DICHIARAZIONE DEL PORTAVOCE DI NSC EMILIA ROMAGNA
sull’intervento inaccettabile del Card. Caffarra nei confronti del Consiglio regionale contro la norma per fornire servizi sociali anche alle coppie di fatto
DICHIARAZIONE DEL PORTAVOCE DI NSC EMILIA ROMAGNA
sull’intervento inaccettabile del Card. Caffarra nei confronti del Consiglio regionale contro la norma per fornire servizi sociali anche alle coppie di fatto
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“Dio vi giudicherà, anche chi non crede alla sua esistenza, se date a Cesare cio che è di Dio stesso”: e questa sarebbe solo un’opinione? Su, andiamo… Il sig. Cafarra tempo fa ha propugnato l’equiparazione tra reato e peccato: anche lui fa confusione tra Dio e Cesare…
Non condivido l’intervento di Caffarra. ma condivido ancora meno la vostra critica. Se tenessero le ragioni presentate, bisognerebbe concludere che un vescovo non potrebbe sognarsi di criticare, che so, la legge sui clandestini oppure la scelta di condividere l’attacco di Bush all’Iraq. Anche in quei casi, posto che l’intervento prevenisse una legge, “l’atto del cardinale è lungi dall´esprimere la legittima opinione di un cittadino dotato di proprie convinzioni, ma si propone di condizionare, in forza della sua autorità spirituale, la discussione serena…”.
Ogni tanto siamo presi da una sorta di strabismo, per cui il Dalai Lama (per fare un esempio) potrebbe intervenire su qualsiasi questione, ma un Vescovo no. Credo che sia vero l’esatto contrario: un Vescovo (come il rappresentante di qualsiasi altra istituzione spirituale, di qualsiasi aassociazione – intendendo il termine nel senso più lato) ha tutti i doveri di dire quello che pensa. Su alcuni temi potrà benissimo far valere anche la sua autorità spirituale (se parla a chi ne condivide gli orientamenti: stupisce che un cristiano pensi da cristiano, più che un liberista o un marxista pensino a partire dal loro orientamento?), su altri dirà esclusivamente la propria opinione.
Io credo sia ai politici (o, in questo caso, agli amministratori) che debba essere chiesto di esercitare il proprio ruolo: tenendo conto del loro orientamento personale (ovviamente orientato anche, se lo ritengono una guida, dal pronunciamento dei vescovi, ovviamente, ma rispondendo all’indirizzo della legge o del provvedimento (del problema a cui la legge o il provvedimento tenta di dare soluzione) che ha di fronte. E dovrebbero essere i cittadini a valutare l’affidabilità degli stessi, punendoli o premiandoli al momento del voto. Non sono mancate nel passatoremoto e in quello recente figure di politici credenti capaci di mostrare, anche sotto pressione, la propria capacità di autonomia.
La critica che si muoverà, secondo me, al vescovo o all’autorità religiosa è in base alle motivazioni che sostengono la sua posizione.
Improprio, secondo me, è invece che qualche autorità usi forme di pressione nascosta, di intervento (anche solo in forza di un’amicizia personale, che un politico o un amministratore nelle sue funzioni dovrebbe dimenticare, non solo per legge ma per onestà intellettuale), di orientamento per favorire degli interessi propri o di parte.
Dicevo – mi scuso della lungaggine – proprio nel senso del merito, di non condividere la posizione di Caffarra. Certo, i servizi sociali non sono illimitati. In questo senso ha una ragione il non mettere tutti “sullo stesso piano”. Una gerarchia preferenziale però deve essere in base alle condizioni di necessità dei richiedenti (come già si fa, ad esempio, per l’assegnazione degli alloggi. Un single non potrà pretendere di avere “gli stessi diritti di una famiglia” (di fatto o istituzionale che sia. Famiglie con un solo genitore avranno bisogno di una tutela maggiore di quelle con due. Famiglie (di fatto o istituzionali) numerose dovranno avere più tutele di quelle con pochi figli.
Condivido, invece, una differenza all’interno di pari condizioni, tra famiglie istituzionali e di fatto. E, pur sapendo di scandalizzare, forse (bisognerebbe avere un riscontro statistico per confermare la tesi) tra famiglie “religiose” e “laiche”. Il ragionamento è il seguente: risposto alla categoria dei bisogni, secondo la scansione che indicavo prima: dal più debole al più forte (era implicita la distinzione di reddito “familiare” nella scansione precedente), potremmo configurare l’intervento pubblico come una sorta di “investimento”: secondo me è sensato che uno stato valuti quale investimento dia alla collettività maggiore affidabilità. Da questo pinto di vista, mi sembra che oggettivamente (a prescindere da chi siano Tizia e Caio che ho d’innanzi) il vincolo istituzionale sia una garanzia in più (un orientamento maggiore nel senso della stabilità, che non credo si possa dubitare essere un valore aggiunto. Conseguentemente (con il limite dello scarto di “prassi sociale”, in buona misura ancora tipico del nostro paese: per questo sarebbe necessario il conforto della statistica)il vincolo religioso offrirebbe un ulteriore sostegno.
Grazie della possibilità di confronto che offrite, anche se mi pare di rilevare troppo spesso per i miei gusti un tono viscerale che fatica a permettere il vaglio delle idee
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