«Un grande leader, mondiale, ora riformi la sua Chiesa»
intervista a Vito Mancuso, a cura di Adriana Comaschi – l’Unità 14 marzo 2016
Professore, qual era stata la sua prima impressione su questo Papa?
«Non avrebbe potuto essere più positiva. Ricordo che ero in diretta con il Tg3, è arrivata la fumata
bianca e c’era questa voce sull’elezione di Scola. Io ero sconfortato, pensavo che la Chiesa avrebbe dovuto uscire dall’Europa. Immagini cosa significò vedere quest’uomo arrivato «dalla fine del mondo», che sceglie il nome di Francesco, che si dichiara vescovo di Roma invece che sommo Pontefice. Ero commosso».
Bergoglio viene visto come un Pontefice rivoluzionario, condivide?
«Bisogna distinguere tra un Papa Francesco che parla al mondo, profeta, da un Papa Francesco pastore, governatore, che parla alla Chiesa. Per quel che riguarda il primo, questa etichetta ci può stare: è l’unico leader mondiale che parla di giustizia, di uguaglianza, di difesa dei diritti degli ultimi, potremmo dire “di sinistra”. Vedi la sua enciclica Laudato Sì, che presenta una fortissima saldatura tra due anime, quella ambientale e quella sociale con il concetto di ecologia integrale. E poi c’è la sua testimonianza personale, perché si è leader anche per quello che si fa e Bergoglio ha una grandissima coerenza, e non solo negli ultimi tre anni, tutta la sua vita lo dimostra».
E il Francesco «pastore»?
«Non c’è stata la stessa performance, ma questo non è un mio giudizio: è un dato di fatto che vi sia
molta scontentezza in alcuni settori conservatori della Chiesa, anche tra il clero giovane. Il rischio
allora è che non riesca a essere altrettanto rivoluzionario nella sua azione interna. Pure quando si è
scagliato contro le 15 malattie della Curia è rimasto per ora profeta: invece vorrei che alle denunce
seguissero azioni di governo più incisive, che fosse insomma più attento a passi strutturali, nomine e decisioni. Un Pontefice ha il diritto e il dovere di farlo, e anche il potere necessario. Faccio un esempio: su laici e donne ha detto bellissime parole di apertura, se per il sacerdozio delle donne la Chiesa cattolica non è ancora matura si cominci allora a discutere concretamente di diaconato femminile, di cui parla anche il Nuovo Testamento».
Deve però scontrarsi con resistenze molto forti, non crede?
«Certo, c’è una frattura nella Chiesa tra chi vorrebbe rimanesse identica a se stessa e chi accetta il
cambiamento. Basti pensare alla distanza definita ancora “incolmabile” dal cardinal Kasper al Sinodo sulla Famiglia tra la dottrina della Chiesa e la prassi dei fedeli in materia di etica sessuale. Ma la forza del suo pontificato si misurerà anche sul fronte interno. E se si denuncia la povertà, la vita lussuosa di alcuni cardinali deve cambiare».
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