A proposito del martirio di Romero
Il Martirio di Romero è avvenuto in odium fidei o a causa della giustizia?
Questo l’interrogativo che sorge di fronte al decreto della Congregazione vaticana dei Santi e alle opposte dichiarazioni di tante associazioni cattoliche e di alcuni teologici.
Forse è utile allora rileggere quanto scriveva un maestro di teologia, dottore della Chiesa, come S. Tommaso d’Aquino, che aiuta a sciogliere ogni dubbio in proposito.
Egli ne parla in 5 articoli della questio (= ricerca o inchiesta) sul martirio (q.124) inserita nel trattato sulla virtù cardinale, non teologica, del coraggio (fortitudo) della II-II ae della Summa.
Nel primo articolo afferma che il martirio è un atto di virtù e consiste nel rimanere fermi nella verità e nella giustizia contro il furore dei persecutori.
Nel secondo articolo sostiene che il martirio è un atto della virtù del coraggio. Interessante la risposta alla prima obiezione secondo cui il martirio, che rende testimoni della fede di Cristo, è un atto di fede. Tommaso dopo aver distinto il bene, o il fine, che si vuole affermare, dalla fermezza, risponde che proprio in ciò consiste l’essenza del coraggio. Da qui la duplice forma del coraggio: quello civile, che conferma nella giustizia umana; e quello gratuito che conferma nel bene della giustizia di Dio, grazie alla fede di Gesù Cristo.
Nel terzo articolo scrive che il martirio è un atto di massima perfezione nella vita, perché dimostra massimamente la perfezione della carità: è il segno più grande dell’amore.
Nel quarto articolo afferma poi che alla perfezione del martirio si richiede che si sopporti la morte per Cristo.
Nell’ultimo articolo – quello che può sciogliere i nostri dubbi- si domanda infine se solo la fede sia la causa del martirio. Dopo aver detto che i martiri sono i testimoni della verità, e che la causa di qualsiasi martirio è la verità della fede; afferma che “le opere di tutte le virtù, in quanto si riferiscono a Dio, sono delle confessioni di fede… donde possono essere causa di martirio. Per questa ragione la Chiesa celebra il martirio di S. Giovanni Battista, il quale subì e sopportò la morte non per ragioni di fede, ma perché aveva condannato l’adulterio (del re)”.
La risposta alla terza obiezione , secondo cui solo la fede sembra essere la causa del martirio, chiarifica ancor meglio la questione. Così infatti scrive: “Il bene della cosa pubblica (reipubblicae) è il primo tra tutti i beni umani, ma il bene divino – che propriamente è la causa del martirio, vale di più del bene umano. Tuttavia poiché il bene umano, se riferito a Dio, può diventare (effici= essere fatto) divino, qualunque bene umano può essere causa di martirio, se viene riferito a Dio”.
Tommaso è ancor più chiaro nel commento alla lettera ai Romani, perché così afferma:
“Patisce per Cristo non solo chi patisce per la fede in Cristo, ma anche chi patisce per qualsiasi opera di giustizia” (In Epist. Ad Romanos, c. 8°, lect. VII).
Si può quindi concludere che il coraggio nell’affermare fino alla morte il bene della giustizia, umana e divina, costituisce la causa del martirio: si è sempre martiri della giustizia e della fede.
(nota di Fabrizio Truini)
NB. Si veda Fabrizio Truini “La pace in Tommaso D’Aquino”, ed Città nuova, Roma 2008
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