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Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

IL VESCOVO AUSTRALIANO BILL MORRIS DIMISSIONATO DAL VATICANO

“DIMESSO” DAL VATICANO

 IL VESCOVO

AUSTRALIANO

CHE NON SI

 SCANDALIZZA

DELLE DONNE PRETE

36135. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Se un giorno la Chiesa cambiasse le sue regole e consentisse di ordinare le donne prete, io le ordinerei». Questo, in sostanza, aveva scritto nel 2006, in una lettera pastorale d’Avvento sul futuro della Chiesa, il vescovo della diocesi australiana di Toowoomba, mons. William Morris, da sempre preoccupato per la carenza di sacerdoti (v. Adista n. 87/07) e per questo il Vaticano, ora, l’ha rimosso dal suo incarico episcopale, dopo una visita apostolica iniziata cinque anni fa. Un laconico comunicato, emesso il 2 maggio, ha annunciato infatti che «il Santo Padre, papa Benedetto XVI, ha sollevato dall’incarico pastorale della diocesi di Toowoomba Sua Eccellenza mons. William M. Morris».

Qualcuno ha fatto la spia

Per Morris, ma non solo per lui, dietro alla manovra di Roma ci sarebbe la “spiata” di un piccolo gruppo interno alla diocesi, che avrebbe – ha scritto il vescovo in una lettera aperta ai cattolici, letta il primo maggio durante la messa in tutte le chiese della diocesi – «frainteso» e «deliberatamente mal interpretato» il suo documento pastorale. Da qui sarebbe derivata la visita apostolica, guidata dall’arcivescovo di Denver, mons. Charles Chaput, il cui esito non è stato reso pubblico (ma che sarebbe supportato dalla consueta teoria secondo cui la Chiesa non è libera di cambiare le regole sull’accesso al sacerdozio perché fu Gesù a scegliere solo uomini come apostoli).Il gruppo a cui fa riferimento sarebbe, secondo quanto riporta il quotidiano australiano The Courier-Mail (3/5), la cosiddetta “Temple Police” (la polizia del Tempio), un gruppo della destra ecclesiale che denuncia sistematicamente i preti progressisti che non seguono la linea vaticana; accusa rigettata dal leader dell’organismo, Richard Stokes. «Non c’è nessun gruppo, è solo una teoria del complotto», ha affermato, anche se non nega di aver fatto rapporto a Roma in più occasioni: «Scrivo a Roma, e lo faccio, e ottengo risposte, quando siamo tutti preoccupati che siano stati compiuti errori, e denunciamo quello che è successo. Quando c’è un prete disobbediente, è un’offesa contro Dio».

Nessun processo, nessuna trasparenza

In ogni caso, qualche mese dopo la diffusione della lettera pastorale, nel marzo 2007, il Vaticano notificò a Morris l’invio di una visita apostolica, che si concluse a maggio, dopo incontri e confronti, con l’invio del rapporto di Chaput alla Congregazione per i vescovi, rapporto che Morris non ha avuto nemmeno la possibilità di visionare. Morris è molto critico sulle modalità con cui il suo caso è stato portato avanti: «Senza un debito processo – scrive nella lettera aperta – non è stato possibile risolvere le questioni, negandomi il naturale corso della giustizia, senza alcuna possibilità di un’adeguata difesa». Ciò è stato confermato dal papa stesso, che ha affermato, spiega il vescovo con parole chiare, «che “il Diritto canonico non prevede un processo per i vescovi, nominati e eventualmente rimossi dal loro incarico dal successore di Pietro”». «Ciò – ha proseguito – rende la mia posizione come vescovo di Toowoomba insostenibile». Ma la scelta di Morris di non dare le dimissioni («il mio rassegnarle – scrive – avrebbe significato che accettavo di essere giudicato come uno che rompe la communio, cosa che assolutamente rifiuto e rigetto») ha portato a negoziare un pensionamento anticipato, per cui figurerà d’ora in poi come vescovo emerito. In un’intervista rilasciata il 3 maggio alla Australian Broadcasting Corporation, ha aggiunto che «se la Chiesa non mi ha dato voce, significa che non ha dato voce al suo popolo. Penso, e non sono il solo, che oggi vi sia un centralismo strisciante nella Chiesa. Un autoritarismo strisciante». Oltretutto, aggiunge, «non ho mai spinto per il sacerdozio femminile. Ciò che avevo detto è che dobbiamo essere aperti a diverse possibilità se vogliamo che l’Eucaristia continui ad essere celebrata nella nostra comunità». Una comunità, quella di Toowoomba, con un territorio grande come una volta e mezzo la Germania che, aveva detto nel 2007, «se nessuno muore», nel 2014 si ritroverà con soltanto 18 preti per 35 parrocchie, tutti ultrasessantenni.

Un sostegno compatto

L’abbandono forzato da parte di mons. Morris, amatissimo nella diocesi che guidava da più di diciotto anni, ha causato, dentro e fuori i confini australiani, reazioni di solidarietà, sia da parte dei fedeli che da parte del clero, mobilitatisi in massa per esprimergli il proprio sostegno: alla veglia con processione vicino alla cattedrale di Toowomba sono seguite numerose dichiarazioni di diversi membri del clero, tra cui otto preti diocesani, autori di una forte lettera di appoggio. Dal canto suo, il vescovo di Brisbane, mons. John Bathersby, ha detto di voler «rendere omaggio alla sua cura pastorale della diocesi». Per p. Hal Ranger, prete diocesano, questa è una «eccessiva e orribile reazione. La punizione è sproporzionata alla colpa»; per p. Tim Williams, dell’Ordine vincenziano d’Australia, si tratta di «un provvedimento inappropriato e ingiusto»: mons. Morris «avrebbe meritato di meglio».Un comunicato dai toni molto netti (3/5) è stato emesso da Ian McGinnity, direttore del National Council of Priests (organismo che, dal 1971, rappresenta circa la metà dei preti, vescovi e diaconi d’Australia). «Sdegnati per la mancanza di trasparenza e di un debito processo che ha portato a questa decisione delle autorità della Chiesa», ma anche «imbarazzati per il trattamento squallido riservato ad un pastore eccezionale», i membri del Ncp si dicono «preoccupati per un elemento, all’interno della Chiesa, la cui ideologia restauratrice vuole reprimere la libertà di espressione nella Chiesa cattolica e negare la legittima autorità magisteriale del vescovo locale» aggiungendo poi che «molti tra coloro che influenzano queste decisioni hanno una limitata esperienza pastorale e mostrano di avere poco a cuore il sensum fidelium». Esprimendo quindi solidarietà con i preti e il popolo di Toowoomba, fanno appello «al vescovo di Roma nel suo ruolo di primus inter pares e di fonte di communio nella Chiesa affinché ascolti e costruisca ponti di fiducia, fede e amore con chi è stato ferito da questa decisione».

Anche la statunitense Women’s Ordination Conference, organismo consacrato alla promozione del sacerdozio femminile, ha dato il suo appoggio a Morris, collegando il suo caso con quello del religioso pacifista p. Roy Bourgeois (al quale la propria congregazione religiosa, quella di Maryknoll, ha chiesto, su pressioni vaticane, di ritrattare il proprio sostegno alla causa del sacerdozio femminile, pena l’allontanamento, v. Adista nn. 28, 30 e 32/11) e affermando che «la cultura del silenzio e dell’intimidazione nella Chiesa non può essere tollerata. Il vescovo Morris è un esempio di prete di grande coraggio che si unisce allo slancio del movimento per l’ordinazione femminile, radicato nella giustizia e nell’uguaglianza».

A prendere il posto di mons. Morris, in attesa di una nomina definitiva, sarà mons. Brian Finnigan, vescovo ausiliare di Toowoomba dal 2002, già segretario generale della Conferenza episcopale australiana, che ricoprirà temporaneamente il ruolo di amministratore apostolico. (ludovica eugenio)

  Les catholiques australiens sous le choc après le départ forcé de Msr. Morris (da « La Croix 8 mai 2011) Cette procédure inhabituelle, qui avait été utilisée avec Mgr Jacques Gaillot, provoque une grande émotion dans le diocèse, et dans tout le pays.

La procédure de révocation d’un évêque, une procédure rare

Avec le mariage, la monarchie britannique relance sa popularité

 

Une semaine après la confirmation  par le Vatican du départ de Mgr William Morris, les catholiques de Toowoomba ne décolèrent pas. Dans la petite ville australienne se multiplient les actions de soutien envers celui qui «a été un formidable berger pour nous ces dix-huit dernières années», soupire Pat Nunan en sortant de la cathédrale Saint-PatrickAvec plusieurs centaines de personnes, il a bravé la pluie mardi 3 mai pour défiler dans Queens Park à la lueur des bougies, avant de se réfugier au son des cantiques dans l’église bondée pour l’occasion. Sur le parvis traîne encore une pancarte avec l’inscription « l’évêque Bill est notre évêque », pendant qu’à l’intérieur une bonne vingtaine de fidèles écoutent avec attention le P. Peter Dorfield rendre une nouvelle fois hommage au travail de son supérieur. « C’est une décision très difficile à comprendre et à accepter pour notre commu­nauté », confesse le vicaire général, qui compte bien relayer auprès de Rome « le désarroi et la douleur » ressentis ces derniers jours dans son diocèse. Présent le diman­che 1er mai à la cathédrale, Peter Dorfield a vu « de nombreuses personnes sortir en pleurs », à la lecture par Mgr Morris de la lettre annonçant par anticipation sa mise en retraite «non volontaire» à l’âge de 67 ans, Benoît XVI l’ayant relevé de ses fonctions. Dans beaucoup des 35 paroisses que compte le diocèse, « les prêtres ont eu du mal à pouvoir lire la déclaration de l’évêque jusqu’au bout », témoigne le P. Hal Ranger, en charge de la paroisse de Warwick, au sud de Toowoomba, et pour qui « la peine infligée par le Saint-Siège est sans commune mesure avec la faute commise ».Comme plusieurs prêtres de l’évêché, le P. Ranger a fait le déplacement jusqu’à Toowoomba pour venir saluer une dernière fois Mgr Morris avant que ce dernier quitte la ville. Dans son bureau, les rayonnages se vident à mesure que se remplissent les cartons, sous l’œil du pape, dont le portrait trône au-dessus de la porte d’entrée. 

« Mon objectif était d’ouvrir le débat sur le déclin des vocations dans le pays »

Mgr William Morris reçoit en chemise, arborant seulement une cravate bleu nuit frappée des armes du diocèse. Dans sa voix aucune colère, mais beaucoup de frustration et « l’infinie tristesse de devoir partir ainsi ». Relevé de sa charge par Benoît XVI pour avoir rédigé en 2006 une lettre dans lequel il défendait entre autre l’ordination de prêtres mariés et de femmes, le prélat assure que ses propos ont été mal interprétés Rome. « Mon objectif était d’ouvrir le débat sur le déclin des vocations dans le pays, pas de bouleverser le fonctionnement de l’Église », regrette l’évêque, convaincu que de nombreux catholiques australiens partagent ses convictions. « Si cela peut combler l’absence de prêtres dans certaines paroisses, alors pourquoi pas », confirme en effet Bill McVeight, comme plusieurs autres pratiquants croisés sur les bancs de la cathédrale Saint-PatrickLa situation est particulièrement critique dans le diocèse de Toowoomba, l’un des plus vastes d’Australie puisqu’il s’étend sur près d’un millier de kilomètres, jusqu’à la frontière entre le Queensland et le Territoire du Nord. « J’ai certainement dû avancer de mauvais arguments », ne peut s’empêcher de sourire l’ancien évêque.Pourtant, certains catholiques soutiennent la décision du Vatican. Pour Rocco Mimmo, Rome n’avait pas d’autre choix. « Ceux qui au sein de l’Église remettent en cause l’autorité du pape contribuent à détériorer la foi catholique », reprend, depuis Sydney, le directeur du Centre Ambrose pour les libertés religieuses. Plusieurs paroissiens de Toowoomba partagent le même avis. « Rome n’a pas vocation à encourager les dissidents », estime Jenny Goodwin, persuadée que l’Église « ne prend pas de telles mesures à la légère ». La hiérarchie catholique du pays garde pour l’instant un silence prudent sur le renvoi de l’évêque. Seul l’archevêque de Brisbane, Mgr John Bathersby, s’est exprimé sur le sujet pour appuyer la décision du Saint-Siège, tout en appelant la communauté du Queensland à « rester unie malgré les événements ».La procédure de révocation d’un évêque, une procédure rareEn 2006, dans une lettre pastorale pour l’Avent destinée à l’ensemble des responsables de conseils pastoraux, Mgr William Morris soulignait la crise des vocations dans son diocèse, avec des projections qui montraient qu’en 2014, il n’y aurait plus que trois prêtres de moins de 60 ans.  Il posait ensuite les termes du débat, mettant à plat l’ensemble des idées qui «sont actuellement en discussion au plan international, national, ou local», c’est-à-dire: ordonner des hommes mariés, accueillir d’anciens prêtres qui ont quitté le sacerdoce et sont ensuite revenus, ordonner des femmes mariées, reconnaître des ministres ordonnés dans les confessions anglicanes ou luthériennes. Il poursuivait, sans se prononcer personnellement, qu’il fallait de toute façon «rester mobilisés pour promouvoir des vocations à la prêtrise d’hommes célibataires». Cette lettre a poussé le Saint-Siège à envoyer l’archevêque de Denver (États-Unis), Mgr Charles Chaput, mener une visite apostolique dans le diocèse.La procédure de révocation par laquelle le pape peut retirer sa charge à un évêque est rare, la plupart des cas se résolvant par une démission «pour toute autre cause grave» au sens du canon 401§2. Cette procédure inhabituelle avait été utilisée en janvier 1995 avec Mgr Jacques Gaillot, et le 31 mars dernier, pour Mgr Jean-Claude Makaya Loemba, évêque de Pointe-Noire (Congo-Brazzaville).   

AuAustralian Catholics in shock after the forced departure of Mgr. Morris

This unusual procedure that had been used with Bishop Jacques Gaillot, causing great excitement in the diocese, and throughout the country.
The procedure for revocation of a bishop, a rare procedure
With the marriage, the British monarchy’s popularity revival

A week after the Vatican’s confirmation of the departure of Bishop William Morris of Toowoomba Catholics do not décolèrent. In the small Australian town are increasing support for the actions of one who "has been a great shepherd for us these past eighteen years," sighed Pat Nunan, off the St. Patrick’s Cathedral.
With several hundred people, he braved the rain Tuesday, May 3 to scroll through Queens Park in the candlelight, before taking refuge in his hymns in the packed church for the occasion. On the square behind another placard with the inscription "Bishop Bill is our bishop," while inside two dozen faithful listen carefully to the P. Peter Dorfield to again acknowledge the work of his superior.
"It’s a very difficult decision to understand and accept our com ¬ munity," confesses the vicar general, who intends to relay to Rome "confusion and pain" felt in recent days in his diocese. Present on Sundays ¬ che May 1 at the Cathedral, Peter Dorfield saw "many people crying out," reading by Bishop Morris’s letter in advance announcing his retirement "involuntary" at the age of 67 years, Benedict XVI has removed from office.
In many of the 35 parishes that make up the diocese, "the priests have had trouble to read the statement from the bishop to the end," says Father Hal Ranger, in charge of the parish of Warwick, south of Toowoomba, and that "the sentence imposed by the Holy See is not commensurate with the misconduct."
Like many priests of the diocese, Fr Ranger has made the trip to Toowoomba to greet Bishop Morris one last time before he leaves town. In his office, the shelves are emptying as the cartons are filled under the eye of the pope, whose portrait hangs above the door.
"My goal was to open debate on the decline of vocations in the country"
Bishop William Morris receives a shirt, wearing only a tie struck midnight blue arms of the diocese. No anger in his voice, but a lot of frustration and "infinite sadness of having to go well." Relieved of office by Benedict XVI in 2006 for having written a letter in which he defended the ordination of, among other married priests and women, the prelate assured that his remarks were misinterpreted Rome.
"My goal was to open debate on the decline of vocations in the country, not to disrupt the functioning of the Church," Bishop regrets, knowing that many Australian Catholics share his convictions. "If it can address the lack of priests in some parishes, so why not," says Bill McVeight Indeed, like many other practitioners on the cross benches of the St. Patrick’s Cathedral.
The situation is particularly critical in the Diocese of Toowoomba, one of the largest in Australia since it spans nearly a thousand kilometers to the border between Queensland and the Northern Territory. "I certainly had advance bad arguments" can not help smiling former bishop.
Yet some Catholics, the Vatican’s decision. Mimmo Rocco, Rome had no other choice. "Those within the Church are challenging the authority of the pope contributed to the deterioration of the Catholic faith," again, from Sydney, the director of the Center for Ambrose religious freedoms.
Several parishioners Toowoomba share the same opinion. "Rome was not intended to encourage the dissidents," said Jenny Goodwin, convinced that the Church "does not take such steps lightly." The country’s Catholic hierarchy custody for now a prudent silence on the return of the bishop. Only the Archbishop of Brisbane, Archbishop John Bathersby, spoke on the topic to support the decision of the Holy See, while calling on the Queensland community to "remain united despite the events."

The procedure for revocation of a bishop, a rare procedure

In 2006, in a pastoral letter for Advent designed for all those responsible for pastoral counseling, Bishop William Morris highlighted the crisis of vocations in his diocese, with projections that showed that in 2014 there would be more that three priests under 60 years. He then posed the terms of debate, putting flat all the ideas that "are currently under discussion at international, national, or local, that is to say, ordain married men welcome former priests who left the priesthood and then returned, order of married women admit of the ordained ministers in the Lutheran or Anglican denominations. He continued, without commenting personally, it was essential to "remain engaged in promoting vocations to the priesthood to celibate men." This letter prompted the Holy See to send the Archbishop of Denver (USA), Archbishop Charles Chaput, conduct an apostolic visit in the diocese.
The revocation process by which the pope can be removed from office for a bishop is rare, most cases by solving a resignation "for any other grave reason" within the meaning of Canon 401 § 2. This unusual procedure was used in January 1995 with Bishop Jacques Gaillot, and March 31 last, to Archbishop Jean-Claude Makaya Loemba, Bishop of Pointe-Noire (Congo – Brazzaville).AscoltaTrascrizione fonetica  


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