Partire dal Concilio: come?
Campanini: tre nodi ancora irrisolti, laici, donne e povertà della Chiesa
Evitare il rischio di indurre al «dissenso» quanti continuano a credere, sia pure criticamente. Perchè non promuovere una grande iniziativa a 50 anni dal Vaticano II?
DI GIORGIO CAMPANINI
U n diffuso disagio serpeggia da qualche tempo nella comunità cristiana che è in Italia, od almeno in alcune sue componenti più attente e sensibili. Da Il brutto anatroccolo
di Fulvio De Giorgi ( accorata denuncia della persistente condizione di minorità del laicato), a numeri speciali di riviste come Servitium, da alcuni pubblici interventi di Enzo Bianchi alle riflessioni dello scrivente ( se è consentita un’autocitazione) scaturite da un incontro in sede di Consulta dell’apostolato dei laici ( vedi Dopo Verona, è tempo di corresponsabilità dei laici, in « Coscienza » , n. 3, 2008), assai lungo è l’elenco degli interventi di quanti auspicano un « nuovo corso » , più autenticamente « conciliare » della Chiesa italiana. Senza negare che importanti passi in avanti sono stati compiuti, molta strada resta da percorrere e, a cinquant’anni dall’avvio del Concilio, sembra giunto il momento di fare il bilancio di quanto è passato e di quanto è rimasto nel regno delle pie intenzioni. Tre nodi, in particolare, attendono di essere sciolti. In primo luogo un’adeguata partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, soprattutto nel momento della consultazione che precede la decisione: importanti le indicazioni emerse dal convegno ecclesiale di Verona sulla « corresponsabilità » , nella comunione in spirito di collaborazione, dei laici nella Chiesa. In secondo luogo l’ancora irrisolta « questione femminile » , e cioè l’individuazione di forme di più incisiva presenza della donna nella Chiesa: sembra quasi che la profetica
Mulieris dignitatem ( 1988) non abbia lasciato tracce nella prassi ecclesiale.
Infine la questione della « povertà della Chiesa » – grande tema conciliare – almeno nella sua forma, solo apparentemente minimale, di una più lucida e responsabile « sobrietà » ( in linea con le autorevoli indicazioni provenute al riguardo dall’arcivescovo di Milano). Si potrebbe sostenere che si tratta di questioni che interessano un numero limitato di fedeli, ma ci si dovrebbe domandare se non sia legato all’incapacità di affrontare seriamente questi temi il disincanto di non pochi giovani e la loro opzione, nel migliore dei casi, per un personale rapporto con la figura di Cristo, al di là di una fattiva appartenenza alla Chiesa. Non dunque nostalgie ( e magari antichi risentimenti) di « combattenti e reduci » del 1968, ma problemi reali per troppo tempo accantonati e che, avvicinandosi il 50° dell’avvio del Concilio, appare opportuno affrontare. Perché dunque non cogliere l’occasione di questa ricorrenza per fare il punto sull’attuazione ( e in qualche caso sulle ragioni della mancata attuazione) in Italia del Vaticano II?
L’orientamento della Chiesa italiana è stato quello di celebrare i convegni ecclesiali a scadenza decennale e dunque, dopo Verona ( 2006), occorrerebbe attendere il lontano 2016. Ma un evento così importante come il Vaticano II meriterebbe di essere ricordato e riattualizzato con un convegno straordinario nel 2012, a 50 anni dall’avvio del Concilio, con uno schietto e franco confronto con le forze vive della Chiesa, anche con quelle componenti che – in una recente giornata di studi a Firenze – hanno espresso riserve e disagio sull’attuale situazione della Chiesa italiana. Il rischio che quanto rimane della cristianità italiana sta correndo potrebbe essere quello di indurre al « dissenso » quanti, sia pure criticamente, continuano ad amare appassionatamente la Chiesa. Non sarebbe meglio avviare un ampio dibattito, con la disponibilità da parte di tutti alla « revisione di vita » , in nome di quella Ecclesia semper riformanda evocata dai Padri e che non ha paura né del confronto né del dialogo? « La riforma – ha scritto una volta Primo Mazzolari in riferimento alla Chiesa del suo tempo – non è una parola scomunicata e un desiderio biasimevole. I santi e gli spiriti cristiani d’ogni tempo l’hanno voluta, preparata, predicata » .
( da “Avvenire” del 3 giugno 2009)
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