che Pietro fa della Resurrezione, quando dice testualmente: "Dio lo ha
risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo,
ma a testimoni prescelti da Dio…" (Atti 10, 40-41). Questa discrezione e
questa riservatezza nella vita di Gesù sono una costante. La sua nascita
avviene "dum medium silentium tenerent omnia". Prima della
trasfigurazione nel Tabor Gesù, anche lì, sceglie dolo due dei suoi discepoli.
Nell’Orto degli Ulivi porta con sè solo Pietro e "i due figli di
Zebedeo". Insomma questa bulimia mediatica di una chiesa tutta
autoreferenziale non ha niente a che spartire con l’etica evangelica e lo stile
del suo fondatore. La "conversione" di Magdi Allam anche a me pone
degi dubbi, ma mi crea ancor più problemi la necessaria e, per ora, lontana
"conversione dei convertiti".
Aldo
"Un infelice episodio che riafferma
la famigerata lezione di Ratisbona"
di Aref Ali Nayed , promotore della lettera dei 138 Saggi al mondo
cristiano
In quanto fede, l’islam è un dono divino. In quanto dono, è dato da Dio per
grazia. Come una persona risponde a questo dono è materia profondamente intima
tra questa persona e Dio.
L’anima di Magdi Allam è conosciuta nel massimo grado, e giudicata, dal suo
Creatore. È Dio che lo giudicherà su come ha risposto al dono della fede. Egli
è responsabile davanti al suo Creatore nei limiti della sua libertà e capacità.
Il fatto che Allam abbia ricevuto la comunione cattolica in giovane età sotto
l’influenza dei suoi primi maestri cattolici sembra indicare che egli fu
cristianizzato da quando era bambino. Per effetto di questa sua iniziale
educazione cattolica, risulta che egli non ha mai sostenuto o praticato le
dottrine dell’islam.
Il caso di Allam ci richiama, una volta di più, la legittima preoccupazione di
molti esperti musulmani circa l’abuso di fiducia che talvolta si ha quando dei
genitori musulmani, a motivo di fattori economici o d’altro genere, mandano i
loro figli in scuole cattoliche. Ciò che accade ai bambini, inclusi i
musulmani, nelle scuole cattoliche è una materia che deve essere discussa ogni
volta che si affronta la "dignità umana" nelle discussioni che
verranno. L’uso delle scuole per far proselitismo è una delle questioni
importanti da discutere.
Quanto alla deliberata e provocatoria decisione del Vaticano di battezzare
Allam in un’occasione tanto speciale e in un modo così spettacolare, è
sufficiente dire quanto segue:
1. È triste che l’atto intimo e personale di una conversione religiosa sia
trasformato in un mezzo trionfalistico per marcare punti di vantaggio. Una
simile strumentalizzazione di una persona e della sua conversione è contraria
ai principi base di affermazione della dignità umana. In più, arriva nel
momento più infelice. quando onesti esponenti musulmani e cattolici stanno
lavorando con molto impegno per sanare le fratture tra le due comunità.
2. È triste che la particolare persona scelta per tale gesto altamente pubblico
abbia una storia che ha generato, e continua a generare, discorsi di odio. Il
messaggio base dell’ultimo articolo di Allam è identico al messaggio
dell’imperatore bizantino citato dal papa nella sua famigerata lezione di
Ratisbona. Non si va lontano dal vero nel vedere ciò come un altro modo di
riaffermare il messaggio di Ratisbona (che il Vaticano insiste a dire che non fu
capito). È ora importante per il Vaticano prendere le distanze dalle posizioni
di Allam. O forse i musulmani devono assumere il battesimo di alta visibilità
amministrato dal papa come un appoggio papale alle posizioni di Allam riguardo
la natura dell’islam (che non a caso coincidono con il messaggio di Ratisbona)?
3. È triste che Benedetto XVI scelga di porre come messaggio fondamentale del
suo discorso religioso durante la speciale celebrazione della Pasqua una
contrapposizione quasi manichea tra i simboli delle "tenebre" e della
"luce", dove le "tenebre" sono assegnate agli
"altri" e la luce a "sé". Ed è pure triste che l’idea di
"pace" espressa in tale discorso si riduca a portare gli "altri"
nell’ovile attraverso il battesimo. Da parte di Roma, un discorso così
totalitario è tutto tranne che d’aiuto.
L’intero spettacolo con la sua coreografia, il personaggio e i messaggi provoca
sinceri interrogativi circa i motivi, le intenzioni e i piani di qualcuno dei
consulenti del papa sull’islam. Ciò nondimeno, non lasceremo che questo
infelice episodio ci distolga dal nostro sforzo di perseguire "Una Parola
Comune" per il bene dell’umanità e della pace mondiale. La nostra base di
dialogo non è una logica di reciprocità "occhio per occhio". È
piuttosto una teologia compassionevole per "riparare i ponti tra
noi", per favorire l’amore di Dio e del prossimo.
24 marzo 2008
Testo integrale della lettera
di Magdi Allam al “Corriere della sera” (23 marzo 2008) per motivare la
sua conversione
Ha ricevuto il Battesimo
dal Papa in occasione della Veglia pasquale
ROMA, domenica, 23 marzo 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il racconto del percorso
interiore che ha portato Magdi Allam a scegliere la religione cattolica dopo una
approfondita riflessione sull’islam.
* * *
Cari Amici,
Sono particolarmente lieto di condividere con voi la mia immensa
gioia per questa Pasqua di Resurrezione che mi ha portato il dono della fede
cristiana. Vi propongo volentieri la lettera da me inviata al Direttore del Corriere
della Sera, Paolo Mieli, in cui racconto il percorso interiore che mi ha
portato alla scelta della conversione al cattolicesimo. Questa è la versione
integrale della lettera che è stata pubblicata, solo parzialmente, oggi dal Corriere
della Sera.
* * *
Caro Direttore,
Ciò che ti sto per riferire concerne una mia scelta di fede
religiosa e di vita personale che non vuole in alcun modo coinvolgere il Corriere
della Sera di cui mi onoro di far parte dal 2003 con la qualifica di
vice-direttore ad personam. Ti scrivo pertanto da protagonista della
vicenda come privato cittadino.
Ieri sera mi sono convertito alla religione cristiana cattolica,
rinunciando alla mia precedente fede islamica. Ha così finalmente visto la
luce, per grazia divina, il frutto sano e maturo di una lunga gestazione
vissuta nella sofferenza e nella gioia, tra la profonda e intima riflessione e
la consapevole e manifesta esternazione. Sono particolarmente grato a Sua
Santità il Papa Benedetto XVI che mi ha impartito i sacramenti dell’iniziazione
cristiana, Battesimo, Cresima e Eucarestia, nella Basilica di San Pietro nel
corso della solenne celebrazione della Veglia Pasquale. E ho assunto il nome
cristiano più semplice ed esplicito: “Cristiano”. Da ieri sera dunque mi chiamo
Magdi Cristiano Allam.
Per me è il giorno più bello della vita. Acquisire il dono della
fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo
Padre è, per un credente, un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile.
A quasi 56 anni, nel mio piccolo, è un fatto storico, eccezionale e
indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al
passato. Il miracolo della Risurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia
anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l’odio e
l’intolleranza nei confronti del “diverso”, condannato acriticamente quale
“nemico”, primeggiano sull’amore e il rispetto del “prossimo” che è sempre e
comunque “persona”; così come la mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di
un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta
che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia,
permettendomi di aderire all’autentica religione della Verità, della Vita e
della Libertà.
Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù,
ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e
Ragione. La mia conversione al cattolicesimo è il punto d’approdo di una
graduale e profonda meditazione interiore a cui non avrei potuto sottrarmi,
visto che da cinque anni sono costretto a una vita blindata, con la vigilanza
fissa a casa e la scorta dei carabinieri a ogni mio spostamento, a causa delle
minacce e delle condanne a morte inflittemi dagli estremisti e dai terroristi
islamici, sia quelli residenti in Italia sia quelli attivi all’estero.
Ho dovuto interrogarmi sull’atteggiamento di coloro che hanno
pubblicamente emesso delle fatwe, dei responsi giuridici islamici,
denunciandomi, io che ero musulmano, come “nemico dell’islam”, “ipocrita perché
è un cristiano copto che finge di essere musulmano per danneggiare all’islam”,
“bugiardo e diffamatore dell’islam”, legittimando in tal modo la mia condanna a
morte. Mi sono chiesto come fosse possibile che chi, come me, si è battuto
convintamente e strenuamente per un “islam moderato”, assumendosi la
responsabilità di esporsi in prima persona nella denuncia dell’estremismo e del
terrorismo islamico, sia finito poi per essere condannato a morte nel nome
dell’islam e sulla base di una legittimazione coranica. Ho così dovuto prendere
atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno
degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del
male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente
conflittuale.
Parallelamente la Provvidenza mi ha fatto incontrare delle persone
cattoliche praticanti di buona volontà che, in virtù della loro testimonianza e
della loro amicizia, sono diventate man mano un punto di riferimento sul piano
della certezza della verità e della solidità dei valori. A cominciare da tanti
amici di Comunione e Liberazione con in testa don Juliàn Carròn; a religiosi
semplici quali don Gabriele Mangiarotti, suor Maria Gloria Riva, don Carlo Maurizi
e padre Yohannis Lahzi Gaid; alla riscoperta dei salesiani grazie a don Angelo
Tengattini e don Maurizio Verlezza culminata in una rinnovata amicizia con il
Rettore maggiore Don Pascual Chavez Villanueva; fino all’abbraccio di alti
prelati di grande umanità quali il cardinale Tarcisio Bertone, monsignor Luigi
Negri, Giancarlo Vecerrica, Gino Romanazzi e, soprattutto, monsignor Rino
Fisichella che mi ha personalmente seguito nel percorso spirituale di
accettazione della fede cristiana. Ma indubbiamente l’incontro più
straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con
il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua
maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento
dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da
cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi
ha riservato.
Il mio è un percorso che inizia da quando all’età di quattro anni,
mia madre Safeya – musulmana credente e praticante – per il primo della serie
di “casi” che si riveleranno essere tutt’altro che fortuiti bensì parte
integrante di un destino divino a cui tutti noi siamo assegnati –mi affidò alle
cure amorevoli di suor Lavinia dell’Ordine dei Comboniani, convinta della bontà
dell’educazione che mi avrebbero impartito delle religiose italiane e
cattoliche trapiantate al Cairo, la mia città natale, per testimoniare la loro
fede cristiana tramite un’opera volta a realizzare il bene comune. Ho così iniziato
un’esperienza di vita in collegio, proseguita dai salesiani dell’Istituto Don
Bosco alle medie e al liceo, che mi ha complessivamente trasmesso non solo la
scienza del sapere ma soprattutto la coscienza dei valori.
E’ grazie ai religiosi cattolici che io ho acquisito una
concezione profondamente e essenzialmente etica della vita, dove la persona
creata a immagine e somiglianza di Dio è chiamata a svolgere una missione che
s’inserisce nel quadro di un disegno universale ed eterno volto alla risurrezione
interiore dei singoli su questa terra e dell’insieme dell’umanità nel Giorno
del Giudizio, che si fonda nella fede in Dio e nel primato dei valori, che si
basa sul senso della responsabilità individuale e sul senso del dovere nei
confronti della collettività. E’ in virtù dell’educazione cristiana e della
condivisione dell’esperienza della vita con dei religiosi cattolici che io ho
sempre coltivato una profonda fede nella dimensione trascendentale, così come
ho sempre ricercato la certezza della verità nei valori assoluti e universali.
Ho avuto una stagione in cui la presenza amorevole e lo zelo
religioso di mia madre mi hanno avvicinato all’islam, che ho periodicamente
praticato sul piano cultuale e a cui ho creduto sul piano spirituale secondo
un’interpretazione che all’epoca, erano gli anni Sessanta, corrispondeva
sommariamente a una fede rispettosa della persona e tollerante nei confronti
del prossimo, in un contesto – quello del regime nasseriano – dove prevaleva il
principio laico della separazione della sfera religiosa da quella secolare.
Del tutto laico era mio padre Mahmoud al pari di una maggioranza
di egiziani che avevano l’Occidente come modello sul piano della libertà
individuale, del costume sociale e delle mode culturali ed artistiche, anche se
purtroppo il totalitarismo politico di Nasser e l’ideologia bellicosa del
panarabismo che mirò all’eliminazione fisica di Israele portarono alla
catastrofe l’Egitto e spianarono la strada alla riesumazione del panislamismo,
all’ascesa al potere degli estremisti islamici e all’esplosione del terrorismo
islamico globalizzato.
I lunghi anni in collegio mi hanno anche consentito di conoscere
bene e da vicino la realtà del cattolicesimo e delle donne e degli uomini che
hanno dedicato la loro vita per servire Dio in seno alla Chiesa. Già da allora
leggevo la Bibbia e i Vangeli ed ero particolarmente affascinato dalla figura
umana e divina di Gesù. Ho avuto modo di assistere alla santa messa ed è anche
capitato che, una sola volta, mi avvicinai all’altare e ricevetti la comunione.
Fu un gesto che evidentemente segnalava la mia attrazione per il cristianesimo
e la mia voglia di sentirmi parte della comunità religiosa cattolica.
Successivamente, al mio arrivo in Italia all’inizio degli anni
Settanta tra i fumi delle rivolte studentesche e le difficoltà
all’integrazione, ho vissuto la stagione dell’ateismo sventolato come fede, che
tuttavia si fondava anch’esso sul primato dei valori assoluti e universali. Non
sono mai stato indifferente alla presenza di Dio anche se solo ora sento che il
Dio dell’Amore, della Fede e della Ragione si concilia pienamente con il
patrimonio di valori che si radicano in me.
Caro Direttore, mi hai chiesto se io non tema per la mia vita,
nella consapevolezza che la conversione al cristianesimo mi procurerà
certamente un’ennesima, e ben più grave, condanna a morte per apostasia. Hai
perfettamente ragione. So a cosa vado incontro ma affronterò la mia sorte a
testa alta, con la schiena dritta e con la solidità interiore di chi ha la
certezza della propria fede. E lo sarò ancor di più dopo il gesto storico e
coraggioso del Papa che, sin dal primo istante in cui è venuto a conoscenza del
mio desiderio, ha subito accettato di impartirmi di persona i sacramenti
d’iniziazione al cristianesimo. Sua Santità ha lanciato un messaggio esplicito
e rivoluzionario a una Chiesa che finora è stata fin troppo prudente nella
conversione dei musulmani, astenendosi dal fare proselitismo nei paesi a
maggioranza islamica e tacendo sulla realtà dei convertiti nei paesi cristiani.
Per paura. La paura di non poter tutelare i convertiti di fronte alla loro
condanna a morte per apostasia e la paura delle rappresaglie nei confronti dei
cristiani residenti nei paesi islamici. Ebbene oggi Benedetto XVI, con la sua
testimonianza, ci dice che bisogna vincere la paura e non avere alcun timore
nell’affermare la verità di Gesù anche con i musulmani.
Dal canto mio dico che è ora di porre fine all’arbitrio e alla
violenza dei musulmani che non rispettano la libertà di scelta religiosa. In
Italia ci sono migliaia di convertiti all’islam che vivono serenamente la loro
nuova fede. Ma ci sono anche migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo
che sono costretti a celare la loro nuova fede per paura di essere assassinati
dagli estremisti islamici che si annidano tra noi. Per uno di quei “casi” che
evocano la mano discreta del Signore, il mio primo articolo scritto sul Corriere
il 3 settembre 2003 si intitolava “Le nuove catacombe degli islamici
convertiti”. Era un’inchiesta su alcuni neo-cristiani in Italia che denunciano
la loro profonda solitudine spirituale ed umana, di fronte alla latitanza delle
istituzioni dello Stato che non tutelano la loro sicurezza e al silenzio della
stessa Chiesa. Ebbene mi auguro che dal gesto storico del Papa e dalla mia
testimonianza traggano il convincimento che è arrivato il momento di uscire
dalle tenebre dalle catacombe e di affermare pubblicamente la loro volontà di
essere pienamente se stessi. Se non saremo in grado qui in Italia, la culla del
cattolicesimo, a casa nostra, di garantire a tutti la piena libertà religiosa,
come potremmo mai essere credibili quando denunciamo la violazione di tale
libertà altrove nel mondo? Prego Dio affinché questa Pasqua speciale doni la
risurrezione dello spirito a tutti i fedeli in Cristo che sono stati finora
soggiogati dalla paura. Buona Pasqua a tutti.
Cari amici, andiamo avanti sulla via della
verità, della vita e della libertà con i miei migliori auguri di successo e di
ogni bene.
Magdi Allam
DICHIARAZIONE
DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE SUL BATTESIMO DI MAGDI ALLAM–
23 marzo 2008
Il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, P. Federico Lombardi,
S.I., ha rilasciato ieri sera ai giornalisti la seguente dichiarazione:
Nel corso della Veglia pasquale di questa notte il Santo Padre amministrerà
il battesimo a 7 persone, 5 donne e due uomini provenienti da diversi Paesi.
Com’è noto, il Santo Padre amministra normalmente il sacramento del
Battesimo in due circostanze liturgiche. Nella festa del Battesimo del Signore,
nella Cappella Sistina, amministra il battesimo a un gruppo di bambini neonati.
Nella Veglia pasquale invece amministra il Battesimo e gli altri due sacramenti
della iniziazione cristiana (Confermazione e Comunione) a un gruppo di adulti
di diversa nazionalità e condizione, che hanno compiuto il necessario cammino
di preparazione spirituale e catechetica, che nella tradizione cristiana si
chiama "catecumenato".
I catecumeni che riceveranno il Battesimo questa notte provengono
dall’Italia, dal Camerun, dalla Cina, dagli Stati Uniti, dal Perù. Fra di essi
vi è anche il Dr Magdi Allam, noto giornalista di origine egiziana,
vicedirettore "ad personam" del "Corriere della Sera".
Per
cattolica ogni persona che chiede di ricevere il Battesimo dopo una profonda
ricerca personale, una scelta pienamente libera e un’adeguata preparazione, ha
il diritto di riceverlo.
Per parte sua, il Santo Padre amministra il Battesimo nel corso della
liturgia pasquale ai catecumeni che gli sono stati presentati, senza fare
"differenza di persone", cioè considerandoli tutti ugualmente
importanti davanti all’amore di Dio e benvenuti nella comunità della Chiesa.
RADIO VATICANA,
GIOVEDI’ 27 MARZO 2008, ULTERIORE
DICHIARAZIONE SUL BATTESIMO DI MAGDI ALLAM
Osservazioni del nostro direttore, padre Federico
Lombardi, circa la nota del direttore del "Royal Islamic Strategic Studies
Center", il prof. Aref Ali Nayed, in merito al battesimo del giornalista
Magdi Allam
Continua a restare vivo il
dibattito sul battesimo impartito dal Papa nella Veglia Pasquale, al
vicedirettore del Corriere della sera, Magdi Allam, che dopo una lunga ricerca
personale, dall’islam si è convertito al cattolicesimo. Tra le reazioni nel
mondo islamico, spicca la nota del prof. Aref Ali Nayed, direttore del
"Royal Islamic Strategic Studies Center" e figura chiave del nuovo
corso del dialogo islamo-cristiano iniziato con la “Lettera dei 138 Saggi”. Una
nota critica che merita un’attenta considerazione ed alla quale risponde il nostro
direttore padre Federico Lombardi con alcune osservazioni:
Anzitutto, l’affermazione più significativa è senza dubbio la conferma della
volontà dell’Autore di continuare il dialogo di approfondimento e conoscenza
reciproca fra musulmani e cristiani, e non mettere assolutamente in questione
il cammino iniziato con la corrispondenza e i contatti stabiliti nell’ultimo
anno e mezzo fra i saggi musulmani firmatari delle note lettere e il Vaticano,
in particolare tramite il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Questo itinerario deve continuare, è di estrema importanza, non va interrotto,
ed è prioritario rispetto ad episodi che possono essere oggetto di malintesi.
In secondo luogo, amministrare il battesimo ad una persona implica
riconoscere che ha accolto la fede cristiana liberamente e sinceramente, nei
suoi articoli fondamentali, espressi nella “professione di fede”. Questa viene
pubblicamente proclamata in occasione del battesimo. Naturalmente ogni credente
è libero di conservare le proprie idee su una vastissima gamma di questioni e
di problemi in cui vi è fra i cristiani un legittimo pluralismo. Accogliere
nella Chiesa un nuovo credente non significa evidentemente sposarne tutte le
idee e le posizioni, in particolare su temi politici o sociali.
Il battesimo di Magdi Cristiano Allam è una buona occasione per ribadire
espressamente questo principio fondamentale. Egli ha diritto di esprimere le
proprie idee, che rimangono idee personali, senza evidentemente diventare in
alcun modo espressione ufficiale delle posizioni del Papa o della Santa Sede.
Quanto al dibattito sulla lezione del Papa a Regensburg, le spiegazioni
sulla sua corretta interpretazione nelle intenzioni del Papa sono state date da
tempo e non vi è motivo di rimetterle in questione. Allo stesso tempo alcuni
dei temi allora toccati, come il rapporto fra fede e ragione, fra religione e
violenza, rimangono naturalmente oggetto di riflessione e dibattito e di
posizioni diverse, dato che si riferiscono a problemi che non possono venire
risolti una volta per tutte.
In terzo luogo, la liturgia della Veglia pasquale è stata celebrata come
ogni anno, e la simbologia della luce e dell’oscurità ne fa parte da sempre.
Certamente è una liturgia solenne e la celebrazione in San Pietro da parte del
Papa è una occasione molto particolare. Ma accusare di “manicheismo” la
spiegazione dei simboli liturgici da parte del Papa – che egli compie ogni
volta e in cui è maestro – manifesta forse piuttosto una non comprensione della
liturgia cattolica che una critica pertinente al discorso di Benedetto XVI.
Infine, ci sia permesso di manifestare a nostra volta dispiacere per quanto
il prof. Nayed dice circa l’educazione nelle scuole cristiane nei Paesi a
maggioranza musulmana, obiettando sul rischio di proselitismo. Ci sembra che la
grandissima tradizione di impegno educativo della Chiesa cattolica anche nei
Paesi a maggioranza non cristiana (non solo in Egitto, ma anche in India, in
Giappone, ecc.), dove da moltissimo tempo la gran maggioranza degli studenti
delle scuole e università cattoliche sono non cristiani e lo sono tranquillamente
rimasti, pur con vera stima per la educazione ricevuta, meriti ben altro
apprezzamento. Non pensiamo che l’accusa di mancanza di rispetto per la dignità
e la libertà della persona umana sia meritata oggi da parte della Chiesa. Ben
altre sono le violazioni di essa a cui dare attenzione prioritaria. E forse
anche per questo il Papa si è assunto il rischio di questo battesimo: affermare
la libertà di scelta religiosa conseguente alla dignità della persona umana.
In ogni caso, il prof. Aref Ali Nayed è un interlocutore per il quale
conserviamo altissima stima e con cui vale sempre la pena di confrontarsi
lealmente. Ciò permette di aver fiducia nella prosecuzione del dialogo.
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