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L’assemblea di Chiesadituttichiesadeipoveri del 9 maggio ha inviato un messaggio al Sinodo dei vescovi

L’assemblea di Chiesadituttichiesadeipoveri del 9 maggio ha inviato un messaggio al Sinodo dei vescovi

Al Sinodo dei Vescovi

In questo nostro quarto incontro di Chiesadituttichiesadeipoveri sulla Gaudium et Spes, ricordando il Concilio e pensando al futuro della nostra Chiesa, la nostra attenzione si è fermata , in particolare, sulla prossima assemblea sinodale di ottobre. Tante riflessioni sulla famiglia ha fatto in passato chi, come noi, si richiama , con particolare convinzione al Concilio, il cui spirito è nuovamente al centro della vita della Chiesa con il magistero del nuovo vescovo di Roma.
Molte delle organizzazioni che partecipano agli incontri di Chiesadituttichiesadeipoveri hanno inviato le proprie risposte ai due questionari sottoposti dalla segreteria del Sinodo alla discussione del Popolo di Dio per le due sessioni dell’ottobre scorso e del prossimo. Possiamo dire di avere contribuito con convinzione a questa inedita consultazione di base. L’incontro di oggi si rifà a questi contributi già inviati e diffusi online. Vogliamo però intervenire ancora per sottolineare alcuni punti che ci sembrano ai particolare importanza in relazione ai dibattiti in corso in tutta la Chiesa.
1) Mentre siamo stati dall’inizio e siamo d’accordo con il metodo della consultazione, dobbiamo constatare che, nella nostra chiesa italiana, essa si svolge nelle strutture di base (parrocchie, decanati..) in modi difficili da conoscere . E niente si viene a sapere delle sue caratteristiche e dei suoi contenuti che vengono centralizzati alle diocesi e poi alla CEI dove rimangono segreti. Diversamente avviene, a quanto ci risulta, in molte altre conferenze episcopali . Viene così a mancare la discussione generale; essa è invece possibile per gli interventi che avvengono al di fuori della struttura ecclesiastica (essi si leggono sul sito del “Regno” e su quello dei “Viandanti”).
2) La simpatia per questo metodo “di base” mette maggiormente in risalto quanto la composizione dell’assemblea sinodale non sia sufficientemente rappresentativa del popolo cristiano e sia poco attrezzata ad affrontare la gravità e la complessità dei problemi che interessano oggi la famiglia in un momento di così rapidi cambiamenti. Senza voler sollevare ora il problema generale, peraltro esistente,della struttura stessa del Sinodo e dei suoi compiti, ci sembra necessario da subito una sua apertura significativa a realtà del Popolo di Dio, donne, coppie, altri soggetti coinvolti nell’universo delle questioni in discussione che vada aldilà delle attuali modeste rappresentanze dell’associazionismo famigliare. Mancano esperti di umanità “famigliare”, mancano tanti movimenti delle varie aree di esperienza e di sofferenza esistenti nell’universo cattolico.
3) La questione della Humanae Vitae non può essere risolta con un richiamo rituale alla sua importanza, parlandone il meno possibile. Questo è avvenuto nella Relatio Synodi e nel questionario. Ci sembra invece che si debba prendere atto con parresia , senza la necessità —pensiamo- di grandi discussioni, che questo insegnamento del magistero è decaduto per mancanza di receptio, fin dall’inizio, da parte del popolo cristiano. Se ci sono troppe resistenze a pronunciamenti espliciti, il Sinodo potrebbe almeno tacere su questa questione. Prendiamo atto che già nella domanda n.41 del questionario il riferimento alla Humanae Vitae viene riportato solo “ad esempio”. Il non parlarne sarebbe un modo, anche se non il migliore, per uscire dall’impasse in cui ci si trova.
4) Rimanendo acquisito ovviamente l’appello ideale alla fedeltà nel matrimonio, ci sembra che, per quanto riguarda i divorziati risposati, la strada da percorrere, senza indugi o mediazioni pasticciate, sia quella legata all’attuazione del canone 8 del Concilio di Nicea, di tornare cioè alla prassi dei primi secoli, che è ancora seguita dalle Chiese ortodosse. Essa è quella di ammettere all’Eucaristia, dopo un adeguato percorso spirituale le coppie divorziate e risposate civilmente, ammettendo le loro nuove nozze in Chiesa che devono essere accettate da tutta la comunità. Comunque auspichiamo che il Sinodo dica che, per ogni divorziato risposato, debba valere il criterio della libertà di coscienza nel caso egli desideri ricevere l’Eucaristia, senza che ciò significhi alcuna censura, diretta o indiretta, da parte della comunità cristiana di cui fa parte, che anzi deve sostenere ed accompagnare questa scelta responsabile.
5) Per quanto riguarda il rapporto della comunità ecclesiale con le persone omosessuali, ci sembra che le aperture contenute nella Relatio post disceptationem debbano essere mantenute, mentre consideriamo aberrante (e in stridente contrasto con tali aperture) l’invito alla comunità cristiana (n.40 del questionario) di “proporre loro le esigenze della volontà di Dio sulla loro situazione”. Va dunque ribadito l’impegno della comunità di accogliere le persone omosessuali con spirito fraterno e capacità di cogliere i contributi originali di cui sono portatori. Le unioni civili tra le persone omosessuali, previste dalle legislazioni, dovrebbero essere favorite in ogni modo.
Auspichiamo che l’assemblea sinodale riesca a recepire quella voce dello Spirito che va nella direzione di un reale cambiamento delle prescrizioni ecclesiastiche e della pastorale, come è già avvenuto molte volte nella storia della nostra Chiesa.
Che i vescovi accettino di essere illuminati dall’alto.

Assemblea dei partecipanti all’incontro di Chiesadituttichiesadeipoveri sulla Gaudium et Spes

Roma, 9 maggio 2015


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