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Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

Leonardo Boff interviene sulla Caritas in Veritate


Al papa manca un po’ di marxismo

La nuova enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, del 7
luglio scorso, è una presa di posizione della Chiesa di fronte alla
crisi attuale. La complessità delle crisi che colpiscono l’umanità e
che costituiscono pericolose minacce per il sistema di vita e sul
futuro, richiederebbero un senso profetico, carico di urgente
attualità. Non è stato questo, però, ciò che abbiamo ricevuto, ma una lunga
e dettagliata riflessione sulla maggior parte dei problemi attuali, che
vanno dalla crisi economica al turismo, dalla biotecnologia, alla crisi
ambientale, oltre a proiezioni su un governo mondiale della
globalizzazione. Lo stile non è profetico: “necessiterebbe un’analisi
concreta di una situazione concreta", che renderebbe possibile
esprimere un giudizio sui problemi attuali in forma di annuncio-
denuncia. Ma non è nella natura di questo papa essere un profeta. Egli
è un dottore e un maestro. Elabora il discorso ufficiale del Magistero,
la cui prospettiva non viene dal basso, dalla vita reale e
conflittuale, ma dall’alto, dalla dottrina ortodossa che sfuma le
contraddizioni e minimizza i conflitti. L’accento dominante non è
quello dell’analisi, ma quello dell’etica, quello del ciò che dovrebbe
essere.

Siccome non analizza la realtà attuale, estremamente complessa, il
discorso si limita ad essere una enunciazione di principi, equilibrista
e si caratterizza per la sua astrazione. Il sottinteso del testo, il
non detto in ciò che dice, rimanda a una innocenza teorica che
inconsciamente assume l’ideologia funzionale della società dominante. È
evidente già nel modo in cui affronta il tema centrale – lo sviluppo –
tanto criticato oggi per non tenere in considerazione i limiti
ecologici della Terra. Di questo l’enciclica non dice nulla. La sua
visione è che il sistema mondiale è fondamentalmente giusto. Esistono
disfunzioni ma non contraddizioni. Questa diagnosi suggerisce la
seguente terapia, simile a quella del G-20: correzioni e non
trasformazioni, miglioramenti e nessun cambiamento di modello, riforme
e non liberazioni. È l’imperativo del maestro: «correzione», non l’
imperativo del profeta: «conversione».

Nel leggere il testo, lungo e pesante, finiamo per pensare: che bene
sarebbe per il papa attuale un po’ di marxismo! Il marxismo parte dagli
oppressi ed ha il merito di smascherare le opposizioni presenti nel
sistema attuale, di portare alla luce i conflitti di potere e di
denunciare la voracità inarrestabile della società di mercato,
competitiva, consumista, assolutamente non cooperativa e ingiusta; una
società che costituisce un peccato sociale e strutturale che sacrifica
milioni sull’altare della produzione per un consumo illimitato. Questo
avrebbe dovuto denunciare profeticamente il papa. Però non lo fa.

Il testo del Magistero, olimpicamente al di fuori e al di sopra della
conflittuale situazione attuale, non è ideologicamente «neutro» come
pretende di essere. È un discorso che riproduce il sistema imperante,
un sistema che fa soffrire tutti, soprattutto i poveri. Non importa se
Benedetto XVI lo voglia o non lo voglia, ma è nella logica strutturale
del suo discorso magisteriale. Rinunciando a una seria analisi critica,
paga un elevato prezzo in inefficacia teorica e pratica. Non innova,
ripete.

E perde una grandissima occasione per rivolgersi all’umanità in un
momento drammatico della storia, servendosi del capitale simbolico di
trasformazione e di speranza contenuto nel messaggio cristiano. Questo
papa non valorizza i nuovi cieli e la nuova terra, che possono essere
anticipati da prassi umane, conosce soltanto questa vita decadente, e
per se stessa insostenibile (il suo pessimismo culturale), la vita
eterna e il cielo futuro. Si allontana così dal grande messaggio
biblico che ha conseguenze politiche rivoluzionarie nell’affermare che
l’utopia del Regno di giustizia, di amore e di libertà sarà reale solo
nella misura in cui tali beni si costruiscano e si anticipino tra di
noi, nei confini dello spazio e del tempo storico.

È interessante notare che, – tralasciando le nozioni fideistiche
ricorrenti («solo attraverso la carità cristiana è possibile lo
sviluppo integrale») –, quando si “dimentica” il tono magisteriale,
nella parte finale dell’enciclica, parla di cose sensate, come la
riforma dell’ONU, la nuova architettura economica e finanziaria
internazionale, il concetto di bene comune di tutto il mondo e i
rapporti di inclusione della famiglia umana.

Parafrasando Nietzsche: «quanta analisi critica è in grado di
incorporare il Magistero della Chiesa?»

Leonardo Boff
fonte: ADITAL
20 luglio 2009


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