Lettera aperta di Alessandro Battaglia a Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano
Abusò di un minore: don assolto dalla Chiesa
Lettera aperta a
Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano
e p.c. a Papa Francesco
È sconcertante apprendere dalla stampa e dall’Associazione Rete L’ABUSO le notizie che mi riguardano, o meglio che riguardano un processo canonico in cui è implicato un sacerdote, don Mauro Galli della Diocesi di Milano, di cui io sono la vittima.
La causa in questione è la CDF 279.2015
La mia famiglia ha chiesto più volte di essere messa al corrente in merito agli atti del processo canonico. Qualche mese fa, in seguito alla notizia che Papa Francesco avrebbe abolito il segreto pontificio nei casi di pedofilia, ho richiesto personalmente tramite il mio avvocato, di avere informazioni e la documentazione relativa al processo.
Non ho, ad oggi, ricevuto alcuna risposta.
Finora, per quanto mi riguarda, la “trasparenza” della Chiesa è solo millantata.
In sede penale Don Mauro Galli è stato condannato a 6 anni e 4 mesi, siamo in attesa dell’appello. Risulterebbe invece una assoluzione in prima istanza da parte dell’autorità ecclesiastica.
Chiedo cortesemente di ricevere la documentazione relativa al processo canonico, come indicato da Papa Francesco.
Cordiali saluti
Alessandro Battaglia
Ci associamo e condividiamo lo scritto di Alessandro.
Mai avremmo immaginato di apprendere dalla stampa, attraverso indiscrezioni del TERL, le notizie in merito ad un processo canonico, quel processo canonico per il quale abbiamo reso testimonianza nel 2015 durante l’Indagine Previa, e poi nel 2016 nel processo vero e proprio.
Lei, Monsignore, sa bene a quale processo ci riferiamo. Ci siamo incontrati ben prima del processo, anni prima. L’Indagine Previa, tuttavia, è stata istruita solo in seguito all’avvio del processo in sede civile presso il Tribunale di Milano. E poi il processo. Abbiamo scritto più volte alla CdF chiedendo notizie, abbiamo scritto al Papa, ma forse le carte non erano ancora arrivate a Roma? Era ancora tutto in Diocesi o presso il TERL?
Ora, diversi mesi fa, Papa Francesco dice di aver abolito il segreto pontificio per quanto riguarda le cause di pedofilia. Sarà un proclama (ennesimo) per ribadire a parole la “tolleranza zero”, oppure un passo concreto?
Sarà come il Motu proprio “Vos estis lux mundi” che, nel nostro caso e in quello di tante altre vittime che abbiamo conosciuto in questi anni, è rimasto lettera morta? O come l’annunciato tribunale per i vescovi insabbiatori, smentito come “era solo un’idea”?
Sarà come l’indicazione che aveva dato il Papa, ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, di incontrare le vittime della pedofilia prima del summit sulla pedofilia del febbraio 2019? Incontro richiesto al card. Bassetti, per tempo, da noi e da altre vittime e per il quale siamo ancora in attesa di una risposta?
Sarà come l’Angelus al termine del summit sulla pedofilia del febbraio 2019, dove Papa Francesco ha salutato e ricordato ogni parrocchia presente in piazza San Pietro e non una parola alle decine di vittime, provenienti ida tutto il mondo, presenti con striscioni e con tutte le telecamere delle televisioni estere e italiane a riprenderci? Nemmeno una parola di vicinanza da parte del Papa: curioso! Proprio a conclusione di un summit che ci riguardava! E nemmeno un sacerdote che ha partecipato alla “March to Zero” a fianco delle vittime. Nessuno.
Così sarà il proclama sulla trasparenza, che prevede l’abolizione del segreto pontificio nei casi di pedofilia? Una risposta concreta per noi sarà rappresentata dal fatto che Alessandro riceva i documenti relativi al processo canonico e alla sentenza in prima istanza.
Come cattolici siamo davvero delusi, addolorati e profondamente feriti. Non c’è stato un solo momento, in questi lunghi anni, dal dicembre 2011, in cui abbiamo sentito l’accoglienza della Chiesa, un solo momento in cui, a supporto delle numerose lettere ricevute dal Card. Scola in cui esprimeva la vicinanza della Diocesi, abbiamo realmente sentito questa cosiddetta vicinanza. Non un solo momento.
Oggi a Messa siamo stati invitati a riflettere sulle origini della nostra fede, focalizzando il pensiero sulla testimonianza di chi abbiamo incontrato nella nostra vita.
Ecco, negli ultimi anni, la testimonianza che abbiamo ricevuto da parte dei vertici della chiesa, è proprio quella che ha contribuito ad allontanare da Gesù Cristo e dalla Chiesa tante e tante persone che ci sono vicine. Il pulpito non basta più. Con le vittime è necessaria la testimonianza concreta, è necessario essere accanto concretamente, con la propria vita: non schierarsi con il prete pedofilo! Il resto sono solo – e restano – belle parole vuote.
Guardare il dolore negli occhi di una vittima è qualcosa che non si dimentica. Parlare con una, due, dieci, venti e più vittime, conoscere le loro vicende, sapere che ciascuno è stato concretamente allontanato dalla Chiesa, è qualcosa che fa male, ferisce in un modo che non si può spiegare se non si è provato. Sentirsi parte di una famiglia (la Chiesa), amare la propria famiglia (la Chiesa), ed essere violentati, non creduti, allontanati, e combattuti nei tribunali. E tutto per difendere l’istituzione? Perché è davvero difficile comprendere perché la Chiesa scelga di difendere i preti pedofili e non le vittime, i minori.
Che senso ha parlare di abolizione del segreto pontificio e poi apprendere dalla stampa che il prete sarebbe stato assolto dal tribunale ecclesiastico?
Ci associamo alla richiesta di Alessandro affinché riceva la documentazione relativa alla causa CDF 279.2015.
Cordiali saluti
Cristina Balestrini, Giovanni Balestrini, Ettore Battaglia
Milano, 29 novembre 2020
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