Lettera al Card. Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna,
Caro arcivescovo Carlo,
ci rivolgiamo a lei, perché è il nostro pastore. Sappiamo che il suo ruolo e il suo ministero è proprio quello di ascoltare, confortare e tenere unito il gregge, cioè guidare il popolo cristiano e aiutarlo a vivere nella fede, nella speranza e nella carità. Vogliamo quindi esprimerle alcune nostre gravi preoccupazioni, con semplicità, ma anche con totale franchezza.
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Siamo preoccupati, perché vediamo il nostro Paese scivolare sempre più in una crisi generale, vissuta da molti con disperazione e senza vie d’uscita, crisi che rischia di compromettere l’unità stessa della Nazione, nei suoi aspetti istituzionali, politici e sociali. E la disperazione non è una virtù cristiana.
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Siamo sconvolti, perché vediamo la classe politica che governa questo Paese sprofondare sempre più nel degrado morale, nell’arroganza dell’impunità, nella ricerca del tornaconto personale e dei propri amici, nel saccheggio della cosa pubblica e nella distruzione sistematica delle basi stesse del vivere civile e democratico.
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Siamo indignati, perché questa stessa classe politica al governo ha ingannato e continua a ingannare i poveri con false promesse, con un uso spregiudicato e perverso dei mezzi di comunicazione, con l’esibizione ostentata di modelli di comportamento radicalmente contrari al comune sentimento morale della nostra gente. Pian piano sono riusciti a corrompere il cuore e le menti dei più semplici. Guai a chi scandalizzerà questi piccoli…!
Ma la preoccupazione maggiore, in quanto credenti, riguarda la nostra Chiesa e in particolare i nostri vescovi. Ecco i pensieri che ci fanno star male e che manifestiamo a cuore aperto.
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Sappiamo che i vertici della CEI e gli ambienti della Curia vaticana hanno deciso già da tempo di appoggiare la maggioranza di destra ancora oggi al governo. È opinione sempre più diffusa, anche tra i cattolici credenti e praticanti, che questa alleanza sia frutto di accordi di potere, volti a ottenere privilegi per la Chiesa e legittimazione per il governo. Vale la pena di compromettere la credibilità dell’annuncio del Vangelo e l’immagine della Chiesa per un piatto di lenticchie?
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In nome di questo sostanziale accordo si sono avallate anche politiche di stampo prettamente xenofobo (per esempio, quelle in tema di immigrazione) e del tutto contrarie non solo al Vangelo, ma anche alla stessa dottrina sociale della Chiesa. Per denunciare questa deriva molte voci si sono alzate nel mondo cattolico, sempre ignorate o censurate o minimizzate. Non sono anche queste politiche contrarie ai valori non negoziabili di cui parla il magistero della Chiesa?
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Neppure adesso che l’abisso morale e lo stile di vita inqualificabile del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, sono sotto gli occhi di tutto il mondo, neppure adesso i vertici della CEI trovano la forza e la dignità di pronunciare parole chiare, di uscire dalle deplorazioni generiche che riguardano tutti e quindi nessuno, di usare finalmente il linguaggio evangelico del sì sì, no no. Lo sa bene anche il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, che ha usato parole straordinariamente chiare e condivisibili prima della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco in apertura dell’ultimo consiglio permanente della Cei: <Potrei dire di tutto e di più contro Berlusconi e il teatrino che si evince dalle intercettazioni sulle serate di Arcore. Potrei sfogarmi e dire che è tutto uno schifo. E come me tanti vescovi sarebbero pronti a ‘sparare’. Ma a che serve? La verità è che occorrerebbe che alzassimo la testa tutti i vescovi insieme. Che insieme tornassimo a farci sentire senza alcuna sudditanza politica> (Il Foglio, 19 gennaio 2011).
Solo alcuni vescovi, in questi ultimi mesi, hanno rotto, sempre a titolo personale, il muro di silenzio. <Sono i giovani le prime vittime degli spettacoli indecorosi di questi giorni – ha tuonato l’arcivescovo di Campobasso-Boiano, Giancarlo Maria Bregantini, presidente della commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, intervistato da Repubblica (21 gennaio 2011) –, perché, quando si esaltano modelli discutibili come la corsa alla ricchezza, la forza del denaro e ancora peggio, lo sfruttamento della donna con modi di vivere moralmente inaccettabili, i ragazzini vengono inevitabilmente danneggiati>. E ancora: <Se quanto avvenuto è vero, è un fatto gravissimo sia sul piano dell’etica privata che pubblica. In questo caso, serve un atto di vergogna e insieme l’uscita di scena dalla vita pubblica> (monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vato, Corriere della sera, 31 ottobre 2010).
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In ben altro modo fu trattato l’ultimo governo Prodi, debole, ma onesto e capace, di ben più alto profilo morale. Non solo l’esecutivo non fu sostenuto, ma venne addirittura osteggiato dalla Gerarchia ecclesiale, forse proprio perché più libero, sicuramente più laico e quindi meno disponibile ad accordi sotto banco.
Occorre che ci si renda conto davvero che alla base della Chiesa sta aumentando il disagio, il dissenso, la sofferenza, il lento e silenzioso abbandono. A Napoli catechisti e genitori cattolici da giorni stanno presidiando il duomo per chiedere all’arcivescovo Crascenzio Sepe di denunciare il degrado morale delle classe politica al governo. L’amara sensazione di molti, giusta o sbagliata, è che i pastori abbiano tradito il loro gregge, abbiano preferito i morbidi palazzi di Erode alla grotta di Betlemme, abbiano colpevolmente rinunciato alla profezia. E questo non fidarsi di Dio, tecnicamente, è un comportamento ateo.
Caro arcivescovo Carlo, preghiamo insieme, perché lo Spirito spinga tutti a una vera conversione, a un saper ritornare sui nostri passi, a riscoprire la dimensione di un servizio povero e disinteressato, a seminare gioia e bellezza e speranza, nella libertà e nella verità.
Faccia sentire anche lei, caro arcivescovo, la sua voce contro la mercificazione della donna e lo stupro della res pubblica di chi ci governa
Noi Siamo Chiesa Emilia Romagna
Bologna, febbraio 2011
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