Come è stato ben evidenziato da alcuni organi di stampa,
nelle pieghe del disegno di legge governativo in materia di intercettazione
telefoniche approvato all’unanimità nel Consiglio dei ministri dello scorso
13 giugno, vi è una norma che suona decisamente eccentrica rispetto
all’impianto generale del provvedimento: all’articolo 12, comma 2 lettera C,
infatti, si prevede che un magistrato che indaga su reati imputati a un
religioso cattolico, debba informare il vescovo competente; qualora
l’indagine riguardi un vescovo, il magistrato deve informare la Segreteria di
Stato vaticana. A giustificare il provvedimento voluto dal governo presieduto
dall’On. Berlusconi a poco più di due mesi dal suo insediamento, si è detto
che il testo si limita a esplicitare una norma già contenuta nel Concordato
del 1984.
Lasciamo ai giuristi valutare se si tratti di una semplice
"esplicitazione" di norme preesistenti o se, piuttosto, non
costituisca una forzatura tesa a garantire un privilegio a una istituzione
religiosa – la Chiesa cattolica – che verrebbe preventivamente e
tempestivamente informata di eventuali indagini a carico di religiosi,
sacerdoti, vescovi.
Un ulteriore privilegio riconosciuto a una confessione religiosa, una
eccezione del principio secondo il quale la legge è uguale per tutti.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha voluto
sottolineare che questa norma non favorisce la Chiesa cattolica e potrà
comunque essere applicata anche alle altre confessioni religiose che
dispongano di un’intesa con lo Stato ai sensi dell’articolo 8 della
Costituzione e persino a quelle che potranno ottenerla in futuro.
E tra queste ci siamo anche noi, valdesi e metodisti, i primi a stipulare
l’intesa proprio nel 1984, poco dopo l’approvazione del nuovo Concordato. La
considerazione del Sottosegretario Letta sembra quindi interpellarci.
Pertanto, ringraziando per l’attenzione espressa nei confronti della nostra
come di altre comunità di fede, ci sentiamo in dovere di esprimere una
risposta che, per quel che ci riguarda, è negativa.
A valdesi e metodisti, infatti, non interessa una norma che garantirebbe ad
alcune confessioni religiose dei privilegi rispetto a qualsiasi altra
associazione, ente, azienda. Il senso di questo diniego sta in due argomenti:
uno civile e laico, l’altro propriamente teologico.
Non ci interessa un privilegio di questo tipo perché crediamo fermamente che
Chiesa e Stato abbiano competenze diverse: e se non possiamo tollerare che lo
Stato interferisca nella libera testimonianza della Chiesa o di qualsiasi
altra comunità di fede, al tempo stesso non vediamo la ragione per la quale
la Chiesa dovrebbe essere coinvolta nell’azione di un organo dello Stato
quale la magistratura. Come cittadini italiani fatichiamo davvero a
comprendere come e perché la giustizia italiana, ad esempio nel caso di reati
sessuali nei confronti di minorenni, sarebbe meglio tutelata se si
informassero le autorità religiose cattoliche dei procedimenti in corso. Non
lo crediamo affatto e ci pare davvero anomalo che un provvedimento di questa
natura sia stato inserito nel quadro di una norma sulle intercettazioni
telefoniche.
La seconda ragione è strettamente connessa alla nostra idea della
testimonianza cristiana. Siamo convinti che la Chiesa debba testimoniare
l’Evangelo senza i condizionamenti che le derivano da riconoscimenti
speciali, privilegi, concessioni da parte del potere politico. Come cristiani
evangelici sentiamo che il Signore ci ha chiamati ad essere testimoni della
sua Parola: e la sua Parola, libera e disarmata, è la nostra forza. Ed anche
l’unico privilegio che siamo disposti a riconoscere ed anzi a rivendicare per
la Chiesa di Cristo.
Maria Bonafede, moderatore della
Tavola valdese
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