Il prefetto della Segreteria per l’Economia chiarisce alcuni aspetti dell’assemblea appena conclusa, a partire dalle notizie fuorvianti del ‘Sinodo dei media’
“Alcuni pensavano che il recente Sinodo, più in particolare il ‘Sinodo parallelo’, quello che potremo definire il ‘Sinodo mediatico’, avrebbe in pratica permesso ai cattolici divorziati e civilmente risposati – che a quanto pare sono considerati da alcuni come le uniche famiglie che hanno fallito, le uniche famiglie che sono in difficoltà – di accostarsi alla Santa Comunione. Chiaramente il testo del Sinodo che è stato approvato non fa alcuna menzione alla comunione ai divorziati risposati civilmente. Alcuni non sono rimasti soddisfatti di questo risultato, e non siamo sorpresi nell’apprendere che il Sinodo parallelo dei media abbia proclamato rapidamente che la Chiesa si è aperta a tale possibilità quando il testo non dice nulla del genere”.
Non lascia spazio a dubbi il cardinale George Pell, prefetto per la Segreteria per l’Economia, intervenuto oggi per l’inaugurazione dell’anno accademico 2015-2016 del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Nella sua prolusione, sul tema “Fede, famiglia e finanza oggi”, il porporato australiano ritorna sull’assise conclusa domenica scorsa, chiarendo alcune discussioni avvenute in Aula.
“Ad un certo punto – ha raccontato, ad esempio, il cardinale – da alcuni Padri Sinodali è stata proposta anche una soluzione di ‘foro interno’. Si è trattato forse di un cavallo di Troia da usare per proporre un attacco alla bellissima dottrina della Chiesa sulla coscienza? Dove una visione difettosa di coscienza poteva essere usata per decostruire la dottrina cattolica su matrimonio, famiglia e sessualità…”.
Questa domanda del ‘foro interno’ – ha ricordato peraltro il prefetto delle finanze vaticane – “è stata sollevata più o meno allo stesso modo dopo l’Humanae Vitae”. La coscienza – ha precisato – “non è un egoismo lungimirante, né il desiderio di essere coerenti con se stessi”, bensì “un severo consigliere”, anche se “in questi secoli è stata sopraffatta da una contraffazione: il diritto di agire a proprio piacimento; il diritto di parlare, scrivere, secondo il proprio giudizio e il proprio umore senza darsi alcun pensiero di Dio”.
Parlando di “prassi eucaristiche contrarie alla disciplina della Chiesa”, il cardinale ha rimarcato che “l’Eucarestia è un dono troppo grande per sopportare ambiguità e diminuzione. Nel recente testo del Sinodo sulla famiglia, nonostante le dichiarazioni dei media in senso contrario, la questione della comunione ai divorziati risposati non è stata nemmeno menzionata. L’eredità di Giovanni Paolo II rimane intatta. E ci rendiamo conto che c’è una relazione simbiotica tra la famiglia umana e la famiglia ecclesiale. Perché l’Eucarestia alimenta la vita spirituale di entrambe”.
Quindi “farne tesoro e proteggere la pratica è di vitale importanza”. “Abbiamo bisogno – ha evidenziato Pell – di un chiaro insegnamento sulla famiglia e l’Eucarestia per aiutare a dissipare le ombre di pratiche e di dottrine non accettabili affinché l’Eucarestia continui a risplendere nel suo mistero radiante”.
A margine del Dies Academicus, ZENIT ha rivolto alcune domande al cardinale.
***
Eminenza, ma quindi ha vinto il Sinodo mediatico o il Sinodo reale?
La Chiesa ha vinto! Ora dobbiamo andare avanti insieme. Su alcuni punti della Relatio finale c’era una quasi totale unanimità sui 94 paragrafi, senza alcuna ambiguità. Altri due paragrafi sono arrivati per poco al punto giusto, ma se si studia seriamente il contenuto – per esempio il paragrafo 85 – si vede lì che il tema deve essere visto secondo la visione complessiva di San Giovanni Paolo II e secondo l’insegnamento della Chiesa.
Lei ha chiarito più volte nella sua prolusione che nel testo del Sinodo la questione della comunione ai divorziati risposati non è stata nemmeno menzionata…
È vero, basta leggere il testo.
Ma altri Padri, parlando ad altri organi di informazione, hanno lasciato intendere il contrario.
Ha ragione. Alcune dichiarazioni sono un pochettino ‘interessanti’. Ma Il punto centrale è studiare il testo.
Ci sono tuttavia delle parrocchie che già si interrogano su come “applicare le nuove indicazioni del Sinodo” e alcuni problemi sono sorti pure nei confessionali. Sempre colpa dei media?
Come in tutto, anche nelle confessioni si deve seguire l’insegnamento di Gesù e della Chiesa.
Ma lei è soddisfatto di questo Sinodo?
Si si certo, è stata una bellissima esperienza. Abbiamo fatto un passo avanti.
Quindi i suoi timori circa la metodologia espressi all’inizio dei lavori si sono rivelati infondati?
Alla fine siamo arrivati a una soluzione.
Lei ha definito la proposta del ‘foro interno’ come un “cavallo di Troia per proporre un attacco alla bellissima dottrina della Chiesa sulla coscienza”. Parole forti…
Quando si parla del ‘foro interno’ o del discernimento, significa che siamo lì per discernere – come ha detto il Beato Newman – l’insegnamento di Gesù e della Chiesa, di vedere come entriamo attraverso questi insegnamenti nei casi difficili. Probabilmente quando si parla del ‘foro interno’, della coscienza ci sono sempre state differenze. Mi sembra comunque che tutte le proposte ‘rischiose’ siano state respinte. Ad esempio sull’insegnamento sull’omosessualità, la nostra misericordia per aiutare queste persone è ben chiara, ma è stato anche ribadito che non c’è alcun parallelo tra il matrimonio e l’unione tra persone dello stesso sesso. Anche circa l’insegnamento della coscienza il Sinodo è stato giusto, adeguato, ed è stato chiaramente affermato che non c’è gradualità della legge.
Nel paragrafo 84 si legge: “I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili”. Quali sono questi modi possibili?
Tutti i modi secondo l’insegnamento di Gesù e della Chiesa. Dobbiamo mettere insieme l’insegnamento di Gesù con quello di San Paolo, che nella Lettera ai Corinti parla della necessità delle disposizioni giuste per ricevere la comunione, altrimenti – dice – chi si accosta all’Eucarestia senza aver esaminato la propria coscienza e aver verificato che la propria coscienza corrisponde al comandamento di Dio “mangia e beve la propria condanna”.
Quindi il “discernimento caso per caso” cosa significa concretamente?
Che non c’è gradualità della legge. Tutti noi siamo deboli . Alcune persone sono nelle situazioni difficili. Qualche volta non possono arrivare subito alla situazione giusta, ma il cammino deve cominciare, deve essere un pentimento. Devono accettare che ci sono questi comandamenti che non si possono cambiare, a cui però bisogna cercare di avvicinarsi.
Comunque non sempre è utile far cenno solo su questo punto. Ci sono altri 92 altri punti dove l’unanimità era quasi perfetta. Dobbiamo andare avanti.
Ha ragione. Quale possiamo dire sia il risultato di questo Sinodo?
Il risultato è aver ribadito l’importanza della famiglia e anche il fatto che la gente può capire che i Padri sinodali sono consapevoli delle tantissime situazioni complicate che ci sono e non vanno qui e là urlando “Anatema!”, ma vogliamo aiutare la gente. Si aiutano tutte le persone con la verità, con l’insegnamento di Gesù. Come qualcuno ha detto, in qualche modo è una sfida della natura della fede. Noi crediamo sul serio che nell’insegnamento di Gesù e della Chiesa c’è la misericordia di Dio. Io non posso migliorare l’insegnamento di Gesù, non ho nessun diritto a farlo. Il suo insegnamento centrale è l’amore misericordioso, la chiamata al pentimento richiesto per il perdono.
Ancora una domanda. Non vede il pericolo che si apra una Chiesa diversa a seconda delle diocesi e dei territori?
No, credo di no. Ci sono sempre differenze tra parrocchie e chiese. Ma la Chiesa cattolica è universale. La parola stessa “cattolica” non significa continentale o nazionale. Quindi non si può avere un mezzo di grazia qui, e un peccato lì. È impossibile.
A tal proposito: si è parlato spesso di “decentralizzazione” durante l’assemblea, e alcuni hanno paventato il rischio di un cattolicesimo depotenziato. Lei consa ne pensa?
Il Santo Padre ha parlato di questo nel suo discorso per la cerimonia dei 50 anni dell’istituzione del Sinodo. Ecco, fino a 50 anni fa non c’era un’altra alternativa alla decentralizzazione in qualche maniera, perché non si poteva viaggiare così presto e non c’erano mezzi di comunicazione. In modo un pochettino polemico si potrebbe dire che la Chiesa cattolica nel mondo era organizzata come l’antico Impero romano, dove all’epoca la comunicazione tra il centro e le diverse parti era differente…. Quando io ero arcivescovo di Melbourne e Sydney era molto raro che aspettassi qualche permesso di Roma. Quasi mai. Il fatto che è ci sono tante teologie, tante devozioni, tanti modi di vivere la vita quotidiana, ma la dottrina è sempre una.
Lascia un commento