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Noi Siamo Chiesa

Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Le assemblee sul gender sono a senso unico. Difficilissimo contraddire pacatamente in un clima astioso da difesa della civiltà cristiana

Paura del «gender»
Quando gli stereotipi impediscono la discussione sulla sessualità e sui ruoli sociali. Una testimonianza


Rita Torti

Il Regno – 15/11/2015

Nel luglio di quest’anno alcune donne cattoliche di Parma (fra cui la sottoscritta) scrivono una lettera aperta alle principali associazioni ecclesiali presenti in diocesi per comunicare il proprio disagio rispetto alla infiammata battaglia contro il «gender», che vede parte del mondo cattolico fra i protagonisti più attivi e convinti. Ci firmiamo scherzosamente «Le sante Lucie»; tutte siamo da decenni coinvolte in modo attivo nella vita della Chiesa locale.
La nostra lettera, inviata anche a testate e siti cattolici, ha un notevole e immediato riscontro in Rete, mentre l’unica risposta in diocesi viene dal Movimento ecclesiale d’impegno culturale, che in ottobre organizza l’incontro «“Gender”: cerchiamo di capire». Sono previste un’introduzione per ricordare le motivazioni della lettera, poi una ricognizione sull’uso del termine «gender», quindi il confronto tra le persone presenti. Le quali, la sera della riunione, sono numerose, tanto che ci si deve spostare in una sala più capiente.
Delegata dalle «sante Lucie», introduco riprendendo i punti essenziali del nostro testo (lo si può leggere ad esempio sui siti di C3dem, Adista, Combonifem e Coordinamento delle teologhe italiane): prendiamo le distanze dalla logica amico/nemico su cui ci pare impostata tutta la faccenda, segnaliamo approssimazioni e vere e proprie distorsioni delle fonti nei discorsi e nei documenti «anti-gender», riteniamo che usare il termine-ombrello gender per realtà molto diverse tra loro sia deleterio, perché si tratta di prospettive culturali e pratiche sociali eterogenee e non assimilabili. Sottolineo che scriviamo in quanto cattoliche, e che per noi è un problema vedere come gli impegni che ci siamo assunte in questi anni sono ora in odore di eresia (ad esempio la promozione delle donne, il contrasto alla violenza di genere, i progetti educativi per potenziare la ricchezza umana di maschi e femmine al di là del condizionamento di modelli limitanti quando non negativi, il lavoro sul linguaggio); pensiamo che nella Chiesa anche su questi temi si debba prevedere e garantire il pluralismo delle posizioni (cf. anche Regno-att. 1,2015,53: «Dire la differenza oltre le ideologie»).
Dopodiché illustro il termine «genere», che definisco come la continua reinterpretazione socio-culturale del dato biologico della dualità sessuale, che coinvolge non solo l’autopercezione e le relazioni tra individui, ma anche sistemi simbolici e religiosi e l’organizzazione della vita collettiva.
Ricordo che da una quarantina d’anni questa consapevolezza, tramite i gender studies, ha costituito uno strumento euristico e ermeneutico del quale oggi non possiamo fare a meno, e che della prospettiva di genere hanno beneficiato anche le discipline teologiche. Sottolineo che i gender studies hanno riportato alla luce le voci e le esistenze delle donne (quindi sono proprio il contrario dell’in-differenziato), e che ciò ha comportato contestualmente l’indagine sulla costruzione della maschilità: un tema che ha strettamente a che fare anche con la violenza contro le donne, molto diffusa anche tra i giovani.
Accenno poi al concetto di «gender» in filosofia, all’istanza etica che muove anche posizioni molto discusse come quelle di Judith Butler. Infine spiego la differenza tra genere e orientamento sessuale. Termino dicendo che come credenti ci può interrogare la constatazione che nelle Scritture non ci sia un unico modello di femminile e di maschile a cui possiamo appoggiarci, e che dobbiamo riflettere sul fatto che Gesù ha sempre travalicato le prescrizione di genere, sia maschili sia femminili, del suo tempo.
Insulti in nome del… Vangelo
Molte cose in pochi minuti, certo, ma nel resto della serata c’era il tempo per riprendere i vari aspetti, fare domande, portare contributi. E invece…
Il moderatore della serata chiede a chi vuole intervenire di segnalarlo subito per organizzare i tempi, e immediatamente si alzano diverse mani, quasi tutte di persone che fanno interventi apparentemente coordinati in anticipo, con toni e contenuti che mi spiazzano. Non perché non li capisca o non sappia cosa rispondere. Piuttosto, mi spiazzano perché sono fuori contesto, come se non avessero ascoltato niente di quanto detto fino a quel momento.
A parte un signore che ci insulta (ma insulta anche monsignor Galantino, siamo in buona compagnia), e con tono alterato dice che c’è fin dal Settecento una lobby gay che ha lo scopo di distruggere la Chiesa, gli altri in rapida successione dicono che «adesso a scuola vogliono insegnare a masturbarsi ai bambini di quattro anni, e gli insegnano a dubitare del proprio genere, e quei libretti UNAR distribuiti nelle scuole ecc.».
Ripetono pedissequamente quanto si trova nei siti delle associazioni e dei movimenti «anti-gender»; qualcuno ha proprio i fogli stampati e legge da lì. Un signore «rivela» d’aver trovato su Internet il documento dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS, che in effetti si trova molto facilmente, è messo in Rete proprio per essere letto), e cita l’ormai famosa «matrice»; al che altri, nella sala, interrompono dicendogli che il documento va letto dall’inizio, se si vuole capire il senso della matrice e non farle dire ciò che non dice.
Diverse persone commentano ad alta voce, teste si scuotono, l’aria è molto tesa. Poi altri interventi riportano l’attenzione sulla violenza contro le donne, sul reale contenuto del comma 16 della legge 107, sugli stereotipi di genere nel mondo dell’infanzia, sulla tendenza della nostra società verso l’in-differenziato; ma clima della serata è ormai compromesso, e si è pure fatto molto fatto tardi. Il moderatore mi ridà la parola per qualche minuto.
Faccio alcune precisazioni: sugli standard OMS (invitando a leggere gli scritti di Alberto Pellai su questo tema), sulla necessità di adottare una prospettiva di genere se si vogliono cogliere le dinamiche specifiche della violenza contro le donne, e poi di nuovo sulla necessità di distinguere le varie questioni.
L’incontro si chiude. Raccolgo i miei fogli e la tristezza che mi vien fuori da tutte le parti, mentre due signore mi si avvicinano e, in nome del Vangelo, m’insultano.
Cosa dire, di una serata così? I membri del gruppo «contestatore» si scambiavano segni di «vittoria» mentre si alternavano negli interventi iniziali; e d’altra parte io e le altre «Lucie» abbiamo ricevuto molti messaggi di solidarietà da persone sconcertate da certi comportamenti e interessate al nostro modo di porre le questioni.
Tuttavia, si trattava non di vincere o di perdere, ma di mettere in movimento uno scenario che, a dispetto dei toni infiammati, è in stallo. Se avessi voluto «vincere» avrei smascherato fin dall’inizio l’inconsistenza degli argomenti «anti-gender», perché li conosco piuttosto bene. Ma visto che nella lettera se ne contestava l’attendibilità, tutto mi sarei immaginata tranne che venissero riproposti tali e quali come se niente fosse.
«Loro» non sono «noi»
Non è piacevole sentirsi apostrofate come «ingenue disinformate» e «prive di senso critico» (forse avremmo dovuto sciorinare i nostri curricula, che proprio insignificanti non sono?); né è stato edificante vedere come chi si vanta di manifestare in silenzio contro i decreti Scalfarotto e Cirinnà abbia invece riversato rabbia e aggressività in una riunione ecclesiale, senza – mi pare – essere provocati in alcun modo. Ma il vero problema, a mio parere, è che tutto questo ha impedito al resto dei presenti di parlare con calma per capire che cosa, in tutto ciò che è stato messo nel calderone «gender», può essere positivo e che cosa invece suscita perplessità e perché, e magari elaborare una scaletta di temi per futuri dibattiti.
Nelle settimane successive, quando mi sono trovata a parlare di genere in altre città, si è più di una volta verificata una situazione analoga: qualunque fosse la prospettiva specifica su cui si stava lavorando, diverse erano le mani alzate e gli interventi che invece di portare un contributo sul merito – anche dissonante, questo è normale – ripetevano le stesse frasi, le stesse citazioni prive di fondamento (siamo arrivati a: «la teoria gender è una cosa che c’entra con la chimica, perché c’è una legge in Inghilterra che obbliga a dare ai bambini delle sostanze per bloccare lo sviluppo così poi loro possono scegliere di essere del sesso che vogliono; lo so perché l’ho sentito in una conferenza dell’avvocato XY»). Allora, di nuovo, diverse mezz’ore sottratte al lavoro previsto per dimostrare che non è così, mostrare le prove, riportare le questioni nel loro ambito proprio.
Soprattutto, ogni volta, ho come l’impressione che ci siano alcuni buchi neri che risucchiano le competenze culturali e professionali delle persone – credo sinceramente – cattoliche, e ciò mi interroga ulteriormente.
Il principale di questi «buchi neri» mi pare si spalanchi ogni volta si mette in discussione la «naturale differenza fra uomini e donne». Si reagisce con veemenza perfino di fronte all’idea che a scuola qualcuno dica che una bambina da grande potrà guidare un camion o che un papà stirerà. Eppure lo sappiamo tutti che le donne i camion li guidano (e fanno molto altro) e i papà stirano. Se questa è considerata una deriva anti-cristiana e anti-umana, credo che sarebbe il caso di dirlo chiaramente, e di spiegarne i motivi, e ragionarci insieme. Se il problema invece fosse altro, va nominato per quello che è.
Un altro buco nero riguarda la violenza di genere. C’è chi interviene per dire che anche le donne fanno del male agli uomini, e che quella contro le donne è una violenza come le altre: il problema è che non s’insegna più il rispetto, mentre «a me hanno sempre insegnato che le donne non si toccano nemmeno con un fiore». Alla luce di quanto ormai sappiamo su questo fenomeno – i dati, gli studi che li analizzano e li interpretano – è difficile attribuire questi interventi a semplice «ignoranza»; a me pare piuttosto una rimozione. E ancora una volta mi sorge la domanda: che cosa, nella nostra fede, porta a questa rimozione?
O forse c’è il timore che ripensare la maschilità indebolisca la «naturale differenza»?
E poi, l’omosessualità: più che un buco nero, un tabù. Certo, «noi» li rispettiamo, ma ho spesso sentito esclamare, anche in contesti molto selezionati, frasi del tipo: «Ah, tutti questi gay che invadono le scuole e vogliono insegnare l’omosessualità». E magari nella stessa sala ci sono persone omosessuali, o genitori di giovani omosessuali.
«Loro», semplicemente, non è previsto che siano fra «noi».
L’ultimo buco nero assomiglia piuttosto a un muro di gomma. Per quanto si sollecitino i gruppi sul confronto tra parola di Dio e comprensione del tema sesso-genere, non si riesce ad avere riscontri. Eppure la Bibbia e la storia della Chiesa hanno molto da dire su quanto si cambia, quanto si possa migliorare o anche quanto si possa sbagliare nell’elaborare e prescrivere modelli di maschilità e femminilità. Ma quando si propone di vedere che cosa significa, oggi, la frase «A sua immagine… maschio e femmina li creò», semplicemente si viene ignorate. Mi domando perché.

Relazione di Micol Santi, portavoce di Noi Siamo Chiesa dell’Emilia Romagna. 19 marzo 2015, Bologna

Relazione sull’incontro di Giovedì 19 Marzo, a Bologna dal titolo “Ideologia gender: che cos’è? Pericoli e sfide per la famiglia, la scuola e la società”. Relatore unico: Gianfranco Amato, presidente nazionale “Giuristi per la vita”, con introduzione di Padre Rabany, priore della Comunità di San Giovanni.
Organizzazioni promotrici dell’iniziativa:
• Giuristi per la vita
• La Manif Pour Tous
• A.M.C.I.
• Associazione Amici di Celeste
• Centro culturale BK Charleston
• Voglio la mamma – Bologna
• CISL Medici Emilia-Romagna
• Comunità di San Giovanni

Prima impressione: due auto della polizia parcheggiate davanti all’ingresso, totale assenza di contestazione (probabilmente attesa, visti gli scontri con le Sentinelle in Piedi ad Ottobre 2014), totale assenza di segnalazione dell’iniziativa all’esterno (cartelli, volantini o indicazioni di qualsiasi genere). Quello segnalato sul volantino come “Teatro San Salvatore” in realtà è la Chiesa di San Salvatore: gli organizzatori sono ai piedi dell’altare, chi ascolta è seduto nelle panche e sulle sedie, esattamente come l’assemblea durante una celebrazione liturgica. La chiesa è grande e piena per metà, stimo tra i 200 e i 300 presenti. Molti giovani, in età universitaria.

Dopo un saluto del presidente dell’Associazione “Amici di Celeste”, e un benvenuto alle altre organizzazioni presenti, Padre Rabany fa una breve introduzione. Parte dalla necessità di non fare confusione nel dualismo uomo e donna, cita la Genesi “maschio e femmina li creò”, poi svolge un ragionamento in cui confronta il pensiero di Aristotele e di Platone sulla società. Non ho seguito tutto, quello che ho compreso è che se si considerano i bambini una categoria “terza” rispetto a uomini e donne, si ha individuato una fascia di popolazione sulla quale intervenire per modificare la società, creare o imporre un modello culturale, opportunità che è stata intuita e sfruttata dai totalitarismi ed era alla base del comunismo.

1. L’inizio del discorso dell’Avv. Amato si concentra su cosa NON è la teoria del gender. Parlare dei pericoli legati alla teoria del gender non vuol dire essere contro gli omosessuali, non vuol dire essere contro l’uguaglianza tra i sessi. La teoria del gender secondo l’avvocato è l’idea che ciascuno possa scegliere e determinare il suo essere uomo o donna in base alla percezione del momento, qualcosa di variabile nel tempo: oggi mi sento uomo, la prossima settimana donna, poi di nuovo uomo… (risulta evidente il tono grottesco e da farsa, e la reazione di presa di distanza del pubblico). Diffondere la teoria gender significa quindi affermare che la percezione è più importante della realtà.
Questo intento risulta palese anche leggendo il contenuto della legge Scalfarotto, già passata alla Camera il 9 Luglio 2013. Nell’articolo 1.a si definisce l’identità di genere come “percezione di sé”, che può essere anche contraria al sesso biologico dell’individuo. Si intende introdurre nella nostra giurisprudenza qualcosa che è legato alla percezione, quindi totalmente soggettivo, un confine che non è possibile verificare o quantificare.
[quoto: “Questo poi si porta dietro altre conseguenze evidenti, ad esempio sull’introduzione delle quote rosa, sul femminicidio…” – parole buttate là, evidentemente per l’avvocato c’è un nesso che a me sfugge]
[“Gender identity is the term used to describe the personal sense of being either a man or a woman” – www.cps.gov.uk/]

2. L’omofobia è un concetto che nella nostra giurisprudenza non esiste, l’avvocato chiede al pubblico di darne una definizione, etimologicamente dal greco: paura dell’uomo? paura dello stesso?
Si cita la definizione data in Gran Bretagna: “Homophobia and transphobia are terms used to describe a dislike of LGBT people or aspects of their perceived lifestyles” … “the dislike can be based on any sexual act or characteristic that the person associates with a LGBT person, whether or not any LGBT person does that act or has that characteristic. That dislike does not have to be as severe as hatred.”
[www.cps.gov.uk/]
Quindi se io dico di essere contrario allo stile di vita, alla pratica sessuale, ai matrimoni omosessuali sono omofobo? Se come cristiani affermiamo che il matrimonio può essere solo tra un uomo e una donna, che consumare rapporti omosessuali è peccato, che l’unione sessuale deve essere aperta alla vita … Siamo tutti omofobi! Ma se essere omofobo significa seguire il magistero e gli insegnamenti della Chiesa “…allora io sono orgoglioso di essere omofobo!” (Applauso di una parte del pubblico)
[art. 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica: l’omosessualità è un insieme di atti “intrinsecamente disordinati”, e “contrari alla legge naturale”, da questo “disordine morale” – come da ogni disordine morale – chi vuole può uscirne, anche per evitare il destino della dannazione eterna… art. 1867 “il peccato dei sodomiti è uno dei quattro peccati mortali che gridano al cielo”]

3. Esempi di casi in cui poveri cristiani coerenti sono stati “vittime” di questa imposizione del pensiero unico (da parte della lobby LGBT, dalla dittatura del pensiero unico citata anche dal Santo Padre), ovvero sono stati a torto accusati e perseguiti per “omofobia”:

a. L’avvocato Amato che parlando con Scalfarotto ha affermato che se l’unico criterio è l’affettività, il sentimento, per riconoscere diritti alle coppie omosessuali, allora perché non riconoscere le unioni di più persone, l’harem? Perché non posso sposarmi o fare un’unione civile col mio cane? Incredibile: l’avvocato è stato pubblicamente insultato per questo paragone, eppure la sua domanda era priva di qualsiasi volontà di offendere!

b. Il “mostro di Moncalieri”, professoressa di religione vittima della caccia all’omofobo: l’insegnante ha detto in classe che le persone omosessuali che desiderano cambiare la propria condizione e la vivono con sofferenza possono rivolgersi a terapisti, che con accompagnamento psicologico e spirituale possono “guarirle”. L’insegnante ha citato un caso di persona da lei conosciuta (Avvenire cita il “famoso” caso di Luca Di Tolve, ex attivista Arcigay che ha poi ispirato la canzone di Povia “Luca era gay”). L’avvocato sottolinea la malafede dello studente che l’ha denunciata (attivista di Arcigay), chiede al pubblico di mettersi nei panni di questa povera donna, sospesa dal servizio, che non usciva di casa perché aveva i manifestanti ad aspettarla, con un’indagine avviata dalla magistratura a suo carico, ecc. Finché non sono intervenuti i “Giuristi per la vita” a difenderla e ha prevalso la verità, gli studenti si sono schierati dalla parte dell’insegnante e hanno smentito le menzogne di chi l’accusava, e la professoressa ha potuto riprendere a insegnare.

c. Il caso del sacerdote di Arosio – non si entra nel merito ma viene solo citato, l’avvocato lascia intendere che è un’altra povera vittima della cattiveria e del fraintendimento [nota: si tratta del prete che alla fine della Messa ha invitato i fedeli a un incontro sul tema dell’ideologia gender, dicendo “L’ideologia gender è più pericolosa dell’Isis. La prima ci attacca dall’interno, la seconda dall’esterno” suscitando discussione e rabbia da parte di un fedele omosessuale presente in chiesa, e successiva amplificazione mediatica]

4. Finita la serie di evidenze su chi sono le “reali” vittime, si iniziano ad elencare le evidenze dall’altra parte, ovvero le porcherie portate avanti per diffondere l’ideologia gender. Come detto in precedenza, è nelle scuole che puntano ad intervenire i programmi di ri-educazione, per imporre questo modello di società indottrinando le giovani menti e mettendo in discussione l’identità sessuale dei bambini.

a. L’Unione Europea ha divulgato quello che è lo “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, documento dell’OMS Europa e della FISS (Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica) che divide le fasce di età degli studenti e definisce i programmi per educarli ad una sessualità precoce. Nei programmi previsti da questo documento, c’è l’insegnamento della masturbazione ai bambini fin dalla materna e dalle elementari, c’è l’invito a sperimentare attivamente la propria sessualità, perché non esiste un’età minima consigliata per avere rapporti. I bambini sono invitati a “guardarsi dentro” e chiedersi se si sentono veramente maschi o femmine, mettendo in dubbio il loro identificarsi rispettivamente nel padre e nella madre…

[http://www.aispa.it/attachments/article/78/STANDARD%20OMS.pdf – il documento è facilmente reperibile su internet, sono 68 pagine e leggendolo pazientemente non ho trovato nessun elemento di “pericolo”. Nel documento sono identificati degli “Standard” raccomandati per l’educazione sessuale, ovvero cosa bambini e ragazzi dovrebbero sapere per ciascuna fascia di età. Tali Standard sono una prima risposta per colmare una lacuna evidenziata dall’OMS e dell’UE (pag.5). Sono un riferimento, un ausilio, ma “Se gli Standard vengono utilizzati per definire programmi curricolari o aggiornare i programmi esistenti, il documento deve essere adattato alle specifiche esigenze e situazioni del paese in questione” (pag.9) – ovvero nessuna imposizione. “Per definire il curricolo dell’educazione sessuale è utile instaurare una qualche forma di collaborazione con i genitori, non solo per assicurarsi il necessario sostegno da parte loro, ma anche per garantire un’integrazione ottimale tra il loro ruolo informale e il ruolo formale della scuola” (pag.14) Sono inoltre citati studi dell’UNESCO che “indicano chiaramente che l’educazione sessuale, … tende a ritardare l’inizio dei rapporti sessuali, riduce la frequenza dei rapporti e il numero dei partner sessuali, aumenta i comportamenti di prevenzione a livello sessuale” – L’unico possibile riferimento a ciò che ha citato l’avvocato è nella matrice di argomenti suggeriti per fascia di età (pag.38 e seguenti) poiché si parla di masturbazione infantile precoce come un comportamento mostrato dai bambini nelle fasce 0-4 e 4-6 anni, da affrontare non come un tabù ma un dato di fatto: i bambini provano gioia e piacere nel toccare il proprio corpo. In nessun punto si allude a “insegnare la masturbazione”, sarebbe come dire che quando per la fascia 15 anni e oltre si suggerisce di affrontare l’argomento del sesso come transazione (prostituzione, pornografia …) i ragazzi sono invitati a diventare consumatori. Si può poi essere d’accordo o meno con gli argomenti suggeriti e la fascia di età identificata, ma in tutto il documento è ripetuto che deve essere fondamentale il rispetto della privacy e dei confini personali dei giovani, la loro sensibilità e maturità (non sempre corrispondente all’età anagrafica), deve essere utilizzato un linguaggio appropriato in modo che “gli allievi siano messi in grado di formarsi un proprio punto di vista e riflettere sui propri atteggiamenti” …
Riporto da pag.30 “L’educazione sessuale instaura una stretta collaborazione con i genitori e con la comunità al fine di costruire un ambiente circostante che sia di sostegno. I genitori sono coinvolti nell’educazione sessuale scolastica, vale a dire ne saranno informati prima dell’inizio e avranno la possibilità di esprimere i loro desideri e le loro riserve. Istituzioni scolastiche e genitori si sostengono a vicenda nel processo di educazione sessuale continua. Anche la collaborazione con altri interlocutori nel campo dell’educazione sessuale (servizi pubblici per la gioventù, servizi/attività per la gioventù legate alla Chiesa, servizi sociali per la gioventù, servizi sanitari, servizi di consulenza, gruppi di fede) porta dei vantaggi.”]

b. Il Dipartimento per le Pari Opportunità e l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) hanno rilasciato un documento chiamato “Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere 2013 – 2015”, aderendo al progetto sperimentale proposto dal Consiglio d’Europa per l’attuazione e l’implementazione della Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM/REC (20105.)
L’avvocato sottolinea che il 2015 è adesso – dobbiamo muoverci adesso per contrastare la diffusione e l’imposizione di questo modello culturale! Si sottolinea l’utilizzo della parola “empowerment” delle persone LGBT nelle scuole, ovvero dare potere.

[http://www.unar.it/unar/portal/wp-content/uploads/2014/02/LGBT-strategia-unar-17×24.pdf – la strategia è divisa in 4 assi, il primo è “Educazione e Istruzione”, a pag. 20 punto 4.1.1 Il quadro di riferimento, si legge: “Il Consiglio d’Europa invita gli Stati membri a garantire il diritto all’istruzione, senza discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere nel rispetto del diritto dei bambini e dei giovani all’educazione in un ambiente scolastico sicuro, al riparo dalla violenza, dal bullismo o dall’esclusione sociale.”
e più avanti (pag.21): “A fini della sensibilizzazione sulle tematiche LGBT si segnala l’iniziativa del MIUR, che, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, il 10 maggio 2012 ha emanato una specifica circolare rivolta a tutti gli istituti scolastici, con la quale si ricorda il ruolo della scuola nella costruzione di una comunità inclusiva che riconosce le differenze e il ruolo di contrasto di ogni forma di discriminazione, compresa l’omofobia. – Circolare ministeriale del 10 maggio 2012 (prot. AOODGAI/7974 – Oggetto: 17 maggio – Giornata internazionale contro l’omofobia.
Tuttavia, pur essendo presenti varie iniziative volte alla sensibilizzazione e informazione, è necessario elaborare strategie e progetti formativi strutturali all’interno dell’attività didattica, in maniera adeguata e sistematica, che coinvolgano tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie. A tal fine, sarebbe auspicabile un’integrazione e aggiornamento sulle tematiche LGBT nei programmi scolastici e una promozione dell’informazione e comunicazione non stereotipata, rispettosa delle identità di genere e degli orientamenti sessuali. Occorre, altresì, progettare percorsi innovativi di formazione in materia di educazione alla affettività che partano dai primi gradi dell’istruzione, proprio per cominciare dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia a costruire un modello educativo inclusivo, fondato sul rispetto delle differenze, che costituisca una risorsa non solo per chi fa parte della comunità LGBT ma per tutti i bambini.”
Al punto 4.1.2 Obiettivi (pag.21):
i. ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT;
ii. prevenire e contrastare il fenomeno dell’intolleranza e della violenza legate all’orientamento sessuale o all’identità di genere;
iii. garantire un ambiente scolastico sicuro e friendly, al riparo dalla violenza, dalle angherie, dall’esclusione sociale o da altre forme di trattamenti discriminatori e degradanti legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere;
iv. conoscere le dimensioni e le ricadute del bullismo nelle scuole, a livello nazionale e territoriale, con particolare riferimento al carattere omofobico e transfobico, mediante una rilevazione e raccolta sistematica dei dati;
v. favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni;
vi. contrastare e prevenire l’isolamento, il disagio sociale, l’insuccesso e la dispersione scolastica dei giovani LGBT;
vii. contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali.
Nella sezione Misure (pag.22):
– valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze e per rafforzare il legame con le reti locali;
– integrazione delle materie antidiscriminatorie nei curricula scolastici (ad es. nei percorsi di Cittadinanza e Costituzione) con un particolare focus sui temi LGBT;
– predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali;
( i famigerati moduli dove “padre e madre” sono sostituiti da “genitore 1 e genitore 2”)
– coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti;
– accreditamento delle associazioni LGBT, presso il MIUR, in qualità di enti di formazione;
( vedi attività svolta nelle scuole di Bologna da Arcigay Cassero)
– arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio.]

c. Alcuni esempi di genitori che hanno “subìto” l’imposizione a scuola di programmi e progetti senza esserne stati messi al corrente, rendendosi conto dei contenuti soltanto a posteriori, tramite i racconti e il disagio espresso dai figli:

– Lettura in classe del romanzo di Melania Mazzucco ‘Sei come sei’, in cui si descrive un rapporto omosessuale tra giovani calciatori. La protagonista è una undicenne, Eva, figlia di una coppia gay. Due professori di lettere lo fanno leggere in classe e vengono denunciati per corruzione di minori. Il caso esplode allo storico liceo Giulio Cesare di Roma, nel quartiere bene Trieste, un tempo roccaforte della destra giovanile. Due associazioni, Giuristi per la Vita e Pro Vita Onlus – di solito impegnate contro l’aborto – hanno presentato un esposto in procura contro i docenti che hanno proposto ai ragazzi il testo.
[http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/28/romanzo-gay-letto-in-aula-due-associazioni-denunciano-liceo-di-roma/966797/]
L’avvocato racconta che tramite l’amico senatore Giovanardi ha proposto fosse discussa in Senato l’appropriatezza del testo fatto leggere ai ragazzi, e il Senato non ha accolto la richiesta in quanto linguaggio troppo esplicito …

– Caso del progetto “Gioco del Rispetto” proposto a Trieste.
Nota: Ho letto molto materiale al riguardo, vi invito a confrontare articoli in cui si distorcono contenuti e finalità del progetto [ad esempio http://www.ilgiornale.it/news/politica/bimbi-travestiti-bambine-leggete-documento-choc-che-regola-1103904.html] con le pagine ufficiali del progetto e le testimonianze dei genitori dei bambini coinvolti [http://giocodelrispetto.org/] [http://www.cdt.ch/primo-piano/approfondimenti/127399/il-gioco-del-rispetto-che-fa-tanto-discutere.html] mi pare evidente la manipolazione e la malafede delle persone che criticano l’iniziativa.

– Altro caso: Una bambina che arriva a casa e dice ai genitori “non esistono solo maschi e femmine, ci sono anche le stelline” e davanti alla perplessità dei genitori dice “nella mia classe ci sono 3 stelline”, quindi bambini identificati precocemente come potenziali candidati a crescere omosessuali / transessuali…
d. Libretti UNAR, realizzati dall’Istituto A.T.Beck “Educare alla diversità a scuola” – per la scuola primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado. In questi libretti si presentano sotto forma di racconti o favole per l’infanzia delle famiglie composte da genitori dello stesso sesso, con appositi sussidi per gli insegnanti per rispondere alle domande dei bambini. L’avvocato legge con tono ironico i vari libretti: le due mamme che hanno l’ovino ma manca il semino, e vanno in una clinica dove persone tanto gentili danno loro il semino… E se sono due papà? Allora non solo hanno una donna tanto gentile che dà il semino, ma anche un’altra donna ancora più gentile che mette a disposizione il suo pancino…

– Excursus sull’abominio della maternità surrogata, ma anche della fecondazione artificiale e dell’eterologa: esempio di ragazza minorenne indiana che falsifica la sua età per entrare nel programma di donazione degli ovuli e muore per colpa delle terapie ormonali, nell’indifferenza dei committenti e di chi paga per avere accesso al corpo di queste povere donne – ma dove sono in questi casi i movimenti femministi??

5. A questo punto del ragionamento, l’avvocato sostiene che non viviamo più in una democrazia, in una repubblica parlamentare, ma che siamo in una dittatura in cui la magistratura ha il potere di riscrivere e scavalcare le leggi attraverso le sentenze dei tribunali. Esempi:

a. Sentenza a Messina che riconosce la possibilità di cambiare sesso senza operazione [Febbraio 2015 – http://www.reporternuovo.it/2015/02/24/cambiare-sesso-senza-operazione-sentenza-storica-a-messina/]
L’avvocato spiega che oggi non si parla più di operazione per il cambio di sesso, si parla di “sex re-assignment surgery” – SRS, ovvero il sesso è qualcosa che ti può essere “attribuito”.

b. Introduzione di farmaci che bloccano la pubertà. In altri paesi, è possibile per i minorenni ricevere cure ormonali, in grado di rallentare l’emergere dei fattori differenzianti dei due sessi, aspettando di avere 18 anni e poter accedere all’operazione chirurgica. Quindi abbiamo giovani tra i 14 e i 17 anni a cui non crescono peli, ragazze a cui non si sviluppano i seni e non compaiono le mestruazioni, perché hanno deciso precocemente di fermare lo sviluppo del loro corpo. Volete questo per i vostri figli? Che siano individuati precocemente i possibili candidati per le operazioni di ri-assegnazione del sesso? Perché anche in Italia oggi si sta valutando l’utilizzo di questi farmaci.
[Proposta avanzata dall’ospedale Careggi di Firenze alla Regione Toscana, per il trattamento di adolescenti che presentano disforia di genere (Gender identity disorder) http://www.informasalus.it/it/articoli/trattamenti-ormonali-puberta.php]

c. Altri riconoscimenti di diritti non previsti dal nostro ordinamento, matrimoni gay contratti all’estero, riconoscimenti ad un partner omosessuale di diritti sui figli dell’altro… Segni che nonostante la nostra Costituzione preveda il matrimonio tra un uomo e una donna, la magistratura prepara il terreno per cambiare la società.

6. Gran finale: per l’ultima mezzora di incontro l’avvocato fa il parallelo con la nascita delle dittature ed i totalitarismi del XX secolo. Così come oggi noi ci chiediamo “come hanno fatto in Germania a non accorgersi degli effetti della diffusioni delle leggi razziali? Dei campi di concentramento e sterminio?” così un giorno i nostri figli e nipoti ci chiederanno “come avete fatto a non accorgervi della diffusione dell’ideologia gender? Dove eravate? Perché non avete fatto nulla?”. Non esagero, mezzora di martellamento in un crescendo di tono di voce, di ribaltamento tra vittime e carnefici (avrei tanto voluto far notare che i nazisti erano molto convinti di poter rieducare e guarire le persone omosessuali e transessuali, e si sono sbizzarriti negli esperimenti…), tutto per trasmettere ed enfatizzare il pericolo, il panico, “svegliare” genitori ed educatori presenti, invitandoli a prendere le armi contro questo nemico.

Considerazioni personali:
In sintesi, sono veramente rattristata che questo genere di incontri / conferenze trovi spazio in chiesa. Penso che questi signori abbiano letto un Vangelo di Giovanni diverso dal mio, di sicuro non c’era scritto “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.”
Non c’era amore né misericordia in quella sala, ma tante persone spaventate dalla diversità, da ciò che non conoscono e non capiscono. Se poi dubitano dell’esistenza dell’omofobia, vorrei che parlassero con i genitori dei ragazzi omosessuali [http://www.agedonazionale.org/] per sentire da loro cosa vuol dire aver paura che il proprio figlio venga aggredito, non torni a casa, oppure che sia vittima di discriminazioni e persecuzioni a scuola o sul lavoro. Oppure che ascoltassero le testimonianze di genitori con figli affetti da disforia di genere, che pensano al suicidio [http://www.huffingtonpost.it/2015/03/03/cambia-sesso-15-anni-genitori-prendere-farmaci_n_6789656.html].
Dal canto mio, ho invitato i presenti alla Veglia per le vittime dell’omofobia, che ogni anno organizziamo a Maggio presso la parrocchia di San Bartolomeo della Beverara. Così come mi piacerebbe che incontrassero i gruppi di omosessuali e transessuali credenti, e parlassero con i parroci e i sacerdoti che aprono loro le porte (fisicamente e metaforicamente).
Non vorrei essere figlia di una di quelle persone che applaudiva l’avvocato, nelle sue affermazioni più fanatiche e cariche d’odio. Neanche vorrei essere figlia di uno dei genitori che ha preso la parola e ha raccontato di aver intrapreso una battaglia, affinché sia fermato nel liceo Luigi Galvani di Bologna il progetto che prevede incontri con il Cassero Arcigay. Io spero che i miei figli abbiano occasione di crescere sapendo che esiste la diversità, del resto le porte di casa nostra sono aperte agli amici non eterosessuali e ai loro compagni, così come lo saranno quando incontreremo i bambini delle Famiglie Arcobaleno. Non mi sento attaccata o messa in discussione da queste realtà, non cambiano ciò che sono io e l’esempio o la testimonianza che do con mio marito. Così come non mi sento messa in discussione da altre religioni e culture. E se un giorno i miei figli avranno bisogno di parlare, confrontarsi, o faranno coming out, sapranno di essere amati incondizionatamente e accolti, a differenza di chi ha un genitore che condanna e maledice la diversità.


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