Il teologo riformista Kasper. «Al Sinodo non bisogna avere paura della disputa: senza, non si può chiarire nulla»
Intervista a cura di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera 01.10.2015
Perché ci sono così tante resistenze, eminenza? Come alla vigilia del Sinodo dell’anno scorso, anche stavolta ci sono dei cardinali che firmano un libro su matrimonio e famiglia a difesa della «dottrina»…
«Ma, guardi, non voglio entrare adesso nelle controversie. Il Sinodo è fatto proprio per discutere, del resto non bisogna avere paura della discussione…».
Sì, ma certe posizioni sembrano dire in anticipo che non ci devono essere discussioni, no?
«Sì, alcuni vogliono chiudere: non c’è niente da discutere, basta! Ma il Sinodo c’è e anche i problemi ci sono e sono ovvi, bisognerà pure parlarne…». Il cardinale teologo Walter Kasper tira un sospiro, sorride: «Vede, c’è un certo fondamentalismo: si prende una parola del Vangelo e di questa si fa una ideologia per sostenere la propria tesi. È un fondamentalismo nuovo che si fa con una parola e basta, senza considerare l’insieme…».
Il cardinale ha appena presentato all’università Lumsa il libro Testimone della misericordia. Il mio viaggio con Francesco (Garzanti), scritto in forma di conversazioni con Raffaele Luise. Nel testo parla del «cambio di paradigma» di Francesco e ripercorre le questioni dispiegate nella relazione che Bergoglio gli affidò prima del Sinodo dell’anno scorso. Il Papa la elogiò come un esempio di «teologia in ginocchio». Kasper, divenuto punto di riferimento dei riformisti, proponeva di valutare «caso per caso con misericordia», la possibilità di «un cammino penitenziale» per riammettere alcuni divorziati e risposati alla comunione. Non la questione centrale né l’unica, ma «simbolica».
Nel libro, tra l’altro, chiede di aprire al Sinodo un «dialogo» sulla contraccezione diffusa tra i fedeli («Lo spero, questo scisma non può durare») e parla di accoglienza e rispetto degli omosessuali: «Per me questa inclinazione è un punto di domanda: non riflette il disegno originale di Dio e tuttavia è una realtà, perché gay si nasce».
Dottrina da una parte, misericordia dall’altra. Possibile siano in contrasto?
«Ma la misericordia è al fondamento del Vangelo, è la dottrina di Gesù! Metterle in contrasto è insensato. La misericordia è la dottrina fondamentale, la sorgente delle altre. Perché Dio è divenuto uomo? Perché è andato fino alla Croce?».
Nel libro lei dice che «negli ultimi decenni» spesso la Chiesa è stata «troppo dottrinalista e giuridicista». Troppo aggrappata alla «dottrina»?
«A una dottrina astratta, che cala tutto dall’alto. Ma la misericordia, come il Buon Samaritano, considera i problemi concreti, le ferite dell’uomo, e vuole salvare e guarire. Paolo VI citò la parabola del Buon Samaritano come modello della spiritualità del Concilio».
E chi dice: questo è contro il Vangelo?
«Io questo argomento non lo capisco perché la misericordia è il Vangelo, e ogni altra cosa si deve vedere in questo contesto».
In che senso Francesco parla di «conversione pastorale»?
«Il Papa vuole un cambio pastorale, nel senso di avere un insieme delle verità, non isolarne una e lasciare da parte tutte le altre. Questo non va. Attenzione, però: la misericordia non è una verità a buon mercato. Questo è un fraintendimento: la misericordia va fino all’amore al nemico, ha portato Gesù alla Croce».
Il Papa a Filadelfia ha detto: la tavola del Signore è apparecchiata per tutti.
«Il peccatore deve convertirsi, è chiaro. Non è una giustificazione del peccato, ma dei peccatori. Questa è la differenza: Gesù non giustifica il peccato, ma i peccatori. Se chiedono perdono: non è un automatismo».
C’è un’esegesi fondamentalista del Vangelo?
«Sì. Dio ha creato il mondo in sei giorni: ma nessuno oggi pensa sia più così, alla lettera. Certo la parola che il matrimonio non si può sciogliere è chiara, ma già nel Nuovo Testamento questo comandamento di Gesù è adattato a certe situazioni. In Matteo c’è la clausola di “porneia”, di unione illegittima, adulterio, che può essere causa di divorzio. C’è un’eccezione anche nella prima lettera ai Corinzi, e Paolo parla con potestà apostolica. Nelle prime comunità ci sono diverse prassi e una certa flessibilità».
C’è chi dice: la comunione, del resto, non è per i perfetti…
«Ogni volta che celebriamo la messa diciamo: per la remissione dei peccati. L’eucaristia è per i peccatori, tutti lo siamo. Si dice: per il perdono dei peccati».
La misericordia come chiave del Sinodo per le situazioni «difficili»?
«Sì, una chiave che non toglie i comandamenti, la verità, ma dice come applicare verità e comandamenti per aiutare i fedeli. La suprema legge del diritto canonico è la salvezza delle anime. Misericordia è espressione di questa volontà. Il Papa e il Sinodo vogliono rispondere a queste sfide. Il Papa vuole una rivoluzione della misericordia e della tenerezza. Ognuno di noi ne ha bisogno».
I padri sinodali saranno aperti alla misericordia?
«Senza dubbio. Si discuterà piuttosto delle concrete conseguenze. Ci sarà una disputa, se vuole, ma non bisogna averne paura. Senza disputa non si può chiarire nulla».
Il matrimonio è indissolubile no all’eucarestia per i risposati
intervista a Camillo Ruini, a cura di Paolo Rodari – la Repubblica 1° ottobre 2015
«È profondamente sbagliato presentare come in contrapposizione le sensibilità diverse presenti al
Sinodo sulla famiglia. Le diversità esistono ma sono arricchenti, e sono convinto che i padri
sinodali troveranno soluzioni comuni ai problemi più delicati riguardanti la famiglia e le sue ferite.
In questo senso non vi sono due Chiese, ma una sola Chiesa che vive di voci eterogenee».
Cardinale vicario della diocesi di Roma dal 1991 al 2008, presidente della la Conferenza episcopale
italiana per sedici anni, attualmente presidente del comitato scientifico della Fondazione Joseph
Ratzinger, il cardinale Camillo Ruini parla con fiducia dei prossimi mesi cruciali per la Chiesa.
A margine della presentazione a Roma del libro di Marcello Pera Diritti umani e cristianesimo
(Marsilio), dipinge l’immagine di un’assise sinodale distante dalle note caricature mediatiche.
Che vi siano sensibilità diverse all’interno della Chiesa è secondo lei un fattore fisiologico?
«Direi che la presenza di voci diverse è naturale. Del resto, queste voci ci sono state al Concilio
Vaticano II, tutti le ricordiamo. E ci sono state anche quando non c’erano né Sinodo né Concilio».
Sensibilità diverse non è sinonimo di contrapposizione?
«Assolutamente no. Non è in atto alcuna contrapposizione per la quale non si possa trovare una
linea alla fine comune. E poi c’è sempre il ruolo del Santo Padre che è il punto di riferimento per
tutti indipendentemente dalle opinioni personali che possiamo avere ».
A lui tutti i vescovi guardano?
«Certo. Tutti guardiamo a lui e lo seguiamo nel cammino che ci indica ».
Eppure sulla comunione ai divorziati risposati nel Sinodo ci sono visioni davvero divergenti. Per alcuni è possibile concedere l’eucaristia in alcuni casi dopo un periodo di penitenza. Lei insieme ad altri dieci cardinali ha invece scritto un libro che su questo punto non concede aperture. Perché?
«Abbiamo scritto semplicemente quello che riteniamo giusto, ma ciò non significa che in campo
non vi possano essere altre opinioni di segno opposto ».
Una via penitenziale – ci sono anche teologi che in un convegno internazionale che ha avuto luogo nei mesi scorsi in Vaticano hanno parlato di “via discretionis” – la ritiene impraticabile?
«Nel caso dei divorziati risposati non si tratta di una condizione personale ma di una condizione
oggettiva, per cui ritengo che una via penitenziale non possa esserci. Del resto l’ha detto il Papa
recentemente: il matrimonio-sacramento è indissolubile anche per la Chiesa. E questo significa che
nemmeno la Chiesa può scioglierlo. E, quindi, se uno ha contratto validamente il matrimonio-sacramento, quel matrimonio rimane. È tutto molto semplice».
Francesco ha portato un nuovo stile nella Chiesa. La Chiesa italiana secondo lei fatica a seguire questa nuova strada oppure no?
«Francesco ha portato certamente qualcosa di nuovo e questo qualcosa è molto importante e anche
molto significativo. C’è, dunque, un processo nella Chiesa italiana di adeguamento alle novità che
lui sta mettendo in essere giorno dopo giorno. È un processo anche di reciproca conoscenza e
comunione fra la Chiesa italiana e il Papa e il Papa e vescovi del Paese. Ma non dobbiamo
dimenticare che la novità che sta portando il Papa è un qualcosa di grande come il recente viaggio
negli Stati Uniti ha dimostrato. E noi tutti, nessuno escluso, vogliamo fare nostra questa novità».
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