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Sezione italiana del movimento internazionale “We Are Church” per la riforma della Chiesa cattolica

“Noi siamo i cittadini del mondo” Incontro dei preti operai a Torino il 6-9 giugno

Noi siamo i cittadini del mondo
Incontro dei preti operai a Torino 6-9 giugno 2014

Un incontro molto partecipato
e molto intenso,
quello dei Preti operai
europei svoltosi dal 6 al 9 giugno
scorsi. Gli amici di Torino sono
stati eccezionali per la loro disponibilità
e per la preparazione delle
visite con i gruppi. Una forte presenza
tedesca, belga, spagnola e italiana.
Francesi e inglesi: due a due
come si dice nel Vangelo. Una bella
sorpresa l’ha fatta Luca, partito da
Roma a piedi all’inizio di maggio
ed arrivato all’incontro il sabato.
Sta facendo il cammino di Santiago,
con l’obiettivo, alla fine del
percorso, di diventare prete operaio
emigrante. Una nuova pista, inedita.
Battere le strade di tanti poveri
cristi che lasciano le proprie radici
per avventurarsi in un mondo
pieno di incertezze e precarietà.
Il luogo dell’incontro è stato la
certosa di Avigliana, luogo stupendo,
restaurato in questi anni da
don Luigi Ciotti che l’ha acquisita
da un ordine religioso. È diventata
un “luogo di sosta e di pensiero”,
di incontri, dibattiti e conferenze.
La sera del nostro arrivo Ciotti ha
raccontato la sua storia, tutto quello
che sta facendo con l’associazione
“Libera” in Italia e nel mondo.
Un panorama pieno di realizzazioni
e proposte che danno speranza.
Il tema dell’incontro era “L’onda
attuale dei movimenti migratori”
nella cornice del “Noi siamo cittadini
del mondo”. Un problema che
investe tutto il mondo, a cui bisogna
dare delle risposte concrete che
non partono dalla semplice volontà
di aiuto e di accoglienza. Quello
che sta succedendo è un dramma
dell’umanità e nello stesso tempo
un crimine contro l’umanità, che
va affrontato in maniera globale,
politica, economica. Non è un problema
di un solo Stato.
Prima dell’analisi della situazione
si è partiti dalla memoria delle
migrazioni dai nostri Paesi, quando
i migranti eravamo noi. L’Italia
ha un primato nel mondo con 27-
30 milioni di emigrati dal 1875 al
1960, senza contare le migrazioni
interne dal Sud al Nord. Capire la
nostra emigrazione significa entrare
nel merito delle migrazioni
attuali, i meccanismi sono sempre
quelli: crisi economica, guerre.
Analizzando i diversi Paesi europei
ci siamo trovati di fronte a delle
sorprese. L’Inghilterra nel 1800 ha
registrato una forte emigrazione
verso America e Australia (in quest’ultimo
caso molti erano orfani o
criminali, un modo per “ripulire” il
Paese). Dal Belgio, tra il 1873 e il
1934, due milioni di persone sono
partite verso New York.
Abbiamo cercato di capire come
gli immigrati-rifugiati possono
diventare da oggetti a soggetti del
discorso. In questi anni sono stati
considerati solo “oggetto” di leggi
speciali, per limitare il loro flusso,
mentre dovrebbero interrogarci
sul nostro stile di vita, che si è
avvalso delle politiche predatorie
dell’Occidente nei confronti dei
loro Paesi, devastati da guerre e
sostenuti da governi e multinazionali
del Nord. Una situazione
destinata ad aggravarsi sempre più
se non si pone mano alle cause e ai
meccanismi perversi di questo
mercato che diventa sempre più
aggressivo. Ne è un esempio il
Trattato transatlantico sul commercio
e gli investimenti (Ttip)
che Usa e Ue stanno negoziando
per un mercato libero da vincoli
che frenino i loro profitti. Il Ttip
vuole stabilire delle regole a cui
tutti devono attenersi modificando
le legislazioni statali relative a
quei campi da cui le multinazionali
possono trarre vantaggi.
Durante la tre giorni, abbiamo
anche avuto testimonianza di alcuni
segnali di cambiamento di tendenza,
come ci ha mostrato il movimento
Slow Food, con il quale
abbiamo avuto un incontro. Slow
Food si sta impegnando per aiutare,
con proposte concrete, il rientro di
molti migranti nei loro Paesi d’origine
affinché possano riappropriarsi
della loro terra per creare un’economia
locale. Piccole storie, ma
significative, che fanno da apripista.

Mario Signorelli
Adista 12 LUGLIO 2014 • N. 26


Pubblicato

Commenti

3 risposte a ““Noi siamo i cittadini del mondo” Incontro dei preti operai a Torino il 6-9 giugno”

  1. Avatar Franco Salis
    Franco Salis

    Preti operai, non ne avevo più sentito parlare dal ’68,si proclamano cittadini del mondo, orbene allora siamo “compaesani”. Anch?io quando affronto qualche problema inizio sempre dalla situazione planetaria, per poi trasportare lo stesso problema in loco. Solo così sono sicuro che, almeno a livello di proposta, non produco “scorie” materiali e umane o per lo meno tanto limitate da essere facilmente smaltite. Allora sino adesso tutto OK nella comunanza del pensiero. Ma da voi che girate il mondo, io sono ormai vecchio e con salute precaria, quale è la causa prima lontana ed attuale dei grandi disastri del mondo: recrudescenza dei conflitti bellici, rendere ancora più difficoltoso il flusso migratorio, fame ,malattie etc etc. Io la risposta ce l’ho, ma pretendo, si qualche volta sono prepotente, prima la vostra. nel caso che non me la diate e che sia chiaramente falsa o riduttiva, non vi credo più. Ciao

  2. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Diceva Mounier, bisogna amare il mondo. Bisogna amare gli uomini quando la nostra
    attività consiste nel mantenere uno scambio con essi. Essere curiosi dello loro diverse
    manifestazioni, non come lo si è generalmente, con una specie di attenzione discontinua,
    ma con l’intento di nutrirsi minuto per minuto dell’interesse umano che pervade ogni cosa.
    Queste furono le parole come viatico che meglio esprimono la determinazione di Henri Perrin
    prete operaio francese quando nel 1947 decise di andare in Germania quale lavoratore
    e cappellano clandestino tra i deportati del lavoro. Scriverà poi nel venerdì santo del
    11 aprile del 1952 mentre era ritornato a lavorare e lottare nelle fabbriche francesi:Carissimi
    tutti, Mai ho passato un Venerdì Santo come questo: undici ore e mezzo di lavoro , con i primi
    caldi e le noie più svariate. Capisco adesso come questi uomini che lavorano oggi come al solito,
    possono rimanere estranei alla vita liturgica che si svolge nelle chiese in questi giorni. Parecchi
    lavorano anche di domenica. Henri Perrin è stato in qualche modo un antesignano che con grande
    coraggio e indicibili sacrifici traccio la via nuova di essere chiesa tra gli ultimi, dentro a volte l’inferno della fabbrica combatté a fianco degli operai e dei sindacati -comunisti–ne condivise totalmente le scelte
    e mise la sua cultura e intelligenza quanto straordinaria umanità, al servizio della giustizia e del rispetto
    della dignità di ogni creatura umana, e la sua irrinunciabile emancipazione. Di anni ne sono passati da allora
    la società si e di molto modificata ma altri e più drammatici problemi sono insorti a rendere incerti i nostri
    destini. I preti operai sono figure che ho sempre considerato straordinarie,totalmente dalla parte del Cristo
    e del suo messaggio di redenzione e salvezza. Oggi il loro lavoro esprime la punta più avanzata della chiesa, e porterà essa stessa a una grande mutazione spirituale-teologica. Un grazie a tutti i preti operai e un particolare
    ringraziamento a Luigi Ciotti
    Un caro saluto a tutti

  3. Avatar Vittorio da rios
    Vittorio da rios

    Ovviamente con molta modestia, e bel lungi da qualsiasi presunzione di avere risposte adeguate,
    e nei limiti –fisici–di un commento sul web, tento di formulare una vaga ipotesi sui motivi dei
    disastri lontani e vicini che –affliggono– l’ominide, e che turbano Franco Salis. Facendo sintesi
    fino ad oggi delle varie civiltà e culture che hanno segnato la storia dell’ominide si può rilevare, tra
    tenue luci, molte tenebre, e oscurità che inevitabilmente portano ha provare orrore e sgomento.
    La ragione– sempre nell’ottica della necessità di fare sintesi–è fondamentalmente che l’ominide
    è un Assassino, termine che può scuotere le coscienze sensibili, gli spiriti più raffinati e nobili.
    Ma di questo si tratta.Noi abbiamo ereditato fino ad oggi un archetipo-paradigma filosofico-teologico
    etico culturale, che prevede la sistematica rapina e dominio del più forte,e attraverso codici, editi,
    e leggi nazionali e internazionali, si ha dato nel corso della storia valenza legalitaria ad efferati
    stermini e genocidi.Il perpetuare la condizione di assassino dell’ominide, e il mantenimento e
    potenziamento della società necrofora e amante della morte.Tralascio qualsiasi commento
    sulle responsabilità a costruire questo archetipo-paradigma di morte e violenza che le tre grandi religioni
    monoteiste hanno avuto. Detto questo, e le biblioteche straripano di volumi scritti dall’ominide
    su tale condizione,ritengo doveroso che ognuno di noi difronte all’oggi e agli inediti quanto
    angoscianti problemi che l’ominide contemporaneo ha inanzi a se, sappia porsi una serie di domande:
    Che Fare? Come uscirne? Possiede oggi l’umanità tutta, risorse tali da scongiurare il collasso definitivo
    della nostra attuale civiltà? Siamo in grado attraverso un immane sforzo collettivo che sappia fare sintesi
    dei grandi processi positivi espressi dall’umanità attraverso tutte le culture e i saperi compresi quelli
    religiosi, e nel corso dei prossimi decenni e secoli futuri costruire una nuova civiltà? dove l’attuale sistema
    produttivo-finanziario fortemente violento e schiavizzante sia radicalmente modificato e sostituito con fonti energetiche alternative? Visto che le attuali fonte energetiche –petrolio-carbone-gas–, su cui si basa per la sua quasi totalità l’attuale civiltà delle macchine sono oramai prossime all’esaurirsi? Quali cifre quasi impronunciabili visto la loro vastità si è speso in termini di costi umani finanziari e energetici e di devastazione del pianeta per costruire tale civiltà? Era pensabile solo un secolo fa che l’uomo sarebbe arrivato a vivere gran parte della sua esistenza chiuso in qualche centinaio di decimetri quadrati che spesso diventano causa di tragica e violenta morte?
    Una piccola finestra sul novecento, –sul secolo breve–.Ora corre 100 anni dalla prima guerra mondiale, che
    viene definita una immane tragedia, che però è stata da spartiacque tra l’imperi di prima e l’inizio della nascita delle attuali –democrazie– come sostengono prestigiosi studiosi. Vogliamo dare un’occhiata seppur furtiva hai costi umani che ciò ha comportato, e rifletterci un po sopra? Nei quattro anni e tre mesi del conflitto morirono
    due milioni di soldati tedeschi,insieme a 1.110.000 austro-ungarici, 770.000 turchi,e 87.500 bulgari: dalla
    parte degli alleati ci furono circa due milioni di morti russi, 1.400.000 francesi, 1.115.000 dell’Impero
    britannico, 650.000-700.000 italiani, 250.000 rumeni, e 116.000 americani.Considerando tutte le nazioni
    del mondo si stima che durante la prima guerra mondiale persero la vita qualcosa come: 9.722.000 soldati.
    Ci furono inoltre 21.milioni di feriti la stragrande maggioranza di essi portarono a vita gravi quanto irreversibili
    handicap.Queste cifre poi non tengono conto dei traumi psicologici subiti da bombardamento, e dai milioni
    di persone colpite da disturbo che oggi chiamiamo post-traumatico da stress. Questi dati non considerano
    i civili uccisi dalla guerra, le stime attendibili parlano di 950.000. Le persone civili che poi morirono a causa
    di malattie carestie e fame a causa del conflitto è impressionante: 5.893.000 A queste cifre vanno poi
    aggiunti i cosiddetti effetti –collaterali– violenze sessuali, stupri patiti dalle donne, su questo aspetto gli studi sono ancora alquanto incompleti. Per carità cristiana evito di inoltrarmi sui numeri di morti e feriti
    rappresentati dal proseguo della prima guerra mondiale cioè la seconda guerra mondiale, e sulle successive carneficine praticate in molti luoghi del pianeta fino all’oggi dall’ominide. Bene continuiamo cosi, a rimanere
    passivi quanto purtroppo impotenti testimoni? Ci lasciamo condizionare dal pensiero debole che permea
    gran parte della cultura filosofica contemporanea? Entro un nichilismo assoluto senza scampo dalla gabbia?
    Oppure riteniamo che partendo da questi versi profetici di David Maria Turoldo l’umanità tutta possa
    rigenerarsi in una catarsi evolutiva come delineata da Balducci verso una nuova civiltà dove la vita abbia
    una sua umana dimensione e armoniosa convivenza tra tutte le creature del pianeta, e dove il–nemico e l’uccidere–sia totalmente bandito?
    O Qohelet.
    E il già detto è ancora
    da ridire, o Qohelet:

    mai la stessa onda si riversa
    sul mare e mai
    la stessa luce si alza sulla rosa:

    né giunge l’alba
    che tu non sia
    già altro.

    Mi corre quasi d’obbligo una considerazione illuminante di Padre Ernesto Balducci maestro di pace
    e giustizia. Il mio: dice Balducci è un ottimismo tragico perché l’analisi della realtà è
    sconfortante; pero tra il cumulo di foglie secche, io vedo una gemma verde qua, una gemma
    verde la allora dico: non disperiamo c’è primavera! Quante gemme verdi oggi ci sino al mondo?
    io ne vedo tantissime: uomini, donne, giovani,società civile movimenti religiosi,comunità di base
    e molto molto altro ancora in ogni luogo del
    pianeta quotidianamente impegnati tra la gente e con la gente alla costruzione di un mondo migliore.
    Franco Salis non me ne abbia, ma i preti –operai–rientrano a gran diritto tra quell’universo di gemme
    verdi che oggi l’umanità tutta esprime.
    Un caro saluto a tutti.

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