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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Le aspre critiche degli evangelici al discorso di Scola a S.Ambrogio

False accuse alla laicità (da NEV del 12 dicembre)

di Eric Noffke, pastore valdese

Per fortuna il discorso del cardinale Scola, pronunciato a Milano in occasione della festa di Sant’Ambrogio, ha suscitato un coro di sdegno: diverse riposte, puntuali ed intelligenti, sono arrivate da alcune delle voci più autorevoli del panorama intellettuale italiano. Giustamente si è visto nelle parole dell’arcivescovo di Milano un ennesimo attacco all’idea di laicità e un inquietante auspicio a tornare al confessionalismo di Stato; il suo riferimento ad un presunto modello americano (che, è stato fatto notare correttamente, in quei termini oggi non esiste neanche più) sembra più uno specchietto per le allodole che una proposta seria. In realtà, in prossimità della campagna elettorale Scola ha voluto mandare ai milanesi tutti, a cominciare dal loro sindaco, il chiaro messaggio che le cose, nell’arcidiocesi di Milano, sono cambiate. Non che avessimo molti dubbi in proposito, ma un discorso come questo ci ripropone la domanda se una certa gerarchia cattolica voglia davvero porsi come interlocutore in un dialogo pubblico o se non abbia piuttosto ragione Paolo Naso quando, sul sito della Chiesa Valdese, parla di “guerra fredda”. In tal caso dobbiamo leggere le parole di Scola come una chiamata alle armi contro lo Stato laico; d’altra parte tutto il lavoro di Comunione e Liberazione non esprime proprio questo progetto?

Che la direzione sia questa ce lo dice prima di tutto il riferimento a Costatino, proprio in apertura del discorso di Scola. Invece di essere magistra vitae, la storia diventa piuttosto un’arma da guerra e altro non potrebbe essere la fuorviante immagine di Costantino eletto a patrono della libertà religiosa. È vero, il suo editto del 313 ha posto la parola fine alle persecuzioni dei cristiani, i quali saranno stati felici di poter professare la loro fede senza la paura di rischiare la vita. Esso, però, è stato il preludio delle persecuzioni degli eretici i quali, tra l’altro, con la loro stessa esistenza accusavano prima l’imperatore, poi il papa re di un uso politicamente e ideologicamente strumentale del cristianesimo. Per non parlare, come giustamente ci fa notare Vito Mancuso su Repubblica, della messa al bando dei culti pagani, ben presto a loro volta oggetto di condanne e vessazioni. Di Costantino e della svolta che impresse alla storia del cristianesimo ci sarà tempo per parlare nel corso dell’anno in maniera storicamente più argomentata e seria. Vederlo evocato in un atto di accusa alla laicità, però, richiama echi inquietanti di tempi che vorremmo lasciarci alle spalle. Dal cesaropapismo allo stato pontificio, la storia è piena dei pessimi esiti della commistione tra Stato e Chiesa. Ad ogni modo, proprio la storia è uno dei campi in cui si combatterà questa guerra, fredda o calda che sia, contro la laicità.

C’è poi un secondo punto che mi pare importante evidenziare: quali sono le fazioni opposte in questo confronto? Se da una parte, infatti, sta una maggioranza della gerarchia cattolica, con le sue spade affilate puntate contro lo schieramento laico e la sua cultura presunta secolarizzata, dove si collocano gli altri? E soprattutto, il mondo evangelico italiano da che parte sta? Quanti, nelle nostre chiese, sono tentati dal frutto polposo, ma avvelenato, della battaglia cattolica per i valori “non negoziabili” in campo etico? Naturalmente è un’illusione immaginare che il mondo evangelico possa assumere una posizione comune; ma non sarebbe una cattiva idea quella di evitare pericolose neutralità o scomode strumentalizzazioni. Siamo davvero appiattiti sull’alternativa tra una laicità alla francese o all’americana, quando nel nostro paese non abbiamo avuto né la Riforma protestante né la rivoluzione francese? Credo che sarebbe il caso di chiarirci le idee in qualche modo, magari proprio partendo dal diciassettesimo centenario dell’editto di Costantino.

Oggi più che mai, dunque, è necessario affermare che le accuse di Scola alla laicità sono false, soprattutto in Italia. Bisogna opporsi con forza a chi, come lui, cerca di riproporre, neanche tanto sotto mentite spoglie, una religione intesa come soffocante cappa liberticida, collaudata macchina di controllo delle coscienze, tesa alla difesa di ben precisi interessi di parte. Ma non basta: dobbiamo pure agire per offrire al nostro paese una reale alternativa evangelica, nel pensiero e nelle opere. (nev-notizie evangeliche 50/12)

Laicità. FCEI: “Le parole di Scola aggrediscono il principio di laicità”

Il discorso dell’arcivescovo di Milano indice di una “restaurazione”

Roma (NEV), 12 dicembre 2012 – Con un comunicato stampa diffuso lo scorso 7 dicembre la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha preso posizione su quanto pronunciato dal cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, in occasione del tradizionale discorso per la festa del patrono della città, Sant’Ambrogio. Il cardinale, partendo da una riflessione generale sull’anniversario dell’Editto di Milano del 313, ha parlato di un “inizio mancato” in materia di libertà religiosa, per poi passare ad un’analisi contemporanea che vedrebbe una presunta esclusione dallo spazio pubblico delle religioni, esclusione riconducibile alla laicità dello Stato inteso come neutralità nei confronti delle espressioni di fede. Un ragionamento, quello di Scola, che in questi giorni ha suscitato diverse reazioni da parte di opinionisti credenti e non credenti.

Sconcerto per le parole di Scola è arrivato anche da ambienti evangelici. Di seguito la dichiarazione raccolta a caldo dal politologo Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), e diffusa lo scorso 7 dicembre a mezzo di comunicato stampa: “Le parole del cardinale Scola nel tradizionale messaggio alla città del 6 dicembre, lasciano sorpresi e sbigottiti perché aggrediscono quel principio di laicità che costituisce, oltre che un caposaldo della nostra Costituzione, l’architrave di ogni modello di convivenza tra fedi diverse nello spazio pubblico. L’arcivescovo di Milano va persino oltre il tradizionale appello di questo pontificato per una ‘sana laicità’ e denuncia ‘una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente’ e che, se fatta propria dallo Stato, ‘finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa’. Scola è fine intellettuale e, se usa parole così nette ed esprime giudizi così perentori, è chiaro che ha un obiettivo preciso: a noi pare che intenda richiamare il suo gregge al fatto che il pastore è cambiato, che il tempo di Martini e Tettamanzi è ormai finito e con esso quello spirito di pluralismo, di laicità e di dialogo che per una lunga stagione hanno caratterizzato il cattolicesimo ambrosiano. Ruvidamente, come ruvide sono state le parole udite dalla Cattedra di Sant’Ambrogio, potremmo definirla ‘restaurazione’”.

Il pastore della chiesa valdese di Milano, Giuseppe Platone, che è anche segretario del Consiglio delle chiese cristiane del capoluogo lombardo (CCCM), per parte sua ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Il cardinale Scola ci ha crudemente messi di fronte al fatto di trovarci, sul tema della libertà religiosa, su posizioni lontane, contrapposte, che in prospettiva rischiano di rendere il cammino ecumenico ancora più faticoso di prima. Non siamo comunque di fronte a degli ultimatum o diktat ma a posizioni, teologicamente e culturalmente diverse che possono (e forse desiderano) un confronto leale, senza scomuniche ma anche senza sconti. Dopo quindici anni di un cammino che ha visto cadute e energici rialzamenti, il CCCM, alla vigilia dell’anniversario della ‘svolta costantiniana’, è di fronte ad una sfida seria che deve trovare la sua risposta nella fedeltà all’evangelo del Cristo che ha dato tutto se stesso senza prendere nulla per sé. Come dire che le religioni, che camminano tutte con le gambe di credenti e di cittadini, imparino a fare un passo indietro per il bene comune”.


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