E’ giunta l’ora di riabilitare Buonaiuti?
di Marco Roncalli (“Avvenire” del 30 marzo 2017)
Uno degli argomenti che dovrà studiare
chi vorrà veramente conoscere
Buonaiuti, è quello del suo rapporto
con il protestantesimo». Così, nel
1951, Marcella Ravà, collaboratrice del famoso
sacerdote modernista, in una lettera inedita a
Edouard Chapuisat scoperta recentemente da
Paolo Carile. Certo, il protestantesimo:
ricostruendo la concezione che Buonaiuti aveva del
metodismo e del valdismo, anche alla luce di tante
lettere mai pubblicate con evangelici italiani (e
cercando di capire perché si avvicinò
particolarmente alla Chiesa wesleyana). Il
protestantesimo, ma anche, per esempio la pista
femminile della koinonia (attingendo a memoriali
privati); o l’interpretazione del giansenismo (la cui
eredità per Buonaiuti sarebbe stata rielaborata dal
modernismo superandone le contraddizioni); o le
tracce di incontri (Angelo Giuseppe Roncalli o Piero
Martinetti, Giorgio La Piana o Giovanni Gentile,
Paul Desjardins e Maurice Blondel…). Proprio come
fanno diversi autori sul nuovo numero di
“Modernism” curato da Paolo Carile e Marc
Cheymol, introdotto da Rocco Cerrato e Alfonso
Botti (Morcelliana), che costituisce con il Diario di
guerra di Sergio Carile (Aracne), pure corredato di
inediti, lo spunto per un nuovo incontro promosso
da Genus Bononiae e dall’Association Italiques
dedicato al ruolo complesso di Buonaiuti nel ’900.
Il convegno si svolge domani a Bologna (Palazzo
Fava, ore 18): moderano Fabio Roversi Monaco e
Paolo Carile, partecipano Roberto Bottazzi, Alfonso
Botti, Marc Cheymol, Michèle Gendreu-
Massalou,Tullio Gregory,Vito Mancuso, Francesco
Margiotta Broglio, Jean Musitelli, Paolo Pombeni
ecc. Non male come “spiegamento” per un autore
che ha sofferto di una damnatio memoriae sino alla
recente costituzione di “Comitato” che ne chiede
«una migliore conoscenza» e «la riabilitazione»
(obiettivi raggiungibili a breve?). Nel frattempo
diversi i testi di interesse storico nel nuovo dossier
nato dalle rielaborazioni degli interventi del
convegno alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma a
fine 2015. E qui c’è lo spazio per indicarne solo
alcuni. Lo studio sulla corrispondenza inedita con
Giovanni Gentile che fu per Buonaiuti non solo
l’emblema dell’errore filosofico idealista ma anche
l’inatteso sostegno in momenti di difficoltà
(Alessandro Aprile). Quello sul rapporto con
Maurice Blondel, anche qui visto attraverso missive
inedite compresa una in cui il filosofo chiede a
Henri Bremond di esprimere a Buonaiuti la sua
“riconoscenza” e di scusargli il suo “silenzio” (Jean
Ferrari). Il saggio che contestualizza le successive
interpretazioni buonaiutiane di Lutero segnate
dall’impatto della “grande guerra” e mai scevre da
preoccupazioni apologetiche (Lothar Vogel). Gli
squarci sull’influsso di Buonaiuti nell’ambiente
dell’Enciclopedia italiana: particolarmente nella
costruzione del sapere storico-religioso
treccaniano (Alberto Melloni). Le influenze o
confluenze di Loisy, Tyrrel, James (Fabrizio
Chiappetti). La rilettura del rapporto con il
compagno di studi Angelo Giuseppe Roncalli
(Francesco Mores e Valdo Spini). Ed altro ancora.
Da sottolineare nel dossier due voci intente invece
che a storicizzare e ad attualizzare la vicenda in
esame: indicando “la modernità del modernismo”
(Vito Mancuso) e l’“attualità di Buonaiuti” (Corrado
Augias). Se il primo conclude che far consistere
l’identità cattolica nell’obbedienza acritica al
Magistero significa oggi come ieri «correre seri
rischi di sbandamenti e di unilateralità a causa
delle “contestualizzazioni” cui il Magistero è
inevitabilmente soggetto» e che «in materia di
ricerca della verità e di elaborazione dell’etica» vi
sono stati laici più lungimiranti del Magistero che
poi «ha modulato il suo insegnamento esattamente
su quanto questi uomini sostenevano», il secondo
sostiene che il caso Buonaiuti – aggiungiamo noi
rimasto nell’animo sacerdote sino alla fine
nonostante la scomunica e l’esclusione dalla
cattedra (con un articolo ad hoc del Concordato,
cui si aggiunse il rifiuto al giuramento di fedeltà al
fascismo) – porta alla luce tra le malattie peggiori
del Paese l’opportunismo. E conclude: «Non sono
mancati gli studiosi seri, a cominciare da
Buonaiuti; è mancata la libertà di studiare e di
pensare, che resta l’unica garanzia per l’esercizio
del pensiero. Comincerà con papa Francesco una
nuova epoca anche sotto questo profilo?»
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